la notizia del 30 dicembre 2002

Tre tecnici dell'Asl e tre infermieri del centro San Gregorio Magno
accusati di omidicio, disastro colposo e gravi omissioni di soccorso
Rogo centro disabili
sei persone indagate

Uno di loro si sarebbe preoccupato di mettere prima in salvo l'auto.

IL LIBRO CHE VI CONSGILIAMO :

Vestita di Nuvole,

DI - MARIA SIMONA BELLINI,

Sperling & Kupfer Editori, 1996, pp. 184,

Quella contro la lesione cerebrale è una battaglia che va combattuta sempre e comunque.
Specialmente se ad esserne colpito è un bambino. Esortare i genitori a non arrendersi e a lottare per il diritto alla vita del proprio figlio cerebroleso è stato uno degli scopi che ha spinto Maria Simona Bellini e la sua famiglia a narrare la propria storia in un libro, «VESTITA DI NUVOLE - Una storia d'amore e di speranza» pubblicato da Sperling & Kupfer, con presentazione di Mino Damato e prefazione di Carl H.Delacato
É la storia di una dura battaglia contro l'handicap che ha colpito Letizia, ultima
di quattro figli, nata cerebrolesa. Una storia appassionante, segnata dal dolore,
dalla presunzione e dal cinismo di alcuni medici, da mille difficoltà ed incomprensioni ma anche dall'amore di mamma e papà e dei premurosi fratelli più grandi, dalla solidarietà degli amici e dei tantissimi volontari che da oltre otto anni (attualmente Letizia ne ha nove) aiutano la piccola negli esercizi di riabilitazione.
L'incontro con uno specialista italo-americano, Carl H. Delacato, che ha compiuto veri prodigi su bambini con lesioni cerebrali, è il primo segno di una speranza che, con il passare del tempo e un intenso lavoro, si trasforma per Letizia in realtà.
La bambina, alla quale era stato prospettato un terribile futuro, ora cammina, frequenta regolarmente la scuola con i suoi coetanei e, soprattutto, è piena di allegria e di voglia di vivere. Ma gli inaspettati successi ottenuti da Letizia sul piano motorio e il prossimo traguardo della comunicazione verbale, più che un semplice messaggio di conforto, vogliono essere una promessa di serenità e di gioia per tutte quelle famiglie toccate, ma spesso anche sconvolte, da un simile problema. Per esortarle a liberarsi del fardello del silenzio e del dolore, con forza e coraggio, uscendo allo scoperto per chiedere, e trovare un aiuto.
«Letizia rappresenta la fiducia in un mondo dove ognuno possa dare quanto può, nella certezza di avere comunque un ruolo, una missione da poter integrare con quella degli altri. Perché questo è il senso della vita di bambini come lei. Quanto ha ricevuto da quelli che l'hanno aiutata? E quanto ha dato loro? É da questo abbraccio di ruoli che Letizia è sbocciata nuovamente alla vita, avendo oggi poco a che fare con la bimba di prima, quella chiusa nel guscio. I suoi grandi occhi verdi, la sua salvezza, sono l'unica immagine riconoscibile della Letizia di cinque anni fa.»


LA NOTIZIA DEL 28 DICEMBRE 2002

"Eva, prima bimba clonata


presto altre 4 nascite"
Florida, annuncio-choc della Clonaid, società che fa capo alla setta dei raeliani:

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE

John Harris

Torino, (Salone del libro) 24-05-1997

"La clonazione ci renderà immortali?"

SOMMARIO:

  • Gli studi sulla clonazione non porteranno mai all'immortalità umana (1).
  • Né tantomeno alla riproduzione esatta di un essere umano: infatti l'individuo risultato della clonazione, crescendo in un ambiente e in un contesto storico-sociale necessariamente diverso da quello dell'individuo di partenza, sarà diverso per molti aspetti (2).
  • Nel suo libro sulla clonazione, "Superman e Wonderwoman" del 1992, Harris ha tentato di anticipare una serie di sviluppi prevedibili, interrogandosi in anticipo sul valore etico di questo progresso scientifico (3).
  • Gli studi di genetica porteranno sicuramente molti vantaggi in campo medico (4).
  • Si potrà prolungare la durata media della vita dell'uomo, senza che questo provochi eccessivi problemi di sovrappopolazione (5).
  • La possibilità di congelare malati terminali in attesa che si trovi una cura è solo un'illusione (6).

INTERVISTA:


La clonazione ci renderà immortali?


La clonazione non cambierà affatto la nostra immortalità. Ciò che è immortale sono i nostri geni: li abbiamo ereditati da passati sistemi solari e forse continueranno ad esistere per sempre. Ma parlando di noi come individui, non c'è possibilità di clonazione che ci renda immortali.


Sarà possibile ricreare esattamente la stessa vita, due volte?


E' assolutamente impossibile. Ci sono troppe influenze, nell'individualità. Per prima cosa, se io copio i miei geni, essi non saranno l'intera eredità genetica del soggetto clonato: esiste anche il mitochondrial DNA, che è un DNA separato in ciascun uovo; dunque, un clone si differenzierà più di un gemello monozigote. La seconda ragione per cui non è possibile ricreare la stessa vita è che anche se io clono me stesso, e ho un bambino che voglio sia la mia copia, questo bambino avrà molte differenze perché comunque vivrà in un ambiente diverso, con altre persone. Verrà cresciuto da me, dunque avrà genitori diversi. In secondo luogo, egli vivrà molti anni dopo la mia infanzia, e la differenza culturale sarà enorme. La gente ha parlato della clonazione di Lenin: Lenin nacque nel 1870, nella Russia pre-rivoluzionaria. Se noi usiamo i suoi geni oggi per creare un bambino che ci si aspetta sia un piccolo Lenin, egli nascerà cento anni dopo il Lenin originale; avrà dei genitori differenti, non sarà nato nel periodo post-industriale, ma nel periodo post-scientifico. Non esiste la possibilità di riprodurre Lenin.


