la notizia di oggi 17 gennaio 2003

Gli hackers convocati al Mit: devono trovare il modo per sconfiggere lo spam

il libro che vi consigliamo di leggere :

Hackers. Gli eroi della rivoluzione informatica

(Pubblicato da Shake) Autore: Steven Levy

Traduttore: Ermanno Guarneri, Luca Piercecchi

Lingua: italiano

Anno pubblicazione: 1996

Pagine: 346

il libro tratta la storia dell'hacking (negli USA) dal 1958 al 1983 circa, facendo risaltare tre "generazioni" di hacker, ognuna con delle proprie caratteristiche e con dei propri scopi.
Non trattandosi di un libro tecnico, chiunque può leggerlo capendone il contenuto, che infatti consiste soprattutto in narrazioni o descrizioni, senza particolari trattazioni informatiche. Il linguaggio è chiaro, semplice e la traduzione ben fatta.
Il libro è suddiviso in ventidue capitoli, raccolti a loro volta in quattro parti (le prime tre descrivono ognuna una generazione di hacker, l'ultima è un epilogo) precedute da una prefazione (due pagine) e una da piccola sezione di quattro pagine che dà una breve presentazione dei personaggi e delle macchine principali del libro (una specie di glossario).

Il linguaggio chiaro è adatto a un libro come questo, anche se c'è da dire che, soprattutto nella prima parte, a volte le descrizioni possono risultare un po' troppo lunghe e noiose, soprattutto per i "non appassionati" dell'argomento. Procede più scorrevole la seconda parte e, ancor più, la terza.
Il libro non si limita semplicemente a narrare i fatti avvenuti nei 25 anni presi in considerazione, ma spesso descrive anche la "cornice" attorno a un personaggio o attorno a un gruppo di persone, di cui spesso viene presa in considerazione la vita la condizione sociale, le abitudini, e così via. Comunque, tutto ciò è utile per lo scopo del libro di definire lo "spirito" dell'epoca.
La struttura è perfettamente adatta alla suddivisione in 3 generazioni di hacker.

L'autore, a mio parere, ha indubbiamente fatto un gran bel lavoro. E' riuscito, a ricostruire un quarto di secolo di hacking in modo splendido, partendo dalle primissime origini e arrivando al 1983 senza "strappi" o vuoti particolari. Tutto è presentato dettagliatamente e supportato da testimonianze dirette raccolte attaverso interviste ai vari personaggi descritti. Sembra quasi che l'autore abbia vissuto in prima persona tutti quegli avvenimenti, considerata la chiarezza con la quale si vede, alla fine della lettura, il quadro generale di questo quarto di secolo. Certo, era impossibile in 350 pagine descrivere minuziosamente ogni mese, così come era impossibile descrivere la storia completa di ciascun personaggio dell'"Homebrew" o di ognuna delle tre principali ditte di giochi per computer dell'inizio degli anni '80, ma i personaggi che per la loro mentalità o per le loro opere hanno caraterizzato la propria generazione sono sempre presentati alla perfezione. Per gli appassionati dell'argomento sicuramente il libro avrà un valore notevole anche a livello "storico", nel senso che non è per nulla facile trovare simili descrizioni dei primissimi anni del'hacking. Certo, forse manca un po' di quel coinvogimento personale che si trova ad esempio in "Spaghetti Hacker", ma bisogna notare che, mentre il libro dell'Apogeo descrive una situazione molto più vicina alla nostra (sia a livello di tempo che di spazio) raccontata anche da persone che hanno direttamente vissuto quegli anni, in questo caso le situazioni appaiono (soprattutto a un lettore non statunitense) più distaccate dalla propria esperienza,"irraggiungibili".

la notizia di oggi 16 gennaio 2003

Un'operazione della Finanza:i materiali erano in centinaia di fusti
Sono indispensabili per realizzare armi di distruzione di massa
Allarme terrorismo a Genova
Bomba chimica su una nave
L'imbarcazione era diretta in Libia
A bordo, un carico di prodotti per gas letali

il libro che vi consigliamo di leggere

Le nuove guerre
di
Qiao Liang e Wang Xiangsui,

a cura del Generale Fabio Mini, Libreria Editrice Goriziana,Gorizia 2001

non vi è nulla al mondo, oggi, che non possa diventare un'arma, il che impone alla nostra interpretazione del concetto di armi di avere una consapevolezza che superi qualsiasi limite». È intorno a questo nucleo centrale di ragionamento che il famoso libro dei due colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui, si svolge, in una sorta di lunga variazione sul tema.

Uscito in Italia nel 2001, vale la pena di riprenderlo in mano oggi, alla luce di un ottobre crudele che tra una discoteca di Bali ridotta in macerie e un teatro di Mosca diventato scena di una tragedia collettiva, fa risuonare come un presagio la frase dei due militari: «il nuovo concetto di armi provocherà nella gente comune (...) grande stupore nel constatare che le cose ordinarie, quelle a loro vicine, possono anch'esse diventare armi con le quali ingaggiare una guerra».

Già l'abbattimento del World Trade Center aveva fatto ricordare a qualcuno, soprattutto negli Stati uniti, la «preveggenza» di Qiao e Wang, addirittura visti come istigatori. La loro fama uscì allora dalla ristretta cerchia degli esperti di politica internazionale e di strategia militare e raggiunse una parte più vasta di opinione pubblica. Ancor prima quel libro, pubblicato in Cina nel febbraio del '99 dalla casa editrice delle forze armate, aveva già fatto scandalo quando, giunto a conoscenza degli addetti ai lavori occidentali, era stato usato contro Pechino, accusata di delineare per se stessa e indicare ai paesi in via di sviluppo la strategia del nuovo terrorismo come l'unica vincente contro lo strapotere militare americano, ormai invincibile su un campo di battaglia tradizionale.

Nelle poche interviste rilasciate in seguito ai giornali occidentali, i due autori non hanno mai né avvalorato né respinto l'accusa, limitandosi a citare Mao Tse Tung che ai giapponesi aveva detto «Voi combattete la vostra guerra, io combatterò la mia» e ribadendo che la Cina non sarebbe mai caduta nella «trappola» della spesa militare, già fatale a suo tempo per l'Unione sovietica.

D'altra parte, basta leggere il libro per intero, e non solo brani estrapolati dal contesto, per rendersi conto che non è quella di «manuale per l'uso» la chiave di lettura che i suoi autori intendevano dargli. Ma certo il sospetto attiene a una dimensione che non può essere trascurata, quella del confronto tra Stati uniti e Cina, già indicato, soprattutto dagli strateghi militari statunitensi, come il grande scontro del futuro. Ed è anche vero che i due cominciano a scrivere il volume nel 1996 (ma la redazione completa richiederà tre anni), durante l'ultimo grande conflitto aperto, in termini militari, tra Washington e Pechino per Taiwan. Né si può ignorare come questo libro sia arrivato all'occidente.

Lo racconta nella prefazione il generale Fabio Mini, Capo di stato maggiore del Comando forze alleate del Sud Europa, curatore della versione italiana, la cui innegabile esperienza contribuisce a dare al testo un approfondito quadro di riferimento complessivo. Opera necessaria, visto che proprio di matrice americana sono le uniche traduzioni in inglese del libro, originariamente concepito per un pubblico interno e militare come sollecitazione del pensiero e della riflessione sulla revisione strategica in atto in Cina, corollario inevitabile della sua politica di riforme e di apertura al mondo.

Di traduzioni in inglese ce ne sono addirittura due: la prima, una sorta di vasto sommario redatto dall'ambasciata Usa a Pechino diffuso in Internet tra la fine del 1999 e l'inizio del 2000; l'altra, successiva e più estesa, curata dalla Cia nel 2000. Su quest'ultimo testo si basa l'edizione italiana.È un'opera smembrata, interpretata e forse tradita quella che arriva a noi, come correttamente avverte Mini, nondimeno vale la pena affrontarla.Con qualche avvertenza. È un libro scritto da militari (anche se più corretto è definirli due intellettuali delle forze armate, data la loro appartenenza al Dipartimento politico), per un establishment militare, maneggiato da spie, curato per l'Italia da un militare.

Ma, fatta la tara sulle manipolazioni, è un libro utile proprio perché estremo. Anche se può lasciare sgomenti, per lo sguardo militare e il linguaggio che lo traduce. Oltre ad essere un ragionamento sulla guerra che può agghiacciare ogni persona normale, anche perché prescinde accuratamente da ogni dimensione di torto o ragione e dà al «nemico» una torbida astrattezza, Guerra senza limiti è infatti anche una riflessione complessiva sugli anni '90, dei quali disegna una trama inquietante che impone un urgente ragionamento collettivo. La Cina non compare mai, se non come fondamentale background culturale del pensiero militare; protagonista assoluto sono gli Stati uniti e la loro crescita abnorme dopo il 1989. Punto di partenza e ispirazione del volume è la guerra del Golfo. «Una sola guerra che ha cambiato il mondo» e che «alla fine ha cambiato la guerra stessa», è il punto di avvio del ragionamento dei due colonnelli. Quella guerra brevissima e impari (nel corso della quale furono sperimentati 500 nuovi tipi di tecnologie avanzate) ha «declassato in un colpo solo a una parte di attore di serie B» la guerra stessa «cui in origine spettava un ruolo fondamentale sullo scenario mondiale».

