altra
intervista. Intervista allex dirigente Eni sul risiko energetico: «Rischiamo di uscire dai giochi» Benito Li Vigni: «Scontiamo le privatizzazioni senza senso» Andrea Milluzzi Liberazione 10 marzo 2006 «Il problema è che in Italia non abbiamo uno straccio di politica energetica. E adesso si sta formando un nuovo blocco Germania-Russia, che probabilmente coinvolgerà anche la Francia, e noi ne resteremo fuori, pagando cara la scelta di seguire Bush»: sono le parole di Benito Li Vigni, ex dirigente dellEni ed ex manager dellamericana Gulf Oil company, e autore del libro In nome del petrolio, di prossima uscita nelle librerie, a commento del risiko energetico che si sta sviluppando in Europa Enel sembra intenzionata a lanciare lOpa su Suez-Electrabel, nonostante il governo francese si sia mosso - eccome - per bloccarla.. Credo che il gruppo italiano abbia davanti due strade: o lancia subito lOpa o aspetta che si concluda la fusione fra Suez e Gdf. Ma questa fusione è molto a rischio perché i sindacati francesi non vogliono assolutamente che Gdf venga privatizzata. Anche se lo Stato rimarrà lazionista di maggioranza, quando una società entra in borsa deve fare i conti con la finanza. Quindi credo che alla fine giungeranno ad un compromesso, con lEnel che si prenderà la commodity e lascerà tutto il resto ai francesi. Credi possibile una fusione Eni-Enel? No, è una di quelle teorie italiote, come le chiamo io. E cosa fanno, un mostro monopolista di energia e servizi? Il punto però è che noi stiamo discutendo di questo perché le liberalizzazioni che abbiamo fatto in passato non hanno senso. Non ha senso che Eni faccia parte di Snamretegas quando questultima è stata privatizzata. E necessario che Snamretegas torni in mani pubbliche, perché le infrastrutture devono essere gestite dallo Stato. Se invece sono in mano ai privati è ovvio che questi chiuderanno alla concorrenza e di conseguenza non ci saranno investimenti. Alla fine a pagare tutto questo è solo il consumatore. Bisognerebbe che le aziende potessero farsi concorrenza sui servizi allestero, ma che in Italia mantengano una situazione a basso costo. Invece siamo al paradosso del mercato bloccato. Però il governo spagnolo ha fatto una legge per fermare la tedesca Eon, quello inglese ha cercato di bloccare Gazprom e della Francia abbiamo già detto: questa sorta di ritorno al protezionismo è pericoloso? Guarda, tutto nasce dalla mancanza di una strategia comune europea. In sua mancanza, gli Stati continueranno ad andare avanti a compromessi. Il gas è il settore strategico e vedrai che sarà il terreno delle partite più importanti del futuro. Fra un po lattenzione si sposterà tutta sul gasdotto che russi e tedeschi stanno costruendo insieme sotto il Mar Baltico, poi ci sarà lIran, dove per fortuna noi siamo già entrati nel 1999, grazie agli accordi con lEni. Però tutto ha unimportanza così elevata che delle regole ci vogliono. Barroso e Tremonti (solo per fare due nomi) si sono scagliati contro il nazionalismo, così come il commissario alla concorrenza McGreevy; non è una visione un po limitata? Per lenergia si fanno guerre e si giocano le proprie carte. Guarda la Russia: produce 900 miliardi di metri cubi di gas e ha scorte di 50mila miliardi; attraverso Gazprom ha fatto capire che rivuole un ruolo di potenza economica nello scacchiere internazionale. Non è un ricatto politico questo? LItalia ha fatto di tutto per tenere fuori i concorrenti stranieri dal proprio sistema bancario e adesso la sta scontando nel settore energetico. Non è una vendetta politica questa? Poi sentiamo ministri del nostro governo che ci vengono a parlare di ritorno al nucleare, quando i programmi di tutti gli Stati europei parlano di uscita dal nucleare entro il 2020. Facciamo ridere, andiamo a tentoni. LI VIGNI DIRA - queste guerre non sono state messe in atto solo per il petrolio pero e una componente fortissima, quasi fondamentale. Perche secondo una nuova stima le riserve irachene non sarebbe di 116 miliardi di barili ma 400 miliardi di barili. Infatti vi sono vaste zone desertiche che non sono ancora sfruttate ne sono state oggetto di studio. Quindi