Lucia Annunziata: "Vi racconto la sfida di Oriana"
Lucia Annunziata, direttore di Ap.Biscom, racconta a IlNuovo.it il suo rapporto con Oriana Fallaci e le sue impressioni dopo il lungo incontro a New York che ha condotto al "ritratto" uscito su Panorama.
  • Oriana ha infranto il nostro opportunismo
  • Il suo libro è autentico un fenomeno politico
  • Nel merito, io credo nell'arma della tolleranza
  • E' una risorsa essenziale per l'Occidente

"Nella scelta di Oriana ho ammirato soprattutto il coraggio di compiere consapevolmente un'operazione di rottura. Di mettere il dito nella piaga delle nostre contraddizioni e del nostro opportunismo. Penso sia stato un bene, e credo si debba dargliene atto". Lucia Annunziata è da poco rientrata in Italia dopo aver incontrato Oriana Fallaci, insieme con il direttore di Panorama Carlo Rossella, nella sua abitazione di New York. Il contenuto di questo incontro-intervista con la scrittrice italiana oggi più celebre e più discussa è diventato un lungo ritratto - venti pagine - anticipato ieri in parte dall’agenzia di stampa Ap.Biscom e pubblicato oggi integralmente da Panorama e per un capitolo dal Corriere della Sera .

"Il mio rapporto con Oriana è un rapporto di amicizia, nato ai tempi della guerra del Golfo - racconta Lucia Annunziata a Il Nuovo.it - Avevo saputo degli apprezzamenti espressi da Oriana su alcuni miei servizi durante la guerra del Golfo, e l'avevo cercata per ringraziarla, tramite Paolo Mieli. Siamo rimaste amiche... tutto qui".

Perché, secondo te, dopo una così lunga fase di riservatezza, Oriana Fallaci è scesa in campo con tanta forza su un tema così delicato come quello dei rapporti con la civiltà islamica?


Il suo rappresentare mondi diversi, ponendosi rispetto ad essi come sintesi o come contraddizione, è la pulsione di fondo che la anima in questa fase. Il suo articolo di settembre sul Corriere, e poi il suo libro, lo stesso colloquio che abbiamo avuto con lei io e Rossella, nascono proprio dal bisogno di ridiscutere le certezze in cui ci siamo cullati tutti. Lei, in fondo, cosa sta dicendo? Come noi, come molti di noi, ma con una forza che ha solo lei, dice che non si sente nè di destra nè di sinistra, che su temi di questa importanza e complessità si può riflettere solo in totale autonomia. L'idea ispiratrice dell'articolo di Panorama ruota intorno a questo presupposto ed all'evento, in sè straordinario, che un libro attaccato da destra e da sinistra venda settecentomila copie in neanche due mesi. E' diventato un fenomeno politico. C'è da domandarsi cosa cerca in lei e nel suo lavoro chi compra questo libro...

Ma perché, a tuo avviso, questo prepotente ritorno alla ribalta polemica, questo libro così incisivo, dopo anni di riservatezza, di penombra?


Oriana ha compiuto anni fa una scelta più di tipo letterario, sottraendosi al giornalismo attivo. Poi, evidentemente indotta dal trauma degli eventi, è rientrata nell'arena politica, e se ne rende conto. Il suo libro è infatti un pamphlet politico. E, come ti dicevo, la sua decisione di sancire una rottura con tante convenzioni e con tanti opportunismi è la cosa che, non da amica ma da giornalista, ho ammirato in lei di più.

Ma questa volontà di rottura dei perbenismi non è stata eccessiva, a tuo avviso?


E’ facile dire che è eccessiva. Non sarebbe una rottura se non lo fosse... In verità Oriana prende in giro anche me spesso, mi accusa a volte di essere diventata una "politica", di fare troppi calcoli prima di dire la mia, il che è quanto dire.... Ma il fatto è che lei ha messo allo scoperto qualcosa: in Italia siamo diventati tutti troppo attenti alle convenienze quando si tratta di pronunciarsi su temi spinosi.

Ma nel merito, come la pensi? Sei anche tu dell'idea che la civiltà islamica rappresenti in se stessa un rischio per l'Occidente?