Nel suo libro dal titolo Superman e Wonderwoman, del 1992, Lei ha scritto sulla clonazione nel 1992, dunque in questi cinque anni ha visto dei cambiamenti importanti?


Nel mio libro, che fu scritto nel 1992, una delle principali riflessioni era cercare di anticipare il progresso scientifico, perché io credo sia molto importante discutere l'etica del progresso scientifico prima che si verifichi, in modo da sapere quale sarà il nostro atteggiamento, in modo da sapere se dargli il benvenuto oppure inorridire e rifiutarlo. Dunque, ho cercato, con molto impegno, di anticipare un'intera serie di cambiamenti scientifici che si sarebbero verificati non solo nei successivi dieci anni, ma nei successivi venti anni. Per molti aspetti ho anticipato dei progressi che si sono verificati.


Cosa pensa del futuro? Quali saranno i cambiamenti principali a partire da adesso?


A partire dal 1992 il corso del progresso scientifico è divenuto più rapido, dunque vedremo dei cambiamenti sempre più rapidi. Vi saranno, io penso, molte più possibilità di realizzare degli interventi genetici e si verificheranno pressioni per cambiare le nostre convenzioni, come per esempio quella di non operare interventi genetici sugli umani. Avremo la possibilità di rallentare il processo di invecchiamento negli esseri umani, e dunque vi saranno delle pressioni affinchè ciò si renda utilizzabile. Vi sarà, credo, la possibilità di proteggere gli individui geneticamente contro le malattie, particolarmente contro i virus. Avremo la possibilità di codificare i geni per gli anticorpi contro le infezioni e di inserirli nell'embrione come sostituti delle vaccinazioni. Certamente tutto questo provocherà, io spero, dei cambiamenti rivoluzionari nel nostro atteggiamento nei confronti della genetica.


Dunque, il risultato della clonazione, Lei crede che sia giusto dal punto di vista morale? Si "rischia" di divenire immortali!


Penso che la questione non sia quella di diventare veramente immortali, immuni dalla morte. Noi vivremo un po' più a lungo e spero che avremo una vita in cui godremo di una salute migliore. Ma noi già, attualmente, viviamo più a lungo che nel passato. La durata della vita, oggi, è più lunga di quanto non fosse cento o duecento anni fa. Possiamo prolungarla di altri venti, trenta, quaranta, cinquant'anni senza causare dei grandi disastri in termini di sovrappopolazione. Penso che siamo sufficientemente adattabili come esseri umani per andare avanti in questo senso.


Cosa pensa riguardo alle malattie?


L'idea che le persone si facciano congelare in attesa che una cura consenta di riportarli alla vita per curarli, è un'illusione. Immagini che tutte le persone ammalate di cancro si facciano congelare, e che nel giro di cento anni si trovi una cura, e che ci siano milioni di persone congelate. Per prima cosa non ci si potrebbe permettere il costo di congelarli; in secondo luogo la generazione che esisterà fra cento anni vorrà essere essa stessa curata dal cancro e userà tutte le risorse disponibili. Non si occuperanno di scongelare le persone congelate in modo da curarle. Dunque è un'illusione.


LA NOTIZIA DEL GIORNO 26 DICEMBRE 2002

Raid israeliano nei Territori
uccisi 2 estremisti palestinesi
Giornata di violenze e retate: nove morti, e 12 catturati a Gaza e in Cisgiordania. L'esercito torna a occupare Betlemme

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO

IL CONFLITTO ISRAELE - PALESTINA
E  ALTRI SCRITTI
Noam Chomsky


ISBN 88-7981-214-9

Le analisi del celebre studioso della sinistra radicale americana sul conflitto fra Israele e Palestina. Chomsky, ebreo americano di origine russa, da anni si batte apertamente a fianco del popolo palestinese per l'affermazione del suo diritto ad uno stato libero e indipendente. Netta e documentata è la denuncia delle responsabilità storiche e politiche degli Usa e di Israele nella drammatica situazione creatasi in Medio Oriente. Per Chomsky da anni Israele tratta la questione palestinese come una pura questione coloniale lasciando con ciò poco spazio ai negoziati e ad una vera pace. Il libro contiene altri saggi di grandissima attualità sui cosiddetti stati canaglia, sul terrorismo, sulla guerra preventiva. Tutti i testi sono recentissimi (2002) e inediti in Italia.

Noam Chomsky, insegna al MIT (Massachussets Institute of Tecnology) lingue moderne e linguistica. Esponente di spicco della sinistra radicale americana ha pubblicato fra l'altro: Il potere dei media (Vallecchi, 1994), Il club dei ricchi (Gamberetti, 1996), La fabbrica del consenso (Marco Tropea, 1998), Sulla nostra pelle (Marco Tropea, 1999). Linguaggio e libertà (Il Saggiatore, 2002).

LA NOTIZIA DEL 21 DICEMBRE 2002

Rosy Bindi: "Si assiste alla riapertura delle case-chiuse"
Don Benzi: "Un atto vergognoso e infame"
Prostituzione, coro di no
da opposizione e cattolici

Bossi: "E' un tassello per il rilancio
della tradizione e della famiglia"

IL LIBRO CONSIGLIATO :

Isabel Pisano:

"Io puttana, parlano le prostitute",

Marco Tropea Editore

A Miroslava il suo boss ha detto che senza la prostituzione l’Albania avrebbe fatto di nuovo bancarotta. Ci sarebbero state altre rivolte, altre morti. «Un po’ alla volta l’economia albanese si sta risollevando, grazie a noi, sì proprio grazie a noi» ripete convinta Miroslava: «Nessuno dieci anni fa avrebbe immaginato che le albanesi potessero piacere così tanto agli italiani». Il suo boss le dice che dev’essere orgogliosa di ciò che fa per il suo paese, per i suoi fratellini, per i genitori. «In Albania stanno riaprendo negozi, alberghi, ristoranti, compagnie d’import-export e questo grazie ai trafficanti che prima mettono da parte un sacco di soldi con il nostro lavoro sulle strade italiane e dopo tornano in patria ad investire quanto guadagnato». L’alternativa era lavorare per le imprese italiane che operano in Albania: «Quando sono partita un operaio di una vostra fabbrica di scarpe guadagnava 150 mila lire il mese e una donna la metà. Non capisco perché in Italia vi meravigliate che gli albanesi vengano qua e si diano tanto da fare per guadagnare soldi velocemente. Ragazze come me prendono ottocento mila lire, a volte anche un milione a notte, e dovremmo restare in Albania a fabbricarvi scarpe o camicie o vestiti per settantacinque mila lire il mese?».
Il boss di Miroslava pretende che gli dia quasi tutto il suo guadagno. E se non lo fa, la picchia, e se lei volesse denunciarlo, e naturalmente non lo farà per paura, potrebbe anche ucciderla.
Miroslava ha diciassette anni e lavora tutta la notte in una strada di Milano. I suoi genitori sono convinti che si occupi dei bambini di una ricca famiglia. «Un giorno tornerò in Albania e porterò a casa un sacco di soldi» dice e ci crede

la notizia del 19 dicembre 2002

Il garante della concorrenza sarà sentito oggi in audizione
"E' una legge inadeguata e non in sintonia con la Ue"
Tesauro attacca la Gasparri
"Conferma il duopolio tv"

Sulle connessioni tv "a rischio la certezza delle regole"
Carlo Rognoni (Ds): "Un testo da buttare"

IL LIBRO CHE VI PROPINIAMO :

Karl R. Popper, Cattiva maestra televisione,

(a cura di Giancarlo Bosetti) I libri
di Reset, Marsilio, Venezia 2002

" Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto". Così Karl Popper, austriaco, filosofo della scienza e della politica, neopositivista e teorico del pensiero liberale, indica alcune ragioni della sua posizione radicalmente anti-tv. Il suo Una patente per fare tv è ormai un classico, che ha suscitato un dibattito inesauribile e oggi è più che mai attuale.Questo libro ne presenta un una nuova edizione, arricchita da un saggio introduttivo di Giancarlo Bosetti e dai testi di John Condry, Karol Woytila, Raimondo Cubeddu e Jean Baudoin. Tutti i contributi sono nel solco della denuncia di Popper a proposito della cattiva televisione, e delle sue riflessioni su come trasformare la potenza della Tv in uno strumento di crescita civile.


Iraq, Martino annuncia: "L'Italia fornirà le basi" - 18 dicembre 2002

il libro consigliato.

William Rivers Pitt, Ritter Scott
Guerra all'Iraq
Tutto quello che Bush non vuole far sapere al mondo

"Se io dovessi quantificare la minaccia rappresentata dall'Iraq in termini di armi di distruzione di massa, essa equivale a zero."

Il saggio è composto da una parte iniziale più descrittiva, che inquadra la situazione attuale dell'Iraq ripercorrendone rapidamente anche la storia nel Novecento, e da una seconda parte, quella più importante, in cui viene proposta una lunga intervista di William Rivers Pitt a Scott Ritter. Questo personaggio, che risulterà sconosciuto alla maggioranza assoluta dei lettori, ha lavorato per sette anni per la missione di disarmo in Iraq in qualità di ispettore Onu. Ha dunque l'esperienza e la conoscenza del problema che gli consentono di giudicare la situazione ed esprimere opinioni anche divergenti da quelle ufficiali statunitensi. Ritter spiega perché l'immagine generale dell'Iraq venga costantemente distorta in Occidente e come Saddam Hussein non sia in possesso di quel potenziale bellico, costituito anche da spaventosi mezzi di distruzione di massa, di cui si parla tanto in questi giorni. L'intervista tocca anche i possibili rapporti tra Hussein e Bin Laden, assolutamente improbabili secondo l'ispettore Onu. Una voce "fuori dal coro" che, anche per questo, vale la pena leggere.

Guerra all'Iraq. Tutto quello che Bush non vuole far sapere al mondo di William Rivers Pitt e Ritter Scott


Titolo originale: War on Iraq. What Team Bush Doesn't Want You to Know
Traduzione di Adelaide Cioni, Thomas Fazi, Pietro Meneghelli
114 pag., Euro 10.00 - Edizioni Fazi
ISBN 88-8112-385-1

Le prime righe

UNA PICCOLA PERFETTA APOCALISSE

Oggigiorno, ogni abitante della terra
deve considerare l'idea che questo pia-
neta possa non essere più abitabile.
Ogni uomo, donna e bambino vive
sotto una spada di Damocle nucleare,
appesa a un filo sottilissimo che po-
trebbe spezzarsi in ogni momento; per
un caso, un calcolo sbagliato, o per la
follia di qualcuno.

JOHN F.KENNEDY

La leggenda del nodo di Gordio risale ai tempi di Alessandro il Grande, il cui dominio, tra il 336 e il 323 a.C., si estendeva sull'Asia Minore, la Siria, l'Egitto, Babilonia e la Persia. Si racconta che Gordio, re della Frigia, avesse fatto un nodo talmente complicato che nessuno era in grado di scioglierlo. Un oracolo rivelò ad Alessandro che l'uomo che fosse riuscito a disfare quel nodo era destinato a conquistare l'Asia. Allora, sguainata la spada, Alessandro recise il famoso nodo, risolvendo così l'enigma con un fendente.
Oggi, George W. Bush e la sua amministrazione si trovano di fronte a un nodo altrettanto complicato. Si chiama Iraq, e non è opera di un re dell'antichità. È il risultato di un coinvolgimento americano in Medio Oriente che risale a decenni fa e delle azioni dei capi politici di quell'area, tra i quali lo scià dell'Iran, l'ayatollah Khomeini e, naturalmente, Saddam Hussein.
Sono stati dei presidenti americani, da Truman a Nixon, a Carter, Regan, Clinton, nonché due uomini chiamati Bush, a intrecciare quel nodo. È un vero groviglio e a crearlo hanno contribuito tanto la guerra fredda quanto il petrolio, il sangue versato e il potere.

