Libertà
dellinformazione e dispositivi di liberazione Considerando che il problema della libertà dellinformazione è oggetto di dibattiti e diatribe , ritengo che siano necessarie alcune osservazioni . Innanzitutto , a mio avviso , la libertà dellinformazione è intrinsecamente connessa al carattere pluralistico della democrazia sociale , alletica pubblica , allesercizio della libertà , alla giustizia distributiva . Daltra parte, a rigore di logica , in una società caratterizzata dal controllo sociale tout court e dal bombardamento quotidiano della verità sarebbe alquanto bizzarro se proprio nel campo dellinformazione si affermasse la libertà . Ciò detto ritengo che sia doveroso un riferimento al nostro paese , ormai dominato da uninquietante mediocrazia autoritaria . Ma , non volendo cedere alle seduzioni di una dilagante semplificazione demagogica , conviene mettere in luce che , se la banda mafiosa del Cavaliere sta sferrando un colpo mortale ad una democrazia , peraltro incompiuta e bloccata , è altresì vero che nel paese di Pinocchio la presunta normalità ha sempre assunto caratteristiche peculiari . Difatti , lappiattimento sui moduli padronali , lipocrisia declinata in tutte le sfumature , uninformazione etero-diretta , deviata e deviante, hanno sempre occultato scottanti verità e inficiato il pensiero analitico e disobbediente. Ne consegue che enfatizzare il passato prescindendo da un ethos critico , significa evadere dalla prassi del vero e rimanere assoggettati ad un eterno stato di minorità colpevole . Pertanto , negando le infondate nostalgie e demistificando il funzionale moralismo del centro-sinistra , è oppottuno sottolineare che il presunto Eden è stato attraversato da un cinquantennio di regime Dc , dalle stragi di Stato , dal progetto piduista, dal compromesso e dai compromessi storici , dal consociativismo , dalla nefasta età craxiana , da tangentopoli . In realtà , facendo un excursus storico , si rileva che nella provinciale e godereccia Italietta ha sempre imperato la cultura del conformismo e dellacquiescenza , tantè che intellettuali , giornalisti , scrittori , letterati , salvo rare eccezioni , hanno sempre assunto il ruolo di corifei , di custodi del sistema , di buffoni di corte . E evidente , dunque , che " letica del Sì " , una morale da gregge , leterna vocazione compromissoria , hanno generato la fenomenologia dellopportunismo . Non senza ragione già Leopardi aveva evidenziato lirridente , irresponsabile cinismo delle classi dirigenti italiane e unassenza di spirito civico che non aveva eguali presso altri popoli . Preso atto , dunque , che esiste una continuità storica e culturale , analizzando la situazione attuale , si può affermare che è il risultato di una commistione di cause esogene ed endogene . Difatti , lultraliberismo , la logica assiomatica della globalizzazione economica , il declino dello Stato-nazione , hanno inciso profondamente nel determinare il trionfo della lex mercatoria e della politica spettacolo . Inoltre , il nuovismo , la svolta maggioritaria , le abiure , le pratiche politiche della concertazione e bipartisan della sinistra virtuale , hanno via via consentito lascesa del Cavaliere . A questo punto , cercando di decostruire i dilemmi del pluralismo e ricorrendo alla verità effettuale , per quanto concerne la Rai si impongono alcune precisazioni . Pur registrando , infatti , lintollerabile faziosità di regime e pur manifestando profonda indignazione per le epurazioni operate dalla Rai berlusconiana , è lecito rilevare che i divieti di accesso , le censure , le espulsioni , non sono un fatto inedito , Dario Fo e Beppe Grillo docent . Valicando tutte le forme di demagogia , occorre prendere atto che la Rai non ha mai garantito né uninformazione libera né lesercizio di un pensiero critico , per via delle selvagge lottizzazioni generate da una partitocrazia corrotta e corruttibile . Indubbiamente il discorso meriterebbe un analisi più esauriente , ma preferendo alla polemica la problematizzazione ed auspicando unontologia della liberazione, vorrei focalizzare lattenzione sul ruolo ambivalente dei mezzi di comunicazione di massa . I mass-media , infatti , da un lato hanno una valenza positiva , perché informano e favoriscono un processo di scambio tra le varie culture ; dallaltro