Risposta del governo

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevole Pisa, premesso che il Governo ha più volte e dettagliatamente esposto - anche in quest'aula - le ragioni su cui si fonda il nostro impegno in Iraq, preciso che l'individuazione del Dhi Qar come zona di dispiegamento del nostro contingente è emersa dal punto di vista operativo a seguito delle decisioni prese nella primavera del 2003 dal nostro Ministero della difesa nelle riunioni cosiddette «di generazione delle forze» tenutesi a Londra con le controparti britanniche.


Pertanto, desidero sottolineare che non è suffragata da nessun elemento concreto l'ipotesi che la zona di Nassiriya sia stata scelta come luogo di intervento delle truppe italiane in relazione ad interessi petroliferi del nostro paese. Con riferimento a questi asseriti interessi economici italiani nell'area, va infatti rilevato, come è stato più volte riferito dal Governo, che una bozza di accordo per lo sfruttamento di campi petroliferi a Nassiriya era stata siglata fra ENI e gli enti competenti iracheni nel 1998 e poi modificata nel 2001. Queste due bozze di accordo, che avevano permesso a suo tempo all'ENI di effettuare delle stime sulla capacità produttiva del giacimento in questione, non sono però mai state perfezionate attraverso la firma di un testo vincolante e non risulta, inoltre, che gli accordi provvisori, che a suo tempo i competenti enti governativi iracheni avevano sottoscritto con l'ENI, siano stati in seguito confermati da altri organismi.

In relazione allo studio predisposto nel 2003 dal Ministero delle attività produttive ed evocato dall'onorevole Pisa, voglio mettere in luce che in questo documento sono citati una serie di accordi commerciali con tre paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: Russia (tramite tra la Lukoil), Francia (Total/ElfFina) e Cina (CPN) per investimenti nel settore dell'industria petrolifera, e viene affermato - cito testualmente - che «forse anche l'Italia potrebbe giocare la stessa carta per le iniziative dell'ENI per i giacimenti di Halfaya e Nassiriya». Nello studio in parola si afferma, altresì, che nel 1997 fu firmato un accordo con le società russe per sviluppare un giacimento di West Qurna, con le società cinesi, nel 1998 per lo sviluppo del giacimento di Al-Ahdab, nell'Iraq del sud, e con la Total ElfFina per lo sviluppo di due giacimenti di Majnoon e Nahr Umr, e comunque, nessuno di questi contratti ha avuto seguito da parte delle società dei tre paesi menzionati. Nessun ulteriore riferimento, sia al citato pre-contratto dell'ENI del 1998, firmato peraltro ben prima dell'insediamento dell'attuale Governo - sia all'area di Nassiriya, appare nelle 34 pagine dello studio che (e desidero sottolinearlo con estrema chiarezza) non era in alcun modo finalizzato alla problematica dell'individuazione dell'area di competenza del contingente italiano in Iraq.

Dalla lettura dello stesso si giunge, infatti, a conclusione del tutto opposte a quelle evocate dall'onorevole Pisa, in quanto il testo si limita a sottolineare la similarità della situazione contrattuale dell'ENI rispetto alle imprese di Francia, Russia e Cina, paesi, com'è noto, tutti contrari all'intervento in Iraq. Per quanto riguarda, infine, la stipula di intese economiche o contratti da parte del Governo italiano nel periodo di occupazione, non solo non risulta nulla di quanto evocato nell'interpellanza urgente Deiana ed altri, ma va confermato con chiarezza che, ai sensi della risoluzione n. 1483 e delle norme internazionali in vigore, nessun atto, tale da pregiudicare la disponibilità delle risorse naturali irachene, poteva essere compiuto in Iraq, né dai membri della coalizione né da altri soggetti.

Replica

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatta dalla risposta testè fornita alla mia interpellanza urgente dal rappresentante del Governo. D'altronde, non mi aspettavo altra risposta da parte del sottosegretario Ventucci. Il Governo continua a propinarci un doppio scenario: quello della finzione, della propaganda, della costruzione benefica della guerra cui stiamo partecipando, e lo scenario della verità. Quest'ultimo, riservato agli esperti, agli uffici, ai programmatori di interessi, supposti nazionali, insomma, ai signori del potere.

