Banche: ecco perché Fazio non controlla il sistema

Come mai Antonio Fazio, il governatore di Bankitalia che dovrebbe essere il vigilante "censore" delle banche italiane ha dimostrato tanta indulgenza per gli istituti di credito coinvolti nello scandalo dei bond Cirio? Una risposta potrebbe venire dalla circostanza, sconosciuta a più, che "la Banca d’Italia è in realtà una società per azioni dove le quote di maggioranza sono in possesso di quattro o cinque gruppi bancari". A scoprire le carte di via Nazionale è il professor Beppe Scienza, docente dell’Università di Torino ed esperti di meccanismi finanziari. Anche di quelli più reconditi: non a caso Bankitalia si è sempre rifiutata di divulgare il nome delle banche azioniste. Sorge quindi un classico conflitto d’interessi: come può Fazio controllare i suoi padroni? (segue a pag. 3)

Sono i grandi banchieri i "padroni" di Fazio.

Intervista di Giulio Ferrari a Beppe Scienza

Quis custodiet custodes? Se il controllore è "controllato" dai soggetti su cui istituzionalmente è chiamato a vigilare, allora forse si spiega anche l’incredibile e aprioristica assoluzione indirizzata l’altro giorno da Antonio Fazio agli istituti di credito coinvolti nello scandaloso bidone dei bond Cirio. Già, perchè non sono in molti a sapere che Bankitalia, oggi come non mai, ha un padrone che non è lo Stato (come generalmente si crede) ma le stesse banche di cui dovrebbe garantire l’affidabilità. Una circostanza da "Paese dell’assurdo" che per il professor Beppe Scienza, matematico, docente dell’Università di Torino ed esperto di meccanismi finanziari, è un significativo punto di partenza per ogni approfondimento sul ruolo dell’istituto di via Nazionale.

Professore, come è possibile che nella "giornata del risparmio familiare" il governatore di Bankitalia abbia liquidato come "poco rilevante" il danno subito da 35mila risparmiatori nel crack della Cirio? Come è possibile che abbia rilasciato una patente di correttezza alle banche responsabili di aver affibbiato titoli-bidone ai loro clienti? Insomma, da che parte sta Antonio Fazio?


 "Potrei rispondere con una domanda: chi è proprietario della Banca d’Italia? Quanti sanno che si tratta di una società per azioni, i cui azionisti di maggioranza sono istituti di credito e assicurativi?".


Davvero non è una notizia di pubblico dominio. Per tutti la Banca d’Italia è un’istituzione pubblica, un biglietto da visita dello Stato. D’altra parte, solo recentemente si avvertono gli effetti della situazione di cui lei parla.


"In passato la presenza delle banche era più parcellizzata. Poi vi sono state grandi fusioni: oggi 4 o 5 gruppi hanno la maggioranza assoluta delle quote di Bankitalia".


Insomma, Fazio che dovrebbe controllare le banche è "controllato" da un trust di banchieri. Altro che conflitto d’interessi...


"In qualche maniera il controllo su Bankitalia c’è, almeno potenzialmente. Però certe decisioni vengono prese di concerto col Tesoro. Si può ipotizzare di un germe di conflitto d’interessi, possono esserci delle pressioni. La cosa, comunque, si presenta malissimo: non si può negare che quando Fazio parla di banche, parla dei propri azionisti. La Banca d’Italia deve fare vigilanza: vigila sui suoi proprietari? Certamente si tratta di una situazione almeno bizzarra".


Come sono "bizzarre" le affermazioni di Fazio sullo scandalo dei bond Cirio: contro ogni evidenza ha affermato che le contrattazioni "assicuravano al cliente la necessaria trasparenza evitando che venissero proposte operazioni non adeguate all’investitore". Che ne dice?


"Come fa a sostenere una cosa simile? Ha sentito i risparmiatori bidonati? Questo significa nascondere la testa dietro il foglietto delle informazioni bancarie, ma la vera opera di "convincimento" è verbale. Il pericolo è allo sportello, l’impiegato di banca oggi è un venditore, riceve dei premi di produzione, ci sono addirittura dei corsi su come arruffianarsi i clienti. E’ chiaro che i responsabili dei bidoni sono i direttori, gli amministratori delegati delle banche, che hanno tutto l’interesse a promuovere titoli-spazzatura".

Non ci resta che mettere i soldi sotto il materasso?


"Tutto sommato ci si può fidare dei titoli del Tesoro, vano bene anche i buoni postali fruttiferi, ma soprattutto occorre evitare come il demonio il risparmio gestito. E riprendere in mano i propri investimenti".

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Giorgio La Malfa a Radio Radicale/Fazio è ancora consapevole dei problemi del Paese?