diventano strumenti di controllo sociale da parte dei poteri dominanti . In realtà , luso strumentale , i messaggi preconfezionati , lindustria culturale , il potere dellortodossia dominante , determinano limperialismo dellinformazione . Lucidamente Pierre Bourdieu sosteneva che la televisione produce uninformazione omnibus , destoricizzata , destoricizzante e acritica . Basti pensare alle trasmissioni di attualità , tutte amalgamate in una successione di storie diverse e , nel contempo simili , svuotate di ogni valenza politica e critica . Da qui una melassa in cui tragedie , guerre , soprusi politici e sociali si mimetizzano , inficiando così ogni approccio analitico . Ne consegue che la verità dellusurpazione viene occultata e i codici fuori linea stigmatizzati . Non senza ragione il barbuto di Treviri affermava che le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti . Daltro canto , i poteri dominanti dispongono dei mezzi di produzione e di distribuzione intellettuale , di redazioni di giornali, di case editrici , di consigli di amministrazione e direzione delle compagnie radio-televisive . Ma , per valicare linsensatezza dilagante e per avviare un processo di autentica redenzione, conviene sottolineare che la libertà , intesa nellaccezione del pensiero materialista , non si è mai realizzata . Difatti , ripercorrendo liter della storia della libertà , si evince che questultima non ha mai avuto diritto di cittadinanza , tantè che i rivoltosi , i disobbedienti , gli eretici di tutti i tempi sono stati stigmatizzati , pre-giudicati e hanno pagato uno scotto più o meno pesante al potere , basti pensare a Socrate , a Bruno , a Galilei , a S. Francesco , a Pasolini , a Che Guevara , ecc . Ciò significa che invocare le leggi , sic et simpliciter , come panacea di tutti i mali , risulta riduttivo , perché si sottovaluta lorigine della norma . Per rifondare una ontologia della liberazione occorre , invece , risalire là dove la crisi si è originata , ovvero al passaggio dal Caos primigenio alla legge . A questo proposito Derrida evidenzia il carattere aporetico della forma giuridica , la cui origine è violenta . Purtroppo , gli pseudorivoluzionari di professione continuano a blaterare sul problema della libertà , avvalendosi di slogan , di espressioni ad effetto , per catturare ancora una volta le coscienze e per profanare il pensiero materialista . Ciò detto , ritornando al problema dellinformazione , ossia alla " Fabbrica del consenso", si rileva che questultima è il risultato di tre poteri : economico , politico , ideologico . Stando così le cose , i mass-media assolvono la funzione di narcotici sociali e di controllo sullimmaginario collettivo . Daltra parte , la lex mercatoria del capitalismo cognitivo si esplicita attraverso i grandi poteri finanziari e industriali , che producono bisogni , relazioni sociali , cervelli . In altri termini , la sussunzione della società al capitale avviene anche perché le teorie della pubblicità e del consumo sono integrate alla produzione . E evidente , dunque , che la decostruzione critica del Male planetario richiede unanalisi sulle dinamiche dei processi , sicché , come voleva Gilles Deleuze , " occorre disfare il linguaggio in quanto presa del potere , farlo balbettare nelle onde sonore , scomporre quel complesso di idee che si ritengono " giuste " per estrarre il " giusto " delle idee ". Da qui la necessità di penetrare nella cartografia del potere , per prendere coscienza che la governance imperiale organizza , struttura , controlla la globalizzazione economica attraverso reti comunicative , il linguaggio , il marketing , il management . Inoltre , come ha ossevato Marco Bascetta , con la centralità dellimpresa , si supera lo schema dellobbedienza e dellanalogia e si approda ad uno schema che diffonde lidentificazione . Si passa , quindi , " dalla rigidità della produzione materiale alla flessibilità di quella immateriale e ad unestensione illimitata delle capacità umane " . Il capitalismo cognitivo , dunque , pur avvalendosi di processi innovativo-creativi , incanala anchessi in attività stereotipate , che colonizzano la mente e producono laccumulazone della conoscenza . In questo contesto , parlare di libertà dellinformazione e di democrazia , risulta riduttivo e fuorviante , dal momento