Lo scenario falso, quello delle favole belle, della missione umanitaria è invece riservato a chi non ha potere, a chi è costretto a guardare alle false informazioni e alla mancanza di informazioni della televisione, compresa quella ancora di Stato. Continua, dunque, questo doppio binario e, ovviamente, anche la doppia morale. Da un lato, pace e pacificazione e buon cuore per tenere calmo un elettorato che, anche in seno al centrodestra, non ama affatto la guerra; dall'altro, il fatto che gli affari si fanno in sedi riservate, anche se talvolta alcuni spiragli, alcune brecce, si aprono.

A questo riguardo, l'onorevole Pisa, illustrando questa interpellanza, citava le parole del ministro Frattini, giunte qui in alcuni testi, ma evidentemente anche la Camera è un posto riservato, dove una certa parte di informazioni riesce ancora a filtrare. Come detto, non sono per niente soddisfatta della risposta fornita dal sottosegretario Ventucci perché, ancora una volta, nelle parole del rappresentante del Governo cogliamo il gap gigantesco esistente tra l'ostinata e pervicace volontà di questo Governo di salvarsi la faccia continuando a sostenere le ragioni della missione Antica Babilonia come missione di pace e la realtà. La realtà di quella situazione che continua a produrre disastri, che non potranno che continuare a coinvolgere il nostro paese. Insieme all'onorevole Pisa ci auguriamo che la discussione che ci apprestiamo a svolgere, in questa sede, in tema di rifinanziamento della missione Antica Babilonia, possa produrre qualche utile ripensamento da parte dei ministri competenti e dell'intero Governo.

Ci aspetteremmo che, dopo tante esternazioni del ministro Fini e di altri esponenti del Governo sulla possibile, forse probabile, data del ritiro delle truppe, qualcosa di più concreto si riesca a dire, finalmente, sul calendario che il Governo presume debba essere rispettato. Voglio ricordare al sottosegretario che i nostri soldati operano in un contesto di massima esposizione politica e militare. I militari italiani sono impegnati in un'area che continua ad essere a rischio, come dimostra l'attacco subito questa notte a Nassiriya da un'unità congiunta italo-irachena, che ha avuto come ovvia conseguenza la risposta al fuoco da parte dei militari italiani.

Quindi, continuiamo a correre il rischio che altri morti italiani costellino quest'avventura per il business. Operiamo a Nassiriya nel perdurare di una crisi generale dell'area che non fa intravedere alcuno sbocco, alcuna luce. Ma siete realmente ottenebrati! È proprio vero che gli dei accecano coloro che vogliono perdere! Gli Stati Uniti trattano con la guerriglia: è su tutti i giornali e nelle ammissioni dei massimi esponenti dell'Amministrazione statunitense. Trattano con la guerriglia dopo aver provocato un paese massimamente alleato e servizievole come l'Italia, che, per risolvere problemi che avrebbero avuto negative conseguenze sulla stabilità di questo Governo, ha giustamente imboccato la via delle trattative e della mediazione per salvare la vita delle sequestrate.

Operiamo mentre si configurano nuovi scenari mediorientali e centroasiatici tutt'altro che rassicuranti dopo la vittoria dell'ultra conservatore Ahmadinejad a Teheran e l'effetto di polarizzazione che ciò può provocare in tutta l'area sciita, in quella zona immensa e così importante dal punto di vista geopolitico e strategico. Insomma, siamo nell'occhio del tifone e voi continuate a raccontarci la favola bella, pensando di poter continuare chissà per quanto tempo a manovrare sul doppio palcoscenico: dite belle parole alle masse, mentre i conti e gli interessi li riservate alle aree riservate del potere. Lei dice che il Governo ha più volte esposto le ragioni e che la scelta di Nassiriya fu presa in una riunione a Londra. Ma questo che significa, sottosegretario Ventucci? Lei non ha prodotto i verbali dei colloqui riservati di quella riunione ...

