Professor
Vezio Ruggieri Questincontro é un momento della
nostra didattica abituale che si occupa di diversi temi,
tutti quanti aventi la radice nella psicofisiologia, in
quel modello, cioè, che unisce, nellumano, la
parte cosiddetta mentale con quella fisica. In quanto
studiosi della psicofisiologia, ci occupiamo di emozioni,
di espressività, di arteterapia, di riabilitazione
motoria, etc. La concezione delluomo, che unifica la mente e il corpo, diventa incomprensibile e astratta se viene decontestualizzata dal mondo sociale in cui si vive. Una parte fondamentale delluomo è nelle relazioni interpersonali che costituiscono un nutrimento fondamentale. Le ragioni dello sviluppo delluomo non possono essere cercate nella sola biologia, ma nellunità psicobiologica in cui si sintonizzano tutte le esperienze sociali, da quelle micro-familiari, a quelle macro sociali, dellorganizzazione del lavoro. Soltanto una Università sciocca e funzionale ad una estrema parcellizzazione della conoscenza ed al controllo sociale può pensare che chi si occupa di psicologia del lavoro si occupi di unaltra psicologia, che chi si occupa di biologia si occupi di un altro essere umano. Si tratta di una psicologia che non é in grado di comprendere, per esempio, che la disoccupazione lavorativa incide sullindividuo tanto quanto una particolare relazione familiare patogena. Questo incontro é nato da riflessioni
sulla libertà di espressione, libertà di informazione,
libertà di stampa. In questo ambito, abbiamo pensato di
fare un lavoro sistematico su alcuni aspetti della
comunicazione, cercando di mettere a fuoco possibili
modalità manipolative. Per quanto riguarda la nostra
didattica, affrontare questo tema, é di grande interesse
per educare i giovani a sviluppare un sano e costruttivo
senso critico, premessa fondamentale per ogni reale
libertà di opinione. Ciò é assolutamente essenziale
nella formazione di futuri psicologi, quali sono i nostri
allievi. Lanalisi psicofisiologica dei
processi può fornire un contributo specifico in quanto
non si sofferma soltanto ad esaminare le diverse forme di
stimolazione suggestivo-manipolativa, ma entra in merito
di sistemi di comunicazione. Consideriamo dunque i due poli della
comunicazione. Ad un polo si pone il
comunicatore e dallaltro i soggetti che
leggono e decodificano il messaggio. Il primo
dei due poli (quello di chi invia il messaggio) é
oggetto di ampie analisi critiche su cui non ci
soffermeremo, basta, per esempio, ricordare
limportanza della selezione di notizie, delle
informazioni allusive e tendenziose o il semplice
silenzio su informazioni che sarebbe invece di grande
importanza. Incidentalmente ricordiamo che tra le tante
possibili, una tecnica molto usata é quella di
spostare lattenzione da temi di
concreta rilevanza per lutente a temi fortemente
emotigeni. Questi ultimi, introducono elementi di
confusione nel processo di decodificazione, questa
tecnica rivolta a guidare lattenzione del pubblico
é molto usata, per esempio, dagli illusionisti che
portano il soggetto a guardare altrove (su questo
argomento si é sviluppata anche una letteratura
scientifica). In questo capitolo collochiamo il
fenomeno del terrorismo e delluso che i media ne
fanno, limpatto emotivo che levento provoca
serve a distrarre da un dibattito politico-sociale
concreto, si sposta lasse della discussione.
