intervista a
Sandro Curzi articolo dell'epoca delle elezioni in
Mugello
di GIANCARLO PERNA
Oltre a partire favorito, Antonio Di
Pietro ha le physique du rôle come candidato
nellagreste Mugello, molto più dello sfidante
Sandro Curzi. Già madre natura ha donato allex pm
una sagoma da pascoli appenninici. Basterà perciò
mettergli una verga in mano e affiancargli una mucca da
sculacciare, per inserirlo alla perfezione nel mondo
arcadico in cui Massimo DAlema lo ha paracadutato.
Per mugellare Curzi, invece, ci vorrà ben altro che un
ritocchino.
La celebre pelata alla tenente Kojak ci accoglie per
lintervista nella sua casa romana indossando una
maglietta color salmone, pantaloni di tela e ciabatte da
mare. A occhio, aspira più al collegio
Capri-Piazzetta-Faraglioni che a quello a cui un
improvviso destino lo ha assegnato.
È chiaro come il sole che Curzi col Mugello centra
come un cavolo a merenda. Ma decidiamo di dirglielo dopo,
per non cominciare una discussione, interrompendo il filo
dellarticolo.
Sandro abita in una viuzza della Roma archeologica, a
mezza strada tra i nobili Fori imperiali e il quartiere
plebeo della Suburra. Questo stare a cavalcioni tra gli
opposti è in sintonia col personaggio. È comunista da
mezzo secolo, ha adorato Giuseppe Stalin, ha rinnovato
puntualmente la tessera. Ma se incontra Giulio Andreotti
lo abbraccia e fa lo stesso con Indro Montanelli.
Medesimi contrasti qui in casa. Lappartamento è
piccolo, un po arrangiato, con scalini che
nascondono i dislivelli. Molto romano. Per un certo verso
umile. Ma per un altro, è elegante. Anzi, fastoso. Ha il
soffitto affrescato e bei tappeti. Mobili, oggetti e
quadri testimoniano una solida agiatezza o forse
leccellenza delle liquidazioni che Sandro ha
riscosso negli ultimi anni, quelli del suo maggiore
successo professionale. Gli stessi a cui deve anche la
popolarità che gli permette adesso di confrontarsi ad
armi quasi pari col pm più amato da un certo tipo di
italiani, da Giancarlo Gorrini a Massimo DAlema, da
Antonio DAdamo a Elio Veltri.
Domanda. Tu col
Mugello non centri un tubo. Ci sei mai stato?
Posto meraviglioso. Adesso vado in vacanza in Valle
dAosta. Al rientro, batto a tappeto il collegio.
Farò una campagna elettorale porta a porta. Convincerò
la gente che Di Pietro con la sinistra non centra.
Fosse lultima cosa che faccio, la farò fino in
fondo.
Non ti servirà
a niente. I mugellani dellUlivo dicono: «Se
DAlema ha scelto Di Pietro, avrà le sue ragioni».
Kojak sorride con la scoperta intenzione di piacere, la
pipa ricurva tra i denti e la gamba a penzoloni sul
bracciolo della poltrona. Sprizza una gioia luciferina
per avere suscitato scandalo candidandosi con Fausto
Bertinotti contro Massimo DAlema. La alterna a una
sorpresa finta, ma ben recitata, per il putiferio che ha
scatenato nellUlivo.
...Insomma, come
sempre la sinistra è allineata.
È proprio questa obbedienza cieca che mi preoccupa. È
un ritorno al passato. Sembra che non sia successo nulla,
che i muri non siano caduti.
Curzi lo dice come se scoprisse adesso di che pelle sono
fatti i suoi polli, tra i quali però ha razzolato una
vita.
Però è così.
Seguiranno la disciplina di partito.
Almeno, una volta aveva un senso. Cerano degli
ideali, giusti o sbagliati. Il mondo era diviso in due.
Una battaglia era in corso. Ma oggi ciascuno dovrebbe
ragionare con la sua testa. Che bisogno cè di
allinearsi?
Se non lo sai tu
che sei della famiglia... A proposito, come lhanno
presa i tuoi?