Risposta difficile. Proverò a darla senza "opportunismo". Credo che lei abbia profondamente ragione nel dire che il nostro rapporto con gli islamici è polarizzato, nel senso di 'bianco o nero'. Matura ormai nel mondo islamico la convinzione che la loro civiltà rappresenti un'alternativa integrale alla nostra. Credo che questa convinzione rappresenti un pericolo reale. Detto questo, credo anche che dobbiamo combattere questa deriva verso la polarizzazione del confronto, verso la logica dualistica del 'o noi o loro' non arroccandoci ma usando come principale arma di difesa la tolleranza, non l'intolleranza.

Be', la tolleranza ma anche la guerra al terrorismo o le sanzioni contro l'Iraq che tu fosti tra i pochi a difendere ancora, proprio con un editoriale su IlNuovo.it, un anno fa...


Vedi la tolleranza è un valore talmente forte da assumere persino un senso militare. La tolleranza è davvero la nostra superiorità in questo caso, se mi permetti l’uso di un termine molto discusso. E’ solo con la accettazione anche di altre civiltà che possiamo dialogare con una parte della opinione pubblica araba. Questo non significa rinunciare all'indispensabile guerra totale al terrorismo, significa soltanto che dobbiamo dimostrare sul campo che noi non consideriamo gli arabi in sè come nemici. E' l'operazione più difficile cui veniamo chiamati. Torniamo all’Iraq, appunto. Quando un anno fa sono stata fra i pochissimi che ancora hanno approvato la permanenza delle sanzioni all’Iraq, l’ho fatto proprio pensando anche all’interesse sostanziale del popolo iracheno. Oggi che abbiamo un'idea più chiara del ruolo vero giocato da Saddam, è facile dire che se quelle sanzioni fossero state tolte l'Occidente avrebbe impartito un'inopportuna assoluzione al dittatore, vanificando gli anni di sacrifici imposti al suo popolo. E invece questo dissenso profondo verso Saddam e la sua dittatura va ancora chiarito fino in fondo dall'Occidente. Sono operazioni non facili, certo. Ma essenziali al nostro futuro.

(4 GENNAIO 2002, ORE 17)

INTERVISTA DI LUCIA ANNUNZIATA A EMMA BONINO: UN BILANCIO DELLA PRIMA FASE DI SATYAGRAHA


L'esperienza del digiuno. "Così si è modificato il mio corpo"

Di Lucia Annunziata

Come va?


"Dal punto di vista fisico è stata durissima. Mi sento come una che gli è passato addosso un carro armato.”

Da quanto tempo non facevi uno sciopero della sete?


"Ne ho fatto uno solo, nel 1976, e anche allora perché si discutesse di una infamia, che all'epoca era l'aborto clandestino. L'altra volta pero ottenemmo un riconoscimento da Pertini al terzo giorno, quindi smettemmo prima".

Nel mondo c'è molta gente che ricorre a questo mezzo come protesta, alcune proprio in questo momento, ad esempio in Turchia. Vuoi raccontarci esattamente cosa succede al corpo, quali sono le varie fasi del deterioramento fisico?


"Le condizioni ambientali protette costituiscono tutta la differenza. Una cosa è il carcere, una cosa è il naufragio, o essere sepolti sotto le macerie, altra cosa è essere protetti, cioè seguiti come è successo a me che gli ultimi due giorni li ho fatti in ospedale. Poi, ognuno reagisce nel fisico a seconda dell'organo che ha più sensibile; per me, ad esempio, l'elemento più fastidioso è che si sono seccate le mucose, quindi la lingua si fa ultraspessa, a me poi sono venute le bolle nel palato con la lingua rasposa che batteva su queste bolle... Questi sono i fenomeni fastidiosi ma visibili, quindi dal punto di vista generale meno preoccupanti.
Più preoccupante è quel che non si vede. Per esempio, ho avuto una serie di tachicardie tanto più pericolose perché non me ne accorgevo mentre se ne accorgevano i medici che avevano una specie di apparecchio attraverso il quale mi monitoravano a tre stanze di distanza. E' esattamente quello che è successo con Bruno Vespa: ero talmente tesa per la registrazione che non mi sono neanche accorta di questa tachicardia parossistica. Se me sono accorti invece i medici che si sono precipitati nella stanza.
L'altra cosa di cui non ti accorgi è che, mentre tu vuoi monitorare con le urine il sangue e quant'altro, il calo di peso, la disidratazione complessiva, non si può invece
monitorare la disidratazione delle cellule. Le più sensibili sono quelle del cervello; c'è dunque sempre la possibilit... di un ictus".