che poteri economici , poteri politici e industria culturale convergono , sicché gli avvenimenti politici , le notizie e i tipi di comportamento politico divengono merce . Ciò è anche suffragato dal fatto che la pubblicità elettorale usa le stesse tecniche della pubblicità commerciale . In realtà , la democrazia è solo un vuoto meccanismo , un rituale , perché la sua dimensione ontologica è stata sconfitta dai diversi poteri di dominazione . Inoltre , per demistificare il facilismo pressappochistico e demagogico dei professionisti della politica, conviene sottolineare che anche allinterno della sinistra si registra un corporativismo culturale , che altera il concetto stesso di democrazia . Difatti , la "sinistra" ha i suoi autori , i suoi giornali , le sue nicchie , e , cosa importante , se non si è perfettamente in sintonia con alcune chiavi di lettura , scatta lendemica intolleranza di un nefasto dogmatismo . Fatte queste doverose osservazioni e cercando di decostruire criticamente la logica assiomatica del capitalismo cognitivo , si pongono alcuni quesiti : perché , dal momento che la sussunzione è intrinseca al globalismo , la corte suprema globale ha bisogno del regime poliziesco ? Perché le tecnologie del potere necessitano del paradigma sicuritario per esercitare il controllo sociale ? Dipanare il bandolo della matassa non è unimpresa semplice , ma , demistificando la sociologia delle menzogne istituite si possono offrire alcune coordinate , senza pretendere di affermare una verità assoluta e incontrovertibile . Dopo la caduta del Muro e dopo il compromesso keynesiano , lultraliberismo ha via via devastato i sistemi di protezione sociale , imponendo lo sfruttamento come norma , diffondendo la miseria e creando un mondo darwiniano . Ma , la globalizzazione economica, le società reticolari , i flussi migratori , hanno determinato anche la resistenza globale dei movimenti . Sicché, soprattutto , dopo l11 settembre , la strategia della tensione, il terrorismo ufficiale , la logica cospirazionista , lo stereotipo del nemico globale , hanno incrementato ed affinato le strategie del controllo poliziesco . Ciò significa che lo stato di guerra permanente ha una valenza repressiva e ordinativa , infatti , il governo del terrore persegue lobiettivo di annientare le classi pericolose , i migranti , i disobbedienti . Questo quadro a tinte fosche mostra che il problema della libertà dellinformazione va contestualizzato , anche perché latomizzazione dei problemi non solo inficia un approccio critico , ma diventa funzionale ai giochi acrobatici della sinistra neoliberista . Pertanto, pur constatando che Berlusconi è uno dei personaggi più inquietanti del contesto globale , giova evidenziare che è parte integrante della rete oligopolistica , dominata dai sistemi di produzione e diffusione delle informazioni . In altri termini , la nuova infrastruttura della comunicazione è costituita da imprese del settore ," che stanno espandendo le loro operazioni e stanno rivaleggiando per spartirsi il controllo sui nuovi continenti delle reti produttive " . Inoltre , è opportuno sottolineare che le esibizioni nella società dello spettacolo non riguardano solo il Cavaliere , ma tutti i professionisti della politica . I politici teatranti , infatti , recitano un copione , si comportano come star , sicché il discorso politico si trasforma in una nauseante tecnica di vendita . E evidente che la giungla del capitale denota la condizione di non-libertà , e ciò comporta che tutte le opzioni democratiche si traducano in cerimonie formali inscenate e deliberatamente pianificate dalla fabbrica del consenso . Daltra parte , ciò non può destare stupore , perché anche le dittature più brutali costruiscono il consenso sociale , tantè che i capi nazisti giustificarono la barbarie alzando sui campi di sterminio la scritta " il lavoro rende liberi " . Le osservazioni fatte perseguono lobiettivo di rimarcare che dappertutto , con maggiore o minore intensità , il pubblico è stato svuotato dei suoi diversi contenuti e di ogni valenza democratica . Non senza ragione Margareth Thatcher , uno dei simboli del neoliberismo, affermò : " Non esiste una cosa come la società ". Ne consegue che per ovviare alla prassi collettiva della mercificazione , occorre valicare le