la notizia di oggi 21 novembre 2003

L'Europa mette sotto accusa Berlusconi per Cecenia e libertà di stampa
di Sergio Sergi

Per la prima volta il parlamento di Strasburgo condanna un presidente Ue - Silvio Berlusconi - sulla Cecenia (definita «una leggenda» quanto aviolazione dei diritti umani da parte dei russi). E subito dopo ordina un'inchiesta sullo stato della libertà d'informazione in Italia. Un così duro richiamo per le parole usate del presidente di turno non era mai accaduto. Il Tg 1 censura la notizia, relegata nell'edizione notturna. Il senatore della margherita Giampaolo D'Andrea, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai: «un esempio di arroganza e disinformazione gravissima».

il libro che vi consigliamo di leggere

La disgrazia di saper leggere. Antistoria della libertà di stampa in Italia

di Boggiani Rinaldo

Editore - Edizioni Associate - anno 2002.

Appena finito di leggere questo pamphlet Rinaldo Boggiani, “La disgrazia di saper leggere”, Edizioni Associate Editrice Internazionale, Roma, 2002, pagg. 72, e 6,80) ho esclamato: finalmente!. Avevo voglia di sfogliare un saggio scritto da un non giornalista che sa scrivere e sa cosa scrivere. Un saggio arrabbiato, enragè direbbero i francesi. Ma l’arrabbiatura non è nei toni – troppo facile –, è nella sostanza. Deriva da anni di lavoro, ricerche, studi, lezioni universitarie, articoli; da una profonda conoscenza di due culture giuridiche completamente diverse: quella continentale e quella anglosassone.
Tratta della libertà di stampa in Italia, dagli albori (editto albertino del 1848) fino alla costituzione repubblicana dimostrando che, in cento anni, niente è cambiato nella cultura politica del nostro paese.
Dove i politici nostrani obbediscono a un imprinting culturale che, dalla Chiesa di Roma (il titolo è preso da una frase di “Civiltà Cattolica” riportata in quarta di copertina “Poiché abbiamo la disgrazia di saper leggere, meglio sarebbe che non si leggesse altro che la Bibbia corretta e il Bellarmino”, il cardinale che fece torturare Galileo Galilei), arriva ai giorni nostri passando attraverso veri “governi bianchi e finti governi rossi”.
La libertà di stampa, questa la teoria di Rinaldo Boggiani, si realizza veramente con l’assenza di leggi; meglio: con un divieto costituzionale di fare leggi. “Il Congresso non potrà fare” recita il primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America “alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa, o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al governo per la riparazione di torti subiti”.
Da noi il Parlamento dovrà fare, dice la Costituzione italiana del 1948, una legge sulla stampa. Il saggio analizza le conseguenze istituzionali, sociali di non fare leggi, come negli Usa, e di fare leggi come da noi.
Devo dire che il sottotitolo, Antistoria della libertà di stampa in Italia, bene inquadra il contenuto delle settanta pagine che ne seguono: è anti, va contro, rompendo i tabù culturali della nostra tradizione. Quando non si vuole cambiare niente si dice: “Ma questa è la nostra storia, dobbiamo molto alle le nostre radici culturali, la nostra tradizione ci impone…”. E via di questo passo.
Sappiamo bene che l’oggettività della ricostruzione storica non esiste. Esistono tante possibili ricostruzioni storiche, a volte (quasi) tutte rispettabili. Le argomentazioni sono ovvie. Si è talmente tutti d’accordo su questo punto, che la soggettività di un studio storico è usata come arma per demolire, attaccare, screditare una ricostruzione storica scomoda. Ho sentito troppe volte in dibattiti, convegni, chiedere la parola per screditare l’opera di un avversario, per inquinarne il risultato scientifico che sarebbe potuto essere di ostacolo alla propria corrente. E di sicuro Boggiani andrà incontro a queste obiezioni, a questa corazzata armata di falsa dialettica e di collaudata oratoria.
Ma sarà difficile attaccare questo saggio che, non a caso, è vicinissimo alle fonti. E non, si badi bene, alle fonti storiche in genere, bensì ai testi di legge, alle Costituzioni, agli atti della Costituente, agli scritti del Federalista, da tutti considerato il commentario alla Costituzione degli Usa. E dato che il testo, pur nella sua non semplice materia, si rivolge ai giovani come l’autore subito vuole precisare nella prefazione, tutto viene riportato tra virgolette, in modo che il giovane lettore (e non solo lui) si abitui alle fonti, a toccare con mano, leggendo direttamente le fonti.
Il testo contiene anche una trappola. Un gioco di specchi che solo quando ci si è addentrati lo si può comprendere. Perché, la libertà di stampa in esso trattata, non è il fine del saggio, non è il vero oggetto di studio ma il mezzo per capire l’intero sistema democratico costituzionale, dimostrando così che la libertà di scrivere, parlare, denunciare è la prima delle libertà sociali.
Ecco quindi che il lettore, partito dalla libertà di stampa riconosciuta a forza dal sistema monarchico ai propri sudditi per evitare guai peggiori; passato attraverso quella voluta dal fascismo; arrivato infine alla Costituzione repubblicana (il tutto influenzato, a volte determinato dal potere cattolico) si ritrova a esaminare il sistema di pesi e contrappesi dell’intero sistema democratico: quello che non ha e quindi non è il sistema italiano.
Perché in Italia non c’è la giuria popolare? Perché ci appassionano i film di Perry Mason, Paul Newman (Il verdetto), i legal thriller di tutta la letteratura giuridica americana, dove i giurati popolari sono al centro del sistema giudiziario e poi non vogliamo lo stesso sistema qui in Italia? Qual’è il vero peso politico dell’elettore italiano? Perché il giornalista italiano è iscritto a un Ordine? Perché a scuola, i ragazzi, non studiano i nostri diritti?
Un gioco di specchi, quindi, dal quale ne usciremo grazie all’ultimo capitolo intitolato “Usucapione della libertà”. Il saggio, infatti, non demolisce, analizza. Non celebra una cultura su di un’altra; guarda storicamente quanto successo da noi e oltre oceano. Non demonizza idee o classi politiche; mostra soltanto una possibile strada istituzionale, sociale, politica alle nuove generazioni.
Un libro scomodo, coraggioso, che si potrà ignorare (l’ipotesi è più che probabile), o studiare.