Di fatto, dopo il 17 gennaio 1991 il fronte si allarga a dismisura.La globalizzazione economica, sospinta dall'avanzamento tecnologico che a sua volta viene da quella alimentato, cambia radicalmente le carte in tavola e aggiunge nuove dimensioni alla guerra, sottraendola ai militari. «In questo senso - scrivono i due colonnelli - oggi non esiste più un campo di cui la guerra non possa servirsi, e non vi è quasi nessun ambito che non abbia fatto proprio il modello offensivo della guerra».

L'elenco delle guerre possibili si allunga così a dismisura: finanziaria, informatica, commerciale, ecologica, di intelligence, mediatica. La crisi asiatica del 1997, propagatasi nel 1998 ad altri continenti, viene indicata come l'esempio più compiuto di «guerra non militare il cui potere distruttivo è almeno pari a quello di una guerra cruenta, ma nella quale non si versa una goccia di sangue».

«Un attacco finanziario a sorpresa, deliberatamente pianificato e sferrato dai detentori di capitale mobile internazionale».

In questo senso Osama bin Laden, che «si nasconde tra le pieghe del fondamentalismo islamico» e George Soros «che si nasconde tra le foreste del libero mercato» sono, per i due cinesi, terroristi allo stesso modo, irresponsabili e distruttivi delle regole internazionali. Le regole, un altro campo di battaglia che chiama in causa le grandi potenze: «In un'epoca in cui il vecchio ordine sta per essere eliminato, coloro che occupano posizioni di comando sono spesso i primi a eliminare le regole».

In assenza di limiti, leggi, argini, i concetti di forza e debolezza perdono ogni connotato, e anzi l'asimmetria diventa un principio essenziale «per scovare e sfruttare i punti deboli del nemico». I ceceni contro la Russia, i somali contro gli Usa, la jihad contro l'intero Occidente, lo hanno già capito, e «vediamo senza eccezione il costante, saggio rifiuto del confronto testa a testa con le forze armate del paese forte».

«Nella maggior parte dei casi la parte più debole sceglie come asse principale della battaglia quelle zone o quelle linee operative dove il suo avversario non si aspetta di essere colpito ed il centro di gravità dell'assalto è sempre un punto che provocherà un profondo shock psicologico».

Finito di scrivere nel 1999, il libro sembra davvero contenere tutte le tragedie successive. Se ne può dedurre che le abbia ispirate? O non piuttosto che la deriva era già tutta scritta in quegli anni '90 che segnano una svolta epocale nella storia dell'umanità, ancora tutta da capire? Una cosa sappiamo tuttavia per certo: che quest'anno George Bush ha enunciato una strategia della Sicurezza nazionale degli Stati uniti (nella quale un silenzio assordante viene riservato alla Cina) che abbandona la deterrenza e teorizza l'attacco preventivo.

La dottrina si combina all'esistente in una miscela ancor più esplosiva e sembra piuttosto l'estrema rivincita della componente militare statunitense davanti a un mondo che le appare sempre più ostile e incontrollabile, sempre meno prono ad accettare l'egemonia che la sua immensa forza armata pretende. Al termine del libro, invece, Qiao e Wang, da militari, si pongono un interrogativo esistenziale sul ruolo della loro categoria alla quale la guerra, nella chiave tradizionale, è stata infine sottratta. Ma approdano a un'agghiacciante conclusione: «Si può dunque affermare che chiunque sarà capace di creare un cocktail unico e gustoso per il futuro banchetto della guerra potrà esserne incoronato vincitore».

Alla fine dunque le visioni delle due coste del Pacifico si incrociano in un flash illuminante per tutti noi, i cosiddetti «civili», che vediamo la guerra insinuarsi nelle pieghe più profonde del quotidiano e devastarlo, senza che nessuno comprenda quale sia il fine di quel che accade. E in questo, come non condividere l'osservazione dei due colonnelli: «la più grande differenza tra le guerre contemporanee e quelle del passato sta nel fatto che, in quelle contemporanee, lo scopo manifesto e quello sottaciuto sono spesso completamente diversi».

Quale che fosse il fine di questo libro, alla fine contribuisce a svelare la realtà e ci dice che abbiamo toccato il fondo. In un mondo che lascia solo due alternative, essere prede o cacciatori, ripudiare la guerra non è più solo una scelta morale. È una necessità, pena la distruzione totale di ogni vivere civile.

la notizia di oggi 15 gennaio 2003

A "Ballarò" il difficile dialogo tra l'ex leader della Cgil e il presidente Ds
L'ex sindacalista: "A Firenze nessuna incoronazione, voglio unità"
Le due strade della sinistra
Duello tv Cofferati-D'Alema
Il leader della Quercia: "I movimenti vogliono delegittimare
il gruppo dirigente. Basta parlare del passato"

IL LIBRO CONSIGLIATO :

OLTRE LA PAURA
Massimo D'Alema
MONDADORI - 2002.

In questo suo ultimo volume appena uscito, molto ben scritto (non dimentichiamo che D'Alema ha trascorsi giornalistici di primo piano, è stato direttore de L'Unità), il Presidente dei Ds compie un'analisi piuttosto lucida ed efficace sull’era contemporanea e sulle concrete possibilità che ha una sinistra democratica e riformista di incidere sui sempre più veloci cambi di situazione, di umori popolari e di status-quo politici.  L’11 settembre è una data da incubo planetario, ma "oltre la paura" c’è un’Europa da rendere sempre più unita, a parte la moneta unica, e cresce l’esigenza di ricostruire un più incisivo pensiero socialista-riformista che sappia parlare a tutti e governare i cambiamenti nel modo giusto, affinché le disparità tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, invece di acuirsi, si affievoliscano a tutto vantaggio di una maggiore giustizia sociale. L’indagine di D’Alema è molto evoluta sul piano storico ed anche su quello fiolosofico-programmatico ed il sano realismo che permea il tutto rende il discorso tutto compiuto e credibile. Conclude il libro la "Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea".