strumentali macchinazioni dei buffoni di corte , sia nella versione riformista , sia nella versione pseudorivoluzionaria . Ma , fuori dai cori e deprecando il gioco delle parti di un funzionale moralismo politico, vorrei scorgere gli autentici dispositivi di liberazione . Da qui la necessità di analizzare le motivazioni che hanno generato le mobilitazioni dei movimenti globali . Ancora una volta il barbuto di Treviri mostra di possedere capacità predittive . Marx , infatti, nei "Grundrisse " , e specificatamente nel " Frammento delle macchine " , parla del "General intellect " , ossia del sapere sociale generale , inteso come forza produttiva immediata . A questo proposito Paolo Virno osserva che , mentre per Marx lintelletto generale è concepito come capacità scientifica oggettivata , oggi il general intellect si presenta come attributo del lavoro vivo . Ciò è da attribuire allinformatizzazione della produzione, che avvalendosi di operazioni lavorative eseguite dallintellettualità di massa , incrementa lagire comunicativo . Da qui il comunismo del capitale , che rende inattuale il concetto di popolo ed attuale quello di moltitudine . Questultima ha indubbiamente grandi potenzialità , ma per sortire effetti positivi dovrebbe avversare con maggior forza la privatizzazione del sapere , per produrre soggettività , per promuovere levento creativo e per rendere il sapere un bene pubblico . Per perseguire questi ambiziosi obiettivi sarebbe proficuo ricorrere ai giuochi linguistici di wittgensteiniana memoria , che notoriamente, pur apparendo anormali e paradossali , spingono a configurare un altro mondo possibile. Non senza ragione Wittgenstein sosteneva che non esiste un unico linguaggio che sia limmagine logica della realtà , ma esistono molti linguaggi simili a giochi retti da regole proprie, ognuno dei quali appartiene ad una certa forma di vita . Ma , al di là di queste considerazioni , il dato emergente è che i dispositivi di liberazione non risiedono nel potere costituito , e neppure nelle forme di dissenso giustizialista , legalista , moralista , ma nella potenza costituente della moltitudine . Per entrare nei dettagli e per focalizzare i segnali della liberazione , non si può prescindere dal male cosmico della povertà . A questo proposito Toni Negri sostiene che " il fare comune della moltitudine dei poveri introduce alla dismisura delleterno , ed imprime la figura del comune " . In questottica , dunque , il materialismo si incarna nella massa degli oppressi , dei reietti , sicché S. Francesco diviene lemblema del processo di liberazione . La povertà , così concepita , è fonte di ricchezza per la resistenza biopolitica e , al tempo stesso , costituisce una potenza produttrice di soggettività contro la misura , il potere , le gerarchie . La ribellione al comando si radica quindi nel dolore , nella sofferenza , nei corpi straziati dai soprusi . Ne consegue che lesperienza etica della sofferenza diviene un prezioso dispositivo di liberazione per annientare lordine imperiale . Per comprendere appieno il significato profondo delletica della sofferenza , è illuminante il libro di Toni Negri " Il lavoro di Giobbe " . Lautore , assumendo il lavoro di Giobbe, come parabola del lavoro umano , mostra che la ribellione al comando è intrinsecamente connessa allontologia rivoluzionaria . Difatti , quando la potenza si oppone al potere , essa diventa divina , perché la prospettiva è cosmica e non regolata dalla dialettica , sicché la sfida di Giobbe diviene atto costitutivo . Il problema del libro di Giobbe è , dunque , quello della modernità , dellalternativa fra la totalizzazione del dominio e la liberazione di una nuova soggettività . Lesigenza della sovversione dello status quo e il conatus rivoluzionario impongono un esplicito riferimento ai movimenti post-moderni e alla loro natura . Innanzitutto , conviene sottolineare che " essi non sono solo una reazione negativa ad un ordine o a un tempo , contraccolpi oppure conseguenze di un corso irreversibile della storia " . Difatti , " le particelle avverbiali , no-global , post-fordisti , sans - papiers , hanno anchesse un corpo e una storia . I sans-papiers sono emersi come apice dei movimenti internazionali di migrazione ; i lavoratori post-fordisti sono apparsi quando la centralità della fabbrica