la notizia di oggi :20 novembre 2003

Rai: "Sospendete RaiOt"
il Cda blocca la Guzzanti
Stop "temporaneo". Dopo la querela di Mediaset si valutano gli aspetti legali. Le puntate saranno registrate ma non messe in onda.

il libro che vi consigliamo di leggere :

Il diario di Sabna Guzz.

Con videocassetta

di sabina guzzanti - editore einaudi - anno 2003.

Il diario di Sabna Guzz" sorprenderà molti lettori. Sabina Guzzanti scrive infatti, con la stessa freschezza con cui aderisce alle maschere dei suoi personaggi, con la stessa verve comica, un diario-romanzo "a cuore aperto" degli ultimi tre anni di attività artistica, al cui centro c'è lei, o meglio, il personaggio di Sabna Guzz: che assiste stupita all'intrecciarsi della sua storia artistica con le vicende nel frattempo occorse alla società e alla cultura del Paese. Al libro è allegato il video "Una ragazza terra e sapone", a cura di Nicola Fano, che riassume quindici anni in televisione e a teatro.

Non solo tv per Sabina. Nelle librerie, da pochi giorni, anche 'Il diario di Sabna Guzz', edizioni Einaudi Tascabili: un vero e proprio diario-romanzo degli ultimi tre anni di attività artistica, al cui centro c'è lei, o meglio, il personaggio di Sabna Guzz: che assiste stupita all'intrecciarsi della sua storia artistica con le vicende nel frattempo occorse a uno dei suoi personaggi preferiti, il cav. Silvio Berlusconi, e all'Italia in generale. In allegato, una strepitosa videocassetta (di cui vi regaliamo un estratto) che ripropone il meglio del suo repertorio. Dal titolo 'Una ragazza terra e sapone', a cura di Nicola Fano, questa antologia riassume quindici anni in televisione e a teatro.