©
2002 Fazi Editore


Gli autori

William Rivers Pitt è noto commentatore e saggista americano e insegna a Boston.
Scott Ritter è stato un marine ed è una vera e propria autorità nel campo del disarmo militare. Ha partecipato per sette anni alla missione di disarmo in Iraq in qualità di ispettore ONU. È un fervente repubblicano e ha votato per Bush alle ultime elezioni presidenziali


17 dicembre 2002 - LA notizia di oggi riguarda i pacchi bomba inviati da diversi giorni in diversi luoghi d'italia - l'ultimo alla RAI - tutti regolarmente rivendicati dalla sigla - CCCCC - un gruppo spagnolo anarchico

vi presentiamo :

Lo spirito del terrorismo è un virus antiglobal
di Claudio Risé
Secondo Baudrillard l’evento dell’11 settembre ha uno spessore simbolico “puro”.
E il suo significato va ricercato nelle energie della psiche


Ecco una riflessione preziosa sui rapporti tra psiche occidentale, abbattimento delle Twin Towers e le operazioni di guerra che ne sono seguite. Si tratta di Lo spirito del terrorismo, di Jean Baudrillard, apparso inizialmente su Le Monde, ripreso sui più attenti siti in Internet, oggi pubblicato in Italia. Dopo tanti eventi mediatici mondiali privi di qualsiasi spessore simbolico, comincia Baudrillard, siamo di fronte a un evento mondiale simbolico «puro». Quasi un archetipo, direbbe il dottor Jung. Infatti, raccomanda Baudrillard, anche nel trattare questo «vero» evento, occorre andar piano, rallentare nel trarre conclusioni, e, soprattutto, tener vive le immagini che, come in ogni simbolo, sono fondamentali. Tutte cose che si è accuratamente evitato di fare, cercando di reagire, collocando frettolosamente l’accaduto nelle categorie note. Baudrillard, invece, propone altre intuizioni. Che, se vere, aggiungerebbero spiegazioni ai quesiti (perché l’adesione occidentale alla guerra è così bassa?) che ci siamo posti, tentando di rispondervi, per esempio sul n° 9 di liberal. Una è questa: «sono loro - i terroristi islamici - che l’hanno fatto, ma siamo noi che l’abbiamo voluto». Come mai? Ma perché lo strapotere richiama la distruzione: la cultura, e la psicologia occidentale, lo sa bene, dalla tragedia greca a Simone Weil. Inoltre, nella loro strategia simbolica i terroristi sanno molto probabilmente che possono contare sulla nostra complicità inconfessabile. L’allergia a ogni ordine definitivo, a ogni potenza definitiva, è universale. È la psiche, secondo Baudrillard a decidere, politica e ideologia non c’entrano nulla. «Dell’e-nergia che alimenta il terrorismo nessuna ideologia, neppure quella islamica, può rendere conto». Qui non si vuole, osserva Baudrillard, trasformare il mondo, ma «radicalizzarlo attraverso il sacrificio, mentre il sistema vuole realizzarlo con la forza». E il soggetto dell’azione è dovunque, come un virus: tra i sottosviluppati, ma anche tra coloro che partecipano al sistema dominante. Scontro di civiltà e di religioni non c’entrano; si tratta piuttosto della psicologia della mondializzazione trionfante alle prese con se stessa. Si tratta di una guerra mondiale (la quarta: la terza era quella fredda), «di tutte le cellule, di tutte le singolarità che si ribellano sotto forma di anticorpi» alla mondializzazione. Anche il capitalismo c’entra poco: se al suo posto ci fosse l’Islam accadrebbero le stesse cose. Il fatto è che «è il mondo stesso che resiste alla globabilizzazione». Come il Male al Bene, e viceversa. Per questo, gli occidentali stentano a capirci qualcosa. Noi crediamo, dopo i Lumi, che il progresso del Bene, nei vari ambiti, dalle scienze ai diritti, corrisponda alla disfatta del male. Nulla di tutto questo; perché (come conferma la psicologia del profondo, cui Baudrillard non ha bisogno di riferirsi), la coppia male-bene è inestricabile, quando cresce uno, aumenta anche l’altro. Una consapevolezza che le religioni hanno sempre avuto, cercando di contenere gli esiti distruttivi del fenomeno attraverso il sacrificio. Ma allora, come uscirne? Baudrillard non lo dice. Induce però a pensare: non certo con surreali guerre tra capre impolverate. Piuttosto abbassando il tono, la dimostrazione, della potenza. Affermarsi, ma diminuendo il profilo. E con qualche sacrificio. Una volta aristocrazia e clero queste cose le sapevano benissimo. La prima è stata decimata dalle Rivoluzioni di cui la globalizzazione è nipote. Il clero però rimane: che possa fornire utili consigli?

16 dicembre - 2002 - MANIFESTAZIONE DEI NO GLOBAL A GENOVA - CONTRO L'ARCHIVIAZIONE DELL'ASSASSINIO DI CARLO GIULIANI

il libro che vi presentiamo :

Collana: Documenti Storia

Titolo: Il g8 di Genova

Autore: Fabrizio Cicchitto

Pagine: 290 - brossura

Prima Edizione: Aprile 2002

Prezzo: € 16,00

Così comincia "I fanatici e gli ideologi non sono mai ambigui o reticenti circa le loro idee, la loro visione del mondo o i loro obbiettivi. I fanatici e gli ideologi mentono sui fatti". In questo libro il lettore troverà la ricostruzione oggettiva di ciò che è accaduto a Genova, le intenzioni e i comportamenti di tutti i protagonisti, la descrizione precisa della tragedia annunciata e voluta, rappresentata dalla morte di un contestatore, Carlo Giuliani, in uno scontro con un carabiniere restato isolato, la vera storia del saccheggio alla città e degli attacchi alle forze dell'ordine. Le versioni contrastanti sugli interrogatori alla caserma di Bolzaneto e la perquisizione alla scuola Diaz. Ma soprattutto il lettore potrà conoscere i veri artefici della campagna di disinformazione su quello che realmente è avvenuto a Genova e la demistificazione seguita ai lavori della commissione parlamentare.