lo avevano dipinto come un testo polemico e destinato a fare sfracelli nei già precari edifici di Ulivo e Ds. Dopo la lettura, resterà invece deluso chi si aspettava affondi all'arma bianca con tanto di nomi e cognomi di coloro che frenerebbero la definitiva modernizzazione della sinistra italiana.
In queste 190 pagine, corredate da appendice dove sono ripubblicati alcuni testi significativi di D'Alema (tra cui una tavola rotonda con Giuliano Amato e Sergio Cofferati), il presidente della Quercia sistematizza il suo pensiero politico. Anzi, a dispetto delle annunciate polemiche di fuoco, la dovizia di argomentazioni - pur virtù abituale del loro autore - è corredata da uno stile espositivo che fa pensare a un sentimento di riconciliazione. Quasi che D'Alema volesse sgombrare il campo dai pregiudizi che gli sono piovuti addosso negli ultimi due anni (essersi incaponito nel volere la Bicamerale per costituzionalizzare la destra berlusconiana, aver tramato contro il governo Prodi, aver rinunciato alla legge sul conflitto di interessi quando era presidente del Consiglio, non aver scelto a suo tempo la linea dell’affossamento politico dell'avversario Berlusconi). Con questo libro, sembra augurarsi D'Alema, si può tornare a parlare di contenuti. L'obiettivo del suo autore è gettare un sasso nello stagno di accuse molto spesso ingenerose ("liberarsi dalle tossine accumulate"), non fosse altro perché individuano quasi esclusivamente in D'Alema l'artefice della sconfitta elettorale del maggio 2001. E' utile, quindi, se esiste un "dalemismo", discuterne a partire da questo libro.
Tutto il ragionare sulla nuova dimensione europea della politica è pienamente condivisibile. Se ce ne fosse ancora bisogno, occorre abbandonare ogni velleità di vincoli nazionali per l'azione del centrosinistra e della sinistra. L'Europa politica, con il varo delle norme della sua Costituzione e della Carta dei diritti, è l'orizzonte del presente e del futuro. Dopo l'Europa della moneta unica, è giunta l'ora di dare istituzioni decisionali all'Unione europea e anche strumenti d'intervento sullo scenario internazionale (non è più un tabù parlare di "difesa europea" oltre l'appartenenza alla Nato). Se non crescerà l'Europa politica come nuovo polo della politica internazionale, il mondo "a una potenza sola" seguito alla fine del bipolarismo rischia di non avere contrappesi di fronte alle teorie sulle "guerre preventive" della dottrina di George W. Bush.
Il problema, semmai, è individuare su cosa si è impacciata l'esperienza dei governi progressisti in gran parte del vecchio continente fino a condurre alle sconfitte in Italia, Francia, Olanda, Danimarca e Norvegia (le recenti elezioni di segno diverso in Germania e Svezia indicano che c'è già in atto una controtendenza). D'Alema, in modo non convincente, ripropone la tesi del deficit di modernizzazione e di cultura di governo con cui si è affrontato un vero e proprio passaggio d’epoca, almeno per quanto riguarda l'Italia (ma di analisi della sconfitta italiana nel libro c'è ben poco). Lo sguardo, invece, andrebbe gettato pure sulla gabbia del "Patto di stabilità" e su politiche eccessivamente centriste che hanno messo in difficoltà le forze progressiste nei confronti delle proprie ragioni sociali e del proprio elettorato di riferimento, facendo risorgere a destra neopopulismi e istinti di conservazione. Non si può aggirare neppure il tema dell'afasia di Internazionale socialista e Partito del socialismo europeo, incapaci di intervenire in modo efficace, unitario e tempestivo sulle grandi questioni del dibattito internazionale (un esempio negativo è stato il dopo 11 settembre 2001, quando di fronte al terrorismo internazionale che aveva colpito New York e Washington l'Internazionale non fece di meglio che riunirsi a Santo Domingo con la presenza di soli due leader di partito: Piero Fassino, segretario dei Ds, e José Luis Zapatero, segretario dei socialisti spagnoli).
D'Alema risponde a questa paralisi della socialdemocrazia europea puntando a un raggruppamento su scala europea che possa unire forze di matrice socialista a quelle di origine cattolica e provenienti dal centro moderato. In passato, negli otto anni in cui alla Casa Bianca abitava Bill Clinton, si parlò di "Ulivo mondiale" con lo stesso Clinton e Tony Blair battistrada. E' questa ancora una opzione praticabile, mentre Blair divide la sinistra europea collocandosi a fianco degli Stati Uniti in previsione di nuovi venti di guerra senza neppure un dubbio e senza fare del baricentro europeo il punto di riferimento, come fa invece il cancelliere Schroeder? Il problema è assai complicato in Europa, perché l'esperienza di governo più avanzata e plurale (quella francese di Lionel Jospin) è stata battuta, ma la rinascita dei socialdemocratici tedeschi è avvenuta dopo il "no" ai diktat statunitensi che vogliono imporre la guerra contro l'Iraq. E' un bel rompicapo ritrovare la bussola di un'azione comune senza sposare l'una o l'altra opzione in modo preconcetto.
Con D'Alema si deve però condividere la messa a fuoco del problema centrale: "Oggi, la vera sfida per la politica è rincorrere l'economia sul cammino della globalizzazione, raggiungerla, saltarle in groppa per cercare di regolarne il passo e disciplinarne la forza". Possono farlo con successo, è il quesito successivo, le forze di matrice, seppure rinnovata, socialista? Su questo punto c'è un elemento analitico nuovo da parte del presidente dei Ds, che ammette come la "terza via" auspicata negli anni Novanta (quella di Clinton e Blair, a cui ha guardato con favore anche D'Alema) si sia ridotta a una iniezione di cultura liberale nell'antico ceppo socialista, accompagnata come aggravante da "una certa debolezza di dibattito". Per uscire dall'impasse, scrive l'autore di Oltre la paura, occorre ripartire dalla consapevolezza che "il socialismo europeo, così com'è, non basta più". Di qui, l'ipotesi della paziente costruzione di una nuova coalizione riformista per l'Europa che vada oltre le tradizionali culture di riferimento.
Quest'ultima finisce per essere la riproposizione di una tesi, malgrado l'ammissione degli affanni della "terza via". Sarebbe utile discuterne in profondità e chiedersi se non sia viziata dall'osservatorio italiano in cui D'Alema si trova a operare. L'Ulivo, come forma peculiare e indispensabile di alleanza tra centro e sinistra è fenomeno italiano con radici nella nostra storia politica nazionale e in una particolare legge elettorale di tipo maggioritario (senza doppio turno e con un mix di proporzionale ridotto al 25 per cento). In Germania, Francia e Svezia (ma il problema potrebbe ben presto porsi anche in Spagna alle prossime elezioni), le forze socialdemocratiche hanno a che fare con formazioni e istanze politiche che si collocano alla loro sinistra. Avendo dimensioni oscillanti tra il 35 e il 45 per cento dell'elettorato, quelle forze socialiste inglobano posizioni moderate e progressiste mentre alla loro sinistra c'è "un'altra sinistra" fatta di Verdi, no global o ex comunisti che intercettano le contraddizioni sociali più radicali della globalizzazione. In Germania e Svezia, per fare un esempio, i premier Gerard Schroeder e Göran Persson non potrebbero governare senza l'apporto di quell'altra sinistra.
D'Alema, nel suo libro, sembra abbandonare l’ipotesi di rafforzamento dei Ds come forza del socialismo europeo per accentuare la prospettiva di un “Ulivo partito”. Il perno di questa operazione - come dimostra l’attualità politica - sposta al “centro” i contenuti del rapporto Ds-Margherita. In Italia, che così farebbe nuovamente caso a sé, non ci sarebbe spazio per una forza socialdemocratica. E’ un bel paradosso, perché toccherebbe all’Ulivo-partito (di sicuro più piccolo dell’Ulivo-coalizione) svolgere il ruolo dei partiti socialisti negli altri paesi europei scontando la formazione di un nuovo partito a sinistra e la fine dei Ds con nuove lacerazioni e riaggregazioni che sarebbe saggio evitare, puntando ad allargare e non restringere la coalizione dell’Ulivo.
"Viviamo un tempo di grandi mutamenti, in cui le trasformazioni si compiono ben prima che la politica trovi le parole per descriverle", scrive il presidente dei Ds alla fine del suo saggio. Quel tempo è il cruccio a cui applicarsi con passione anche per chi non condivide le tesi di D'Alema. Il dissenso nasce dalle risposte diverse fornite agli stessi interrogativi.

LA NOTIZIA DI OGGI 13 GENNAIO 2003

Dopo la kermesse di Firenze parla anche Rutelli
"Il rischio è guardare al passato mentre l'Italia cambia"
Cofferati ai Ds: nessuna scissione
"Non ha senso un altro partito"

Il portavoce della minoranza Ds, Vita polemizza con D'Alema
"Con l'ex leader della Cgil si è passati dalle invettive alle profferte"

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO

A CIASCUNO IL SUO MESTIERE

di Sergio Cofferati


Ex segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati è da poco tornato al suo lavoro alla Pirelli, l'azienda che lasciò ventisei anni fa per dedicarsi a tempo pieno all'attività sindacale. In A ciascuno il suo mestiere, pubblicato per la prima volta nel 1997 e oggi ripubblicato con una nuova prefazione dello stesso Cofferati, vengono affrontati temi ancora attualissimi quali lo sviluppo, l'occupazione e la riforma dello Stato sociale. Durante la presentazione del libro, tenutasi alla Casa della Cultura di Milano, l'ex leader sindacale ha spiegato i motivi della scelta di ripubblicare la sua opera, chiarendo poi la sua opinione sul rapporto fra sindacato e partiti, per poi raccontare della Pirelli (e della Milano) lasciate e ritrovate dopo ventisei anni.

Baldini&Castoldi pp245,
€ 13,00

Negli ultimi anni il sindacato ha acquisito un peso notevole sulla scena politica: ha avanzato proposte di riforma, ha influito sulle scelte economiche del governo, si è opposto ad alcune decisioni perché considerate inaccettabili per gli interessi dei lavoratori e dei pensionati. E' un potere che non gli deriva dal voto popolare e che è guardato spesso con sospetto, ma è un potere reale.
In A ciascuno il suo mestiere, Sergio Cofferati, uno dei protagonisti di questo periodo cruciale di trasformazione della società e della politica, ricostruisce i cambiamenti recenti del sindacato, avvenuti nelle diverse condizioni determinate di volta in volta dalla democrazia dell'alternanza, e analizza le cause della sua rappresentatività. Dopo aver esaminato percorsi di innovazione contrattuale e organizzativa, in grado di affiancare alla tradizionale tutela collettiva una serie di diritti e garanzie più flessibili nel lavoro, negli orari e nella retribuzione , illustra in che modo, a suo avviso, il sindacato dovrà rinnovarsi, mutando fisionomia, cultura e funzioni, per poter stare al passo con i processi di globalizzazione e diventare uno degli interlocutori fondamentali dei partiti e delle istituzioni.
Con questo suo libro, Cofferati affronta temi fondamentali della vita del nostro Paese, quali lo sviluppo, l'occupazione e la riforma dello Stato sociale, indicando opportunità e vincoli dell'innovazione, ma soprattutto aiuta a interpretare il confronto politico ed economico nella prospettiva di un'Europa delle società oltre che delle monete.

LA NOTIZIA DI OGGI 10 GENNAIO 2003

Torino, la Lav denuncia Rinascente e Carrefour
"Positiva la prova del Dna su due indumenti"
Giacconi con pellicce di cane
in vendita nei grandi magazzini
Ma i due centri commerciali si difendono

I LIBRI CONSIGLIATI :

Etica e diritti degli animali

Luisella Battaglia

GLF Editori Laterza

Manipolati nei loro tratti genetici, utilizzati come cavie nei laboratori di ricerca, impiegati come risorse "naturali" per l’alimentazione: fino a che punto l’uomo ha diritto di disporre della vita degli animali? A quali valori ci si deve richiamare per avere un corretto rapporto con i non umani? Nel risolvere questi interrogativi il libro ricostruisce i momenti più significativi della filosofia "animalista" dall’Illuminismo ad oggi e pone una sfida al pensiero etico contemporaneo.

Care bestie, scusate

Marco Poli e Elio Ambrogio

Longanesi & C.

