CREMONA - Nel
formaggio avariato e putrefatto c'era di tutto. Vermi,
escrementi di topi, residui di plastica tritata, pezzi di
ferro. Muffe, inchiostro. Era merce che doveva essere
smaltita, destinata ad uso zootecnico. E invece i banditi
della tavola la riciclavano. La lavoravano come
prodotto "buono", di prima qualità. Quegli scarti, nella
filiera della contraffazione, (ri)diventavano sottilette,
formaggio fuso, formaggio grattugiato, mozzarelle,
provola, stracchino, gorgonzola. Materia
"genuina" - nelle celle frigorifere c'erano
sottilette datate 1980! - ripulita, mischiata e pronta
per le nostre tavole. Venduta in Italia e in Europa. In
alcuni casi, rivenduta a quelle stesse aziende -
multinazionali, marchi importanti, grosse centrali del
latte - che anziché smaltire regolarmente i prodotti
ormai immangiabili li piazzavano, - senza spendere un
centesimo ma guadagnandoci - a quattro imprese con sede a
Cremona, Novara, Biella e Woringen (Germania).
Tutte
riconducibili a un imprenditore siciliano. Era lui il
punto di riferimento di marchi come: Galbani,
Granarolo, Cademartori, Brescialat, Medeghini, Igor,
Centrale del Latte di Firenze. E ancora:
Frescolat, Euroformaggi, Mauri, Prealpi, e altre
multinazionali europee, in particolare austriache,
tedesche e inglesi. E' quello che si legge
nell'ordinanza del pm cremonese Francesco Messina. Un
giro da decine di milioni di euro. Una bomba ecologica
per la salute dei consumatori.
Le indagini - ancora aperte - iniziano due anni fa. A
novembre del 2006 gli uomini della Guardia di Finanza di
Cremona fermano un tir a Castelleone: dal cassone esce un
odore nauseabondo. C'è del formaggio semilavorato, in
evidente stato di putrefazione. Il carico è partito
dalla Tradel di Casalbuttano ed è diretto alla Megal di
Vicolungo (Novara). Le due aziende sono di Domenico
Russo, 46 anni, originario di Partinico e residente a
Oleggio. E' lui l'uomo chiave attorno al quale ruota
l'inchiesta. E' lui il dominus di una triangolazione che
comprende, oltre a Tradel e Megal, un terzo stabilimento
con sede a Massazza, Biella, e una filiale tedesca.
Tradel raccoglie, sconfeziona e inizia la lavorazione.
Megal miscela e confeziona.
A Casalbuttano i finanzieri trovano roba che a vederla fa
venire i conati. Prodotti caseari coperti da muffe,
scaduti, decomposti e, peggio ancora, con tracce di
escrementi di roditori. Ci sono residui - visibili a
occhio nudo - degli involucri degli imballi macinati.
Dunque plastica. Persino schegge di ferro fuoriuscite dai
macchinari. La vera specialità della azienda è il
"recupero" di mozzarelle ritirate dal mercato e
stoccate per settimane sulle ribalte delle ditte
fornitrici, di croste di gorgonzola, di sottilette
composte con burro adulterato, di formaggi provenienti da
black out elettrici di un anno prima.
"Una cosa
disgustosa - racconta Mauro Santonastaso, comandante
delle fiamme gialle di Cremona -. Ancor più disgustoso -
aggiunge il capitano Agostino Brigante - , è il sistema
commerciale che abbiamo scoperto". Non possono ancora
immaginare, gli investigatori, che quello stabilimento
dove si miscela prodotto avariato con altro prodotto
pronto è lo snodo di una vera e propria filiera europea
del riciclaggio. Mettono sotto controllo i telefoni.