Fabrizio Cicchitto, nato a Roma nel 1940, ha lavorato all'ufficio studi della CGIL, ha scritto articoli e saggi sulla situazione economica e sul sistema politico italiano collaborando ad Astrolabio, Mondo Operaio, La Giovane Critica.. E' stato parlamentare per tre legislature. Ha scritto L'Alternativa socialista (Marsilio), La DC nel primo ventennio (Marsilio), Dal Centro Sinistra all'alternativa (Feltrinelli), Il governo Craxi (Sugar), Il PSI e la Lotta Politica in Italia dal 1976 al 1994 (Spirali), "La disinformazione in Commissione Stragi"(Bietti 2002). Attualmente Vice capogruppo dei deputati di Forza Italia e rappresentante della stessa nella Commissione Parlamentare che ha indagato sui fatti relativi al G8 di Genova.

ENZO BIAGI - SI DIMETTE DALLA RAI - 15 DICE.2002

vi presentiamo il libro del grande giornalista - nel quale sono rAccolti i suoi interventi SCRITTI PIU' IMPORTANTI.

Biagi, Enzo

Cose loro & fatti nostri

Rizzoli - Collana: Opere di Enzo Biagi

Pagine 223 - Formato 14x22 - Anno 2002 - ISBN 881787101X
Argomenti: Saggistica

 Prezzo di copertina € 15.00

Promozione fino al 28/2/2003
Prezzo promozionale: €
12.00

Dall’11 febbraio 1994 al 26 maggio 2002: otto anni della recente storia d’Italia rivissuti attraverso gli interventi più significati di un “cronista” d’eccezione. Fedele al motto di Beumarchais che scriveva: «senza la libertà di criticare, non c’è elogio lusinghiero; e soltanto i piccoli uomini hanno paura dei piccoli scritti», Enzo Biagi non esita a far sentire la sua voce su fatti e personaggi della società e della politica italiana. Lo scrittore e giornalista emiliano racconta, esterna opinioni, propone le sue riflessioni e non teme di prendere posizione in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da molteplici conflitti in campo politico, giudiziario e della libertà d’informazione.Cose loro & fatti nostri propone articoli e interviste apparse in quotidiani, riviste e nella striscia quotidiana Il fatto di Rai Uno. I pezzi raccolti nel volume sono distribuiti in tre sezioni, dedicate rispettivamente alla vita politica, ai fatti Rai e alle vicende che hanno toccato l’autore in prima persona. Utili cronologie all’inizio di ogni capitolo ricordano le vicende principali legate al tema trattato e permettono di cogliere successione e collegamenti tra i fatti. Tra gli argomenti del libro: il primo ministero Berlusconi, la sua caduta, l’interregno di Dini, il “buon governo” dell’Ulivo di Romano Prodi, la presa del potere di Massimo d’Alema, la stolta guerra civile all’interno del centrosinistra, il revanscismo di una destra che minacciava, in caso di vittoria, di «non fare prigionieri», il nuovo successo elettorale del Cavaliere di Arcore e la confusione in cui è precipitata l’Italia. E inoltre riflessioni sulla Rai e la libertà di informazione insieme alle amare considerazioni personali di un giornalista che ha sempre osservato con animo libero lo svolgersi della vita pubblica italiana a ha sempre espresso chiaramente le proprie idee.


Note di Copertina

"Il vero giornalismo rimane una scoperta continua, un esercizio e un'avventura intellettuale. Ed è per questo che si può fare solo se si è indipendenti" (Abe Rosenthal, direttore del New York Ttimes)

"Fa una triste impressione questo spirito intollerante e induce a guardare al futuro con qualche preoccupazione. Sono sempre meno quelli disposti a difendere il diritto di esprimere un'idea, anche se è contraria alla nostra, o a considerare intelligenti quelli che non la pensano come noi." Enzo Biagi scriveva queste parole il 4 aprile 1996, nell'imminenza delle elezioni regionali.

Erano passati poco più di due anni da quando Silvio Berlusconi aveva comunicato la sua decisione di entrare in politica. Era stato annunciato, con uno stupefacente lancio mediatico, come l'inizio del "nuovo" e l'introduzione di un modo di governare che avrebbe amministrato l'Italia "come un'azienda". Ma, dopo un successo elettorale che aveva dell'incredibile, erano bastati pochi mesi - otto - per vedere il primo Governo Berlusconi dimettersi travolto dalle contraddizioni, dall'incapacità di mantenere le promesse fatte, dal conflitto con la magistratura, dal dissolversi stesso dell'alleanza di centrodestra.

Enzo Biagi prima di esprimere un giudizio su questo tentativo aveva, come di consueto, aspettato che i fatti parlassero e, una volta visti i risultati, non aveva tardato a formulare un giudizio severo, in quanto una politica non fondata su rigorosi principi morali è fatalmente destinata a degenerare. I risultati di tutto ciò sono, oggi, sotto i nostri occhi.

Mai l'imbarbarimento della vita pubblica è sceso a questi livelli, mai le forze politiche - che dovrebbero badare al bene del Paese - si sono cosi distinte in lotte intestine con un unico obbiettivo: quello di difendere un "particulare" imbarazzante per chi osservi con animo libero lo svolgersi della vita pubblica italiana. Questo libro raccoglie i più significativi interventi che il "cronista" Enzo Biagi ha dedicato dal 1994 a oggi a protagonisti e comprimari di questa storia confusa, non esitando a prendere posizione non per un'ostilità preconcetta, ma perché, come lui stesso afferma, "la colpa più grave sarebbe tacere quando invece la coscienza, e i fatti, ti impongono di parlare".