Quindici anni in cui Sabina ne ha fatte di tutti i colori, passando dalle imitazioni di Moana Pozzi a quelle delle donne comuni, come la poetessa, la scrittrice, la suora; dai fasti di Valeria Marini all'ira di Silvio Berlusconi. Dalla politica alla satira di costume, passando per il cinema (un esordio firmato Giuseppe Bertolucci, 'Troppo sole' fino a un film dietro la macchina da presa, 'Bimba') la Guzzanti è sempre riuscita a modellarsi nei suoi personaggi, finendoci dentro, plasmandoli su di sé, indossandoli come abiti comodi. Un foulard in testa e gli occhiali scuri le bastano non per diventare Oriana Fallaci, ma per essere lei. Un doppiopetto ingessato la fa scambiare per il presidente Berlusconi. E le sue battute al vetriolo, e le ore di trucco, estenuanti, necessarie a rendere perfetta la rassomiglianza, condiscono l'interpretazione, ma sono un accessorio, rispetto alla sua presenza scenica, alla sua, personalissima, capacità di clonarsi.

Un'attrice che è riuscita sempre a interpretare il personaggio, a scovare quelle caratteristiche latenti che portate all'eccesso hanno reso irresistibili le sue performance. Irene Pivetti così è diventata una sadica sanguinaria proprio nel periodo in cui era fresca fresca di matrimonio e pronta a diventare mamma con tanto di colletti di pizzo sui tailleur. Il Cavaliere si è lasciato andare, come Chaplin nel Grande dittatore, in un balletto con il mappamondo. E Valeria Marini ha esternato le sue fragilità da prima donna, rovinando fragorosamente sulle scale che la dovevano acclamare diva.

Non è facile far ridere. Per una donna, a memoria storica, lo è ancora di più. Ma fortunatamente, c'è Sabina.
(b.d.)

la notizia di oggi - 19 novembre 2003

Espulso l'imam di Carmagnola con altri sette. Ma per la Lega non è ancora abbastanza

Dopo l’imam di Carmagnola, che lascerà oggi l'Italia diretto a Dakar, altri sette uomini, tutti di religione islamica sono stati espulsi su ordine di Pisanu. Per la Lega, però, non è ancora abbastanza. Tutti i sospettati d'ora in poi, dicono i senatori del Carroccio, dovranno essere espulsi. Massimo D’Alema, ieri, ha commentato così la notizia: «Ho seri dubbi che questo provvedimento sia giusto. Se ha commesso dei reati deve essere processato. Non si può dare l’idea di una persecuzione».

IL LIBRO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE

La rosa dell'Imam

di Garau Marius

editore - EMI - ANNO 1997

l'incontro spirituale fra un cristiano e un musulmano. Alla causa del dialogo interreligioso e a quella ancora più grande della pace e tolleranza tra i popoli e le culture, concorrono sì le tesi e gli incontri di studio, ma anche - e in misura non indifferente - le esperienze e le testimonianze. Come questo incontro tra un prete tunisino, di origine sarda, e l'imam di una grande moschea. Nelle pagine di una personale amicizia, tesa all'incontro con Dio pur chiamandolo con nomi diversi, possiamo trovare le tracce per quel cammino di fraternità universale che l'autore augura a tutti.

LA NOTIZIA DI OGGI 18 NOVEMBRE 2003

Presto incontrerà il premier palestinese Abu Ala
"Ma il Muro è soltanto uno strumento di difesa"
Sharon in visita a Roma
"Italia, un paese amico"

Alla Comunità ebraica: "Mandate i vostri figli in Israele"

il libro consigliato.

I fantasmi di Sharon. Il massacro dei palestinesi nei campi di Sabra e Shatila

EDITRICE SINOS

A CURA DI Stefania Limiti.

Il massacro dei palestinesi nei campi di Sabra e Shatila, 16-18 settembre 1982


Tra il 16 e il 18 settembre del 1982, l'esercito israeliano, guidato dal ministro della difesa, Ariel Sharon, con la collaborazione delle milizie falangiste, uccise circa 3000 civili palestinesi e libanesi che vivevano nei campi profughi di Shabra e Shatila, alla periferia di Beirut.