Una nuova legislazione contro gli scandali finanziari

Il Presidente della Commissione Finanze della Camera dei deputati Giorgio La Malfa ha concesso la seguente intervista a Radio Radicale il 24 dicembre scorso.
L'intervista (su "la Repubblica") con la quale il Governatore di Bankitalia Antonio Fazio declina ogni responsabilità sulle vicende della Cirio e di Parmalat non è piaciuta al Presidente della Commissione Finanze.

Presidente La Malfa, come giudica le considerazioni fatte dal Governatore di Bankitalia Antonio Fazio sulle vicende Cirio e Parmalat e lo scaricabarile nei confronti della Consob?

"Sono rimasto senza parole di fronte a questa specie di intervista che il Governatore di Bankitalia ha fatto. Il leit motiv di questo colloquio è stato: non c'è niente di cui preoccuparsi, noi non potevamo fare nulla, la Banca d'Italia non ha alcuna responsabilità. Le conclusioni cui sono arrivato sono queste: Fazio è sereno e nello stesso tempo ci sono decine di migliaia di risparmiatori che hanno perso molti soldi che avevano investito nelle azioni, nei bond della Parmalat, di Cirio. Inoltre, ci sono magistrati che stanno indagando su pesantissime responsabilità. Il "Financial Times" parla di un Paese, l'Italia, su cui non si può avere più fiducia. Se lui è sereno i casi sono due: o quello che la Banca d'Italia fa non ha a che vedere con tutto questo, oppure tanto vale scioglierla. L'istituto di via Nazionale non ha più compiti di politica monetaria, che ora spettano alla Banca centrale europea. Dunque, se non ha nemmeno compiti sulla vigilanza delle banche e sul risparmio, vuol dire che Bankitalia non serve più a niente oppure che questi compiti li ha. A questo punto, è necessario chiedersi nelle mani di chi è affidata la Banca d'Italia. Se il Governatore ha dei compiti e non si è accorto che ci sono decine di migliaia di risparmiatori che hanno perso i loro investimenti, che il credito del Paese è stato danneggiato da questi episodi e dice: "non possiamo fare nulla", allora resta da chiedersi se è un uomo inconsapevole o se non resta far altro che chiudere Bankitalia. Non so come si possa sfuggire a questa alternativa".

E' rimasto sorpreso dallo scaricabarile di Fazio?

"E' la via meno responsabile. Non c'è motivo di tenere aperta la Banca d'Italia. E' un atteggiamento talmente sbagliato che io mi domando se Fazio non abbia perso la consapevolezza dei problemi del Paese. Questa è la cosa grave dell'intervista. Fazio è un uomo inconsapevole".

Quali iniziative dovrebbero essere prese per questo comportamento di Bankitalia?

"La Camera dei deputati condurrà un'indagine nei prossimi giorni, avviata dall'onorevole Tabacci (presidente della Commissione attività produttive, ndr) e da me, su cui vi è il sostegno forte del Presidente della Camera e delle forze politiche di opposizione, che hanno insistito su questa iniziativa. Lo ha fatto l'onorevole Letta della Margherita e lo ha fatto anche l'ex ministro Bersani. Il clima è molto positivo e ci sono i presupposti per svolgere un buon lavoro sui mercati finanziari, sul lavoro, sulla vigilanza. Il governo deve prendere delle iniziative. Noi facciamo la nostra parte e credo che la crisi sia molto profonda. Quando negli Stati Uniti è scoppiato il caso Enron è cambiato il sistema dei controlli, sono cambiati gli uomini, è stata fatta una nuova legislazione".

Lei si sente di dare un consiglio al ministro Tremonti? Come valuta le accuse fatte dall'opposizione sulla legge che riguarda il falso in bilancio?

"Non dò consigli a Tremonti. Il ministro del Tesoro ha le capacità e una responsabilità istituzionale di cui è ben consapevole, visto che il problema era stato posto da lui nei mesi precedenti. Per quanto riguarda il falso in bilancio, avevo detto che è chiaro che la normativa varata in questa legislatura non ha a che fare con le vicende in corso. Il ragioner Tomba, direttore finanziario di Parmalat, ha detto ai magistrati di Milano che le falsificazioni dei bilanci sono cominciate 15 anni fa. La legge sul falso in bilancio è cambiata un anno fa. Io sono contrario ad una riapertura del dibattito sulla legge che riguarda il falso in bilancio. Tutta legislazione in materia che c'è negli Stati Uniti e anche in Italia ci insegna che vi sono delle fasi in cui la legge si indurisce e si attenua. Da questo punto di vista possono essere discussi alcuni aspetti delle pene sul falso in bilancio".

Su queste vicende ci sono delle riflessioni da fare sull'atteggiamento del mondo della finanza cattolica dopo le considerazioni di Fazio sui casi Cirio e Parmalat?