Prima che Sandro risponda, dovete sapere che i Curzi sono
tutti giornalisti. Lo è lui. Lo è la moglie, Bruna
Bellonzi. Lo è la figlia Candida, che ha spinto la
passione per la categoria fino a sposarne
(successivamente) due.
Cè stata
burrasca in casa?
Mia figlia mi ha spronato, mia moglie ha fatto
resistenza. Bruna è molto legata al Pds. Ha obiettato:
«Come si fa a mettersi contro il partito?». Ha avuto la
reazione dei compagni del Mugello. Cè da dire che
ha subito pressioni fortissime.
Cioè?
Qui in casa le sono arrivate tante telefonate di amici
pidiessini. E sentivo che molti erano scandalizzati.
«Sandro è impazzito?» chiedevano. Mi mandavano
autentiche scomuniche. Anche gente in vista del partito.
Bruna è entrata in crisi.
E ora?
È tornata al mio fianco. Adesso sta con me. Come, tra
alti e bassi, siamo uniti da 50 anni.
E tu?
Io sono sereno. Sento che alcune cose
del comunismo vanno ancora bene e le porto avanti. Non
voglio rinunciare a niente di me stesso.
Lultimo
trinariciuto. Chi è il comunista più coerente, tu o
DAlema?
Attendo con ansia di sapere che cosa ne pensa Pietro
Ingrao. Lui è il mio faro.
Non si è fatto
vivo?
No. Sarà al mare...
Non mi hai
risposto. Chi è più ortodosso, tu o il segretario del
Pds?
Penso io. La stessa candidatura di Di Pietro indica che
DAlema ha rotto ogni ormeggio col nostro passato.
È uno sbaglio. Credo che molti, come succede a me, lo
interpretino come banale trasformismo.
Hai già
raccontato di essere stato tu a volerti candidare contro
Di Pietro e a proporti al segretario di Rifondazione.
Comè andata?
Ero a Parigi il 14 luglio, anniversario della presa della
Bastiglia. Ho ballato tutta la notte in piazza. Erano
anni che non ballavo. Eravamo tutti gasati, perché la
sinistra è tornata al potere in Francia. Tornato nel mio
appartamento parigino, ho sentito alla tv italiana della
candidatura di Di Pietro. Ci sono rimasto di peste. Ne ho
subito parlato con altri amici italiani. Tra cui Miriam
Mafai che era anche lei a Parigi. Era impressionatissima.
Ma poi ha
scritto un articolo sulla «Repubblica» molto critico
sulla tua decisione.
Glielho detto: «Ma come, proprio tu che sei stata
la prima a insegnarmi che dobbiamo ragionare con la
nostra testa?». Avrà avuto il solito riflesso
condizionato.
Torniamo alla
nascita della candidatura.
Allinizio volevo limitarmi a intervenire su qualche
giornale per criticare la scelta di Di Pietro. Ma ormai
in Italia è difficile. La stampa è omologata. Avrei
forse potuto scrivere sui giornali dellaltra parte,
quelli del Polo. Ma non era il caso.
Poi?
Al rientro in Italia ho assistito di persona
allincontro tra Di Pietro e Legambiente, a
Orbetello. Lex pm arriva circondato da gorilla,
praticamente blindato. Annuncia di accettare la
candidatura e dice contemporaneamente ai giornalisti che
con loro non parla di politica. Questa arroganza, e
vedere quei poveri cronisti umiliati, mi ha convinto. Ho
telefonato a Bertinotti. «Mi offro» gli ho detto.
«Bella idea» ha risposto. Si è messo in contatto coi
rifondazionisti del Mugello, per sapere se erano
daccordo. Sono stati contentissimi. Era fatta.
Cosa non
sopporti di Di Pietro?
È uno che esalta i sentimenti peggiori: legoismo,
larroganza, la prepotenza. Proclama di disprezzare
la politica e invece non è vero, perché la fa. È una
forma ignobile di imbrogliare le persone. E il tutto in
funzione di se stesso, per raccogliere voti e
accaparrarsi la poltrona. Ho conosciuto il capo del pool,
Francesco Saverio Borrelli. Lascia andare che si possa
criticarlo, ma ho avuto la sensazione di un uomo dello
Stato. Non direi lo stesso di Di Pietro.