A vent'anni da quel terribile settembre, Sharon tenta di nuovo nei territori dell'ANP la soluzione finale del problema palestinese, tenendo sotto assedio Arafat all'interno del suo quartier generale di Ramallah, mentre un tribunale belga deciderà se avviare il processo contro i responsabili della strage.

Ariel Sharon, l'architetto dell'operazione "Pace in Galilea" e della "pulizia" dei campi, continua ad inviare i tank contro l'Intifada palestinese e a negare le risoluzioni dell'ONU che chiedono "due Stati per due Popoli".

Un racconto di quelle giornate attraverso gli occhi di chi si trovava allora a Beirut, documenti sul processo contro Sharon e sulla condizione dei profughi palestinesi in Libano, mentre si ripete con una macabra similitudine l'accerchiamento dei palestinesi e il tentativo di chiudere la questione con una vera e propria "pulizia etnica".

I diritti d'autore saranno interamente devoluti alla campagna Per non dimenticare Sabra e Shatila

la notizia di oggi 17 novembre 2003

I familiari delle vittime dell'attentato hanno affrontato stamane il riconoscimento delle salme.

Fiori, messaggi e file al Vittoriano
Nassiriya, lo strazio dei parenti
e l'omaggio della gente comune
Il presidente della Camera Casini in visita ai feriti
Domani la camera ardente sarà aperta da Ciampi e Berlusconi

il libro consigliato

WACO - UNA STRAGE DI STATO AMERICANA

di c.stagnaro - stampa alternativa - 2001.

«I governanti del mondo di oggi sono così ossessionati dall’idea di controllarci, di salvarci dalle nostre stesse cattive abitudini e dai nostri istinti primitivi, che non si fermeranno di fronte a nulla. Essi appartengono ad una nuova generazione di dittatori ideologici, gli Utopisti del Nuovo Ordine Mondiale. E nessuna utopia è completa senza i suoi gulag» (Vladimir Bukovski, dissidente russo, dall’Introduzione di C. Stagnaro, Waco. Una strage di stato americana).

«Io non penso che il governo degli Stati Uniti sia responsabile perché un gruppo di fanatici religiosi ha deciso di suicidarsi». Così mentì il “soft male” Bill Clinton, con la coscienza ancora lorda di sangue, il 20 aprile 1993. Il giorno prima 76 persone innocenti, tra cui 30 minorenni e moltissimi bambini, bruciarono vive nella loro residenza di Mount Carmel, presso la località di Waco, in Texas. Ma come si arrivò realmente a questo agghiacciante massacro che, in verità, non fu affatto un libero suicidio? Ce lo racconta Carlo Stagnaro in questo interessantissimo libro, pubblicato per la collana Eretica di Stampa Alternativa (www.stampalternativa.it). Si tratta di un’inchiesta appassionata, documentata ed approfondita sulle vicende che portarono alla terribile strage di stato del 1993.
Tutto ebbe inizio quando la pacifica comunità religiosa della Chiesa davidiana di Waco, retta dallo stravagante David Koresh, divenne oggetto di “particolari attenzioni” da parte delle autorità americane.  Ai Davidiani furono imputate diverse attività illecite ma le numerose perquisizioni e l’infiltrazione di un agente all’interno di Mount Carmel non provarono nulla. Nonostante ciò, l’accanimento delle autorità proseguì: in particolare il BATF (Bureau of Alcohol, Tobacco and Firearms), un ente dipendente dal governo federale, il 28 febbraio 1993 decise inspiegabilmente di attaccare la residenza dei Davidiani con un impiego massiccio di forze. L’intento dichiarato era, ancora una volta, quello di verificare la presenza nella tenuta di armi illegali o droga. (Ma per fare ciò sarebbe bastato bussare alla porta dei Davidiani, visto che fino a quel momento non avevano commesso alcun reato!). I seguaci di David Koresh, che le armi le possedevano davvero (ma nel Texas è molto facile procurarsele senza violare alcuna legge), reagirono, per difendersi, sentendosi attaccati dalle forze di un governo considerato ostile. Ne seguì uno scontro in cui le forze dell’ordine utilizzarono persino degli elicotteri per crivellare di colpi il tetto della casa dei Davidiani, pur sapendo che all’ultimo piano stavano le donne e i bambini.