Scoprono che i pirati della contraffazione sono
"coperti" dal servizio di prevenzione
veterinaria dell'Asl di Cremona (omessa vigilanza,
ispezioni preannunciate; denunciati e sospesi il
direttore, Riccardo Crotti, e due tecnici). Dalle
intercettazioni emerge la totale assenza di scrupoli da
parte degli indagati: "La merce che stiamo
lavorando, come tu sai, è totalmente scaduta... ",
dice Luciano Bosio, il responsabile dello stabilimento
della Tradel, al suo capo (Domenico Russo). Che gli
risponde: "Saranno ***** suoi... " (delle
aziende fornitrici, in questo caso Brescialat e Centrale
del Latte di Firenze, ndr).
Il formaggio
comprato e messo in lavorazione è definito - senza mezzi
termini - "*****". Ma non importa, "...
perché se la merce ha dei difetti. .. io poi aggiusto,
pulisco, metto a posto... questo rimane un discorso fra
me e te... " (Russo a un imprenditore
campano, si tratta la vendita di sottilette "scadute
un anno e mezzo prima"). Nell'ordinanza (decine le
persone indagate e denunciate: rappresentanti legali,
responsabili degli stabilimenti, impiegati, altre se ne
aggiungeranno presto) compaiono i nomi delle aziende per
le quali il pm Francesco Messina configura "precise
responsabilità". Perché, "a vario titolo e al
fine di trarre un ingiusto profitto patrimoniale, hanno
concorso nella adulterazione e nella contraffazione di
sostanze alimentari lattiero-casearie rendendole
pericolose per la salute pubblica".
Il marchio
maggiormente coinvolto - spiegano gli investigatori - è
Galbani, controllato dal gruppo Lactalis Italia che controlla anche Big
srl. "Sono loro i principali fornitori della Tradel.
Anche clienti", si legge nell'ordinanza. Per i
magistrati il sistema di riciclaggio della merce si basa
proprio sui legami commerciali tra le aziende fornitrici
e la Tradel. Con consistenti vantaggi reciproci. Un
business enorme: 11 mila tonnellate di merce lavorata in
due anni. Finita sugli scaffali dei discount e dei negozi
di tutta Europa. Tremila le tonnellate vendute in nero. E
gli operai e gli impiegati? Erano consapevoli. Lo hanno
messo a verbale. Domanda a un'amministrativa: "Ha
mai riferito a qualcuno che la merce era scaduta o con i
vermi?". Risposta: "No, tutti lo
sapevano".
L'impresa criminale che faceva capo a 4 aziende con sede
a Cremona, Novara, Biella e Woringen in Germania, tutte
riconducibili all'imprenditore siciliano Domenico Russo,
ed era punto di riferimento per marchi come Galbani,
Granarolo, Cademartori, Brescialat, Medeghini, Igor,
Centrale del latte di Firenze, Frescolat, Euroformaggi,
Mauri, Prealpi ed altre multinazionali europee,
operava anche grazie alla connivenza delle Asl di
competenza riciclando con l'ausilio di molta creatività
gli scarti di formaggio avariato che avrebbero dovuto
essere smaltiti.
Tali scarti, spesse volte forniti proprio dai grandi
marchi di cui sopra, consistevano in formaggio avariato e
putrefatto all'interno del quale si poteva trovare di
tutto: vermi, escrementi di topi, pezzi di ferro, residui
di plastica tritata, muffe ed inchiostro. Il materiale
marcescente e maleodorante anziché venire smaltito
subiva tutta una serie di lavorazioni che lo portavano a
tornare sugli scaffali di discount ed ipermercati (spesso
attraverso quegli stessi marchi che lo avevano venduto
come rifiuto) sotto forma di sottilette, formaggio fuso,
formaggio grattugiato, mozzarelle, gorgonzola ed altre
specialità casearie che venivano vendute come prodotti
genuini ai consumatori.