Il primo ministero Berlusconi, la sua caduta, l'interregno di Dini, il "buon governo" dell'Ulivo di Romano Prodi, la presa del potere di Massimo D'Alema, la stolta guerra civile all'interno del centrosinistra, il revanscismo di una destra che minacciava, in caso di vittoria, di "non fare prigionieri", il nuovo successo elettorale del Cavaliere di Arcore e la confusione in cui è precipitata l'Italia. Non mancano anche riflessioni sulla Rai e la libertà di informazione e le amare considerazioni personali di un giornalista che non si è mai unito al coro degli adulatori e, infrangendo un triste costume nazionale, non è mai corso in aiuto del vincitore.

Nel 1781 Beaumarchais scriveva: "Senza la libertà di criticare, non c'è elogio lusinghiero; e soltanto i piccoli uomini hanno paura dei piccoli scritti". Mai come oggi, in Italia, queste parole sono vive e attuali.


14 DICEMBRE 2002

PALERMO - muore VERONICA - la bambina di cinque anni con il cuore da poco trapiantato.

Aramini Michele,

Di Nauta Silvana,

Etica dei trapianti di organi,

Paoline, Milano 1998, pp. 207, L.24.000.

Il volume affronta la tematica dei trapianti, mostrando il valore non solo terapeutico che questa pratica medica ha in sé. Dopo un breve percorso storico-legislativo, la riflessione si focalizza sul significato del dono interpersonale e lo specifico valore che assume la volontà di donare organi. Vengono esposte, inoltre, le condizioni etiche perché il trapianto non diventi una terapia per soli ricchi o che violi la libertà e l'integrità delle persone.

Scola Angelo (a cura di), Quale vita? la bioetica in questione, Mondadori, Segrate 1998, pp. 415, L.32.000.

Gli autori entrano in modo particolare nel dibattito sulla bioetica, senza cercare di indagare sugli sconvolgimenti dell'ingegneria genetica ma semplicemente cercando di rispondere alla domanda: quale vita? I contributi dei vari autori analizzano da punti di vista diversi il fenomeno della vita. Si parla così della specificità della vita umana con particolare riguardo alla vita nella postmodernità e ai rapporti fra biologia ed etica.

13 DICEMBRE 2002

della notizia vi tiportiamo un breve sunto - il quale spiega che il governo di centro destra - vuole comunque controllare i libri di storia contemporanea che i ragazzi sul quale studiano i ragazzi-e delle scuole - e non ci spiega cosa vogliono cambiare :

ROMA - Il ministero vigilerà sull'insegnamento della storia. Non sul programma didattico, ma sulla faziosità dei testi su cui studieranno gli alunni. La storia, soprattutto quella contemporanea, dovrà essere insegnata "secondo criteri oggettivi rispettosi della verità storica", attraverso "l'utilizzo di testi di assoluto rigore scientifico che tengano conto di tutte le correnti culturali e di pensiero". Questo è quanto prevede una risoluzione di Forza Italia, vincolante per il governo, approvata dalla commissione Cultura della Camera.

La risoluzione, presentata da Fabio Garagnani e firmata da tutti i deputati di Forza Italia in commissione e dai capigruppo dei partiti della Casa delle libertà, è passata dopo un aspro dibattito durato quattro sedute.

per scrivere cosa ne pensate - giornale@namir.it

il libro di oggi 12 dicembre 2002 che vi consigliamo - e' il seguente :

[a cura di] - Salvo Vaccaro
La censura infinita
Informazione in guerra, guerra all'informazione
Mimesis Eterotopia, 240 pagine. anno 2002.

Denunce sull'informazione corrotta, sull'informazione deviata o sull'informazione asservita ce ne sono state molte, in passato. Ma in un periodo relativamente molto breve, sebbene molto intenso, che potremmo far risalire, come data di nascita, al luglio 2001 di Genova e come sua espressione più compiuta all'11 settmbre 2001, è avvenuto un salto di qualità. Che ha al tempo stesso radicalizzato la crisi dell'informazione e [forse] segnato il suo punto di risalita. Di questo si parla nella raccolta di interviste, saggi e riflessioni curata da Salvo Vaccaro. Scritti di Jean Seaton, Vittorio Giacopini, Noam Chomsky, William Church, Gordon Poole, Alessandra Dino e Pina Lalli, Robert Nideffer, R. S. Zaharna, Abel Béjaoui, Alan Pittman, Danny Schechter e Tamara Straus, alcuni dei quali sono la trascrizione di interventi fatti a Palermo nel dicembre del 2001, nel corso del convegno organizzato dal Ciss con lo stesso titolo del libro. Punti di vista differenti attorno ad una questione che è diventato urgente analizzare con profondità e chiarezza, dal momento che contiene elementi potenzialmente dirompenti. E che si presenta con una doppia faccia: quella dei reporter di guerra che, con frequenza inquietante, vengono uccisi e quella dell'oscuramento da parte dei media della faccia sporca delle guerre. Anche perché, come scrive Jean Seaton, che lavora al Centre of communication and information studies dell'università di Westminster, "le guerre brutali, complesse, che implicano paurose conseguenze per le popolazioni civili, stanno diventando più e non meno frequenti". E, dunque, sia i media che i politici "non possono nascondersi dietro l'ingenua spiegazione 'etnica' dell'inevitabilità e dietro la maschera del peace-keeping neutrale, perché non funzionano".
Nel libro, ce n'è per tutti: dall'involuzione dell'informazione dopo l'11 settembre a quella che Chomsky chiama "La quinta libertà" all'analisi compiuta da Dino e Lalli sul nesso tra informazione e senso comune nella costruzione dell'immagine dei nuovi conflitti, passando per una questione cruciale: quella dell'accesso alle fonti. Con al centro, naturalmente, la censura e le sue ragioni politiche e, ancor peggio, autocensure. Una radiografia risoluta e sufficientemente completa sullo stato dell'arte di una "industria" divenuta pervasiva e perciò potenzialmente dirompente, in grado di sfuggire, più di altre "merci", al potere del consumatore che diviene del tutto impotente.

mercoledi' 11 diecembre 2002 - gli usa annunciano l'uso del nucleare contro Saddam.