è andata in crisi e la produzione si è socializzata ; i no-global si sono mossi quando il nuovo ordine mondiale neoliberale ha cominciato a fare dellordine globale una guerra permanente contro il lavoro "( Posse) . Se la moltitudine post-moderna apre grandi prospettive di liberazione , è altresì vero che cedere eccessivamente allottimismo della volontà , prescindendo da unanalisi critica sarebbe fuorviante . Difatti , vuoi perché la dismisura è stata sempre fagocitata dalla misura , vuoi perché le spinte rivoluzionarie sono state assorbite dal riformismo e vuoi perché nel movimento si registrano ambiguità e contraddizioni , è bene focalizzare lattenzione sulle tendenze degenerative . Ciò detto , giova evidenziare che , per via della legittimazione della guerra e per via della strategia della tensione , i livelli di scontro stanno diventando sempre più duri . La governance imperiale , infatti , non potendo fidare nella forza della persuasione , ricorre al potere poliziesco e al terrorismo politico . Daltra parte , il globalismo liberista è in una fase di transizione per via della crisi della new economy e dei mercati borsistici , per la guerra della "Old Economy " alla "New Economy " , per la sovrapproduzione di tutti i settori , per lesplosione della bolla finanziaria , sicché per stabilire lordine e per neutralizzare il dissenso , deve necessariamente esercitare la forza . Pur constatando che la governance imperiale , ossia il capitalismo armato , sta propagando il terrore , i movimenti dovrebbero continuare a percorrere liter della liberazione avvalendosi della disobbedienza civile e sociale . La prassi dellesodo costituente non è priva di insidie , tantè che allinterno dei forum si registrano ambiguità , contraddizioni , rischi di involuzione democratica , derive sul tema del sovranismo nazionale , eccessive aperture ai partiti , retaggi ideologici obsoleti . Vero è che i social forum sono caratterizzati da posizioni ambivalenti , da un metissage di stili e di culture, da pratiche politiche differenti . Ciò costituisce una preziosa premessa democratica e un dispositivo di liberazione di altissima valenza , ma , nel contempo , contiene anche la possibilità di derive e di involuzioni . Inoltre , conviene sottolineare che esistono realtà diverse , sicché si dovrebbe operare un distinguo tra le pratiche adottate nei diversi paesi , basti pensare allArgentina , al Chiapas . In altre parole , le spinte autenticamente rivoluzionarie nascono e diventano conatus di liberazione , soprattutto perché è la povertà che coagula le forze e incrementa il collettivo . In Italia , per via di un iter storico costellato da ambiguità , perversioni , ipocrisie , il salto rivoluzionario si infrange nellendemico spirito compromissorio . Basti pensare alle posizioni trasversali per la liberazione di Adriano Sofri . Il problema non è quello di essere giustizialisti o garantisti , né di essere colpevolisti o innocentisti, perché un paese democratico avrebbe dovuto demistificare le colossali imposture per far trionfare la verità su un periodo storico in cui le menzogne istituite hanno toccato i vertici dellintollerabile . Inoltre , al di là delle sterili polemiche sul pensiero debole , è bene evidenziare che occorre rivisitare gli anni 70 per far luce sui momenti cruciali di una legittima resistenza contro uno Stato criminale. Ma , rilevando che vige sovrana la confusione e che litalica furberia emerge con inquietante puntualità , è opportuno citare lilluminante affermazione del filosofo americano George De Santillana , che sostiene : " Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo ". Senza indulgere al catastrofismo , ma paventando le ripetizioni di un copione già visto , conviene sottolineare che si registrano allinterno di alcuni forum aberranti commistioni con il potere istituito. Torcendo il collo allottimismo e alla sua ilare ragione , posso affermare , sulla base di unesperienza diretta , che i " topi viscidi", di sartriana memoria , ossia gli ex " stalinisti " , travestiti da no-global o da "comunisti " di ritorno , avvalendosi delle consolidate armi della diffamazione , della delazione , della scomunica , hanno determinato lisolamento di compagni che denunciavano losceno gioco delle parti . Ciò significa che i presunti no-global , per