Care bestie, scusate è un’opera unica nel suo genere per l’ampiezza dei temi trattati e per l’utilità pratica che riveste. Nella 1° parte, anche attingendo a notizie di cronaca e a dati statistici, vengono descritti i barbari metodi con i quali l’uomo causa sofferenze agli animali: per lo sfruttamento, l’allevamento industriale forzato, le attività venatorie, la cosiddetta sperimentazione "scientifica" o addirittura il proprio divertimento. Sotto processo circhi e corride, caccia e giochi popolari, pellicce e vivisezione, ma anche la nostra stessa alimentazione, eccessivamente carnivora. Nella 2° parte, si illustrano le caratteristiche e i bisogni degli animali da compagnia, i diritti loro riconosciuti e quelli ancora da riconoscere, nonché il modo di collaborare con le associazioni animaliste o di intervenire in prima persona. Nella 3° parte, si riproducono leggi, ordinanze, sentenze significative, moduli di denuncia perché il tutto possa essere affrontato con piena conoscenza e la migliore probabilità di successo.

Randagio

Maurizio Giannini

Salani narrativa Distribuzione

Le Monnier

E’ la storia emozionante e al tempo stesso istruttiva di un cane abbandonato, che si aggira per le strade della città alla ricerca di cibo e a cui capita di subire la malvagità di un gruppo di teppisti. Ed è attraverso gli occhi di una creatura innocente, vittima dell’egoismo umano, che noi abbiamo modo di riflettere sulla nostre contraddizioni e debolezze, finchè la felice conclusione della vicenda permetterà di rivalutare il lato migliore dei nostri sentimenti e il profondo legame che ci unisce a un animale che ha dato e continua a dare all’uomo il suo incondizionato affetto.

la notizia di oggi 9 gennaio 2003

La Commissione europea: "Ottimismo ingiustificato
e troppe misure una tantum nella politica economica"
La Ue bacchetta l'Italia
"Conti a rischio nel 2004"

Ma Tremonti è ottimista: "C'è tempo, ce la faremo"
Già bocciata la Germania, primo avvertimento per la Francia

il libro che vi consgliamo di leggere:

Marcello DE CECCO e Giuseppe GAROFALO (a cura di)
Moneta unica europea

Crescita e finanza

MERIDIANA LIBRI. Saggi
Saggi di Massimiliano Affinito, Alberto Bagnai, Francesco Carlucci, Guido Cozzi, Debora Di Gioacchino, Leonardo Gambacorta, Giuseppe Garofalo, Sergio Ginebri, Maurizio Michael Habib, Paolo Liberati, Angelo Marano, Paolo Paesani, Laura Sabani.
pp. XII-302
2002    L. 36.789     € 19,00     ISBN 88-7989-716-0

acquista acquista   

Dal 1° gennaio 2002 l'Europa ha finalmente una moneta unica. Ora che il lungo cammino di avvicinamento all'unificazione monetaria europea si è effettivamente compiuto e che l'euro circola nelle tasche di tutti noi, diviene ancora più urgente riflettere su quali siano gli scenari economici aperti da un tale processo, riconsiderandone potenzialità e limiti.
La possibilità di raggiungere un equilibrio tra una politica economica e monetaria unitaria e l'identità dei vari Stati nazionali è la grande sfida dei prossimi anni. Che ruolo avrà in tutto questo una banca centrale indipendente? Come si modificheranno i rapporti economici internazionali ora che l'Europa possiede una moneta unica? Su tali interrogativi si concentrano gli autori di questo volume, analizzando in modo dettagliato e con competenza la questione dei canali di trasmissione delle influenze monetarie sulle variabili reali, il problema dell'effetto degli stimoli monetari a fronte di strutture finanziarie eterogenee, il nesso tra politica monetaria e politica fiscale, la questione del rapporto tra l'euro e il dollaro e dell'estensione della moneta unica ai paesi dell'Est.
Il risultato è un testo completo che disegna un quadro ricco e articolato delle prospettive che si apriranno nell'area dell'euro nei prossimi anni, dedicando particolare attenzione a capire quali siano le condizioni per una migliore finalizzazione del sistema finanziario alla crescita economica dell'Europa.

Marcello DE CECCO, professore ordinario di Economia monetaria all'Università di Roma «La Sapienza», è consulente di istituzioni governative nazionali e internazionali. Per la Donzelli editore ha pubblicato L'economia di Lucignolo (2000), L'oro d'Europa. Monete, economia e politica nei nuovi scenari mondiali (1998 e, in una nuova edizione accresciuta 1999), nonché il saggio Splendore e crisi del sistema Beneduce, nel volume a cura di Fabrizio Barca, Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi (1997).

Giuseppe GAROFALO è professore straordinario di Economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università della Tuscia di Viterbo. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Equilibrio, razionalità, causalità (Franco Angeli, 1990), I microfondamenti della macroeconomia keynesiana (Esi, 1994), Le dinamiche dei sistemi finanziari (Esi, 1995) e Distribuzione, redistribuzione e crescita (in collaborazione con Antonio Pedone, Franco Angeli, 2000).

LA NOTIZIA DI OGGI 8 GENNAIO 2003

Bush: disarmerò Saddam


e Blair chiama i riservisti
Migliaia di soldati americani in viaggio verso il Golfo e Londra mette in azione la sua macchina da guerra. Partono anche le navi. In Francia, il presidente Chirac avverte l'esercito: "Tenetevi pronti a tutto"

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE


"Guerra all'Iraq": scrive un ex ispettore Onu. Sarà in libreria il 26 settembre (in contemporanea con l'uscita negli Stati Uniti) "Guerra all'Iraq" (Fazi), un libro dirompente scritto da un ex ispettore Onu, Scott Ritter: una testimonianza diretta che potrebbe mettere seriamente in crisi le tesi di Bush sulla questione irachena. "Guerra all' Iraq", afferma l'editore, smonta sistematicamente le tesi a favore di una invasione di quel paese sostenute dall'amministrazione americana. In qualità di ispettore Onu, Scott Ritter ha passato sette anni in Iraq a supervisionare lo smantellamento del sistema bellico nucleare, chimico e biologico iracheno. Nessuno dunque è più qualificato di lui nell'affermare che la potenza bellica di Saddam è oggi equivalente pressoché a zero. Ritter dimostra come sia impossibile che Saddam rappresenti alcun rischio. Gli autori auspicano una soluzione diplomatica, ponendo in evidenza gli altissimi costi umani che implicherebbe un attacco, oltre alle catastrofiche ripercussioni nei rapporti tra Occidente e Islam. Coautore del testo William Rivers Pitt docente all'Università di Boston e noto commentatore e saggista.

2001/06/12 ora 17:05

Dal romanzo di Hussein una serie televisiva. Il romanzo attribuito a Saddam Hussein sta per diventare un serial televisivo in venti puntate, prodotto dal canale televisivo satellitare iracheno. "Zabibah e il re", che narra dell'amore platonico tra un sovrano e la sua suddita, è una vicenda allegorica ambientata in tempi remoti, ma densa di simbologie anti-occidentali (AliceNews 05/25/2001). I produttori dello sceneggiato sono sicuri del successo internazionale dell'opera. Dal canto suo la CIA, che già al momento dell'uscita del libro aveva dedicato una seria analisi al testo, ha giudicato credibile un coinvolgimento del presidente iracheno nella produzione televisiva del romanzo.


2001/05/25 ora 15:03

Un romanzo apocrifo di Saddam Hussein. "Zabibah e il re" è il titolo di un romanzo che il quotidiano saudita "Al-Sharq al-Awsat" attribuisce a Saddam Hussein. Il libro tratta di una vicenda d'amore allegorica, ambientata prima di Cristo in una regione che oggi corrisponde all'Iraq settentrionale. Sulla copertina non compare il nome di Saddam, ma il libro viene attribuito dal giornale al presidente iracheno. Nella diatriba si inserisce anche la CIA, che dopo tre mesi di studio interpretativo del testo, ha concluso che il racconto non sarebbe da attribuire a Saddam, anche se l'ideologia e l'uso del linguaggio, che costituiscono la nervatura del romanzo, non sono estranei al credo del dittatore. Nel racconto si narra la casta storia d'amore tra un re e Zabibah, ragazza innamorata del suo sovrano. Zabibah, che rappresenta il popolo iracheno, subisce una violenza carnale e viene uccisa, rendendo evidente il significato della metafora politica. Non casuale la scelta del 17 gennaio, giorno dell'inizio dei bombardamenti degli Stati Uniti contro Baghdad e data del martirio della ragazza.

LA NOTIZIA DI OGGI 7 GENNAIO 2003

L'affondo di Castelli: i giudici non applicano le leggi

Bombe, mica noccioline, se certe affermazioni arrivano da un Guardasigilli: «Questa presidenza dell’Anm rischia ormai di apparire come un organo politico della sinistra che ha come unico obiettivo quello di fare una battaglia infinita contro il Governo». Bacchettate sulle dita ai magistrati che hanno pensato di presentarsi all’apertura dell’Anno Giudiziario il 13 gennaio con il testo della Costituzione in mano. Il ministro sfodera l’ironia, li invita a rileggersi «tutta» la Costituzione, laddove all’art.101 sta scritto che «la giustizia viene amministrata in nome del popolo».

IL LIBRO CONSIGLIATO.