Il momento peggiore qual è stato?


"Il dopo Vespa".

E un momento in cui hai detto 'Dio, non ce la faccio'?


"No no, perché, appunto, questi sintomi non li avverti e avverti solo sete, e poi, siccome stavo in ospedale non þ che lavoravo... In realtà la decisione di smettere è stata presa sia per ragioni mediche sia perché, devo dire, non ne potevo più di
trovare sui giornali, sui Tg, solo notizie su 'sta bene, sta male..', quell'atteggiamento per cui uno mostra la luna, e gli altri gli guardano il dito.
Tanto è vero che alla conferenza stampa che ho tenuto in ospedale, ho fatto una dichiarazione politica in cui sostenevo che dopo le parole di Ciampi e di Amato, comunque non veniva fuori nulla. Una signorina del Tg5 o di Repubblica, non so, mi ha detto 'ma si rende conto che si parla più della sua salute che delle motivazioni del digiuno?' e io le ho detto: "E perche' ne fa una colpa a me ? Parli lei dell'aborto farmacologico, delle riforme istituzionali, faccia lei queste domande agli
altri politici".

“Il sostegno di mia madre al mio urlo contro la dittatura"

Il fatto che sia una donna a fare questo sciopero ha aggiunto un elemento un po' morboso sullo stato di salute? In fondo le donne sono "corpo"..


"Un po', forse... probabile, anche perché le mie condizioni di partenza non erano molto buone, non sono insomma un Maciste, in realtà sono un fachiro, come mi hanno ribattezzato i miei primari, mentre mia madre piu' modestamente mi ripeteva che è un problema di motivazioni. C'è chi va a piedi a Lourdes perché ha un figlio malato. Forse è perché noi viviamo in un paese in cui le donne in politiche sono sempre viste o trattate da grerarie. E un po' ci si lasciano trattare".

Capisco da quello che dici che tua madre ti ha molto sostenuta.


"Sì, molto. Ho una famiglia che vedo poco, sta lontano, in Piemonte, ma siamo sempre stati molto, molto uniti. Poi negli ultimi due anni abbiamo avuto un dramma in famiglia, con mio cognato morto di mieloma, insomma.. In realtà, proprio questa coscienza di avere radici che mi ha consentito di esser transnazionale senza esser apolide".

Molti hanno detto che il vostro sistema di protesta è stato violento. Io ho trovato un po' offensiva per voi questa definizione, perché la violenza rimane l'uso della forza da parte di chi ce l'ha.


"Esattamente. La vera violenza è l'illegalita' sistematica, e poi ti senti dire che sei violento nel senso di ricattatorio. Uno perché urla..."

Dunque, la vera definizione del tuo sciopero è una forma di urlo.


"Sì, di un campanello di allarme per dire
1) che questo paese non è molto sano;
2) siccome credo nella democrazia liberale e credo che questo sia l'unico sistema in grado di rigenerare se stesso, 'popperianamente' parlando, era un urlo per chiedere a un sistema in crisi un attimo di pausa per ricominciare a marciare. Perché la differenza fra una democrazia liberale e una dittatura è esattamente questo..."

Un momento, mi pare che la dittaura sia un termine un po' forte..


"Come la vuoi chiamare?"

Dittatura non mi sembra lo stato del paese..


"No, non parlo per noi stessi. Dico che la democrazia è un tale valore che va spronata ogni giorno; le istituzioni lasciate da sole, senza un sistema di controlli dall'esterno, hanno questa tendenza irrefrenabile alla introversione ed è proprio questa la grande differenza tra i sistemi democratici che possono trovare la forza in sé di rigenerarsi. Questo è proprio quello che volevo dire. Badate che questo è un paese che ha avuto in un anno 367 condanne in un anno sul suo sistema giudiziario dalla Corte Europea di Strasburgo e su questo non dice niente nessuno. E per porre a fine a questa vergogna si è deciso con una leggina recente di rendere più difficile l'accesso alla Corte Europea. Dunque, andiamo forte. Dal punto di vista decisionale dei cittadini non ci sono più regole. Tu vinci i referendum e quelli o non li applicano o li stravolgono e questo vale per la responsbailità civile dei magistrati, per il finanziamento pubblico. C'è un giudice della Corte Costituzionale che sta lì senza averne i requisiti e non si apre bocca. Arrivi alle procedure elettorali, e ti dicono che devi raccogliere le firme, perché si gioca a tennis, legge che non ho fatto io e che non mi piace, tuttavia ti attrezzi a giocare a tennis, ma il giorno in cui devi giocare ti dicono, si gioca a Golf".