interessi personali , come per esempio la pubblicazione di un libro , laccesso alluniversità , oppure per via di un morboso narcisismo, ecc , hanno svuotato i forum della loro essenza . Da qui la deriva della teleologia del comune, che sinfrange nello squallore di uno srumentale fattalismo . Pertanto , sulla scorta delle osservazioni fatte e senza acredine , ma adottando un onesto approccio critico e auspicando un ontologia della liberazione tout court vorrei fare alcune considerazioni . Indubbiamente la manifestazione di Firenze è stata esaltante , ma spinge anche ad affermare che la militanza delle singolarità necessita di una svolta decisiva . Non senza ragione Francesco Raparelli osserva che " i forum hanno cominciato ad essere vittime di agende ipertrofiche (commissioni , gruppi tematici , scadenze di piazza ) perdendo la capacità di produzione e legandosi ad un inseguimento generalista dell"appuntamento" dellopposizione sociale ". Da qui la necessità di prendere coscienza che lobiettivo non è quello di frenare la deregulation , ma è , invece , quello di intervenire prima che i giochi neoliberisti siano già fatti . Si impone , dunque , lesigenza di abbandonare la logica dimostrativa per costituire una forza progettuale politica , valicando in modo perentorio le dinamiche dei partiti . In altri termini , " il compito non è denunciare lintollerabile , ma renderlo inoperante "( Franco Bifo Berardi ) . E evidente quindi che la militanza globale deve produrre eventi , pratiche radicali di conflitto , forme di disobbedienza e di diserzione , allinsegna della dismisura e di una dislocazione nuova , in vista di una società globale post-capitalista . A questo proposito Anton Monti sostiene che la pratica assunta dai movimenti dovrebbe essere quella del cavalcare e forzare la tendenza e non dellessere fagocitati nelle spire della controtendenza come accadde allinizio degli anni 80 , quando lemergere del movimento per la pace seppellì sotto di sé la possibilità di creare un movimento in grado di anticipare la svolta neoliberista . Purtroppo i segnali non sono positivi , infatti , allinterno dei movimenti si registra la tendenza per una logica neoriformista . Inoltre , per quanto concerne larea più radicale , emergono pericolose commistioni con alcuni santoni pseudorivoluzionari , ossia i giocolieri esperti nella politica degli inganni . Pertanto , auspicando che la presunta alternativa non si risolva nei rituali del folklore di massa e sperando che la potenza dissolutiva dei poteri non sussuma i dispositivi di una autentica liberazione , si impone perentoria una svolta radicale. L imperativo categorico deve essere , dunque , quello di avversare il progetto neoriformista che " mira a reinserire il conflitto in un ambito di stato nazionale, ovvero a ridurre la moltitudine a classe , a governare le classi tramite lo stato , anziché a governare la moltitudine tramite lImpero" ( A. Monti ) . Da qui la necessità di un progetto politico e di unorganizzazione , intesa questultima , però , come processo e non come modello preconfezionato . Sulla scorta delle osservazioni fatte e pur constatando che la strategia della tensione sta diventando sempre più ostinata e assillante , come si evince dagli arresti politici , bisogna continuare a percorrere liter dellEsodo costituente , disobbedendo ai dispositivi normativi e incrementando le pratiche di conflitto . Pertanto , da disobbediente , mi associo ai " sovversivi " e , con la forza dellindignazione, concludo affermando che contro il libero mercato delle merci , delle armi, dei soprusi ; in altre parole , contro il neonazismo imperiale, occorre attivare il libero scambio dei diritti , della giustizia sociale , delleguaglianza . E bene rimarcare, però, che il militante post moderno , rimuovendo retaggi ideologici obsoleti e datati approcci insurrezionali , deve prendere coscienza , come vuole il subcomandante Marcos , che " il ribelle ha solo la testa per combattere il potere ". Ciò significa che contro le pulsioni distruttive del capitalismo carnivoro , contro leterno ritorno della barbarie , contro i commedianti della virtù , contro le menzogne e la dissimulazione , bisogna incentivare la militanza del Comune , cantando allunisono le Laudes creaturarum del poverello di Assisi . Wanda Piccinonno |