Travaglio Marco
Manuale del perfetto impunito
Come delinquere e vivere felici

Memorie documenti biografie

352 pagine
€ 12.39 (Lire 24000)
ISBN 881173870-9

In questo divertente e istruttivo manuale Marco Travaglio, col piglio che gli si riconosce e l'ironia del grande pamphletaire, raccoglie, smaschera e denuncia le infinite truffe linguistiche, i sofismi, i paralogismi, le invenzioni, le falsità, le autentiche menzogne con cui, a partire dall'arresto di Mario Chiesa, una variopinta compagnia di uomini politici, di intellettuali, giornalisti, giuristi, qualche volta di sinistra, molto più spesso di destra, ha cercato di delegittimare in questi anni le inchieste della magistratura italiana.
(dalla Prefazione di Massimo FIni)

Dicono di questo libro:


- Un libro che è il vanto di un paese democratico! un autore che ammiro con tutto il cuore! COMPLIMENTI!

I giornali li leggiamo tutti, il difficile è ricordare ed associare tutti gli avvenimenti e gli intrecci che ci vengono raccontati quotidianamente. Autori come Marco Travaglio hanno il merito di aprirti la mente su fatti e vicende che sono sotto gli occhi di tutti, di farti soffermare a ragionare ed a trarre conclusioni magari diverse dall'autore ma comunque di eliminare tutta quella "bambagia" di cui generalmente sono ricoperte le notizie, che sono la vera "paccottiglia giornalistica" di cui parla Giuliano Ferrara commentando i libri di Travaglio.


Complimenti,e'uno dei pochi italiani che ha avuto il coraggio di svelare cose che nessun altro se lo sarebbe sognato.Sono orgoglioso di essere ITALIANO.


Veramente in gamba.L'Italia ha bisogno di queste persone coraggiose.Complimenti.
michele cosenza -

Vorrei fare i complimenti a Marco Travaglio per il coraggio e l'ironia con cui"smaschera" i nostri politici. Credo che sia uno dei pochi giornalisti in Italia che merita questo titolo! Mi fa piacere che sia un torinese come me...

LA NOTIZIA DRAMMATICA DI OGGI 6 GENNAIO 2003

L'agguato nei pressi di un ristorante, vicino alla stazione dei bus
Due attentatori palestinesi si sono fatti esplodere uno dopo l'altro
Tel Aviv, kamikaze in azione
Ventidue morti, cento feriti

La strage è stata rivendicata dalla Jihad islamica

TEL AVIV - Un'altra strage in Israele: due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi della stazione centrale degli autobus di Tel Aviv, vicino ad un ristorante.

DUE LIBRI DA LEGGERE :

GIUSEPPE BONAVOLONTA' E MARC INNARO
"L'ASSEDIO DELLA NATIVITA'"

Ponte alle grazie, 272 pagine,

Aprile 2002: il mondo segue con il fiato sospeso l'assedio israeliano ai palestinesi rifugiati nella basilica della Natività. Insieme ai guerriglieri palestinesi sono rinchiusi nella basilica per trenta ore alcuni giornalisti, tra cui Marc Innaro, inviato Rai: il suo racconto, scritto con il collega Giuseppe Bonavolontà e arricchito dalla testimonianza di padre lbrahim Faltas - il francescano che agendo da intermediario dall'interno della basilica ha contribuito in misura determinante alla soluzione della vicenda - fa di questo libro un resoconto diretto di quei drammatici momenti, e insieme una riflessione sugli aspetti fondamentali del conflitto arabo-israeliano. Per raccontare al meglio la verità, Bonavolontà e Innaro danno spazio a tutte le voci, incontrano protagonisti e vittime su entrambi i fronti: David il riservista che nella vita fa il ristoratore; i negoziatori, sempre anonimi; suor Lisetta e suor Nunziatina, rispettivamente infermiera e cuoca del convento. Nel libro emerge in modo particolare il ruolo dei francescani di Betlemme, il loro coraggio nel farsi promotori di un messaggio di pace, la loro umanità così profondamente ispirata alla fede cristiana. L'assedio alla Madre di tutte le chiese, edificata sulla grotta in cui è nato Gesù Cristo, ha assunto una valenza simbolica: è stato visto come il microcosmo di uno scenario in cui tutti hanno perso e continuano a perdere, israeliani e palestinesi.

TAHAR BEN JELLOUN
"JENIN - un campo palestinese"

Bompiani, 78 pagine,

Breve saggio di racconti riflessioni e poesie come voci di testimonianza del grido di Jenin,il campo profughi palestinese teatro di un massacro senza precedenti, attraverso le parole di uno scrittore e poeta come Tahar Ben Jelloun. La protagonista del libro è una donna, disperata e sole, che vaga fra resti e ricordi coperti di polvere, cercando qualcosa che sia sopravvissuto al conflitto. E alla sua voce si aggiungono quelle delle vittime innocenti cadute nelle strade, nelle piazze della città, il pianto di un cammello che non solca più un deserto ormai cenere e sangue, i ricordi di un poeta senza più destino nè terra, per formare un'elegia di rabbia e dolore, una denuncia dell'assurdità di qualsiasi guerra.

la notizia del 3 gennaio 2002

Un mese e mezzo fa il naufragio della petroliera
In Galizia provocò una catastrofe ecologica
Prestige, ora la marea nera
arriva sulle coste francesi
Chiazze vicino Biarritz e Burdeos, spiagge chiuse in Gironda
E l'Eliseo annuncia un'inchiesta della procura di Brest.

il libro che vi consigliamo di leggere :

Primavera silenziosa

Rachel  Carson

Traduzione: Carlo Alberto Gastecchi
Collana: Universale Economica
Pagine: 336

Introduzione:
di Al Gore, vicepresidente degli Stati Uniti

Per chi ricopre una carica pubblica elettiva scrivere di Primavera silenziosa è un'esperienza umiliante: il libro di Rachel Carson, pietra miliare dell'ambientalismo, è la prova innegabile di quanto il potere di un'idea possa essere di gran lunga più forte del potere dei politici. Nel 1962, quando Primavera silenziosa venne pubblicato per la prima volta, la parola "ambiente" non faceva parte del vocabolario politico. In poche città, in particolare Los Angeles, lo smog era diventato fonte di preoccupazioni più per la sua visibilità che per la minaccia alla salute pubblica. La conservazione - il precursore dell'ambientalismo - era stata citata nel corso delle convention democratiche e repubblicane del 1960, ma solo di sfuggita e quasi esclusivamente in riferimento ai parchi e alle risorse nazionali. A parte pochi e sparsi articoli comparsi su riviste scientifiche inaccessibili ai più, non esistevano dibattiti pubblici sui crescenti pericoli invisibili del DDT, degli altri pesticidi e delle sostanze chimiche. Primavera silenziosa giunse come un grido nel deserto, una trattazione profondamente sentita, minuziosamente documentata, scritta in modo brillante, che cambiò il corso della storia. Forse, senza questo libro, la nascita del movimento ambientalista sarebbe avvenuta più tardi o non avrebbe avuto luogo affatto.
Non sorprende quindi che il libro e la sua autrice, che aveva lavorato come biologa marina per il Fish and Wildlife Service (Servizio ittico e faunistico), dovettero scontrarsi con l'opposizione di quanti si arricchivano grazie all'inquinamento. Grandi aziende chimiche cercarono di mettere a tacere Primavera silenziosa e, quando alcuni estratti del libro apparvero sul "New Yorker", subito un coro di voci si levò ad accusare Carson di essere un'isterica e un'estremista. Sono accuse che vengono ripetute ancora oggi, non appena qualcuno contesti coloro il cui benessere finanziario dipende dal mantenimento dello status quo ambientale. (Sono consapevole del fatto che sollevare tali problemi suscita invariabilmente una reazione furiosa e spesso stupida. L'ho sperimentato io stesso durante la campagna elettorale del 1992, quando mi hanno etichettato come "Uomo dell'Ozono ", definizione che probabilmente non voleva essere un complimento, ma che io al contrario ho ostentato come un'onorificenza.) Nel momento in cui il libro divenne molto popolare, le forze schierate contro la sua autrice erano impressionanti.
L'attacco contro Rachel Carson è stato paragonato all'aspra contestazione di Charles Darwin allorché pubblicò L'origine delle specie. Inoltre, visto che Carson era una donna, molte delle critiche giocavano sugli stereotipi relativi al suo sesso. Definirla "isterica" si addiceva perfettamente al caso. La rivista "Time" l'accusò di aver usato "espressioni che facevano leva sull'emotività". Da altri fu bollata come "una sacerdotessa della natura". Venne messa in discussione anche la sua credibilità scientifica: gli oppositori finanziarono la propaganda che apparentemente confutava il suo lavoro. Faceva tutto parte di una intensa, ben finanziata, campagna negativa, non rivolta contro un candidato politico, bensì contro un libro e la sua autrice.
I due decisivi punti di forza della battaglia di Carson furono il rispetto scrupoloso della verità e il notevole grado di coraggio personale. Aveva esaminato e riesaminato ogni paragrafo di Primavera silenziosa, e col tempo si è capito che i suoi avvertimenti erano stati, semmai, minimizzanti. Il suo coraggio, che uguagliò la sua preveggenza, andò ben al di là della determinazione di intralciare un'industria consolidata e di alti profitti. Mentre scriveva Primavera silenziosa subì una mastectomia radicale e un trattamento di radioterapia. Due anni dopo la pubblicazione del libro morì di tumore al seno. Per ironia del destino, le nuove ricerche mettono in forte rilievo il legame tra questa malattia e l'esposizione alle sostanze chimiche tossiche. In una parola, Carson stava letteralmente scrivendo per la propria vita.
Stava scrivendo anche contro un'ortodossia, le cui radici risalivano agli esordi della rivoluzione scientifica, secondo cui l'uomo (e, naturalmente, s'intendeva il maschio della nostra specie) era il centro e il signore di ogni cosa. La storia scientifica era dunque in primo luogo la storia del suo dominio - in definitiva, si era sperato, in un stato quasi assoluto. Perciò, quando una donna osò sfidare tale ortodossia, uno dei suoi più importanti sostenitori, Robert White Stevens, replicò in termini che adesso suonano non solo arroganti ma anche bizzarri quanto la teoria della terra piatta: "Il nodo, il fulcro sul quale poggia principalmente la discussione, è che la signora Carson considera l'equilibrio proprio della natura la principale forza nella sopravvivenza dell'uomo. Al contrario, i chimici moderni, i biologi moderni e gli scienziati credono che sia l'uomo a controllare saldamente la natura".
L'assurdità di tale visione del mondo in base alla prospettiva odierna indica quanto sia stata rivoluzionaria Rachel Carson. Bisognava aspettarsi le aggressioni da parte degli interessi corporativi, ma persino l'American Medical Association (Associazione medica americana) si schierò a fianco delle aziende chimiche. Dopo tutto, l'uomo che scoprì le proprietà insetticide del DDT era stato insignito del premio Nobel.
Ma Primavera silenziosa non poté essere messo a tacere. Non c'erano soluzioni immediate ai problemi che sollevava, tuttavia il libro conseguì un'enorme popolarità e un largo sostegno pubblico. Carson, oltre a presentare ragioni convincenti, si era conquistata sia l'indipendenza finanziaria sia la credibilità pubblica con due precedenti successi editoriali, The Sea Around Us (Il mare intorno a noi) e The Edge of the Sea. Per di più, Primavera silenziosa fu pubblicato all'inizio di un decennio che fu tutt'altro che silenzioso, un decennio in cui gli americani probabilmente furono di gran lunga più pronti di quanto non fossero mai stati ad ascoltare e a dare retta al messaggio del libro. In una parola, la donna e il momento vennero insieme.
Alla fine, sia il governo sia il pubblico si sentirono coinvolti, non solo quelli che avevano letto il libro ma anche quelli che leggevano i giornali o guardavano la televisione. Quando le vendite di Primavera Silenziosa superarono il mezzo milione di copie, la CBS Reports programmò una trasmissione di un'ora sul libro, e la rete televisiva portò avanti il programma anche quando due delle maggiori aziende sponsorizzatrici ritirarono il proprio sostegno. Il presidente Kennedy parlò del libro a una conferenza stampa e istituì un comitato speciale per esaminarne le conclusioni. Il documento finale del comitato costituiva un atto d'accusa all'indifferenza burocratica e corporativa, nonché una convalida dell'allarme di Carson per i potenziali rischi dei pesticidi. Poco dopo, il Congresso cominciò a tenere udienze e si formarono le prime organizzazioni ambientaliste rurali.
Primavera silenziosa gettò i semi di un nuovo attivismo che è venuto crescendo in una delle più grandi forze popolari di tutti i tempi. Quando Rachel Carson morì, nella primavera del 1964, stava diventando ormai chiaro che la sua voce non si sarebbe mai ridotta al silenzio. Aveva aperto gli occhi non solo alla nostra nazione ma al mondo. La pubblicazione di Primavera silenziosa può giustamente essere vista come l'inizio del moderno movimento ambientalista.

