la notizia di oggi 20 gennaio 2003

da - l'unita'

Un libro su Berlusconi scatena la stampa inglese: «Come può Blair frequentare quest'uomo?»

L'autore del volume (che esce in Inghilterra il 20 gennaio per l'editore Faber&Faber) è Tobias Jones, un giornalista inglese trasferitosi a Parma circa tre anni fa che fa un viaggio nell'Italia ulteriore, quella sconosciuta agli stranieri e, in parte, a noi stessi. Nella recensione Foot racconta la vicenda dei processi contro Previti facendosi delle domande le cui risposte ben conosciamo: si dimise? fu arrestato? «Il profondo, oscuro vuoto morale che sta al cuore dell'Italia è tutto qui, esibito dalla descrizione brillante e divertente di Tobias Jones di un paese che è oggi sotto il controllo di un onnipotente governante» spiega il recensore che suggerisce la lettura del libro a tutti coloro «che ignorano i pericoli di quello che sta succedendo in Italia oggi». La situazione italiana dovrebbe essere «oggetto di scandalo, sanzioni e proteste. Non lo è. Al contrario, Blair e Berlusconi sono amiconi, Forza Italia è stata ammessa nel gruppo centrista del PPE al Parlamento europeo, la rivoltante xenofobia di Umberto Bossi passa sotto silenzio o è ridicolizzata» commenta sempre John Foot.

il libro che vi consigliamo di leggere

PERO CITTA' DI IMMIGRAZIONE 1950 1970 -

di john fot

opera stampata dal comune di Pero.

Questo libro presenta i risultati di una ricerca che ha voluto ricostruire l'ampio processo di immigrazione che ha coinvolto l'area di Pero tra gli anni cinquanta e settanta del Novecento. Sono gli anni in cui l'Italia conosce una fase di crescita economica senza precedenti per intensità e concentrazione, ma una crescita alla quale lo sviluppo sociale e istituzionale del paese ha faticato (spesso fallendo) nel tenere il passo.
Quella dell'immigrazione a Pero è una storia che, se da un lato è esemplare del più generale fenomeno che ha riguardato nello stesso arco di tempo tanto Il "triangolo industriale quanto la Lombardia e Milano, dall'altro presenta caratteri peculiari e specifici che hanno fatto di Pero una vera e propria 'città di immigrati" e le hanno dato una connotazione mescolata e composita, talvolta contraddittoria.
L'indagine ha reso quindi necessario un continuo e reciproco rimando tra storia locale e storia generale, tra i dati ricavati dall'archivio comunale, le memorie e le autobiografie degli abitanti e la letteratura storiografica sull'Italia contemporanea (senza dimenticare i contributi della sociologia dell'ultimo trentennio): questo nell'ambizione di comprendere meglio la prima e aggiungere qualcosa di significativo alla seconda.
Quella dell'immigrazione a Pero è però anche una "storia dimenticata" o almeno tramandata assecondando alcuni luoghi comuni e alcuni preconcetti. Uno degli obiettivi di questo volume è proprio quello di smontare questi luoghi comuni e questi preconcetti.


JOHN FOOT

Insegna storia contemporanea presso il Dipartimento di Italiano dell'University College London. Si occupa di storia sociale e urbana con particolare attenzione ai temi dell'emigrazione e immigrazione in Italia nel ventesimo secolo e a Milano nel secondo dopoguerra. Tra le sue pubblicazioni, accanto a numerosi articoli, ricordiamo: Il boom dal basso: famiglia, trasformazione sociale, lavoro, tempo libero e sviluppo alla Bovisa e alla Comasina (Milano, 1950-1970), in "Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli", 1997; Milan since the Miracle. City Culture and Identity, Berg, Oxford and New York, 2001; insieme a John Dickie e Frank SnowcIen ha curato il volume Disastro! Disasters in Italy since 1860: Culture, Politics, Soc1ety, Palgrave, New York, 2002.

LA NOTIZIA DI OGGI 24 GENNAIO 2003

Un'inchiesta delle Nazioni Unite conferma:
i guerriglieri pensano di diventare più coraggiosi
Pigmei in fuga dai cannibali
"Siamo cibo per i ribelli"
Orrore in Congo, i superstiti:
"Bevono il nostro sangue"
di KAMANDA WA KAMANDA

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE :

Il canto della foresta. La mia vita fra i pigmei Ba-Benjellé | 1ª ed.

DI - Louis Sarno

Brossura | 347 | Garzanti   | 1995 | ISBN: 8811620058


E' una canzone a spingere Louis Sarno nella terra dei pigmei, il popolo noto per la bassa statura e per la straordinaria bellezza delle sue musiche.
Nel cuore dell'Africa, il viaggiatore occidentale incontra un popolo bizzarro e misterioso: i Ba-Benjellé. Oltretutto i pigmei - pigri, scrocconi, quasi alcolizzati, con pochissima voglia di cacciare o fare musica - eludono le curiosità dell'estraneo.
E' necessario un lungo soggiorno nel villaggio prima che il visitatore ottenga il permesso di accompagnare i suoi ospiti nella foresta. Lì i Ba-Benjellé mostrano il loro vero volto: perché solo nella foresta è possibile capire cosa significhi vivere in armonia con l'ambiente, solo nella foresta è possibile apprezzare la ricchezza della cultura di quel popolo e tutte le sue sfumature, e finalmente ascoltarne la vera musica.
Ma non è solo la musica a colpire Sarno. A conquistarlo sono anche il fascino e la grazia di una ragazza della tribù: "Il canto della foresta" è anche la storia, strana e divertente, di questo amore così improbabile e stravagante.