Bracken Paul

Fuochi a Oriente

Corbaccio - Collana: Storica

Pagine XXXIII-181 - Formato 13,5x20,5 - Anno 2001 - ISBN 8879724118
Argomenti: Storia contemporanea

Prezzo di vendita: 14.46

Note: IL SORGERE DEL POTERE MILITARE ASIATICO E LA SECONDA ERA NUCLEARE

Caratteristiche: brossura

Note di Copertina

""Fuochi a Oriente" è un antidoto efficace, provocatorio e informato contro la mentalità occidentale del dopo guerra fredda. Manda in frantumi il nostro compiacimento e stabilisce le regole di un dibattito politico intelligente nel nuovo millennio" (John le Carré)

"Paul Bracken sostiene in modo convincente che, con la fine della guerra fredda, l'Europa del futuro non avrà tregua. In Oriente i pericoli nucleari sono numerosi e complessi. E stanno cominciando a diffondersi" (R. James Woolsey, ex direttore della ClA)

"Un libro importante. Proprio quando sembra ché gli Stati Uniti dominino il mondo e le nazioni asiatiche siano piene di problemi, Paul Bracken mette in evidenza: uno spostamento costante e significativo dell'equilibrio tecnologico militare a favore dell'Asia …
Un libro utile per gli strateghi, ma assolutamente indispensabile per chi considera l'Asia soltanto un immenso mercato, senza averne mai compreso le rivalità regionali, le ambizioni politiche e le crescenti e le crescenti potenzialità militari."
Paul Kennedy, autore di "Ascesa :e declino delle potenze


Negli anni in cui la nostra attenzione era distratta da altri avvenimenti alcuni paesi asiatici hanno costruito e sperimentato armi che noi abbiamo per molto tempo considerato prevalentemente europee e americane. Ce ne siamo accorti quando l'India, nel maggio del 1998, dimostrò di essere una potenza atomica, quando il Pakistan rispose alla "provocazione" indiana con le proprie esplosioni, quando la Corea del Nord, nello stesso anno, lanciò un missile sopra i cieli del Giappone e mise fine al tradizionale isolamento di Tokyo dallo spazio militare asiatico. Paul Bracken, autore di questo libro, ci ricorda che fra Israele e la Corea del Nord esiste oggi una cintura ininterrotta di paesi (fra cui Siria, Iraq, Iran, Pakistan, India e Cina) che hanno, o si apprestano ad avere, armi chimiche, arsenali nucleari e missili balistici.
Siamo stati colti di sorpresa per due ragioni. In primo luogo abbiamo vissuto per troppo tempo nella convinzione che i paesi asiatici (con una evidente eccezione: il Giappone) fossero incapaci di impadronirsi delle più avanzate tecnologie occidentali. In secondo luogo abbiamo sperato che il progresso economico, la mondializzazione e Internet avrebbero spento o attenuato i conflitti nazionali. Bracken osserva che è accaduto esattamente il contrario. Le stesse forze che hanno modernizzato l'economia asiatica e creato le condizioni del suo sviluppo civile hanno costruito le sue bombe atomiche e i suoi missili. Fra sviluppo economico e potenza militare esiste un nesso che abbiamo per troppo tempo ignorato o sottovalutato.
A questo prepotente ingresso dell'Asia sulla scena politica mondiale corrisponde il declino militare dell'Europa (l'India, ricorda Bracken, ha più sottomarini di quanti non ne abbia la Gran Bretagna). Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno dimostrato di poter trasferire in breve tempo i loro enormi arsenali dal continente americano al Golfo Persico, ma sanno di essere oggi molto più esposti e vulnerabili di quanto non fossero venti o trent'anni fa. È più facile comprendere, alla luce di queste considerazioni, perché il presidente Clinton abbia fatto verso il regime comunista della Corea del Nord una politica molto più conciliante di quella che egli ha fatto nello stesso periodo verso il regime cubano di Fidel Castro.
Nei giorni in cui l'India sperimentava le proprie bombe atomiche, cadeva il cinquecentesimo anniversario di un evento che ha aperto l'Asia al dominio europeo: il grande viaggio di Vasco da Gama dal Portogallo all'India. Quella lunga fase storica si è definitivamente conclusa. La nuova Asia impone all'Occidente nuove politiche e nuove strategie.

Prefazione / Introduzione

Negli ultimi duecento anni il mondo è stato modellato dalla realtà del predominio militare dell'Occidente. Come agenti del potere nazionale le cannoniere sono state rimpiazzate dagli aerei da guerra e questi a loro volta da missili, satelliti e computer, ma tutti questi mezzi fino a ieri sono stati monopolio dei paesi europei e nordamericani. Adesso il monopolio è finito. Entro i prossimi dieci anni missili in grado di portare testate atomiche o armi biologiche saranno alla portata di almeno dodici nazioni asiatiche, da Israele alla Corea del Nord e il mondo che l'Occidente ha conosciuto, un mondo costruito in parte secondo i suoi, interessi, cambierà in maniera drastica. L'argomento di questo libro è capire se questo cambiamento sarà un cambiamento catastrofico.
Il primato militare dell'Occidente si è mantenuto così a lungo da divenire quasi scontato. E lo sfondo consueto delle relazioni internazionali, uno sfondo che nessuno nota, al punto che è impensabile un mondo che ne sia privo. Tuttavia sta prendendo forma davanti ai nostri occhi un mondo di potenze militari nuove: l'Iran lancia missili a lunga gittata e con tutta probabilità sarà in grado di eseguire test nucleari nei prossimi anni; la Corea del Nord, che si ritiene abbia già un arsenale con alcune bombe atomiche, è in grado di lanciare sulle città giapponesi un missile con un raggio che potrebbe colpire il territorio degli Stati Uniti; India e Pakistan stanno costruendo arsenali nucleari di tutto rispetto - non dispositivi sperimentali, al semplice scopo di raggiungere un certo status, ma armi simili a quelle di cui Stati Uniti e Unione Sovietica disponevano negli anni Cinquanta. Nel 1998 Washington e i suoi alleati ricorsero ad ogni risorsa diplomatica per fermare i test atomici di questi paesi, per sentirsi rispondere in sostanza che gli stati che dispongono di armi atomiche non hanno l'obbligo di sentire le ragioni di nessun altro.

martedi' 10 dicembre 2002 - operai fiat licenziati - libro consigliato

NON FIAT

di LORIS CAMPETTI

edito dalla cooper - 2002 - 128 pagine.