Su di me Primavera silenziosa ha avuto un impatto profondo. Era uno dei libri che leggevamo a casa, su insistenza di mia madre, e che poi discutevamo attorno al tavolo da pranzo. Mia sorella e io non amavamo tutti i libri di cui si parlava, ma le nostre conversazioni su Primavera silenziosa restano un ricordo vivido e felice. Infatti la lettura di Rachel Carson fu una delle ragioni della mia consapevolezza dell'ambiente e del mio impegno ambientalista. Il suo esempio mi ispirò quando scrissi La terra in bilico, non a caso pubblicato da Houghton Mifflin, l'editore che sempre sostenne Carson in tutte le polemiche e che da allora si è fatto un nome per aver pubblicato molti bei libri sui pericoli ambientali che il nostro pianeta ha di fronte. Il ritratto di Carson è appeso alla parete del mio ufficio a fianco di quelli dei leader politici, dei presidenti e dei ministri. C'è stato per degli anni e quello è il suo posto. Carson ha avuto su di me altrettanta se non più influenza di ognuno di loro e, forse, più di tutti loro messi insieme.
Scienziata e idealista, Carson era anche una tipa solitaria che stava ad ascoltare, cosa che chi occupa posti di potere spesso non sa fare. Concepì l'idea di scrivere Primavera silenziosa quando ricevette una lettera da una donna di Duxbury, nel Massachusetts, Olga Owens Huckins, che le raccontava come il DDT uccidesse gli uccelli. Oggi, dal momento che il lavoro di Carson ha fatto mettere al bando il DDT, alcune specie di cui lei si era presa particolare cura - aquile e falchi pellegrini, per esempio - non sono più a rischio di estinzione. Può darsi che la stessa specie umana, o almeno innumerevoli vite umane, si salveranno per le parole che lei ha scritto.
Non c'è da meravigliarsi che l'impatto di Primavera silenziosa sia stato paragonato a quello della Capanna dello zio Tom. Entrambi si annoverano tra i rari libri che hanno saputo trasformare la nostra società. Tuttavia ci sono differenze importanti. Harriet Beecher Stowe diede forma letteraria a un problema che stava già sotto gli occhi di tutti ed era al centro di un grande dibattito pubblico; diede un volto umano a una preoccupazione nazionale già dominante. L'immagine della schiavitù tracciata da Beecher Stowe smosse la coscienza nazionale. Abraham Lincoln, quando la incontrò nel pieno della guerra civile, le disse: "Così, lei è la piccola donna che ha dato inizio a tutto ciò". Al contrario, Rachel Carson mise in guardia contro un pericolo che quasi nessuno vedeva, cercò di mettere all'ordine del giorno della nazione un problema nuovo, e non di portare una semplice testimonianza di qualcosa che vi era già incluso. In questo senso, il suo successo fu conseguito con difficoltà. Ironicamente, quando lei fece la sua deposizione davanti al Congresso nel 1963, il saluto che le rivolse il senatore Abraham Ribicoff echeggiava le parole pronunciate da Lincoln esattamente un secolo prima: "Signora Carson," disse, "lei è la donna che ha dato inizio a questo".
Un'altra differenza tra questi due libri riguarda l'importanza che ancora oggi Primavera silenziosa riveste. La schiavitù poteva essere - e fu - abolita in pochi anni, sebbene ci sia voluto un altro secolo e più anche solo per cominciare a occuparsi delle sue conseguenze. Ma se la schiavitù poteva essere abolita con un semplice tratto di penna, l'inquinamento chimico non poteva. Nonostante la forza del ragionamento di Carson, nonostante provvedimenti come quello della messa al bando del DDT negli Stati Uniti, la crisi ambientale è andata peggiorando non migliorando. Può darsi che la velocità con cui cresce il disastro sia rallentata, ma anche questo è un pensiero allarmante. Dalla pubblicazione di Primavera silenziosa la quantità di pesticidi usati nelle sole aziende agricole è raddoppiata a un miliardo e cento milioni di tonnellate l'anno e la produzione di sostanze chimiche nocive è aumentata del quattrocento per cento. Abbiamo messo al bando in casa nostra alcuni pesticidi, tuttavia li produciamo e li esportiamo ancora negli altri paesi. Ciò non significa solo essere pronti a trarre profitto dal vendere ad altri un rischio che noi non accetteremmo per noi stessi, ma riflette anche un fondamentale fallimento quanto alla comprensione del fatto che le leggi della scienza non osservano i confini della politica. Avvelenare la catena alimentare in un qualunque punto in definitiva avvelena la catena alimentare ovunque.
In uno dei suoi rari discorsi - fu anche uno degli ultimi - tenuto al Garden Club of America, Carson riconobbe che le cose sarebbero potute peggiorare ancora prima di migliorare: "Siamo di fronte a problemi enormi e non ci sono soluzioni facili". Ci avvertì che più a lungo avessimo aspettato, più rischi avremmo corso: "Stiamo esponendo intere popolazioni a sostanze chimiche che esperimenti condotti su animali hanno provato essere estremamente tossiche, e che in molti casi cumulano i loro effetti. Ora tali esposizioni cominciano fin dal momento della nascita, o prima, e - a meno di cambiare i nostri metodi - continueranno per tutta la durata della vita di una persona. Nessuno può dire quali saranno i risultati, perché non abbiamo esperienze precedenti che ci guidino". Da quando fece queste osservazioni, purtroppo abbiamo accumulato molta esperienza: il tasso di tumori o di altre malattie che sembrano essere collegati all'uso dei pesticidi è aumentato vertiginosamente. La difficoltà non nasce dal non aver fatto niente. Abbiamo fatto alcune cose importanti, ma non abbiamo fatto ancora abbastanza.
L'EPA, Environmental Protection Agency (Agenzia di protezione ambientale), fu fondata nel 1970, in gran parte in virtù delle preoccupazioni e della consapevolezza che Rachel Carson aveva suscitato. La regolamentazione dei pesticidi e il Food Safety Inspection Service (Servizio ispettivo di sicurezza alimentare) furono sottratti al Dipartimento dell'agricoltura, il quale tendeva naturalmente a vedere i vantaggi anziché i pericoli dell'uso delle sostanze chimiche in agricoltura, e vennero assegnati alla nuova istituzione. Fin da 1962 il Congresso aveva richiesto che fossero stabiliti dei criteri standard per l'esame, la registrazione e l'informazione sui pesticidi, non una sola volta ma in ripetute occasioni. Molti di questi standard, però, sono stati ignorati, posticipati ed erosi. Per esempio, quando s'insediò l'amministrazione Clinton-Gore, gli standard per proteggere i lavoratori rurali dai pesticidi non erano ancora entrati in vigore, sebbene l'EPA vi avesse "lavorato su" fin dagli inizi degli anni settanta. I pesticidi a largo spettro come il DDT sono stati rimpiazzati da pesticidi a spettro ristretto con una tossicità addirittura maggiore, che non sono stati adeguatamente testati e presentano rischi uguali o perfino più grandi.
In gran parte, i sostenitori della linea dura all'interno dell'industria dei pesticidi sono riusciti a far rallentare l'applicazione delle misure di sicurezza richieste in Primavera silenziosa. È stupefacente vedere il vezzeggiamento che è stato accordato dal Congresso, nel corso degli anni, a questa industria. Lo statuto che regola i pesticidi, i fungicidi e i topicidi risponde a standard molto meno rigorosi di quelli che regolano gli alimenti e i farmaci, e il Congresso intenzionalmente li rese molto più difficili da applicare. Nel definire livelli sicuri per un pesticida, il governo tiene conto non solo della sua tossicità ma anche dei benefici economici che procura. Questo ambiguo sistema di valutazione contrappone l'aumento della produzione agricola, che potrebbe essere ottenuto in altro modo, al potenziale aumento delle malattie tumorali e neurologiche. Inoltre, il processo per rimuovere un pesticida rischioso dal mercato generalmente richiede da cinque a dieci anni. I nuovi pesticidi, perfino se sono molto tossici, possono essere approvati se solo funzionano minimamente meglio rispetto ai pesticidi preesistenti.
Dal mio punto di vista, questo non è altro che l'equivalente in termini di regolamentazione del dire: "Dopo essere caduti così in basso, sembra di poter solo risalire". Il presente sistema è un patto faustiano: abbiamo un vantaggio di breve termine a spese di una tragedia di lungo termine. E c'è motivo di credere che tale breve termine possa essere davvero molto breve! Parecchi pesticidi non causano la diminuzione del numero totale d'insetti infestanti; possono farlo all'inizio, ma gli insetti, alla fine, vi si adattano per mutazione genetica e gli insetticidi diventano inutili. Inoltre, abbiamo concentrato la ricerca sugli effetti dei pesticidi sugli adulti, non sui bambini, i quali sono particolarmente esposti a queste sostanze chimiche. Abbiamo esaminato ogni pesticida preso singolarmente, ma gli scienziati, in genere, non hanno ancora fatto ricerche sulle loro combinazioni. Queste ultime sono la realtà potenzialmente più pericolosa che si incontra nei nostri campi, pascoli, fiumi. In sostanza, quanto abbiamo ereditato è un sistema di leggi e cavilli, scadenze e ritardi, un paravento che a malapena nasconde il totale fallimento della politica.
Rachel Carson dimostrò che l'uso eccessivo di pesticidi era in contraddizione con il loro valore fondamentale: nella peggiore delle ipotesi, creano quello che lei chiamava "fiumi di morte" e, nella migliore, causano un modesto danno per un guadagno di lungo termine relativamente piccolo. Quindi l'onesta conclusione è che, in ventidue anni dalla pubblicazione di Primavera silenziosa, il sistema legislativo, regolamentare e politico non è riuscito a trovare soluzioni adeguate. Proprio perché Carson non comprese solo l'ambiente ma anche il molto diverso mondo della politica, previde una delle ragioni del fallimento. In un'epoca in cui nessuno discuteva l'intreccio tra interessi economici particolari e influenza politica, lei fece riferimento nel suo discorso al Garden Club al "vantaggio concesso a quelli che cercano di bloccare una legislazione correttiva". Presagendo il presente dibattito sulla riforma politica, condannò addirittura la deducibilità fiscale delle spese di lobbing, che questa amministrazione ha cercato di abrogare, puntualizzando come deduzione "significa, per fare un esempio specifico, che l'industria chimica adesso può lavorare facendo affari per contrastare i futuri tentativi di regolamentazione... L'industria che vuole proseguire per la sua strada senza restrizioni legislative attualmente è sovvenzionata per i suoi propositi". In breve, il problema dei pesticidi, che lei diagnosticò in modo brillante, è perpetuato dai problemi della politica, che lei predisse prodigiosamente. Ripulire la politica è essenziale per liberarsi dall'inquinamento.
Il fallimento negli anni di un tentativo aiuta a spiegare il fallimento negli anni dell'altro. I risultati sono tanto innegabili quanto inaccettabili. Nel 1992, un milione di tonnellate di pesticidi è stato utilizzato in questo paese, quattro chilogrammi per ogni donna, uomo, bambino. Molti dei pesticidi in uso sono noti per essere certamente cancerogeni, altri agiscono avvelenando il sistema nervoso e immunitario degli insetti e, può darsi, degli uomini. Oggi, non abbiamo più il dubbio beneficio di quel prodotto per la casa descritto da Carson - "Possiamo pulire i nostri pavimenti con una cera garantita per uccidere tutti gli insetti che ci camminano sopra" - eppure i pesticidi sono usati in più di novecentomila fattorie e in sessantanove milioni di case.
Nel 1988, l'EPA riferì che le acque superficiali in trentadue stati erano contaminate da settantaquattro differenti prodotti chimici per l'agricoltura incluso uno, l'erbicida atrazina, che è classificato come potenzialmente cancerogeno per l'uomo. Settanta milioni di tonnellate all'anno sono usati sui campi di mais nel bacino del Mississippi e settecentocinquantamila chilogrammi con il dilavamento delle piogge finiscono nell'acqua potabile di venti milioni di persone. L'atrazina non viene rimossa dai depuratori delle città; in primavera la quantità di atrazina nell'acqua eccede spesso i limiti stabiliti dal Safe Drinking Water Act (Decreto sull'acqua potabile sicura). Nel 1993, questo si verificò per il venticinque per cento delle acque superficiali nell'intero bacino del Mississippi.
Il DDT e i PCB sono vietati negli Stati Uniti per altre ragioni, ma i pesticidi che imitano gli estrogeni femminili, le cui caratteristiche chimiche sono molto simili, sono abbondanti e sollevano nuove, gravi preoccupazioni. Ricerche fatte in Scozia, a Michigan, in Germania e in altri paesi mostrano come questi causano una riduzione della fertilità, il tumore ai testicoli e al seno, e la malformazione degli organi genitali. Solo negli Stati Uniti, come la marea dei pesticidi estrogeni è cresciuta negli ultimi vent'anni, allo stesso modo l'incidenza del tumore ai testicoli è aumentata del cinquanta per cento circa. L'evidenza suggerisce inoltre che, per ragioni non ancora comprese, recentemente c'è stata una riduzione a livello mondiale del numero di spermatozoi nell'uomo pari al cinquanta per cento. Ci sono prove documentate e irrefutabili che questi composti chimici sconvolgono la capacità riproduttiva della fauna. Come hanno concluso tre ricercatori dopo aver elaborato i dati per il "Journal of the Institute of Environmental Health Services": "Oggi molte specie naturali sono a rischio". Molti di questi problemi possono condurre a cambiamenti vasti e imprevedibili nel sistema riproduttivo umano e animale. Ma gli effetti potenzialmente dannosi dei pesticidi al momento non sono considerati nella stima del rischio regolatore. Una nuova proposta amministrativa richiede un siffatto tipo di resoconto.
I difensori di queste sostanze chimiche, senza dubbio, daranno le solite risposte: gli studi sui soggetti umani non dimostrano un legame diretto tra sostanze chimiche e malattie; la coincidenza non equivale alla causalità (anche se alcune coincidenze inducono fortemente a prendere decisioni prudenti piuttosto che avventate) e ripeteranno lo stesso discorso che i test sugli animali non si traducono sempre, assolutamente e senza scampo con gli stessi risultati nella specie umana. Ciascuna di queste obiezioni richiama il genere di riflessione che il lavoro di Rachel Carson strappò all'industria chimica e agli scienziati universitari sovvenzionati dalle stesse. Carson previde la loro replica e in Primavera silenziosa parlò di gente a cui "viene ammannita qualche mezza verità a mo' di tranquillante. Dobbiamo far tacere al più presto queste false assicurazioni, questo rivestimento edulcorato di fatti disgustosi".