Linquietudine emozionale provocata dallevento
sollecita, piuttosto che il senso critico, una difesa
automatica da un immaginario di possibile disgregazione e
distruttività. Leffetto ottenuto é quello di
allontanare il lettore proprio da una serena analisi
critica degli avvenimenti. Con questa riflessione entriamo, senza
accorgercene, nellaltro polo, quello dei processi
di decodificazione. Queste note sono naturalmente
soltanto introduttive. Diciamo che essi interessano, non
soltanto le funzioni cognitive e quelle emozionali, ma
ben più investono tutta la persona nel suo insieme. In
altri termini, un soggetto che riceve
uninformazione non compie soltanto una semplice ed
automatica operazione di raccolta e di immagazzinamento
dellinformazione, ma mette in atto, innanzitutto
sistemi di selezione e di filtro. Il passo successivo é quello del
confronto dellinformazione attuale con
un complesso strutturato di opinioni. In base
a questo confronto, linformazione é accettata o
respinta o finalmente rielaborata per essere collocata
adeguatamente nel contesto precostituito delle opinioni. A questo proposito ricordiamo che cé un autore di teatro da me molto amato, Bertold Brecht. Nei suoi scritti sul teatro (oltre ovviamente che nelle sue opere e realizzazioni teatrali) egli ha proposto un teatro che si rivolgesse più allintelligenza dello spettatore che alla sua emotività. La sua poetica partiva da una critica del teatro emozional-culinario proprio della cultura borghese che non arricchiva lo spettatore sul piano intellettuale e nelle sue capacità di analisi. Una esperienza puramente emozionale sarebbe, secondo questo autore, poco incisiva ai fini pedagogico-trasformativi; mentre una problematizzazione intellettuale avrebbe maggior peso in un progetto didascalico-formativo delluomo. Però, per quanto amato sia da me questo autore, ritengo che egli pecchi di ingenuità assegnando al tipo di teatro che intende stimolare soltanto il senso critico dello spettatore, un ruolo di trasformazione sociale che da solo non è assolutamente in grado di avere, sottovalutando peraltro il ruolo pedagogico dellesperienza emozionale. Il punto debole è che non basta sollecitare opinioni, ma è necessario capire che le opinioni sono legate tra loro da trame unificanti complesse, a loro volta fondate, poggiate, sullo stile abituale di gestione dei processi emozionali. La trama delle opinioni si costituisce a formare un complesso di convinzioni che a loro volta hanno una funzione organizzativa e stabilizzante della struttura di personalità. Il piano cognitivo dellopinione e
quello delle emozioni sono a loro volta componenti
strutturali dellIo e sono organizzate intorno ad un
meccanismo fisiologico noto come omeostasi. Con il termine omeostasi ci si riferisce
alla stabilità interna dellorganismo che
rappresenta una condizione indispensabile per la sua
sopravvivenza. La stabilità si riferisce tanto a
parametri fisiologici, per es. temperatura corporea,
pressione arteriosa, livello di zucchero nel sangue, che
a parametri psicologici, di natura emozionale e
cognitiva. Tutto ciò che mette in discussione la
stabilità interna sollecita, nei soggetti, una
controrisposta che tende a ristabilirla. Lo stesso
discorso è valido per stimoli cognitivi che possono
destabilizzare il complesso delle opinioni organizzate a
formare convinzioni, che costituisce una base sicura,
stabile della personalità. Il complesso delle convinzioni può
fondarsi sia su esatte informazioni realistiche
verificate e sperimentate che su credenze
accettate per buone e non sottoposte al vaglio della
critica. Comunque, quali che siano le singole componenti
del complesso, esso finisce con il costituire
un unico blocco
che è accettato dal soggetto integralmente e costituisce
il complesso delle convinzioni verso cui il soggetto
assume un atteggiamento interno di tipo fideistico.
Infatti il soggetto non può, perché sarebbe
psicologicamente antieconomico, mettere continuamente in
discussione nellinsieme delle sue opinioni anche
perché (e forse soprattutto) perché il complesso delle
convinzioni è divenuto una componente strutturale
dellIo e la sua messa in discussione
avrebbe un effetto antiomeostatico, metterebbe cioè in
crisi la struttura stessa. Inoltre, così come sul piano fisico è
necessario ai fini di una buona stabilità strutturale
avere una base dappoggio, tale base dappoggio
è necessaria anche per la relativa stabilità
intellettuale. Anticipiamo che per noi una buona base
dappoggio fisica è necessaria tanto per la
stabilità posturale che per quella intellettuale. Ma
ritornando al piano intellettuale, ricordiamo che le
singole opinioni perdono la loro indipendenza per formare
un nuovo contesto che è la base su cui il soggetto si
appoggia. Probabilmente solleveremmo molte irritate
obiezioni se dicessimo ad un austero ricercatore che lui
fonda le sue sicurezze psicologiche su un insieme di dati
cognitivi, che formano un complesso di pregiudizi,
intendendo il termine pregiudizio in senso etimologico di
pre-giudizio. Ma come si costruisce tale complesso? A questo proposito citiamo una condizione definita dagli psicologi dissonanza cognitiva. Tale dissonanza compare quando ci si trova dinanzi ad un conflitto cognitivo, dovuto alla presenza di due informazioni discordanti considerate ugualmente vere. Il conflitto che ne deriva genera uno stato (ovviamente di grado variabile) di ansia. Tale stato emozionale è talvolta fortemente destabilizzante e sollecita il soggetto verso una soluzione che annulli il conflitto. E difficile infatti che un soggetto sia in grado di reggere per un tempo lungo un conflitto di opinioni. La soluzione consiste, di solito, nel negare uno dei due elementi del conflitto. La soluzione ottimale sarebbe quella di riscrivere in un nuovo quadro, cercando una nuova coerenza, le due verità apparentemente contrapposti. Questo è quanto dovrebbe verificarsi nellambito della ricerca scientifica, sede di elaborazione di teorie, atte ad inquadrare fatti ed eventi. Sul piano individuale, per quanto concerne lesperienza quotidiana, questa operazione di riscrittura è molto più difficile. Ciò perché ogni informazione, che può
generare unopinione, presenta sempre due
caratteristiche: una denotativa, che riguarda la
componente microemozionale legata allinformazione
medesima; una connotativa, che dipende dal significato
che linformazione porta sia nel contesto cognitivo
che in quello psicologico-emozionale del contesto stesso.