La truffa
nell'ambito della quale il gruppo Lactalis Italia che
controlla Galbani sembra avere pesantissime
responsabilità, non ha coinvolto solo l'Italia ma si è
sviluppata a livello europeo, arrivando a produrre la
lavorazione di oltre 11.000 tonnellate di formaggio
avariato a fronte di un business economico di enormi
proporzioni. Decine risultano essere le persone indagate
e denunciate per un'attività criminale che oltre a
produrre profondo disgusto ha determinato pesantissimi
rischi per la salute pubblica. Come ultima nota
disarmante in questa scioccante vicenda va sottolineato
il fatto che gli impiegati e gli operai delle ditte
incriminate hanno verbalizzato di essere a conoscenza
della situazione ma si sono guardati bene dal renderla
pubblica, molto probabilmente per non rischiare di
mettere a repentaglio il proprio posto di lavoro.
Il padrone di Lactalis, il più grande gruppo lattiero
caseario d'Europa è un delinquente già condannato per
frode alimentare http://www.journal-la-mee-2.info/spip.php?article520
Riassuntino in italiano
12 avril 2000, le
PDG du Groupe Lactalis è
indagato per frode sul latte e pubblicità ingannevole
la
société Lactalis a été condamnée pour «publicité
de nature à induire en erreur» Poco prima condannata per pubblicità
tale da indurre in errore
Appena dopo anche il direttore dei macelli della soc Tendriade, del gruppo, viene condannato per aver
modificato la data di scadenza di parecchie centinaia di
pezzi di vitello, commercializzati in agosto '97 quando
la data di scadenza era dicembre '95
Poi iniettano siero di latte di capra nel latte di vacca
Poi aggiungono al latte, il liquido biancastro risultante
dalla pulizia dei tubi delle latterie con acqua calda,
con guadagni immensi. In
questa causa la Federazione dell'industria lattiera si
costituisce parte civile.
Insegnano ai loro dirigenti a truffare. Besnier aveva
dato l'ordine di distruggere documenti compromettenti
riguardanti fatturazioni.
Mescolano l'acqua di lavaggio di tubi e serbatoi con le
proteine del latte raccolto dagli allevatori, pratica
illegale che riguarda il 70% della produzione
Allungano il latte con acqua ossigenata, la mettono nei
serbatoi destinati alla produzione del burro
La Corte d'Appello di Angers sentenzia "gusto del
massimo profitto" "disprezzo del
consumatore"
Hanno allungato 680 milioni di litri di latte, con un
guadagno di 11 milioni di ¤
Riescono a censurare un lungo servizio sul gruppo
realizzato da de Joël Santoni et Jean Charles
Deniau avec Périco Légasse et Erik Svensson Rédacteur
en Chef Alexandre Le Guienne Une coproduction*: Bo
Filmsl*! /France 3.
Lactalis: Besnier condamné
L'arroseur arrosé
Marcel URION, ça vous
dit quelque chose? C'est le PDG du Groupe Lactalis (qui
s'appelait Besnier jusqu'au 1er janvier 1999) et
qui contrôle Tendriade (filiale à 100 %), nom
récent donné à l'abattoir Bridel de Châteaubriant. On
sait de quelle façon cavalière ce Marcel URION a mené
en bateau les municipalités de Châteaubriant et de
Martigné-Ferchaud, avant de décider de s'unir aux Ets
Collet de Chateaubourg, avec des conséquences
dommageables pour le personnel.
De l'eau dans l'gaz?
Selon le Canard
Enchaîné du 12 avril 2000, et La Tribune du 13 avril,
le PDG du Groupe Lactalis a été mis en examen pour
«fraude sur le lait et publicité mensongère».
Cela ne veut pas dire qu'il soit coupable, cela veut
simplement dire que la justice s'interroge. En d'autres temps, point si lointains, la
justice a tranché. Par exemple, la société Lactalis
a été condamnée pour «publicité de nature
à induire en erreur», pour une
histoire de fromage, en première instance le 2
mai 1997 par le tribunal correctionnel d'Annecy et en
deuxième instance le 5 mars 1998 par la cour
d'appel de Chambéry. Condamnations confirmées
par un arrêt de la Cour de Cassation du 12 octobre 1999.