lIraq sarebbe il primo stato del mondo a scavalcare lArabia Saudita che oggi ha 280 miliardi di riserve. LEni comincia ad interessarsi dellIraq a meta degli anni novanta e nella seconda parte degli anni novanta vine accordato allEni un giacimento di petrolio da sfruttare, proprio nellaerea di Nassiryia. Il rapporto ordinato da Bush al suo vice Dik Cheney, allinzio del suo mandato e rimasto segreto per molto tempo contiene le compagnie straniere che avevano trattato con Saddam e tra queste ce anche lEni che nel 1997 aveva raggiunto un accordo per lo sfruttamento del giacimento di Nassiriya con la spargnola Repsol. Un contratto vantaggiosissimo che avrebbe permesso di scrivere nel bilancio le riserve stimate tra 2,5 e i 4 miliardi di barile. il Wall Street Journal riportando la convesrazione con un alto dirigente americano di un gruppo petrolifero importante affermava che se i contratti di concessione di Saddam andavano in porto Eni e Total sarebbero diventate le piu grandi compagnie petrolifere del mondo. Quindi mi sembra una strana coincidenza la presenza delle truppe italiane a Nassiriya. A breve distanza dalla vecchia base della Camera del Commercio. Cioe dove ce stato lattentato in cui sono deceduti gli i nostri soldati, cera una raffineria, la raffineria dello stato itacheno. Poi non dimentichiamo che Nassiriya e interessata da un sistema di oleodotti importantissimi. Quindi mi chiedo ... e una coincidenza ? e una coincidenza che i nostri soldati sono in unaerea petrolifera cosi importante concessa allEni ? azienda nella quale lo stato italiano ha ancora il trenta per cento e quindi ne puo fare le politiche e nominarne i dirigenti e puo scegliere le strategie. resoconto stenografico dell'Assemblea Interpellanza urgente n. 2-01593 del 21 giugno e discussa in aula il 30 giugno 2005, Seduta n. 648. abbiamo aderito alla guerra in Iraq per motivi economici. Vi è la presunta esistenza di un accordo, firmato dall'ENI, per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nella zona di Nassiriya - n. 2-01593. Altro che la missione umanitaria di Berlusconi! E altro. Uno stralcio: "Non solo,
onorevole sottosegretario. Sappiamo che in un documento
che reca la data dell'11 novembre 2004 l'allora ministro
Frattini riassunse i motivi alla base della
partecipazione italiana alla missione irachena. In tale
documento, che hanno ricevuto tutti i deputati, si
afferma: l'impegno italiano per la sicurezza
internazionale è determinato da un calcolo razionale del
nostro interesse; e ancora il nostro impegno nelle
missioni di pace rappresenta un saldo investimento
economico - «interesse», «investimento», «grande
occasione», «tornaconto»! - e quindi possiamo
attenderci considerevoli benefici economici dalla
stabilizzazione di regioni sensibili per i nostri
approvvigionamenti e per le prospettive di apertura di
nuovi mercati e di nuove aree di collaborazione. È noto
che la difesa degli interessi è sempre invocata, ad
esempio, dagli Stati Uniti, ogni qual volta occupano un
paese. La nostra Costituzione dice altro, e sarebbe stato
opportuno rispettarla. Mozioni, Interpellanze, Dibattiti su informative urgenti del Governo Presunta esistenza di un accordo, firmato dall'ENI, per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nella zona di Nassiriya. Interpellanza urgente n. 2-01593 del 21 giugno e discussa in aula il 30 giugno 2005 I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri degli affari esteri e delle attivita produttive,per sapere - premesso che: la partecipazione alla coalizione dei willings in Iraq da parte dell'Italia è sempre stata giustificata come dettata da motivi umanitari e di peace keeping;
«Deiana, Pisa, Leoni, Tocci,
Giulietti, Maurandi, Mazzarello, Galeazzi, Buffo,
Cialente, Marcora, Russo Spena, Alfonso Gianni, Labate,
Magnolfi, Martella, Cazzaro, Abbondanzieri, Zanotti,
Sasso, Grandi, Fumagalli, Amici, Sabattini, Folena,
Sgobio, Bellillo, Sciacca, Cima, Cento, Bulgarelli, Maura
Cossutta, Pistone». Illustrazione dell'on. Pisa cofirmataria, risposta e replica dell'on. Elettra Deiana SILVANA
PISA. Signor
Presidente, vista l'ora tarda cercherò di essere
sintetica.