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ci mancherebbe pure questo!

ELETTRA DEIANA. Appunto, ci mancherebbe! Giustamente, lei risponde: ci mancherebbe! Allora, io replico: ci mancherebbe che le cose che lei riferisce rispondano a verità e che siano quelle da lei indicate le ragioni, le motivazioni del Governo italiano! In realtà, vi è stata una divisione dei compiti esattamente funzionale alla natura degli interessi, che sono molto diversi. Gli americani stanno lì per il petrolio, ma anche per esercitare una funzione strategica di contenimento nella zona: sono tutte cose che sappiamo molto bene, anche perché, sottosegretario, le leggiamo nei documenti del Pentagono. Sì, siamo abituati a leggere i documenti del Pentagono, che sono pubblici e circolano dappertutto! Nella riunione di Londra, che lei ha citato a mo' di salvacondotto, sottosegretario Ventucci, per dimostrare la «innocenza» delle scelte del suo Governo, può essere successo di tutto! Il Governo italiano avrebbe potuto decidere di andare a Nassiriya senza il consenso degli angloamericani? Non era possibile; si tratta di un utilissimo alleato, seppur piccolo dal punto di vista del potere contrattuale e la vicenda di Calipari lo dimostra drammaticamente, signor sottosegretario.

La riunione di Londra è servita a stabilire la spartizione del futuro bottino.
Lei sostiene che la nostra tesi del business a Nassiriya non è supportata da alcuna prova. Io le rispondo che è supportata da dichiarazioni, documenti, rapporti, inchieste con riferimento ai quali lei ed il suo Governo non avete mai sentito l'esigenza di sollevare obiezioni, di dichiarare che si trattava di falsità, di prendere le distanze, come un esponente normale di un Governo normale dovrebbe fare di fronte alla rimessa in discussione delle ragioni di una guerra da parte di fonti e personaggi autorevoli. Claudio Gatti, corrispondente da New York per il Sole 24Ore, in un suo articolo, citando fonti americane della CIA e della CPA di Bremer, riferisce che l'attentato di Nassiriya era un segnale diretto a colpire, non tanto i militari italiani, quanto gli interessi petroliferi del nostro paese, un efferato avvertimento teso ad allontanare l'ENI, ossia l'operatore economico italiano nella zona. Gatti, non è uno qualsiasi e scrive sul massimo giornale della classe imprenditoriale italiana. Di fronte a ciò, non pronunciate nemmeno una parola, perché è una verità che fa parte del proscenio delle verità, ma che va in circoli ristretti (il Sole 24Ore non è un giornale popolare). Non dite nulla, perché non potete dire assolutamente nulla. Non potete smentire il Sole 24Ore, poiché non avete il potere di smentire una verità che arriva dal giornale della Confindustria. Vi fareste ridere dietro dalla Confindustria! Non smentite e la notizia si diffonde. Ovviamente, in questa sede, pensate di poter smentire noi, ma non dite nulla contro le fonti che abbiamo citato (Livigni, Gatti e quanti altri), perché si tratta di personaggi del potere, di personaggi che conoscono la verità. Quindi, smentite la nostra ricostruzione. Ma i fatti sono molto evidenti e ci auguriamo che nel nostro paese si possa finalmente sviluppare una discussione seria sulla vicenda che ci ha portato a sostenere la guerra preventiva in Iraq.

SCRIVERA’ CLAUDIO GATTI - GIORNALISTA DEL IL SOLE 24 ORE.

AFFARI A NASSIRIYA

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IL SOLE 24 ORE del 13 Novembre 2003 -

- "Da tempo l'azienda petrolifera italiana (Eni) ha gli occhi sui campi petroliferi di NASSIRIYA. All'Eni quel giacimento da 300mila

barili al giorno e con riserve tra i 2 e i 2,6 miliardi di barili

interessa dai tempi del regime di Saddam Hussein. Subito

dopo la fine "ufficiale" della guerra l'azienda italiana ha

riaperto il negoziato con gli americani di Paul Bremer e con

il ministero del petrolio irakeno.