Negli anni ottanta, soprattutto quando James Watt fu nominato al Dipartimento degli interni e Ann Gorsuch all' EPA, gli ignoranti in materia di ambiente toccarono l'apice della loro influenza. L'avvelenamento dell'ambiente era visto più che altro come segno di un duro pragmatismo economico. Nell' EPA, ai tempi della Gorsuch, per esempio, la Integrated Pest Management (IPM), l'alternativa ai pesticidi chimici, fu letteralmente definita un'eresia. L'EPA mise al bando le pubblicazioni riguardo a questo argomento e le certificazioni dei metodi IPM furono messe fuorilegge.
L'amministrazione Clinton-Gore incominciò con un differente punto di vista e con una ferma determinazione a invertire il corso dell'inquinamento dei pesticidi. La nostra politica persegue tre obiettivi essenziali: standard più rigorosi, riduzione dell'uso e più ampio impiego di sostanze biologiche alternative.
Ovviamente, un approccio sensato all'uso dei pesticidi deve bilanciare rischi e benefici, e tenere conto dei fattori economici. Ma dobbiamo anche tenere lontano dal piatto della bilancia il forte peso degli interessi particolari. Gli standard devono essere chiari e rigorosi, e i test devono essere estesi e onesti. Per troppo tempo abbiamo fissato i livelli di tolleranza per i residui di pesticidi nei bambini centinaia di volte più alti di quelli che avrebbero dovuto essere. Quale calcolo di beneficio economico può giustificare tutto ciò? Dobbiamo verificare gli effetti di tali sostanze chimiche sui bambini, non solo sugli adulti, e dobbiamo testare uno spettro di varie combinazioni. Dobbiamo fare i test non solo per limitare la paura, ma per limitare ciò di cui occorre avere paura.
Se un pesticida non è necessario o non è efficace in una determinata situazione, allora la ragione dovrebbe essere contraria al suo uso, non a favore. Il beneficio dovrebbe essere reale, non possibile, transitorio o ipotetico.
Dobbiamo concentrarci soprattutto su quelle sostanze biologiche verso le quali l'industria e i suoi sostenitori politici hanno una così tenace ostilità. In Primavera silenziosa, Carson scrisse della "varietà davvero straordinaria di alternative da scegliere, invece del controllo chimico degli insetti". Oggi, questa varietà è ancora più ampia, nonostante l'indifferenza di troppi amministratori pubblici e la resistenza dei produttori. Perché non facciamo pressione con forza per l'uso di sostanze non tossiche?
Infine, dobbiamo incominciare a creare un ponte per superare la divisione culturale tra la comunità degli agricoltori e dei produttori di pesticidi da una parte, e la comunità interessata alla salute pubblica dall'altra. La gente di queste due comunità ha diversi retroterra culturali, frequenta scuole diverse e ha punti di vista molto diversi. Fintanto che si schiereranno su opposti fronti con sospetto e inimicizia, sarà molto difficile cambiare un sistema in cui produzione e profitto sono legati all'inquinamento. Un modo che possiamo segnalare per la fine di questo sistema, e la riduzione del divario culturale, sta nella promozione da parte dell'Agricultural Extension Service (Servizio di estensione agricola) di alternative alle soluzioni chimiche. Un altro modo è quello di istituire un dialogo formale e continuativo tra chi produce i nostri alimenti e chi protegge la nostra salute.
La nuova politica dell'amministrazione Clinton-Gore in materia di pesticidi ha molti artefici. Forse il più importante è una donna, il cui ultimo incarico ufficiale risale al 1952, quando si dimise dal suo posto di amministrazione civile di medio livello così da poter scrivere a tempo pieno, anziché solo nelle fine settimana e di notte. In spirito, Rachel Carson siede in tutte le importanti riunioni sull'ambiente di questa amministrazione. Noi potremmo non fare tutto ciò che lei avrebbe voluto, in una volta sola, ma ci muoviamo nella direzione da lei indicata.
Nel 1992, un gruppo di eminenti americani segnalò Primavera silenziosa come il libro che aveva esercitato la maggior influenza negli ultimi cinquant'anni. Nel corso di questi anni e dopo tutti i dibattiti politici che ci sono stati, il libro continua a essere la voce della ragione che ha la meglio sull'autocompiacimento. Ha portato gli argomenti ambientali all'attenzione non solo dell'industria e del governo; li ha fatti conoscere al pubblico e ha fatto schierare la nostra stessa democrazia dalla parte della salvezza della Terra. Sempre più il potere dei consumatori si adoprerà contro l'inquinamento da pesticidi, anche quando non lo fa il governo. Ridurre i pesticidi nel cibo ora è diventato tanto uno strumento di marketing quanto un imperativo morale. Il governo deve agire, ma anche la gente può decidere; e io sono convinto che la gente non permetterà al governo di non far niente, o di fare la cosa sbagliata.
L'influenza di Rachel Carson va ben oltre i confini degli argomenti specifici di Primavera silenziosa. Ci ha riportati a un'idea fondamentale, incredibilmente dimenticata dalla civiltà moderna: l'interconnessione profonda che esiste tra gli esseri umani e l'ambiente naturale. Questo libro è stato un fascio di luce che per la prima volta ha illuminato ciò che a buon diritto si può dire il più importante problema della nostra era. Nelle pagine conclusive di Primavera silenziosa, Carson descrisse la scelta di fronte a cui ci troviamo a partire dalla famosa poesia di Robert Frost sulle due strade che si dipartono dal bivio e sulla via meno trafficata. Anche altri hanno seguito questa strada, ma in pochi vi hanno condotto il mondo con sé, come fece Carson. Il suo lavoro, la verità che ha portato alla luce, la scienza e la ricerca che ha ispirato si ergono non solo come potente argomento per limitare l'uso dei pesticidi, ma anche come potente prova della differenza che ogni individuo può fare.