Tonino è un
uomo di destra?
Certo. È lobiezione di fondo. Ha una concezione
autoritaria dello stato. Adora i plebisciti. È un
arruffapopolo, come ce ne sono stati tanti in Italia.
Per esempio?
Ricorda certi personaggi del fascismo. Potrebbe essere un
Roberto Farinacci. Non un Giuseppe Bottai, che ha una sua
nobiltà.
Col populismo,
però, ci hai pasticciato parecchio anche tu. Tra Radio
Praga, dove hai lavorato in gioventù, Telekabul, ossia
il tuo Tg3, per finire coi pistolotti televisivi.
È vero. Fa parte del mio carattere. Io mi emoziono
quando parlo alla gente. Credo alla partecipazione
popolare.
Che differenza
cè tra il populismo curziano e quello dipietrista?
Io cerco il confronto e voglio ragionare con la gente.
Lui esige che la gente lo segua inneggiandolo.
Nella tua vita
hai fatto al massimo la fronda a Botteghe Oscure. Ora vai
allo scontro frontale. Con lUlivo hai chiuso?
Mi considero ancora dellUlivo. Non sono un
militante di Rifondazione e non mi candido solo per
Bertinotti. Spero che mi votino anche i pidiessini o gli
ex socialisti e chiunque non si riconosce in Di Pietro.
Sei più in
polemica con Di Pietro o con DAlema?
Più con DAlema, che ha imposto un Di Pietro a un
collegio come il Mugello dove, più che altrove, si
poteva tentare la costruzione di un nuovo partito della
sinistra, con pidiessini, rifondazionisti, socialisti e
verdi. Con la zeppa di Di Pietro, loccasione è
stata gettata al vento.
Prenderesti
soldi e auto a scrocco come ha fatto Tonino?
Gli unici prestiti che ho fatto sono con lIstituto
di previdenza dei giornalisti. E nota che io non sono un
santo, anzi sono un godereccio...
Si vede, da quei
labbroni che hai.
E quando la Fiat mi ha offerto delle auto in uso, come fa
con tanti giornalisti che ne approfittano, io ho
rifiutato. Mi sarei vergognato di accettare.
Di Pietro ha
fatto per la sinistra più di quanto potresti fare tu in
tre vite. Ha abbattuto Bettino Craxi e la Dc. Ha
azzoppato Silvio Berlusconi. DAlema, adesso, paga
un debito di gratitudine.
Per la sinistra non è stato un grande guadagno la
scomparsa del Psi. Io lho vissuta male. Colpire i
ladri, passi. Ma fare quel bailamme, no. I socialisti
sono sempre stati importanti per i comunisti: erano la
loro voce liberale.
Di Pietro se
lè presa col craxismo.
Ma Di Pietro era il craxismo! Quando lui, da magistrato,
frequentava la bella gente di Milano, andava a braccetto
con quei suoi strani amici, si muoveva con disinvoltura,
che altro era se non quel mondo?
Il Polo ha
esultato per la tua candidatura. È un fatto che,
mettendoti contro Di Pietro, compiaci Berlusconi che
considera lex pm il suo peggiore nemico.
È la cosa che mi angoscia di più. E non farò nulla per
accattivarmi la destra. Ma ciò non cambia che il voto
del Pds a Di Pietro, è sbagliato. E per questo mi
candido. È inutile che nelle Case del popolo del Mugello
tengano le foto di Enrico Berlinguer, se poi votano Di
Pietro. Enrico ne sarebbe offeso.
Suona il citofono e sale Maki Galimberti. Ha fatto le
foto di copertina e quella che apre questa intervista.
Galimberti investe Curzi: «Ce lha un fazzoletto
rosso?». E Curzi, un po snob: «Ho dei foulard.