In questa fase la Fiat ha attirato nuovamente l'attenzione su di se e giunge a proposito il libro di Loris Campetti "Non Fiat, come evitare di svendere l'Italia", Cooper Castelvecchi. Si tratta di un libro in grado di introdurre anche il neofita in quel mondo particolare che è il conflitto di classe visto dal punto di vista degli operai. Non il conflitto di classe in generale ma nell'ambito della più grande azienda italiana - la Fiat -, della più grande fabbrica d'Europa - Mirafiori - e della città che ospita la sede dell'azienda e della fabbrica: Torino.


La memoria nelle lotte
Un libro "politicamente scorretto", di parte. Un libro su Torino scritto da un torinese nato a Macerata e residente a Roma. Campetti è infatti la dimostrazione evidente che torinesi lo si può essere per appartenenza anagrafica o per appartenenza sociale. Chi assolutizza il primo tipo di appartenenza in genere è sabaudo e Cavouriano, appartiene alla "long duree" del trasformismo, del moderatismo e del culto delle gerarchie modificabili nelle persone ma non nei ruoli. Se ne vede qualche esempio anche ai vertici della sinistra moderata italiana. Chi mette l'accento sull'appartenenza sociale si immerge in quella comunità di torinesi la cui genesi individuale si perde in tutte le regioni d'Italia ma la cui storia è indissolubilmente intrecciata con la lotta contro lo sfruttamento e contro le gerarchie. Operaista perché nasce nella lotta allo sfruttamento, umanista perché mette al centro la dignità della persona, comunista libertaria, perché sa che il padrone è persona e ruolo ma anche e soprattutto l'organizzazione pianificata della produzione che incorpora dispotismo e sfruttamento. Il libro di Campetti è quindi in primo luogo una narrazione sulla vicenda attuale della Fiat vista da questo particolare punto di vista.


La fabbrica mostro
Man mano che ci si inoltra nella lettura salta però agli occhi come quello di Campetti non sia un libro, bensì un articolo lungo un'ottantina di pagine più gli allegati. E' come se di fronte ad una fabbrica gigantesca - 37 porte di accesso incastonate in un perimetro di 10 chilometri - punto di incontro e di scontro di una pressoché secolare storia duale, anche i confini dei quotidiani articoli di Loris sul Manifesto non fossero più sufficienti a contenere l'oggetto della narrazione. In questo mega articolo Campetti ci racconta, ci inizia alla Fiat e in particolare a quella realtà chiamata Mirafiori in cui non esistono zone grigie perché ogni comportamento umano, ogni strumento e ogni procedura ha due volti, quello del potere di subordinare e quello della liberazione dalla subordinazione. Lo fa con la leggerezza di chi questa opera di narrazione la fa con passione da quasi tre decenni e - non di rado - nel corso della lettura mi sono chiesto cosa sapessi già e cosa fosse per me nuovo. Non è la prima volta che mi capita. Quando oltre vent'anni fa fui assunto alla Fiat, gli articoli di Campetti erano una delle mie principali fonti di informazione sul resto dell'universo Fiat e in quegli articoli scoprii anche che ero un "nuovo assunto", una nuova figura sociale che metteva in discussione non solo le procedure del comando dell'azienda ma anche quelle di aggregazione della comunità operaia.

Un libro quindi che si legge tutto di un fiato, e che affronta di petto le due questioni che sono sul tappeto oggi.

In primo luogo si pone la domanda se val la pena salvare la Fiat? Campetti risponde di si in modo netto avendo ben chiaro la necessità di mantenere nel paese un apparato industriale degno di questo nome. Un apparato industriale cioè in grado di operare sul terreno dell'innovazione e della ricerca e di non competere solo sul terreno della compressione del costo del lavoro e dei diritti. Campetti afferma con chiarezza che questa possibilità non può essere affidata alla Fiat ma deve passare per l'intervento pubblico dello stato. A sostegno di questa tesi, oltre a quelle più conosciute e ben note ai lettori di questo giornale, ci segnala e descrive nei particolari la crisi organica della Fiat e del suo apparato di comando.


Oltre la sconfitta dell'80
Il libro descrive la crisi ideologica e morale di quel "terziario di fabbrica", di quel gruppo dirigente allargato che costituì l'esercito di Romiti nella battaglia decisiva dell'80 contro il movimento operaio. Dalla lettura del libro veniamo confermati nell'idea che la proposta dell'intervento pubblico possa essere una prospettiva non solo per salvare i posti di lavoro e l'apparato industriale, ma indichi la possibilità - dentro la crisi dell'ideologia della centralità dell'impresa - di costruire una nuova egemonia a sinistra.

In questa prospettiva Campetti non si chiude in un orizzonte subalterno all'industrialismo padronale, indifferente al prodotto. Affronta di petto il nodo del prodotto auto, ponendo la questione della mobilità come punto centrale verso cui riorientare la produzione, sia migliorando sul piano ambientale il prodotto auto, sia proponendone un superamento del suo carattere di merce "privata", sia ponendo il tema dell'integrazione tra trasporto collettivo e trasporto individuale. La salvaguardia del settore industriale attraverso l'intervento pubblico è quindi ben intrecciata con la necessità di una riconversione dell'industria medesima per mettere al centro la soddisfazione del bisogno di mobilità in termini ambientalmente compatibili.

Un libro da leggere ora, utile per sostenere discussioni, intervenire nelle assemblee e costruire consenso attorno alle lotte dei lavoratori Fiat. Un libro, come si evince da quanto sopra esposto, in forte sintonia con le proposte avanzate da Rifondazione Comunista che però - ahimè - non viene nemmeno citata. Una lacuna, prima che politica informativa, che poteva essere evitata. Sarà per la prossima volta?