Et vlan, 100 000 F d'amende. Huit
jours plus tard, on apprenait que le directeur des
abattoirs Tendriade de Châteaubriant, était condamné
lui aussi : 30 000 F d'amende, pour avoir
modifié les dates de fabrication et les dates limites
d'utilisation de plusieurs centaines de kg de pièces de
veau. Bagatelle ? Des morceaux ont été
commercialisés en août 97, alors que la date limite
était fixée à décembre 95.
De l'eau dans le
lait !
En janvier 2000, la
Cour de Cassation a confirmé une condamnation du groupe
Besnier (devenu Lactalis), pour avoir fabriqué du
fromage de comté avec du lait non conforme aux
spécifications de l'«appellation d'origine
contrôlée». Et encore 200 000 F
d'amende. En ce mois d'avril
2000 il s'agit de lait et de camembert. L'affaire remonte
à juillet 1998: des gendarmes débarquant inopinément
à la maison mère à Laval, et dans 5 autres unités du
groupe, constatent des pratiques de «mouillage»
systématique du lait de consommation, opération qui
consiste à effectuer une ultrafiltration du lait pour
extraire les protéines et à réintroduire la solution
lactée dans le lait. Objectif : faire que ce
lait contienne 29 grammes de protéines par litre, ce qui
est le minimum européen, alors que le lait de notre
région peut atteindre jusqu'à 33 grammes par litre.
Cette pratique est interdite par un règlement européen
de décembre 1997. Notons,
pour rire (?) un peu, qu'autrefois on parlait d'écrémer
le lait. Maintenant on parle d'écrêter les protéines.
Mais cela doit rapporter puisque cette pratique
entraînerait une économie de 100 millions de francs
pour un milliard de lait collecté. C'est du moins ce que
dit la société Entremont, concurrente de Lactalis. Mais
c'est sûrement de la jalousie Selon le Canard Enchaîné, du perméa
(sorte de petit-lait, mélange de flotte et de sels
minéraux) de lait de chèvre serait réinjecté dans le
lait de vache. Plus étonnant encore, les enquêteurs
auraient découvert que Lactalis utilisait de «l'eau
blanche, à savoir le liquide blanchâtre obtenu après
nettoyage des tuyauteries des laiteries avec de l'eau
chaude». Le litre de perméa coûte quelques
centimes le litre. Revendu au prix du litre de lait, soit
2 F le litre, ça fait un joli bénéfice. M. Morelon, chargé de la
communication du groupe, ne nie pas. Il se défend en
disant que les autres le font aussi. C'est à voir,
puisque la Fédération de l'industrie laitière s'est
portée partie civile dans cette affaire.
Et de l'eau oxygénée
dans la poudre de lait?
Il paraît aussi,
toujours selon le Canard Enchaîné, que le groupe
Lactalis utiliserait de l'eau oxygénée pour la
fabrication de fromage, dans l'usine de Retiers.
M. Morelon affirme, lui, que cette eau oxygénée
est utilisée pour la fabrication de poudre de lait
destinée à l'alimentation animale. Pourquoi? Les
animaux exigent une certaine blancheur de la poudre
qu'ils consomment? Ils sont bien exigeants! En tout cas, ces mises en cause, à
répétition, de la société Lactalis, pour non respect
des réglementations, ne sauraient surprendre les
castelbriantais qui ont vu comment l'entreprise Tendriade
(filiale de Lactalis) s'est moquée de la pollution
excessive qu'elle engendrait à la station d'épuration,
et des dangers que représentait la présence d'une cuve
d'ammoniac.
A propos de station d'épuration, l'entreprise Tendriade
s'était engagée à verser 3,1 millions de francs à la
ville. Elle n'a pas tenu ses engagements. Ni respect des réglementations. Ni
respect de ses propres engagements? C'est du joli. Il
y en a qui sont condamnés pour moins que cela. Selon le Canard Enchaîné du 13
septembre, (largement repris par toute la presse
nationale) les enquêteurs de la Direction de la
Consommation et de la répression des fraudes ont
découvert le pot-aux-roses dans le pot-à-lait chez
Besnier.