Però non rossi». «Allora vado a comprarne uno» fa
Maki. Ma Sandro, diffidente: «Per farne che?». «Per
metterglielo al collo e rappresentare plasticamente il
tipico candidato rifondazionista del Mugello» spiega
lartista. Curzi, secco: «Io non mi faccio foto col
fazzoletto rosso». Maki si avvilisce e mormora: «Mi
sembrava una buona idea». Si affloscia ammansito sul
divano e ci lascia proseguire la chiacchierata.
Ho letto che non
farai comizi in campagna elettorale.
Falso. Ne farò, anche se preferisco i dibattiti, il
dialogo con lelettore.
Credevo che non
volessi farne, per paura dei fischi.
Nooo. Io sono disposto a tutto. Ma poi, figurati, la
civiltà toscana... Guarda che la gente mi è vicina.
Spesso mi fermano per strada e mi fanno festa. Adesso che
sono candidato, molti si mostrano addolorati. Mi dicono:
«Ma chi glielo fa fare? La politica è sporca». Questa
sfiducia per la politica mi preoccupa e mi rafforza nella
decisione.
Il tuo collegio,
Firenze 3, è contiguo a Firenze 1, collegio di Vittorio
Cecchi Gori, senatore dellUlivo e tuo ex datore di
lavoro a Telemontecarlo. Emulazione?
Figurati, mai. Ma i Cecchi Gori, come i Di Pietro, sono
la prova del nove di come la zona sia mal rappresentata.
Sono collegi di sinistra. E che cazzeccano quelli
lì con la cultura locale?
Per curiosità:
in che rapporti sei con Cecchi Gori dopo che due anni fa
ti estromise su due piedi dalla direzione di Tmc?
Dopo una rottura iniziale, lanno scorso ci siamo
incontrati al Festival di Venezia. Mi ha abbracciato e
baciato e mi ha detto: «Un giorno ti spiegherò». Mi ha
fatto capire che era stato costretto a cacciarmi. Quel
giorno, comunque, non cè stato, perché non ci
siamo più rivisti.
Chi preferisci
tra Cecchi Gori e laltro magnate tv, Berlusconi?
Berlusconi è più bravo, capace, e ha fatto molto di
più. La forza di Cecchi Gori è la moglie, Rita Rusic.
Hai inventato tu
Michele Santoro, luomo di «Samarcanda». Ma quando
gli è stato chiesto della tua candidatura, Santoro ha
detto: «Voterei Di Pietro».
Di Santoro non voglio parlare. Preferisco parlarti della
lettera aperta che mi ha indirizzato Bianca Berlinguer e
pubblicata dal Messaggero. Bianca mi è sempre
stata cara. E anche lei, scrivendo, non ha nascosto i
suoi sentimenti. Lho trovato bello.
Certo, poveri
mugellani. Gli tocca scegliere tra un giustiziere pseudo
moralista come Di Pietro e un ex stalinista come te...
Stalinista... Mah... Beh, ho accettato tutto. È vero. Ho
lavorato a Praga, ma non, come si dice, a Radio Praga,
che era un volgare bollettino di propaganda stalinista.
Ero a Oggi in Italia, una radio clandestina marxista per
emigranti italiani nella Germania Ovest.
Peggio mi
sento...
Ascolta. Quello che posso dire è questo: io sono stato
sempre un comunista italiano. Lo ripeterei mille volte,
anche sotto tortura. E se il magistrato che verbalizza mi
toglie «italiano», io mincazzo.
Nel Pds
cè qualcuno che ti sostiene in questa battaglia
del Mugello?
Mi ha incoraggiato Claudio Petruccioli. Avevamo litigato
e mi ha fatto piacere. Ricevo molto telefonate da sindaci
pidiessini, gelosi della loro autonomia e contrari alle
candidature dallalto come ha fatto DAlema con
Di Pietro. Non faccio nomi, per non inguaiare nessuno.
Che clima!
Già.
Chi vincerà?
Se quelli del Pds ingoiano, anche se sono contro,
vincerà Di Pietro. A me basta impedirgli di ottenere un
plebiscito. Sarebbe già un successo.
Lascio Kojak alle sue piccole ambizioni palesi. E alle
sue grandi speranze occulte.
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