A giugno una delegazione dell' Eni si è recata a Baghdad a bordo di un aereo militare

italiano per discutere nei dettagli l'affare". "La trattativa

per l'affidamento di quei pozzi all'Eni non è stata conclusa, ma

senza dubbio gli italiani sono in pole position",

riferisce al "Sole 24 Ore" una fonte americana. Ma quello di

Nassiriya è un investimento "pesante", sia sul fronte

finanziario - si parla di quasi 2 miliardi di dollari - che su quello

delle risorse umane. Ed è chiaro che, qualora fosse

affidato all'Eni, l'azienda italiana non potrebbe non tener conto

della questione sicurezza. Ecco quindi l'interesse degli

attentatori a trasformare Nassiriya in un inferno in cui

sarebbe troppo rischioso avventurarsi. Cosa che oggi

l'Eni si è trovata costretta a riconoscere. "Noi avevamo un

interesse per quella zona e lo confermiamo", ha dichiarato

l'amministratore delegato Vittorio Mincato "contavamo di

chiudere i colloqui in corso entro l'anno ma i fatti di oggi

confermano quanto temevamo: se ne parleràl'anno prossimo".

- Ora una domanda: perché questa notizia non è apparsa in

televisione?? A Voi la risposta!

DA TUTTO CIO’ SI COMPRENDE ANCHE PERCHE’ AL ZARQAWI AMICO DI BUSH AVREBBE POTUTO ORGANIZZARE UN TALE ATTENTATO NEI CONFRONTI DEGLI ITALIANI A NASSIRIYA. E SI COMPRENDE ANCHE QUANTO ERA FACILE POTER RITIRARE LE NOSTRE TRUPPE DA QUELLA ZONA. GLI AMERICANI NON LI VOLEVANO - TROPPO IMPORTANTE ERA PER LORO QUEL GIACIMENTO ... NON SI POTEVA LASCIARE IN MANO ALLA PICCOLA ITALIOTTA BEOTA CHE PUR DI DESTABILIZZARE L’EUROPA SI ALLEAVA CON BUSH. MA GLI AMERICANI NON POTEVANO COLPIRE FRONTALMENTE E ALLORA MUOVEVANO SUL CAMPO IRACHENO LE LORO PEDINE... AL ZARQAWI APPUNTO - ELIMINATO QUANDO NON FACEVA PIU’ COMODO E NON ERA PIU’ IN GRADO DI COMANDARE LA RESISTENZA O PEGGIO QUANDO MINACCIAVA DI PARLARE DEI LOSCHI AFFARI.

ANCHE SULLE IMMAGINI DELL’UCCISIONE DI AL ZARQAWI NAMIR FECE UN’INCHIESTA DETTAGLIATA NELLA QUALE VENNERO FUORI TUTTE LE FALSITA’ DEGLI AMERICANI...CHE POI PIANO PIANO E DI GIORNO IN GIORNO RITRATTAVANO... MA DA NOI FURONO SCOPERTI ANTICIPATAMENTE IN QUESTE PAGINE WEB :

<http://www.namir.it/irradio/zarqawi2.htm>

CONTINUA L’ARTICOLO DI CLAUDIO GATTI NELLA PARTE PIU’ S-CONVOLGENTE :

sin dall’estate 2003 nell’intelligence americana si era diffusa la convinzione che i ribelli, avrebbero attaccato ditte straniere e operatori economici che erano intenzionati a dare vita all’economia locale. Quando avvenne l’attentato di Nassiriya mi fu subito detto che in realta’ era un segnale da dare non solo al governo che ovviamente sosteneva gli americani e quindi era considerato nemico, ma soprattutto e in un certo senso all’operatore economico interessato a quella zona che era l’Eni. Le mie fonti sono state sia americane, un’ex funzionario della cia che ha sempre tenuto per l’iraq, sia irachene cioe’ di ex dissitenti poi passati alla coalizione di governo.

...DELL’ATTENTATO ITALIANO NE PARLAVANO TUTTI E NESSUNO INTERVENNE ...COME MAI ?