Dal 28 febbraio 1993 ha inizio così un lungo assedio durato 51 giorni. Mount Carmel fu circondata dalle forze di polizia di diversi enti federali: oltre al BATF, la residenza dei Davidiani fu accerchiata dalla Squadra per la liberazione degli ostaggi (Hostage Rescue Team) dell’FBI, benché fosse chiaro a tutti che lì di ostaggi da liberare non ce n’erano, e l’unica richiesta dei Davidiani era di essere lasciati in pace. Di più: a Waco si fecero vedere anche diversi esponenti della “Delta Force”, il corpo militare d’elite degli Stati Uniti che può agire solo su indicazione diretta del Presidente. Stagnaro, citando numerosi giornalisti ed intellettuali che si sono occupati del caso, ricostruisce scrupolosamente gli eventi dell’estenuante assedio, ed il comportamento delle forze militari e di polizia che boicottarono i tentativi di negoziazione. D’altra parte una delle richieste di Koresh era che non fossero cancellate le prove dell’attacco criminale del 28 febbraio… Quel che è certo è che il 19 aprile 1993 ci fu l’assalto finale. L’edificio di Mount Carmel fu gasato in modo imponente: «Come minimo questo si è tradotto nel fatto che i bambini e i neonati sono stati torturati almeno dalle tre alle quattro ore» (John Mica). E dopo sei ore dall’inizio delle operazioni scoppiò il rogo che fece perdere la vita a 76 Davidiani.
La versione ufficiale raccontata a tutto il mondo da Bill Clinton e dal Procuratore generale Janet Reno (la “donna di potere” ritornata più di recente alle cronache internazionali per aver voluto un’azione militare in diretta televisiva, contro persone disarmate, allo scopo di rispedire a Cuba un rifugiato di sei anni), è quella del suicidio di massa. Cosa assai improbabile giacché, fino al momento dell’assalto, i Davidiani cercarono di trattare con i governativi. Inoltre, sul campo di battaglia sono stati ritrovati dei proiettili incendiari indubbiamente impiegati dagli assalitori. Ma anche volendo prescindere dalle cause del rogo, la cosa davvero impressionante di tutta questa vicenda è l’ostinata persecuzione di una comunità religiosa - la cui unica certa “colpa” era di pensare al governo americano come ad una “Babilonia” e vedervi un’espressione del male - da parte di forze governative che, come spiega l’istruttivo libro di Stagnaro, hanno violato, in più parti, la stessa Costituzione degli Stati Uniti d’America. Il Paese simbolo dell’Occidente moderno in cui, evidentemente, coloro che si rifiutano di vivere da sudditi obbedienti corrono il rischio di essere arsi al rogo da “democratici” tolleranti e buonisti, a parole, ed intolleranti sanguinari nei fatti.

Paolo Marcon


 

LA NOTIZIA di oggi 15 novembre 2003

IRAQ - ABBATTUTI DUE ELICOTTERI E' STRAGE DI MILITARI AMERICANI -

Collisione tra due Black Hawk provocata da un razzo: almeno 17 morti e 5 militari feriti. E' il più pesante attentato dalla fine del conflitto /

IL LIBRO CONSIGLIATO.

Bersaglio Iraq. Le verità che i media nascondono

DI - Solomon Norman; Erlich Reese

anno 2003 - Rizzoli.