Le groupe BESNIER, dont une filiale s'appelait
BRIDEL, a changé de nom le 1er janvier 2000 pour
s'appeler LACTALIS. (Relire La Mée du 19 avril 2000)
«144 pandores sont allés dans
une bonne partie des usines Besnier.
Ils y ont découvert que des sessions de formation
étaient organisées pour tromper les
fonctionnaires des fraudes, qu'un des patrons
du géant du lait avait donné l'ordre de
détruire des pièces comptables compromettantes qui
prouvaient que les produits destinés à trafiquer le
lait étaient fabriqués dans certaines filiales du
groupe et facturés à d'autres filiales»
Selon les enquêteurs le groupe
Besnier (Lactalis) mouillait son lait quelquefois à
hauteur de 4 %. Les enquêteurs auraient découvert
«une fraude portant sur 70 % de la production du
groupe» lequel fabriquait du «lait»
en mélangeant l'eau de nettoyage des cuves et
tuyauteries avec des protéines prélevées, en toute
illégalité, sur les laits les plus riches fournis par
les éleveurs. A propos,
Besnier (Lactalis) n'est-il pas ce groupe industriel
qui a profité d'un providentiel incendie à
l'usine Tendriade de Châteaubriant pour annoncer un
accord avec les Ets Collet à Châteaubourg, et un
déménagement de l'entreprise ? (lire page 12)
Bactéricide
Bactéricide: l'eau
oxygénée est un puissant bactéricide utilisé, c'est
légal, pour nettoyer les cuves. Mais des salariés du
groupe Besnier ont avoué que de l'eau oxygénée était
versée dans les tanks de lait destiné à la fabrication
du beurre pour «conserver et stabiliser les
matières premières» «Nous
n'avons jamais ajouté d'eau oxygénée dans
l'alimentation humaine. Si nous l'avions fait, nos
produits auraient été saisis et cela n'a jamais été
le cas, se défend le groupe Lactalis. De telles
accusations relèvent d'un véritable acharnement à
notre encontre». Il n'empêche que les enquêteurs
émettent de sérieux doutes d'autant plus que les
responsables des sites contrôlés ont fait preuve d'une
«mauvaise foi flagrante» et de la volonté de
s'opposer à toute enquête: «les documents
consultés confirment la stratégie du groupe
Besnier de s'opposer au contrôle et de dissimuler par
tous les moyens les preuves des malversations.
En fait cette stratégie du groupe est fondée sur des
pratiques interdites et généralisées, édictées par
les plus hauts responsables du groupe et relayés par le
Service juridique» lit-on dans les rapport des
officiers de police judiciaire en date du 6 mai 1999
L'émir de l'or blanc
C'est en 1933 qu'André
Besnier abandonne son métier de tonnelier (bottaio)
pour se spécialiser dans la collecte du lait. Les
premiers produits qui sortent de sa fromagerie sont du
camembert et du Pont-l'Evêque. C'est à la mort du
fondateur, en 1955, que la société Besnier change
réellement de dimension. Son fils Michel prend les
rênes de l'entreprise alors qu'il a tout juste
vingt-sept ans: sous sa houlette, la fromagerie de 50
salariés va devenir le premier groupe laitier français,
puis européen. L'héritier
fait preuve d'un appétit féroce et multiplie les
acquisitions. Dès les années 70, il reprend, un à un,
ses concurrents locaux comme Bourdon, Buquet, Stenval,
... C'est à cette époque, en 1968, qu'il lance ce qui
deviendra un des grands succès du groupe, le camembert
Président. La politique d'acquisitions se poursuit dans
les années 80, avec de premières implantations à
l'étranger, notamment aux Etats-Unis et en Espagne.