28 GENNAIO 2003 LA NOTIZIA

Tante iniziative per non dimenticare le vittime dell'Olocausto
Fini: "Leggi razziali pagina vergognosa della nostra storia"
La Giornata della memoria
l'Italia ricorda la Shoah

Casini: "Tremende le colpe del fascismo"
A Roma due ragazzi sorpresi a scrivere frasi antisemite

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE :

Lasciami andare, madre

di Helga Schneider


130 pag., Lit. 25.000 - Edizioni Adelphi (La collana dei casi)
ISBN 88-459-1593-X

"Sì, madre, lo so, l'ho letto nel tuo dossier. Vi addestravano per sensibilizzarvi alle atrocità a cui avreste assistito nei campi di sterminio: e a quelli venivano destinate solo le più dure, le più coriacee.
Per questo tu fosti scelta per Birkenau, il campo più selettivo."


Un libro drammatico, in cui la tensione emotiva è sempre altissima, in cui non succede nulla perché tutto, troppo, è già successo. Protagonista è la memoria: quella di una figlia abbandonata da piccola da una madre unicamente votata alla fede nazista. Ed è memoria di solitudine e di mancanza d'amore, di fame e di paure e, più recente, è il ricordo di un altro, unico incontro con quella madre praticamente sconosciuta, fiera del suo orrendo passato, incapace di vedere il disgusto della figlia al prezioso dono di monili d'oro sottratti agli ebrei e tenuti gelosamente nascosti in un cassetto. La divisa da SS appesa nell'armadio, l'invito ad indossarla, quell'oro tenuto per alcuni momenti in mano, prima di farlo cadere a terra inorridita, il dispetto della madre alle sue reazioni: questo è quanto Helga ha sempre in mente di quel lontano incontro avuto, già adulta,

con la donna che aveva lasciato lei di pochi anni e il fratellino minore, un lontano giorno del 1941, per andare a fare la guardiana del campo di sterminio di Birkenau.

Ripensa a tutto ciò l'autrice, protagonista del libro, mentre si avvicina al pensionato in cui si trova la madre, ormai vecchissima e non lontana dalla morte. Ha deciso, su invito di un'amica, di andare a rivederla per un'ultima volta, ma questo incontro la sgomenta, la fa stare male fisicamente, eppure sente che è giusto e necessario che avvenga: deve sapere, deve capire se è o sarà mai in grado di vincere l'ambivalente sentimento che prova per quella donna, bisogno e odio, voglia di cancellarla e impossibilità a farlo.


Le ore che passa insieme a quella vecchia,

fragile e aggressiva, falsa e arrogante, in alcuni momenti umana e debole, spesso spietata e lontana,

sono piene di emozioni quasi insostenibili.

Helga vuole sapere, vuole capire: come può un essere umano abbandonare due figli piccoli per inseguire un sogno di morte? come si può assistere agli orrori che si svolgono quotidianamente sotto i propri occhi senza alcun turbamento? come è possibile vedere l'uccisione di migliaia di persone, donne che stringono tra le braccia i figli neonati, vecchi inermi, bambini di pochi anni, senza provare sentimenti di pietà? come può una folle ideologia accecare a tal punto?
Vuole sapere da quella donna, sua madre, tutto ciò che ha visto, che ha vissuto, che ha, o non ha, provato. Per raggiungere questo scopo la incalza con domande, aggira le sue reticenze con l'inganno,

insomma vuole capire, a tutti i costi, se è in grado di tagliare definitivamente il legame con lei o se non riuscirà mai a liberarsene del tutto.Proprio in questa ambivalenza tra ragione e coscienza in lotta contro impulsi profondi e primordiali,

tra pietà che emerge davanti alla vecchiaia opposta alla consapevolezza che, nell'apparente debolezza e nella nebbia degli anni trascorsi, nulla è andato cancellato dell'antico male, sta la grandezza del libro e la tragedia di una donna o forse di una nazione.
Questo è un libro della memoria, si diceva, e infatti è anche il ricordo dei campi di concentramento e dei loro orrori, degli esperimenti su cavie umane, del male fine a se stesso che là si praticava, visti attraverso lo sguardo dell'aguzzino, a essere parte integrante di questo
Lasciami andare, madre.
La Schneider, che ha rifiutato addirittura la sua lingua in un desiderio di purificazione estremo, ci ha regalato un testo autobiografico drammatico, ma anche un documento storico di fortissimo impatto.