Se, dunque, ogni informazione porta con sé delle
emozioni, le emozioni stesse influenzano notevolmente il
destino che linformazione ha allinterno del
soggetto. Il quesito, dunque, si sposta sulle
modalità con cui il soggetto gestisce le sue emozioni.
Se leghiamo questa tematica a quella della stabilità e
dellintegrità dellindividuo, ci rendiamo
conto che la trama delle credenze e delle convinzioni è
posta a protezione della stabilità medesima. Tale trama si costruisce in rapporto al
bisogno di integrità psicofisica e alla autostima.
Lautostima investe anche diverse aree psicologiche
e psicologiche-sociali, quali il sentimento di
emarginazione e linclusione/esclusione, fino a
legarsi in qualche modo a quei comportamenti
opportunistici che il soggetto ritiene di dover mettere
in atto per proteggere o migliorare la propria condizione
esistenziale. Quando parliamo di opportunismo non lo
intendiamo nel senso banalmente moralistico, perché
sappiamo che esso ha diverse forme ed implicazioni,
talvolta lopportunismo è alla base di
conflitti cognitivi. Lopportunista, spesso in modo inconsapevole, è convinto, in tutta onestà, che sia vera linformazione che per lui è più opportuna, superando in modo automatico la dissonanza cognitiva. Si comprende dunque come tutto il
discorso delle opinioni si sviluppi in rapporto alla
posizione esistenziale del soggetto. Con il termine
posizione esistenziale ci riferiamo a diversi livelli e
ambiti psicologico-sociali. Il soggetto si colloca
immaginativamente in una precisa posizione nel contesto
socio-antropologico in cui vive. Pertanto è di estremo interesse per la psicologia analizzare più approfonditamente cosa si intenda per posizione esistenziale e quali siano i meccanismi che la determinano. I nostri lavori scientifici a questo proposito sono partiti dal considerare la posizione esistenziale in modo concreto, analizzando da unottica psicofisiologia gli atteggiamenti corporei visuo-postural-spaziali che il soggetto assume abitualmente. In base alle nostre osservazioni, abbiamo potuto rilevare come alcuni atteggiamenti posturali non siano occasionali ma costantemente presenti; come essi siano parte integrante della personalità e costituiscano un suo tratto stabile. Gli atteggiamenti posturali, che possiamo ascrivere alle componenti espressive del soggetto, hanno contemporaneamente un ruolo rilevante nellorganizzazione del mantenimento dellequilibrio posturale concreto. Un certo sistema posturale prefissato contribuisce al mantenimento dellequilibrio del corpo nel flusso continuo dei movimenti e di micro e macro spostamenti spaziali. Tali schemi stabilizzanti interessano tutto lindividuo nel suo insieme e il modo con cui egli si pone nello spazio. Nel modo di porsi svolge un ruolo fondamentale anche la modalità con cui il soggetto inquadra visivamente lo spazio circostante. Questa operazione non riguarda soltanto gli occhi (o il distretto oculare), ma linsieme funzionale occhi-testa-collo-spalle-tronco .fino ai piedi. Gli occhi sono come una macchina fotografica su un cavalletto: la posizione della macchina sul cavalletto e la posizione stessa del cavalletto definisce come (scelta del punto di focalizzazione, ampiezza dello spazio percettivo, angolo di osservazione, etc.) losservatore organizza lesperienza dello spazio. Ora, ripetiamo, ogni individuo sembra
avere una particolare modalità di organizzazione dello
spazio in cui si muove. In altri termini ogni soggetto
tende ad avere uno schema visuo-postural-spaziale
stabile. Tale modalità è parte integrante
dellautorappresentazione che il soggetto ha di se
stesso ed è strettamente legata ai grandi temi della
stabilità omeostatica, intesa nel senso psicofisico del
termine. In questa cornice psicofisiologia concreta, si
pongono anche i temi di carattere cognitivo, per esempio,
il meccanismo psicofisico che è alla base della
formazione del punto di vista intellettuale
generato da esperienze culturali (cognitive, emozionali)
individuali poggia, sostanzialmente, sullapparato
visuo-postural-spaziale, cioè sul modo con cui lo
sguardo con il capo, il collo osserva concretamente il