In questo libro aspro e polemico, Norman Solomon, analista politico, e Reese Erlich, giornalista con una lunga carriera da inviato e corrispondente, danno voce a quella parte - minoritaria - dell'opinione pubblica americana che si oppone alla guerra voluta dal governo Bush. "Bersaglio Iraq" esamina la realtà dei fatti che sta dietro gli argomenti a favore o contro l'invasione dell'Iraq per abbattere Saddam Hussein e dare stabilità alla regione, e illumina le tacite collusioni tra gli obiettivi e gli interessi dell'amministrazione Bush e le posizioni dei mass media americani. Invece di verificare le fonti e alla ricerca di notizie di prima mano, i giornalisti si limitano a riprodurre i bollettini forniti dal governo degli Stati Uniti e contribuiscono attivamente a legittimare l'uso della guerra, presentata come un'asettica opzione di politica internazionale invece che come una tragedia destinata ad abbattersi su un intero popolo e a seminare morte e distruzione. Mentre Norman Solomon analizza i vizi professionali e le omissioni dei media, e li esorta ad assumere di nuovo il ruolo di coscienza critica che avevano ai tempi del Vietnam, il reporter Reese Erlich percorre le strade di Baghdad, fa parlare gli iracheni, visita gli ospedali prostrati dall'embargo, racconta le conseguenze dell'uso di proiettili all'uranio impoverito durante la Guerra del Golfo, e analizza il peso del 'fattore petrolio' nelle decisioni americane. Il risultato è una ferma opposizione morale alla guerra: Saddam Hussein è un tiranno sanguinario, ma la guerra contro l'Iraq è una guerra contro un popolo già allo stremo.

la notizia di oggi 15 novembre 2003

The Guardian scopre una prigione segreta in Israele. Per palestinesi e libanesi


Si chiama
installazione 1391. Si trova da qualche parte in Israele, ma ufficialmente non esiste. È stata cancellata dalle mappe e non appare in alcuna foto aerea. Anche le strade che la raggiungono sono state deviate. Ma che installazione 1391 sia reale lo sanno bene i palestinesi e i libanesi che vi sono stati rinchiusi e torturati.

il libro che vi consigliamo

Guarire dalla tortura

editore (Il Pensiero scientifico, Roma 2002)

VITTIME E TESTIMONI

di Biagio Osvaldo Severini

In questa intervista, pubblicata sul periodico Il Sannio, Anteo Di Napoli, Andrea Taviani ed Ettore Zerbino raccontano l’esperienza di Medici contro la tortura, l’associazione che insieme ad AI ha curato il libro.

Anteo Di Napoli, perché nasce l’associazione Medici contro la tortura?

Purtroppo si è constatato che vi sono medici che impiegano in maniera aberrante le loro conoscenze, mettendole al servizio non della persona, bensì di un regime nella lotta contro la dissidenza: medici che partecipano alle esecuzioni capitali, alla tortura, che non prestano le cure necessarie ai prigionieri.

Fortunatamente, esistono anche medici che operano in maniera umanitaria come voi!

Già. Esistono medici che, dopo le numerose segnalazioni da parte di AI, hanno costituito organizzazioni finalizzate a prestare alle vittime le cure di cui necessitano per ricominciare il cammino della vita, che la tortura ha tentato brutalmente di spezzare. La nostra associazione, ad esempio, è stata costituita legalmente nel 1999 e - ci tengo a sottolinearlo - vive di contributi liberi...

Quali sono le finalità di Medici contro la tortura?

Fornire assistenza medica, psicologica e sociale alle vittime di tortura provenienti da qualsiasi paese del mondo. Più precisamente, ci prendiamo cura delle vittime della tortura; documentiamo e denunciamo la realtà attuale della tortura; sensibilizziamo l’opinione pubblica, le forze sociali e quelle politiche sul problema della tortura; ci proponiamo di costituire uno o più centri di accoglienza e di riabilitazione per le vittime della tortura, in uno spirito di solidarietà.

Come realizzate il vostro lavoro?

La cura delle vittime di tortura è affidata a medici, psicologi, odontoiatri, fisioterapisti; poi, collaboriamo in rete con gli operatori che prestano assistenza legale.

Questi interventi sono sufficienti per far guarire, come per incanto dalla tortura?

Diciamo subito che non esistono i maghi della tortura. Il successo è la conseguenza soprattutto del clima di accoglienza e di condivisione che si riesce a creare intorno alla vittima. È questo clima che permette al soggetto di perdere il "sospiro della vittima". Il nostro dovere anche terapeutico è dare voce al silenzio e, se necessario, trovare anche le parole.