POSSIAMO PENSARE CHE CI FURONO VOCI MAGARI PILOTATE A TRANQUILLIZZARE I NOSTRI SERVIZI SEGRETI ITALIANI - IL GOVERNO - TANTO DA NON AZIONARE LA MACCHINA PER UNA DIFESA MIGLIORE A NASSIRIYA ?

ALTRIMENTI DOBBIAMO INVECE IMMAGINARE CHE UN CERTO GIANNI LETTA CAPO DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI E BRACCIO DESTRO FIDATISSIMO DELL’ALLORA CAPO DEL GOVERNO SILVIO BERLUSCONI - IN REALTA’ ANCHE SE OSANNATO DA TUTTI COME FURBO E CAPACE E’ STATA PERSONA POCO ATTENTA ?

OPPURE E’ PIU’ FACILE PENSARE ...VISTO CHE L’ATTENTATO E’ STATO REALIZZATO DA UN CERTO AL ZARQAWI... CHE SE DA UNA PARTE QUALCUNO RASSICURAVA IL NOSTRO GOVERNO DI VITA FACILE DALL’ALTRA SI INTENDEVA COLPIRE L’ENI PER SPAVENTARLA - RINUNCIARE A QUEL PETROLIO IN MODO CHE GLI USA NE FACESSERO MAN BASSA ?

ED E’ NATURALE CHE L’ENI NON HA REAGITO NEANCHE QUANDO LE NOTIZIE SUL CAMPO E ORAMAI ANCHE IN ITALIA AFFERMAVANO DI QUESTO PERICOLO...IL GRUPPO COMUNQUE ERA INTENZIONATO A SFRUTTARE ALMENO TUTTE LE RISORSE DEL POZZO DI PETROLIO ESISTENTE... PER IL RESTO AVREBBE ATTESO ALTRE POSSIBILITA’.

NON DIMENTICHIAMOCI CHE PER OLTRE IL 30 PER CENTO L’ENI E’ ANCORA DELLO STATO ITALIANO E CON TALE QUOTA PUO’ DECIDERE TUTTO AL SUO INTERNO COMINCIANDO DA CHI E QUALI UOMINI PIAZZARE AL VERTICE DELLA MULTINAZIONALE E SU COME E QUANDO FARE SILENZIO O INTERVENIRE.

Vittorio Mincato

Nato nel 1936 a Torrebelvicino, in provincia di Vicenza, è Presidente di Poste

Italiane S.p.A.

Ha iniziato l’attività professionale nel 1957 all’Eni, con la qualifica di impiegato

tirocinante, compiendo una rapida carriera che lo ha portato ad occuparsi di molti

settori.

In particolare, ha seguito l’industria tessile (Lanerossi, della quale è stato Direttore

Amministrativo e Finanziario e consigliere di amministrazione), l’industria meccanica

(Savio, della quale è stato Presidente, realizzandone la privatizzazione) e l’industria

petrolchimica (EniChem, della quale è stato Presidente, realizzando la

privatizzazione di numerosi business).

Dell’Eni è stato anche Direttore Amministrativo, Direttore delle Risorse Umane e

dell'Organizzazione, Assistente del Presidente. Ne è diventato Amministratore

Delegato nel 1998, carica che ha mantenuto fino al maggio del 2005.

E' Presidente dell'Assonime (Associazione tra le società italiane per azioni).

E’ membro del Consiglio Direttivo della Confindustria, di cui è stato Vicepresidente

nel biennio 2002-2003, e del Consiglio di Amministrazione della Parmalat. E’ Vice

Presidente dell’Unione degli Industriali di Roma ed è stato membro del CNEL

(Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro) nel triennio 2002-2004.

E’ stato insignito di due Lauree Ad Honorem: in Ingegneria Gestionale dal

Politecnico di Milano e in Economia dall'Università degli studi di Torino.

Nel 2002 è stato nominato Cavaliere del Lavoro.

E’ membro del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia Nazionale di Santa

Cecilia di Roma e dell’Accademia Olimpica di Vicenza.

E’ entrato, come indipendente, nel Consiglio di Amministrazione della Fiat il 23

giugno 2005.