mondo. Il punto di vista non è più soltanto una
metafora, ma un modo concreto di guardare da un certo
angolo visuale; tale modo, ripetiamo, è parte portante
dei meccanismi che organizzano la stabilità dei soggetti
nello spazio. Pertanto così entriamo, in modo più
approfondito, nella dinamica esistenziale che si
riferisce al rapporto stabilità-flessibilità. Un certo tipo di stabilità garantisce
una certa libertà di movimento, cioè una certa
flessibilità, mentre movimenti in coordinati (per
esempio improvvisi ed imprevisti) possono mettere in
crisi la stabilità. Questa analisi parte da una
modellistica che considera in modo unitario i rapporti
mente-corpo, esaminando i legami psicofisiologici che
legano i diversi livelli e funzioni che sono presenti
nella struttura dellIo (per esempio, livelli
vegetativi quale digestione, attività cardiaca, livelli
emozionali etc.). La disciplina che insegno si chiama
psicofisiologia clinica. Se dunque ritorniamo al punto di
vista, inteso nella sua concretezza, ci rendiamo
conto di come esso possa essere spesso rigido e fisso e
contribuire in modo determinante a stabilizzare il
complesso delle credenze su cui ogni soggetto poggia le
sue sicurezze. Diciamo, inoltre, che da nostre osservazioni cliniche e sperimentali emerge chiaramente che lo spostamento del punto di vista che è unoperazione intellettuale, comporta anche uno spostamento reale dellangolo di osservazione, cioè un sia pur lieve spostamento-rotazione del complesso occhi-testa-collo etc. (telecamera + cavalletto). Tale microspostamento, di cui il soggetto non si avvede, è sempre presente, ma, pur essendo spesso di minime proporzioni, può alterare lequilibrio e la stabilità posturale in soggetti particolarmente rigidi. Anche qui la rigidità è sia mentale che fisica (basterà che qualcuno si soffermi ad osservarla per cogliere levidenza di tale relazione). Da nostri rilievi emerge che tale micro spostamento del punto di vista pur in assenza di impedimenti di natura fisiologica è di difficile esecuzione. In altri termini il soggetto con un altro punto di vista ha difficoltà a cambiare angolo di osservazione ad operare una micro-torsione testa-occhio-spalla. Queste riflessioni sono importanti per introdurci ai meccanismi profondi che modulano i comportamenti intellettuali. Ma lacquisizione di tali conoscenze ha una profonda finalità pedagogica. Nella nostra concezione dellindividuo occupa un posto centrale il sentimento del diritto di esistere. Esso non è solo un principio teorico
né si riferisce soltanto ad autorappresentazioni
mentali. Il diritto di esistere si realizza nel concreto
della propria corporeità che si colloca in un
altrettanto spazio concreto. Il nucleo fondamentale è in
questa concretezza psicofisica che è la base di tutti
gli sviluppi successivi (insostituibili) di natura
sociale. La pedagogia ed eventualmente i percorsi
psicologici riabilitativi interessano direttamente i
nuclei psicotici della personalità. La finalità
pedagogica mira a costruire un intreccio armonico di
stabilità e flessibilità. Questa condizione nucleare è
lelemento portante di una pedagogia che forma
uomini realmente liberi (senza sottovalutare la libertà
dal bisogno e dalle necessità economiche). La libertà di opinione ha le sue radici
nel diritto di esistere nel mondo a pieno titolo. Tale
sentimento è psicofisico. Non cè libertà reale
che possa scavalcare questo sentimento, infatti non
cè libertà inseguendo opinioni e
sforzandosi nelladattamento al contesto
ambientale. Essa deve poggiare sul sentimento del proprio
diritto di esistere. Il complesso dei processi
intellettuali sono strettamente legati a questi
meccanismi profondi. Le singole opinioni attuali si
confortano ogni volta con tutta la struttura nel suo
complesso che le accetta o le rifiuta. Il diritto
concreto di esistere nasce e si sviluppa in una cultura
che accetta profondamente laltro di per sé con la
sua individualità e non in rapporto al suo conformistico
adattamento al contesto socio-culturale. La stabilità
generata dal diritto di esistere si fonda sulla piena
accettazione di sé e viceversa. |