Torniamo alle istituzioni...


“Sento dire: voi avete voluto il maggioritario, e dunque... Ma io ho molto voluto il maggioritario ma non c'entro con il Mattarellum, che è stato, infatti, degenerativo".

L'assurdo della discussione con voi è che comunque è vero che l'accesso alla Tv è il punto centrale della intera campagna elettorale, per entrambi gli schieramenti.


"Non solo. Il problema rimane il programma. Vedi la questione della sicurezza: entrambi la vogliono, ed è difficile fare una campagna elettorale per città insicure. Ma come la si ottiene? Sui tre settori che abbiamo individuato, le riforme e civili, economiche e istituzionali, è piazza pulita da mesi. Quando D'Alema e Berlusconi mi dicono che delle libertà civili non se ne può parlare perché è un problema di coscienza, consentimi che è bizzarro perché prima o poi una legge la devono fare. Volete dire ai cittadini su cosa voteranno?"

Qual è la spiegazione per questa somiglianza di non-programmi?


"Forse ha ragione Vespa - si fa per dire- quando l'altra sera mi ha detto: sa, questi sono temi che spaccano le coalizioni. E' vero perché sono temi trasversali, ma uniscono i cittadini ed è questa la ragione per cui non ci amano. Tutto questo scopre che alla fine le coalizioni sono talmente disomogenee al loro interno che alla fine non riescono più a dire né sì né no. Io credo che Giuliano Ferrara abbia ragione quando dice sul Foglio che le loro dichiarazioni stanno diventando sempre più simili. E in base a tutto questo, dopo le splendide parole delle alte cariche dello Stato, non abbiamo visto più niente".

Ecco, facciamo un po' un discorso su queste alte cariche dello stato. Tu hai un buon rapporto con Ciampi, e lui con te. Giusto?


"Certo. Personalmente, di sicuro".

Allora com'è che proprio lui, diventato il garante di tutta la campagna elettorale, non è riuscito a fare sul vostro caso un passo più deciso?


"Proprio perché Ciampi si pone come arbitro tra i poteri, più che come garante dei diritti dei cittadini. Sai, non è un fatto personale, non è avversione personale, per questo (il rapporto. Ndr) è più sincero, e più sofferto. Perché lui ha scelto di fare il garante dei poteri vari..."

Ma, vista la situazione politica molto complessa che ci sta di fronte, non possiamo capire questa sua scelta?


"Certo, umanamente lo capisco, ma io sono sempre terrorizzata quando si sale il primo gradino della legge perché poi non ci si ferma più".

Qual é questo primo gradino?


"L'interpretazione della Costituzione, la sua applicazione. Sempre ci è stato detto della contrapposizione fra Costituzione formale e materiale, ma poi la deriva è stata irrefrenabile. Si guardi all'episodio Contrada. Mi ricordo di quando ho fatto ore e ore di otruzionismo, nel 1982, sulla legge sui pentiti. Ma quanti anni sono dovuti passare prima di poter capire che un informatore, se non ha prove, le sue fregnacce se le racconta alla moglie".

E il primo gradino che Ciampi ha salito?


"Proprio questo: la garanzia del rispetto letterale e formale della Costiuzione".

In quale parte?


"La libertà dei cittadini per conoscere, per deliberare".

"Celentano ha tirato una bomba contro una zanzara"

Mentre tu eri in sciopero c'è stato l'episodio di Celentano l'unico vero momento in cui si è discusso del tipo di temi che a te stanno a cuore.


"Appunto. Se l'avesse fatto dopo il 14 maggio mi sarebbe venuto da baciarlo in bocca. No, forse questo è troppo forte. Diciamo che mi sarebbe venuto da abbracciarlo. Ma così, a due settimane dalle elezioni, è stata una bomba micidiale contro una zanzara. Lui ha espresso senza contraddittorio alcuno esattamente l'opposto delle tesi che noi sosteniamo. A parte gli svarioni su chi si svegli senza braccia. Soprassiedo. Comunque, quando la poltica lascia dei vuoti, e fa i risotti per
intenderci, questi vuoti vengono occupati dai giudici, dai preti o dai cantanti".

O dai giornailsti-santoni?