VITTORIO MINCATO IL GIORNO DELLA STRAGE DICHIARA ALL’AGENZIA ANSA

- rispetto ai negoziati delle autorita’ locali di una possibile presenza dell’eni nella zona di Nassiriya, si dovra’ slittare al 2004 proprio per problemi legati alla stabilita’ della zona.

Se tanto e’ stato detto sulla missione umanitaria dei Carabinieri a Nassiriya poco o nulla e’ stato detto quando gli stessi scortavano bidoni di petrolio o quando la nave San Giusto vigilava le acque del terminale petrolifero.

NOTIZIE DEL 15 OTTOBRE 2003 - SMD

Nel quadro delle attività operative condotte dal contingente italiano volte a contrastare i fenomeni del terrorismo e della criminalità nella provincia irachena di Dhi Qar, un importante risultato è stato conseguito nella giornata di ieri.
I militari dell'Esercito hanno rinvenuto, presso la località Awdat al Wahhabi, 5 missili contraerei tipo SA9 Gaskin, in ottimo stato di conservazione. Per il recupero del pericoloso materiale, è stato attivato un team IEDD del contingente (personale specializzato nella bonifica di ordigni esplosivi).


Sempre ieri, durante un'altra operazione di controllo condotta da unità dell'Esercito, è stato ritrovato, presso Nasiryah, un ingente quantitativo di materiale esplosivo; in particolare sono stati recuperati 30 chilogrammi di tritolo, 15 accenditori e 30 metri di miccia detonante.


Nave San Giusto ha proseguito, durante la settimana, la propria attività di pattugliamento nei pressi della piattaforma petrolifera di al Bakt, in acque territoriali irachene. In particolare, le unità mercantili in transito sono state sottoposte ai normali controlli del carico e dei documenti di bordo.
Durante le operazioni, il team sanitario imbarcato su Nave San Giusto ha avuto modo di prestare assistenza medica a circa quaranta persone di dieci unità controllate.

21 AGOSTO 2003 - SMD


Punto di situazione ad un mese dall'inizio dell'operazione "Antica Babilonia"

Il Comando delle forze italiane impegnate in Iraq (Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri) valuta i risultati ottenuti dopo un mese dall'inizio dell'operazione "Antica Babilonia".


Il primo obiettivo da perseguire era, e rimane, la sicurezza: attualmente la provincia risulta una delle più tranquille del Paese. Sino ad ora, non si sono registrate azioni ostili contro le forze della coalizione e tendono a diminuire notevolmente le attività criminali, quali furti, rapine ed omicidi. Si registrano solo poche manifestazioni popolari in alcuni centri con il coinvolgimento di una minima parte della cittadinanza.

Anche in mare, nelle acque territoriali irachene così come nel porto di UMM QASR, non si registrano segni di ostilità nè attività criminose di rilievo.
Il controllo del territorio vede costantemente impegnati uomini e donne di tutte le componenti delle Forze Armate. Esso si sviluppa attraverso operazioni per il controllo delle rotabili e dei centri abitati, contro il sabotaggio delle pipelines e il contrabbando del petrolio e, in generale, di contrasto alla criminalità. Non da meno, attraverso attività con finalità umanitarie, si è intervenuti direttamente per migliorare le condizioni di vita della popolazione e per aumentarne la fiducia ed il consenso nei confronti del contingente. Alcuni dati numerici per sintetizzare le attività svolte:

· armi e munizioni sequestrate: 90 fucili, 11 pistole, 14 armi contro carro con 18 razzi, 6 mortai e 2 cannoni, circa 20.000 colpi di diverso calibro, 20 bombe a mano e 280 bombe da mortaio;

· carburanti di contrabbando sequestrati: 7000 lt. di JP8, 11.500 lt. di benzina e 24.000 lt. di gasolio;

· persone fermate n. 57;

· componente elicotteri interforze: 224 missioni per un totale di 312 ore di volo;

· aiuti umanitari distribuiti: circa 2.500 t. di generi alimentari e 500 t. di medicinali.

