La bomba del
12 dicembre del '69?
A
Milano, a Piazza Fontana?
No, veramente non mi ricordo, non c'ero, non ero neanche
nato...
40 anni. Quarant'anni dal quel 12 dicembre 1969 in cui
una bomba
fece tremare Piazza Fontana a Milano. Quarant'anni dal
quel 15
dicembre in cui Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico,
fu spinto alle
spalle da una forza di gravità che lo fece precipitare
dal quarto
piano della questura di Milano. Bombe, vittime casuali,
voli dalle
finestre, rimasti senza una spiegazione, senza condanne,
senza
colpevoli. E il presunto colpevole era allora, è stato
per 40 anni, ed
è ancora oggi così forte e legittimato da poter opporre
se stesso alla
sua condanna... STRAGE DI STATO. Così si disse, senza
smentita. Ma
nemmeno senza attendersi giustizia, da chi la giustizia
la amministra
e le condanne - anche a morte - le fa eseguire
nell'ombra. Strage di
Stato, allora. Per fermare le lotte operaie, le lotte
studentesche,
per diffondere il terrore, per prevenire una
trasformazione sociale
che appariva riluttante a farsi incanalare nell'alveo
delle
istituzioni borghesi. Contro una temuta rottura
rivoluzionaria, fu
strage di Stato come rottura preventiva dei rapporti di
forza tra le
classi. La strategia della tensione, la si definì.
Cominciò così la cultura dell'emergenza, che ci
accompagna da
allora, passando per le varie stagioni degli opposti
estremismi, del
terrorismo e degli anni di piombo, del pentitismo e della
repressione
che nel XXI secolo si fa spettacolo. Ogni dissenso è
criminalizzabile;
definita come terrorista ogni opposizione sociale che
esprima critiche
alle politiche delle istituzioni statuali e capitaliste,
dei sindacati
che si fanno complici e dei media asserviti.
Cominciò la cultura del non ricordo, con cui i fedeli
servitori
dello Stato si sono sottratti in questi 40 anni a
rispondere delle
loro responsabilità, fino a Genova 2001, fino alla
recente morte di
Stefano Cucchi, fino alle prossime amnesie.
Cominciò la cultura del sospetto, nutrita di stragi,
tutta
orientata a sinistra. A cominciare dal movimento
anarchico. Una
cultura del sospetto infida e liberticida, strumentale
alla
conservazione degli assetti politico-sociali costituiti.
Una cultura
che tendeva e tende a salvare i servizi segreti, i gruppi
della destra
fascista, facendo ricorso sistematico al segreto di...
Stato. 40 anni
in cui il neofascismo è stato protetto e nutrito, pronto
a schiudersi
come l'uovo del serpente di Ingmar Bergman, per
riprodurre razzismo e
totalitarismo, obbedienza cieca allo Stato ed al capo.
Chi cerca di
opporsi non può che essere... sospetto! Forse è un
pericoloso
anarchico!! Non è un caso che oggi il movimento
anarchico e tutti i
movimenti che esprimono valenze e valori libertari siano
oggetto di
controlli e di repressione preventiva.
Cominciò così il vuoto collettivo di memoria e la
moderna
vocazione ad eludere. Quarant'anni anni in cui la carica
di
indignazione e di contestazione si è come stemperata nel
rito dei
processi senza colpevoli eppure rivelatori delle
connivenze e di tutto
lo spessore e la gravità del disegno stragista.
Ogni frammento di quella bomba di 40 anni fa, ogni
vittima, ci
porta all'orrore dell'insieme che abbiamo alle nostre
spalle e davanti
ai nostri occhi.
Ogni definitivo documento di Stato sulla morte di Pinelli
quella
sera del 15 dicembre del 1969 ci porta a rinnovare il
nostro impegno
perché la memoria mantenga viva la consapevolezza di
un'altra verità:
quella di una classe operaia e di una generazione
rivoluzionaria fatta
saltare in aria a Piazza Fontana, fatta volare giù da
una finestra di
Via Fatebenefratelli.
Sì, ci ricordiamo di quella bomba del 12 dicembre 1969.
Di quella
di Milano e di quelle di Roma. E di tutte quelle messe
nelle piazze e
sui treni per oltre 10 anni. Sì, ci ricordiamo di tutti
i proletari
uccisi nelle lotte di quegli anni. Sì, c'eravamo, anche
se forse non
eravamo ancora nati.
I comunisti anarchici non rimuovono, non dimenticano.
Federazione dei Comunisti Anarchici
12 dicembre 2009
www.fdca.it
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