"Quelli ci sono sempre. La mia prima idea fissa, insomma, è questa dismissione da parte della politica delle sue resposnabilità. Quando non ti assumi più nulla, lasci tutto ai giudici, ai preti ai santoni, al primo che passi, e alla Rai. Ventidue miliardi al servzio pubblico ecc. Con il senso del pudore di Zaccaria... 'Mica posso imbavagliare Celentano?', dice. Certo, però imbavaglia me. Strano, no?"

Qualunque sia la opinione su quello che voi dite, non si può negare che si usano due pesi e due misure.


"Certo, tu convochi al Colosseo l'intera Italia, dodici milioni di persone, servizio pubblico e l'unica cosa che può dire è che non imbavagli Celentano. Strano, no?"

Insomma, mi pare che questo bilancio non indichi una grande vittoria.


"No, e infatti ora si tratta di continuare e vediamo cos'altro possiamo inventarci".

Oggi su La Repubblica, Marco Pannella chiede due ore con il Professor Sartori e il Senatore Andreotti per parlare di golpe del 13 maggio. Una singolare santa alleanza, non ti pare?


"Io credo che Andreotti abbia ragione quando dice che nella nostra Costituzione non si può scrivere sulla schede Berlusconi o Rutelli Presidente. E' un dettaglio che però illumina l'insieme. Lo trovo preoccupante. Un dettaglio che non è previsto dalla Costituzione ma nemmeno dal mattarellum, dalla legge elettorale".

Sì, insomma, un modo sottile per far passare altro...


"Appunto. E qual è il ruolo del Presidente della Repubblica?

Si sa infatti che anche il Quirnale anche non apprezza questo dettaglio...


"E lo credo bene! Aggiungo: e il ruolo del Parlamento. Questo è un altro caso di riforma sostanziale del sistema".

Sui vostri voti. Mettiamo che sul piano locale i vostri voti diventeranno decisivi, cosa farete?


"Abbiamo in parte risposto con una pagina oggi su Il Foglio. Il problema per noi va ribaltato. Voi cosa volete fare? Noi non siamo ostili a nessun tipo di dialogo, ma un dialogo si deve fare in due. Se non viene raccolta nemmeno questa proposta, noi andremo avanti dritti".

"Ammiro il Papa non la burocrazia vaticana"

Oggi c'è il viaggio del Papa in Siria.


“Ecco, questo è l'altro grande tema: la politica estera. Il Papa, va dove vuole, ma noi cosa facciamo in questi paesi? Ad esempio, proprio in Siria, tutti i governi europei si sono precipitati a riconoscere il figlio di Assad, come se i Siriani non avessero diritto a una democrazia. Io torno con ostinazione alla supremazia della politica".

Sul Papa: dicono tutti che è un uomo eccezionale, soprattutto nella sua capacità di chieder perdono, fare aperture anche a posizioni le più lontane dalla sue. Com'è possibile che voi non vi siate sforzati di aprire un rapporto con lui?


"Perché una cosa è il Papa, una cosa sono le burocrazie vaticane che agiscono come tutte le burocrazie. Mi ricordo di quando fu eletto e, dopo, quando lo vedemmo per una cerimonia sulla fame nel mondo. Da allora, ho sempre detto: 'Dio ce l'ha dato e guai a chi ce lo tocca'. Riconosco la grandezza dell'individuo soprattutto in questo suo senso del mondo. Ha una visione del mondo e una sua grandezza anche drammatica spesso, che è esattamente quello che mi emoziona. Ma quello che io dico è diverso. Noi siamo uno stato laico, e questo è diverso. Ad esempio, quando andò a Parigi e lo ricevette Jospin, che non è esattamente il mio modello politico, la prima cosa che Jospin gli disse fu "Santità benvenuto, voglio solo con orgoglio dirle che lei è sceso in un paese a Istituzioni laiche. E questo mi basterebbe per l'Italia".

Infine, c'è un erroe che hai fatto in questa vicenda?


"C'è una cosa che mi rimprovero, ma è dell'anno scorso: non mi sarei presentata alle elezioni regionali. Penso che dovevamo tenere i referendum, mettere gli altri alla ricerca dei nostri voti, obbligare gli altri a misurarsi con il nostro programma politico. Ma è difficile sostenere l'astensione di massa. Insomma, questo me lo rimprovero molto".

Roma, 5 maggio 2001