Perché insisti su questo problema della lingua?

Perché la tortura è una forma di violenza che è tanto più devastante, quanto più è incomunicabile; questa è la caratteristica che la rende assolutamente non confrontabile con alcuna esperienza traumatica. La persecuzione e la tortura vanno riconosciute come una specifica patologia "antropogena" .

Andrea Taviani è il curatore di Guarire dalla tortura. Chi sono le vittime della tortura?

Provengono dai paesi di diversi continenti, si confondono nella moltitudine degli immigrati, ma la loro diversità li rende ancor più vulnerabili. Sono vittime non della necessità economica, ma di una situazione ancor più brutale: sono rifugiati, perseguitati, scacciati da casa da una violenza che ha aggredito il loro corpo, e minaccia di intaccare il nocciolo della loro identità. Sono persone che si trovano in mezzo a noi e che, forse, incontriamo ogni giorno: l’uomo che pulisce i vetri dell’auto, che vende il giornale e i fazzolettini di carta, la collaboratrice domestica, o anche professionisti che ricoprono posti di responsabilità.

Le vittime della tortura sono persone sradicate, ma il loro sradicamento, prima di essere geografico e sociale, è intimo, spesso muto e segreto. Quasi sempre, perciò, la precondizione terapeutica consiste nel farlo affiorare non tanto alla coscienza (lo sradicamento è sempre ben cosciente), quanto al piano della comunicazione e della descrizione.

Il fenomeno della tortura è molto diffuso?

Quando la Sezione Italiana di AI incominciò a segnalarci alcuni casi, pensammo che il fenomeno fosse limitato a poche decine di persone presenti nel nostro paese e, per di più, nascoste, impossibilitate a farsi riconoscere come vittime della tortura. L’ottimismo di noi figli del benessere ci rende miopi. Poi, abbiamo incominciato a contattare altre associazioni e abbiamo scoperto che la tortura è una delle regole del nostro mondo.

Il vostro lavoro con le vittime della tortura è semplice, in Italia?

Niente affatto. I nostri assistiti sono spesso "irregolari" sottoposti anche alla violenza burocratica. Quando qualcuna di queste vittime della tortura viene convocata dalle autorità per essere ascoltata, il suo dolore è tale da impedirle di esprimere il dramma che ha vissuto. E così non parla. Talmente forti sono le sue ragioni, che il silenzio ne diventa l’unica espressione possibile. E così non viene riconosciuto come rifugiato. E il nostro intervento diventa, quindi, sempre più complesso.

Come avete costruito l’iter del vostro intervento sulle vittime della tortura?

Il nostro lavoro si è basato sull’esperienza. Guarire dalla tortura è un libro di testimonianze, vi si ascoltano più voci. Vi sono anche panorami, visioni, teorie generali, ma il loro punto di partenza o il loro sbocco è sempre un’immagine, una testimonianza, un’esperienza vissuta in prima persona. Gli autori raccontano i problemi con i quali si sono confrontati nel tentativo di guarire dalla tortura le vittime. Non ci sono state guide, perché nessun trattato di medicina affronta questo tipo di patologia.

Al medico Ettore Zerbino chiediamo di chiarire la novità del lavoro con le vittime della tortura. Se diagnosticate e curate solamente, vi comportate, in fondo, come tutti gli altri medici...

Certamente no. È molto significativo che la cura delle vittime sia stata intrapresa da medici soci di AI. Noi abbiamo capito che ci sono vittime per cause molte diverse e tra le varie cause c’è la "violenza umana". Questa violenza è esercitata dallo stesso potere politico che sequestra e tortura e tiene segreta questa violenza che, perciò, è incontrollabile, invisibile, ma minaccia concretamente la libertà e la vita di tutti. La causa di queste vittime della tortura non è la fatalità, dunque, ma è un progetto perverso, è un’intenzione anonima violenta, tollerata all’interno di quei poteri pubblici, che dovrebbero esercitare solo in modo imparziale l’autorità della legge.

Gli Stati militarizzati, quindi, i potentati economici, i mercanti di armi sono responsabili delle violenze che vengono realizzate contro i gruppi, le minoranze, i singoli?