2 gennaio 2002 la notizia

L'attore si è spento a 63 anni dopo una lunga malattia
Dopo gli esordi e il successo in tv, solo sul palcoscenico
E' morto Giorgio Gaber
Una vita nel teatro-canzone

L'ultimo disco, "Io non mi sento italiano", uscirà postumo

il libro

Giorgio Gaber

(a cura di Vincenzo Mollica e Valentina Pattavina), Parole Canzoni, Stile Libero - Einaudi


Prosegue la fortunata serie dell’Einaudi nell’eterogenea collana Stile Libero dove si mescola il romanzo al saggio, passando per il fumetto, la musica, il cinema e la poesia.
Per Giorgio Gaber si scomoda la formula libro + video, già utilizzata per Fabrizio De Andrè, Francesco Guccini e Lucio Dalla. Alla “regia” la coppia Vincenzo Mollica e Valentina Pattavina.
Il cofanetto si propone come una sorta di antologia ragionata di un artista controverso che ha attraversato, non sempre indenne, quarant’anni della nostra storia. Voce critica, simpatico sornione, brillante provocatore.
Il libro è curato da Valentina Pattavina con prefazione di Gad Lerner e introduzione di Massimo Bernardini. "Gaber è forte, è duro, ma non è cinico. Mai lo sorprenderete a irridere le passioni dei singoli o delle masse in movimento. Al contrario, le canta ogni volta con il tono di un intenso rimpianto... Per questo lui che nel 1968 aveva già trent'anni, e da un decennio calcava le scene dal rock'n'roll a Canzonissima, può legittimamente assumere su di sé la rappresentanza di quella generazione cui si era cosi insolitamente accostato. E, infine, ha i titoli per comprenderne e cantarne la sconfitta… Canta la nostra fragilità esistenziale e intanto ci mette in guardia dal sottile pericolo dell'imbecillità sempre in agguato dietro l'angolo" sentenzia brillante Gad Lerner nella prefazione del volume; volume che raccoglie ,in un rigorissimo ordine cronologico, un’ampia selezione delle canzoni e dei monologhi teatrali scritti da Gaber con il fido Sandro Luporini, bella penna e inefficace pennello, come abbiamo potuto verificare ad una sua personale milanese.
Il titolo del libro, La libertà non é star sopra un albero, ben sintetizza la verve di Gaber, la sua scrittura curata sempre alla ricerca dell’assonanza musicale e dell’espressione a diversi livelli di lettura. Una lettura da meditazione, consigliabile. Fulminanti testi che accompagnano la forma canzone e sanno trasformarsi in irriverenti monologhi in bilico tra il comico e il surreale, con ampi sconfinamenti nel drammatico e nell’esistenziale.
Il video è una sintesi antologica del percorso di Gaber, compilato da un filologico Vincenzo Mollica, che intramezza e ricompone chicche e pezzi raramente fruibili.
Dalle riserve della paleo-televisione escono stralci dal Musichiere, dove Gaber fece la sua prima apparizione televisiva; dalle storiche apparizioni a Senza Rete nel 1969 (Non arrossire, Suona chitarra, Com'è bella la città, Il tic) ai mitici duetti con Mina a Teatro 10 con quel Barbera e Champagne che regala emozioni a trent’anni esatti di distanza (la trasmissione era del 1972, la canzone precedente).
Qualche brano dagli spettacoli teatrali viene riproposto nel concerto registrato alla Versiliana nel 1991.
Per la neo-televisione ecco le apparizioni di Gaber alla geniale Francamente me ne infischio guidata da Adriano Celentano nel 2000 e un’apparizione a Pinocchio del 1988 dove propose Qualcuno era comunista. Un piccolo cammeo è la riproposta degli Ja-Ga Brothers (ma nella versione 1992) che univa, come Blues Brothers ante litteram, Giorgio Gaber e Enzo Jannacci. Settantasei minuti di gradevolissimo intrattenimento, dalla canzone alla televisione senza scordare il teatro.