·

Direttamente connessa con le operazioni è l'attività di cooperazione civile militare che risulta capillare e continua in tutto il settore.


La componente CIMIC dell'operazione "Antica Babilonia" ha monitorato migliaia di istanze di interventi a favore della popolazione civile ed ha coordinato proficuamente le attività delle NGO, GO, IOS italiane ed internazionali, delle autorità civili locali nonché delle autorità militari della Coalizione.
Il coordinamento con le NGOs ha visto, come attività di rilievo, l'organizzazione del ritorno di profughi dall'Arabia Saudita, promossa dall'UNHCR ed effettuata con la sicurezza fornita dal Contingente italiano.


Altri e consistenti sforzi sono stati profusi per la razionalizzazione e riorganizzazione del settore petrolchimico, dell'erogazione dell'energia elettrica e dell'irrigazione.


In particolare, per l'erogazione dell'energia elettrica, è ora possibile garantire la distribuzione per tutto l'arco delle 24 ore, a differenza di quanto avveniva prima del conflitto.


Sono inoltre in corso attività per il supporto ai settori dell'istruzione e della sanità, con l'approvvigionamento di ausili didattici per le scuole e la distribuzione di medicinali ed attrezzature agli ospedali. Infine, un progetto di lungo termine prevede la riorganizzazione del sistema per lo smaltimento dei rifiuti e la manutenzione della rete stradale.

Le attività di nave San Giusto si sono invece sviluppate nelle acque territoriali irachene, nello spazio antistante il terminale petrolifero di Al Bakt, ove l'unità ha svolto un pattugliamento continuo per garantire la sicurezza della navigazione mediante il controllo del traffico mercantile in transito. L'identificazione delle imbarcazioni e il controllo del loro carico hanno comportato sino ad ora l'effettuazione di circa 35 boarding e 70 interrogazioni e la percorrenza di circa 8.100 miglia, con 1.200 ore di movimento.

Complessivamente, sebbene la missione evidenzia numerose problematiche, non ultimo anche sotto l'aspetto ambientale per le particolari condizioni climatiche, va sottolineato che al momento la provincia di DHI QAR presenta condizioni di maggiore calma rispetto al resto del Paese. La situazione operativa rimane comunque estremamente fluida, con dinamiche che potrebbero causare repentini cambiamenti sul piano della sicurezza.

Contratti per il petrolio

Le Monde, 28 novembre 2004

L'Iraq ha assegnato i primi contratti petroliferi di grande portata dalla caduta di Saddam Hussein. Una decina di società di idrocarburi e petrolifere straniere, principalmente di dimensione media, i cui nomi non sono stati rivelati, sono state incaricate dello studio del potenziale dei due principali giacimenti, Rumailla, nel sud, e Kirkuk al nord. A causa della tenuta delle elezioni generali, previste il 30 gennaio, il Ministero dei Petroli avrebbe scelto PMI "juniors" beneficiando di contratti limitati che rappresentano tra 3 e 5 milioni di dollari ciascuno.

Sembra avere l’aria indifferente, bonaria, distesa. Ma i suoi occhi mobili ed incisivi denunciano la sua determinazione. Aumentare la produzione e le esportazioni di grezzo per finanziare la ricostruzione del paese: il ministro iracheno dei petroli, Thamer Abbas Ghadbane, tecnocrate del serraglio, intende attuare con successo questa scommessa nonostante la moltiplicazione degli atti di sabotaggio. A seguito degli attacchi che colpiscono in particolare gli impianti del nord, le esportazioni sono fissate oggi al limite massimo di 1,8 milione di barili che transitano unicamente attraverso il terminale petrolifero congestionato di Mina Al-Baqr, vicino a Bassora. Nella sua grande fortezza di Al-Moustarissiya, uno dei posti più protetti di Bagdad, il ministro si è accinto, nel più grande segreto, all’elaborazione di un piano di sviluppo di giacimenti iracheni, le cui riserve sono considerate come le più importanti dopo quelle dell’Arabia Saudita.