"Il grande banchiere della Comit Mattioli non faceva questa distinzione e ricordava che ci sono buoni banchieri e cattivi banchieri. I buoni banchieri possono essere sia laici che cattolici. Su questo argomento io la penso come Mattioli. Qui non c'è un problema ideologico, ma persone che sono adatte a certi momenti. Il Governatore della Banca d'Italia deve avere alcune caratteristiche: deve conoscere la situazione delle banche e quella delle imprese fino in fondo, e deve essere equidistante e terzo rispetto a tutti. Fazio non ha queste caratteristiche e non ha la conoscenza. L'attuale governatore viene dall'Ufficio studi della Banca d'Italia e dalla parte monetaria della macroeconomia su cui Bankitalia non ha più molto da fare. Mentre i grandi governatori della Banca d'Italia sono stati Donato Menichella, Guido Carli e Paolo Baffi. Ad esempio, Menichella veniva dall'Iri e conosceva i problemi delle imprese. L'atteggiamento di Antonio Fazio non va bene. I capi di banche che Fazio ha sponsorizzato hanno commesso molti errori nelle vicende che abbiamo visto: questo è un problema".

(intervista a cura di Lanfranco Palazzolo)

 

Berlusconi vuole la testa di Fazio. E Pera si fa zelante esecutore
di red

Le commissioni parlamentari di indagine sul caso Parmalat sono importanti ed utili. Ma, insomma, tutti sanno già chi è il colpevole. E allora che aspetta il governo ad intervenire? Di più: che aspetta Berlusconi a creare «nuove regole e nuovi istituti»? Domanda retorica che si deve tradurre così: che aspetta il premier a limitare l’autonomia di Fazio e Bankitalia. Queste affermazioni traduzione a parte – sono di Marcello Pera, la seconda autorità dello Stato. Che le ha rilasciate in una intervista al Sole 24 ore di stamane.

Chiamato a commentarle, Fazio, se n’è uscito con una frase decisamente tranchant: «Pera? Pera chi?». Frase che dà la misura del livello a cui è arrivata la polemica istituzionale. Polemica nella quale il caso Parmalat, con migliaia di risparmiatori truffati, è servita solo da pretesto.

Durissime, com’era lecito aspettarsi le repliche a Pera da parte delle opposizioni. Il capogruppo dei Ds in Senato, conversando con i giornalisti, ha detto che «è del tutto evidente che, in questo modo, sono sempre meno credibili, e forse diventano addirittura patetici e insopportabili, gli appelli bipartizan che di tanto in tanto il presidente del Senato lancia alle forze politiche. In più, e forse della cosa non ci si rende pienamente conto, si rende poco credibile la presidenza del Senato nella sua funzione istituzionale di imparzialità e neutralità rispetto allo scontro politico». Per Angius, poi, è «ancor più singolare che il presidente del Senato affermi di conoscere già i nomi e i cognomi dei responsabili del crack Parmalat, proprio mentre il Senato stesso come la Camera, stanno iniziando una indagine conoscitiva e la magistratura di Parma sta portando avanti una delicatissima inchiesta. Tutto questo è veramente incredibile».

Dure anche le parole di Lanfranco Turci, anche lui diesse. «L'agitazione attivistica di Pera sul caso Parmalat è in contrasto con il suo ruolo di garante delle funzioni parlamentari e del corretto funzionamento delle istituzioni». E ancora: «Per ben due volte nella sua intervista di oggi al Sole 24 Ore, Pera pur concedendo che l'indagine bicamerale è importante e avrà il suo corso, sollecita il governo a non attendere oltre. Ma non toccava al Parlamento decidere a ragion veduta nuove regole e nuovi istituti? O forse il presidente Pera preferirebbe un bel decreto legge del ministro Tremonti, di cui si dimostra in questa intervista un fan appassionato».

L'intervento di Pera sulla vicenda Parmalat è «sconcertante», dice a sua volta Franco Monaco, vice presidente dei deputati della Margherita. «Non credevo ai miei occhi nel leggere l'intervista di Pera al Sole di oggi - sostiene Monaco. - Sulla delicata e complessa questione del sistema di controlli dopo il crac Parmalat egli prende le difese di Berlusconi sul falso in bilancio e scavalca le tesi di Tremonti. La cosa è doppiamente sconcertante sia perchè Pera dovrebbe essere un arbitro e non un politico che ama il gioco a gamba tesa, sia e soprattutto perchè, proprio ieri, si è deciso di dar vita a una commissione d'indagine congiunta tra i due rami del Parlamento. Ed egli pretende di anticiparne le conclusioni, impartendo addirittura al governo l'ordine di agire subito, perchè, a suo dire, i responsabili hanno nomi e cognomi. Se questa è la sua vocazione e inclinazione - conclude Monaco - si dimetta subito e chieda posto nel governo».

Resta da dire che la destra, tace sulle parole di pera e commenta invece la secca replica di Fazio. Naturalmente uno dei primi a parlare e un ministro leghista (i fedelissimi alleati di Tremonti). In questo caso, il Carroccio manda avanti il responsabile del Welfare, Maroni: «Le parole di Fazio su Pera si commentano da sole».

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