Mais le véritable essor du groupe aura lieu au cours de
la décennie 90. Michel Besnier, que ses
concurrents appellent «l'émir de l'or blanc»
rachète alors les laiteries Emile Bridel et ses dix
usines de production (dont Bridel Viande qui s'appellera
plus tard Tendriade). Par cette opération, il double de
taille et devient numéro un du lait en France.
Dans les années suivantes, il met successivement dans
son escarcelle les fromageries Girod, les fromageries des
Causses et d'Auvergne, le Roquefort Société. En moins
de dix ans, le chiffre d'affaires de l'entreprise passe
de 10 à 25 milliards de francs. L'entreprise accroît
aussi sa présence internationale. Bridé par la
limitation de la production imposée par les quotas
laitiers, le groupe se tourne vers l'Europe, puis les
Etats-Unis. Une de ses dernières acquisitions
outre-Atlantique est le rachat de deux fabricants de
fromages à pizza, Concord Marketing et Simplot Diary
Group. Le groupe réalise
désormais 40 % de son chiffre d'affaires hors de
l'Hexagone et ambitionne d'atteindre les 50 % d'ici
quatre à cinq ans. Un projet international symbolisé
par le changement de nom de l'entreprise, rebaptisée
Lactalis en janvier 1999. Emmanuel
Besnier, 30 ans, assure désormais les fonctions de
président du conseil de surveillance du groupe familial
après le décès, en juin 2000, de son père Michel
Besnier, à l'âge de 72 ans. Diplômé de l'Institut
supérieur de gestion, Emmanuel, dont ses frère et soeur
n'ont aucun rôle opérationnel dans l'entreprise, a
effectué son parcours du combattant pendant les
périodes d'été en travaillant dans les usines du
groupe puis dans les filiales espagnoles et américaines,
avant d'entrer définitivement en 1995 dans l'entreprise
et d'en devenir directeur du développement.
Le groupe, qui a toujours gardé son siège à Laval, est
présent dans 141 pays. Aujourd'hui en France un
camembert sur deux (soit un million d'unités) sort de
ses usines sous les marques Bridel, Lanquetot, Lepetit ou
le Châtelain. Il compte aussi un beau plateau d'autres
fromages avec 200 variétés, du cantal au comté en
passant par le munster et le roquefort. Le groupe
mayennais, qui possède encore le lait Lactel et la
marque BA, emploie 15.000 personnes, dont 2.000 en
Mayenne et 3.000 à l'étranger (Etats-Unis, Ukraine,
Pologne, Espagne) et traite plus de 6,6 milliards de
litres de lait. En 1999, son chiffre d'affaires s'est
élevé à 31,5 milliards de francs (4,75 milliards
d'euros). Alors, une
accusation de mouillage du lait et d'eau d'oxygénée
dans les tanks à lait, cela ne fait pas bien dans le
tableau. Le directeur général de Lactalis, Marcel
Urion, a été mis en examen en avril 2000 pour fraude et
publicité mensongère dans le cadre d'une instruction
menée depuis deux ans sur des manipulations du taux de
protéines du lait. Bien qu'il se défende par la voix de
son responsable de la communication, Luc Morelon, qui
assure «cela fait des mois que nous avons arrêté
les pratiques mises en cause», le mastodonte des
produits laitiers (31,5 milliards de francs de chiffre
d'affaires, 15.000 salariés) qui collecte 6,6 milliards
de litres de lait, n'a guère trouvé d'alliés dans la
profession pour le soutenir dans l'épreuve. La Fédération nationale de l'industrie
laitière (FNIL) regrette cependant cette
contre-publicité dans la mesure où elle peut avoir des
effets négatifs sur l'image de toutes les industries
laitières
Jugements : Urion-Besnier condamné
Jugement en janvier
2006 :
Ouest France du 21 janvier 2006
Jugement d'avril 2007 :
Presse-Océan du 18 avril 2007
La France qui triche
M. Urion condamné
Chez Besnier, de 1993 à 1997 ...