Non vi è dubbio alcuno su ciò. Il potere economico, militare, religioso o di atro tipo, quando diventa fazioso e vuole imporre e tutelare i propri interessi, "compra l’informazione" e persuade l’opinione pubblica che quella minoranza religiosa o quel gruppo etnico è composto da pericolosi nemici. In tal caso si può convincere i molti e spingerli a perseguitare coloro i quali sono segnati a dito, sono diventati un bersaglio della violenza collettiva…

Nel mondo moderno il meccanismo collettivo del far vittime è purtroppo vivo e virulento. Può risvegliarsi come razzismo ideologico (come il "nazismo revisionista" che serpeggia in Europa), ma può venire dissotterrato come arma segreta dai poteri militari che torturano in Turchia e in tutto il Medio Oriente, in Tunisia, in Sudan e altrove. Con lo stesso metodo che si è usato, e si continua ad usare, nelle repressioni contro la società civile in America Latina.

L’esperienza del lavoro con AI è servita per assumere una visuale e un comportamento diverso e nuovo nei confronti del dolore e della vita in comunità?

Ci ha persuasi che fare diagnosi, curare e fare appello alla coscienza civile sono aspetti di un’unica pratica: un’opera a cui non può mancare né scienza, né impegno morale, da parte di chi è convinto che la scienza e l’etica, in definitiva, trovano la loro coerenza solo se confluiscono in un’unica ricerca.

Guarire dalla tortura, presentato da Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di AI e chiuso dalle conclusioni di Ettore Masina, già presidente del Comitato per i diritti umani della Camera dei Deputati, è ricco di testimonianze e relazioni mediche illuminanti per la mente e la coscienza. La descrizione delle tecniche della tortura, con i suoi metodi, i suoi generi e i suoi diversi modi diventa importante per capire fino a che punto di crudeltà può arrivare "l’uomo, questo sconosciuto".

Come sostengono gli autori, la tipologia delle violenze dimostra che la tortura viene inflitta per annientare la persona e che i regimi colpiscono anche a caso, per generare un diffuso senso di insicurezza, se non di vero e proprio terrore. E tutta questa galleria degli orrori non appartiene solo al passato remoto ma è uno strumentario che viene usato "tranquillamente" oggi.

Grande merito degli autori è l'aver non solo aiutato le vittime ad uscire dall'abisso della sofferenza, ma anche di avere svelato, con queste pagine snelle e scorrevoli, l'esistenza di questa umanità sommersa, muta, anonima che scrive un'altra storia. La storia non dei vincitori, non dei documenti scritti, ma delle vittime. È la storia, ad esempio, di Gina Gatti, arrestata e torturata dalla polizia politica del dittatore cileno Augusto Pinochet. Le vittime, quando acquistano la voce, diventano testimoni "esperti in grado di smascherare i carnefici ed i meccanismi nazionali e sopranazionali che fanno della tortura un orrore clandestino quotidiano".

La storia che ci appassiona è quella fatta, appunto, dagli "scarti", dagli indifesi, dai generosi, dagli uomini comuni.


CIMITERO NUCLEARE IN BASILICATA - PAESE IN RIVOLTA E BLOCCHI STRADALI - 14 novembre 2003

LIBRO DA LEGGERE :

Il triangolo nucleare. India, Pakistan, Afghanistan. Geopolitica di una regione

DI ALUNNI FAUSTO

editore - DERIVI E APPRODI.

Da cosa ha preso avvio l'"escalation" nucleare tra India e Pakistan che periodicamente riemerge tra le preoccupazioni di politica internazionale? Quali sono le ragioni storiche, economiche, politiche e geografiche di un conflitto che ha per contesa una regione dal nome Kashmir? Quali sono state le tappe politiche che hanno portato all'attuale situazione di precario equilibrio? Fausto Alunni risponde a questi interrogativi. E lo fa ripercorrendo i momenti salienti della storia del secolo scorso che hanno toccato quella regione. Un viaggio attraverso le risorse economiche, i confini geografici, gli orizzonti culturali che delimitano il passato e il presente di questi tre paesi.