Al contrario, l'unico ministero protetto in modo militare fin dall'inizio fu proprio quello del petrolio.
Non solo, onorevole sottosegretario. Sappiamo che in un documento che reca la data dell'11 novembre 2004 l'allora ministro Frattini riassunse i motivi alla base della partecipazione italiana alla missione irachena. In tale documento, che hanno ricevuto tutti i deputati, si afferma: l'impegno italiano per la sicurezza internazionale è determinato da un calcolo razionale del nostro interesse; e ancora il nostro impegno nelle missioni di pace rappresenta un saldo investimento economico - «interesse», «investimento», «grande occasione», «tornaconto»! - e quindi possiamo attenderci considerevoli benefici economici dalla stabilizzazione di regioni sensibili per i nostri approvvigionamenti e per le prospettive di apertura di nuovi mercati e di nuove aree di collaborazione. È noto che la difesa degli interessi è sempre invocata, ad esempio, dagli Stati Uniti, ogni qual volta occupano un paese. La nostra Costituzione dice altro, e sarebbe stato opportuno rispettarla. Nella stessa inchiesta, che ha raccolto materiale molto interessante, si citano incongruità della motivazione umanitaria a fronte delle dichiarazioni di un ex dirigente dell'ENI, il dottor Livigni, che, intervistato dal giornalista, riferisce degli impegni assunti da tale ente in merito al giacimento di petrolio di Nassiriya, fin dal 1996, e delle tipologie di contratto molto vantaggiose. Nell'interpellanza in esame citiamo documentazione molto circostanziata, ma ricordo anche che nel servizio vengono mostrate fotografie scattate dai nostri militari, e in particolare dalla nave San Giorgio, che sorveglia la piattaforma petrolifera, e vengono altresì mostrate immagini dei nostri militari che scortano camion con bidoni di petrolio e dei carabinieri che accorrono presso un gasdotto od oleodotto in avaria. Nel servizio vi è inoltre l'intervista ad un'autorità irachena, la quale afferma che la zona è ricchissima di petrolio ed anche di uranio. Siamo molto preoccupati, signor sottosegretario, da tali notizie, che, tuttavia, vengono smentite: sono anni che su tale vicenda ci rispondete con un castello di bugie. Sarebbe interessante conoscere quanto accade realmente. Tra pochi giorni rivoteremo - o meglio, rivoterete - il decreto-legge per il rifinanziamento della missione irachena. Ci aspettiamo il solito refrain: in Iraq tutto va bene; i soldati italiani sono molto amati; gli iracheni ci chiedono di restare e via dicendo, anche se sappiamo non essere così già da tempo (se mai lo è stato!). La disoccupazione in Iraq è aumentata; la ricostruzione fa acqua da tutte le parti e, inoltre, i nostri soldati si domandano cosa stiano facendo li: anche loro non vogliono più restare in quell'area. Ricordo alcuni articoli di giornali apparsi negli ultimi giorni, dai quali si evince che persino il Pentagono non valuta positivamente la situazione attuale in Iraq. Tant'è che secondo Rumsfeld, data la situazione talmente difficile, gli Stati Uniti potrebbero restare in Iraq persino per anni. Vengo ai quesiti della nostra interpellanza urgente. Vorremmo sapere se dal contesto descritto nel servizio televisivo non emerga la vera natura della missione in Iraq, se la situazione delineata non corrisponda al vero e quali informazioni il Governo intenda fornire al Parlamento al riguardo. Chiediamo, inoltre, se tutto ciò non costituisca una patente negazione di tutto quanto affermato circa le ragioni della presenza del contingente italiano a Nassiriya, che voi ribadite ogni sei mesi e che puntualmente noi vi dimostriamo non corrispondere al vero. Al contempo, vorremmo sapere quali siano gli interessi italiani in quell'area, con particolare riferimento allo sfruttamento petrolifero della zona sottoposta alla giurisdizione di militari italiani (Nassiriya), e se la realizzazione di tali interessi sia oggi alla base delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, e del ministro degli affari esteri in merito ad un eventuale ritiro della missione italiana entro i primi mesi del 2006. Come ultimo quesito, vi chiediamo se nel periodo di occupazione il Governo abbia stipulato contratti o altre intese di natura economica e commerciali e, qualora ciò si sia verificato, quali siano. |