37 millions de litres d'eaux biologiques ont été
ajoutés dans 682 millions de litres de lait (soit
5 % environ). En 1997 le lait était à 2,20 F et
l'eau biologique revenait à 0,25 F le litre. Le
mouillage du lait a donc fait gagner, indûment, environ
11 millions d'euros au groupe Besnier. Le tribunal s'est prononcé le 17 avril
2007 : 6 mois de prison avec sursis pour le PDG
M. Urion et 825 982 ¤ d'amendes et peines diverses.
Tous comptes faits le groupe Besnier a gagné
presque 10 millions d'euros dans cette histoire !
C'est pas une triche de gagne-petit ! Cela
représente le salaire de 1000 SMICards sur un an.
Lu dans "Que
Choisir ?" :
27/04/07 Lactalis
Condamnation confirmée en appel En 1998, la DGCCRF constate que certaines
usines du groupe Besnier, futur Lactalis, ajoutent au
lait de l'eau de rinçage ou des résidus aqueux issus de
la fabrication de fromages. Cette pratique interdite lui
permettait à la fois de respecter les règles
européennes et de gonfler sa production à moindre
coût. La cour d'appel vient de confirmer sa
condamnation. «Goût
du profit maximum», «mépris du
consommateur»: la cour d'appel d'Angers n'y
va pas par quatre chemins. Dans son arrêt rendu le
17 avril dernier, elle estime que Marcel Urion, mis en
cause en tant qu'ancien PDG du groupe Besnier - devenu
Lactalis depuis -, a bel et bien falsifié le
lait de consommation traité dans certaines usines,
dans le double objectif d'augmenter sa production à
moindre coût et de rendre son produit conforme aux
exigences européennes. Sa condamnation, prononcée en
premier lieu par le tribunal de grande instance de Laval
le 26 janvier 2006, a donc été confirmée. Avec
d'autres associations, l'UFC-Que Choisir était partie
prenante du procès au nom des consommateurs.
L'affaire remonte à 1998. En
contrôlant le groupe Besnier, deuxième fournisseur
européen de lait, la Direction générale de la
concurrence, de la consommation et de la répression des
fraudes (DGCCRF) relève des anomalies concernant la
composition du produit : le taux de protéines du
lait qui arrive dans les usines après collecte est plus
élevé que celui du lait qui est commercialisé.
L'enquête qui suit montre que, pour respecter la norme
européenne de 29 grammes de protéines par litre,
Besnier n'hésite pas à diluer son lait à grande
échelle, soit avec l'eau qui a servi à rincer les
tuyaux, soit avec du «perméat», sorte de
résidu de la fabrication des fromages, pauvre en
protéines. Or cette pratique, qui permet aussi à
l'industriel de gonfler sa production à peu de frais,
est interdite: elle relève de la falsification des
denrées servant à l'alimentation de l'homme et
destinées à être vendues. Les responsables d'usine
sont d'ailleurs conscients qu'ils agissent dans
l'illégalité la plus totale: ils camouflent leurs
manoeuvres derrière des termes comptables trompeurs. Les
documents trouvés par les enquêteurs ont toutefois
prouvé que plus de 680 millions de litres de lait
avaient subi ce «mouillage». Presque 10 ans après les faits, la
justice a donc tranché en faveur des consommateurs.
Marcel Urion écope d'une peine de 6 mois
d'emprisonnement avec sursis et d'une amende de 37 500
euros. L'UFC-Que Choisir, partie civile, a pour sa part
obtenu 50 000 euros de dommages et intérêts.
Voir aussi l'article de Que
Choisir :
Mai 2007 : Marcel Urion a décidé de se pourvoir en
cassation.