La creazione di un dipartimento di gestione dei serbatoi segna la prima tappa di questo processo di rimessa a nuovo a livello di istallazioni rovinate a causa della mancanza di investimenti. La seconda fase consiste nel fare appello alle società petrolifere straniere, piccole e medie, per intraprendere lavori di audizione preliminari. Infatti, per ragioni giuridiche, i grandi contratti non potranno essere firmati che quando un governo eletto sarà in carica. Questo"apriti sesamo" permetterà tuttavia agli eletti di beneficiare dei dati geologici e sismici dei giacimenti di cui le "majors" potrebbero approfittare successivamente via partenariati. Intanto in attesa dell’esito di uno scrutinio, le grandi società petrolifere internazionali avanzano delicatamente i loro pionieri in Iraq. Il ministero ha firmato una ventina di "memorandum di cooperazione" con ad esempio ChevronTexaco, ExxonMobil, BP, Shell o la russa Lukoil. Si tratta di istruire gli ingegneri iracheni alle norme internazionali. In cooperazione con l'Istituto Francese dei petroli, Total ha messo a punto un programma simile.

Questi seminari gratuiti, che hanno luogo fuori dall’Iraq. permetteranno alle multinazionali straniere di tessere legami utili con la nomenklatura tecnica della vecchia Mesopotamia. Infine, il ministero preparai bandi di gara che saranno lanciati dopo le elezioni per attirare gli investitori stranieri, probabilmente sotto forma di accordi di divisione di produzione. "Nel 1997-1998, il regime aveva firmato una serie di contratti mentre il prezzo del petrolio era basso, attorno a 10 dollari. Oggi il barile vale cinque volte tanto.

Questa congiuntura al rialzo è tuttavia meno vantaggiosa per le grandi compagnie", spiega Ruba Husari, dell'Energy Intelligence Group. In previsione di questa divisione della torta, i gruppi di idrocarburi si piazzano. Così, grazie alla recente assunzione di partecipazione minoritaria dell'americana ConocoPhillips al suo capitale, il numero due russo, Lukoil, spera di vedersi affidare lo sviluppo di West Qurma. L'impresa russa aveva firmato con l'ex dittatore un contratto di 6 miliardi di dollari d'investimenti in questo campo vergine, che era stato annullato nel 2002. Gruppi come Total, ENI, Repsol o CNPC avevano siglato ma non avevano portato a termine degli accordi di esplorazione/produzione con l'équipe di Saddam Hussein. Ma per le società dei paesi che avevano esternato la loro opposizione all’esercito americano in Iraq come la Francia, la Russia o la Cina, le possibilità di vedere questi contratti concretizzarsi appaiono sottili. Infatti, le società i cui governi partecipano alla coalizione, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dovrebbero avere la priorità. Al tempo di Saddam Hussein, Total aveva messo l’occhio sull’altro campo incolto di Majnoon. Già penalizzata dalla sua nazionalità, Total rischia di soffrire per la messa in esame per "complicità in abuso di beni sociali" di Alain Lechevalier, suo vicepresidente per il Medio-Oriente e responsabile del dossier iracheno.

I nostri piloti hanno sorvolato gli oleodotti che avevano subito gli attentati e quando hanno potuto sono intervenuti direttamente.

IN UNA INTERVISTA RILASCIATA A DUILIO GIAN MARIA INVIATO DELLA RAI - Mohammed Sabri Hamid al Rumayad DIRA’

A Nassiriya ci sono numerosi giacimenti di petrolio che non sono in produzione. In questi luoghi e’ sufficiente infilare un dito nel terreno per veder zampillare petrolio. Ma non solo c’e’ il petrolio c’e’ anche tanto uranio. In futuro ci saranno molte compagnie straniere interessate all’estrazione e noi desideriamo compagnie italiane, perche’ le conosciamo molto bene.

CONOSCENDOCI... CAMBIERA’ IDEA PRESTISSIMO SOPRATTUTTO SULL’AFFARE CONTINI - CHE SEMBRA... ABBIA FATTO SPARIRE ( oppure sono stati come dire una paga per il servizio svolto ) 15 MILIONI DI DOLLARI LA SIGNORA FINTA PACIFISTA :