Note du 17 décembre 2007
Trois nouvelles acquisitions
pour Lactalis
France 3 censure un
reportage sur les fromages de Lactalis
Présentation du film
diffusé le 26 décembre 2007 :
Un film de Joël Santoni et Jean Charles Deniau avec
Périco Légasse et Erik Svensson Rédacteur en Chef
Alexandre Le Guienne Une coproduction : Bo
Filmsl ! /France 3. A
la manière d'un road-movie cette enquête nous entraîne
en Europe et aux Etats-Unis, sur les traces des
différents protagonistes de cette «guerre du goût
et des saveurs», au c¦ur d'un conflit gastronomique
entre producteurs traditionnels et firme industrielle.
Il s'agit en effet d'une véritable
mise à mort. D'un côté, les firmes mondialisées qui,
sous de fausses raisons sanitaires, veulent tuer les
fromages au lait cru au profit des fromages
standardisés, microfiltrés, pasteurisés,
aromatisés... De l'autre, les petits producteurs de
fromages authentiques. Ils représentent moins de 10% du
marché. Un combat difficile: plus de 50 fromages
français ont disparu ces dix dernières années, mais
tout n'est pas perdu car les résistances sont
fortes Un peu partout en France, en Europe et même
aux Etats-Unis - pays par excellence de l'hygiénisme
alimentaire - des producteurs, des affineurs, des
fromagers, font de la préservation du goût et des
saveurs, leur combat de tous les jours. Pour eux, un
fromage est d'abord un bien culturel. Charles de Gaulle a
dit un jour: "on ne peut pas gouverner un pays qui
offre 365 variétés de fromages».
Les français se sont toujours
vantés d'avoir plus de fromages que les autres pays et
des fromages plus vrais et plus forts. Croûtes fleuries ou lavées, pâtes
molles, pressées ou cuites, chaque fromage est rattaché
à une région, un terroir, à des mentalités tranchées
et parfois opposées. Mais il y a fromages, et fromage.
Dans les linéaires des grandes
surfaces sont apparus des aliments standardisés,
aseptisés, fabriqués à la chaîne dans les usines de
groupes alimentaires. Ainsi le groupe Lactalis (le fameux
camembert «Président») se porte bien: numéro
deux mondial des produits laitiers, premier fabricant de
fromage en France, un empire de 112 usines et de 30 000
salariés, chaque jour ses chaînes produisent 450 000
fromages. Le fromage «qui
pue», objet de dégoût pour les anglo-saxons, est
devenu un élément emblématique dans le débat sur
l'exception française. Dans
le sillage de Mondovino», ce documentaire
propose une enquête inédite sur le monde des fromages,
à travers un travail d'investigation et de découverte.
Il met en lumière deux mondes qui
s'affrontent: d'un côté les défenseurs du goût et de
la diversité, de l'autre les firmes multinationales, les
lobbies et la mondialisation. C'est ce conflit que Périco Légasse,
journaliste gastronomique et Erik Svensson, jeune
suédois d'origine française, notre candide, ont
exploré à bord de leur camping-car. Ils ont parcouru
près de 20.000 kilomètres en France, en Italie, en
Belgique, aux USA Le constat qu'ils ont fait au
retour de cette investigation prolongée dans l'univers
des fromages est loin d'être négatif. Ils mettent
notamment à bas quelques idées reçues. Nous vous en
livrons une: les fromages au lait cru n'ont rien à
redouter de la commission de Bruxelles... sauf que
.... lors de la diffusion, "Toutes les allusions
à la dangerosité potentielle du fromage au lait
pasteurisé ont été coupées, proteste Périco
Légasse, le journaliste gastronomique de Marianne.
Source :
http://olivierbonnet.canalblog.com/... P.-S. NDLR :
le groupe Lactalis, c'est 32 milliards de chiffre
d'affaires en 1999 et 14 000 salariés. Premier groupe
laitier européen, il est connu pour ses marques,
Président mais aussi Lactel, Bridel, Roquefort
Société, Lepetit, Lanquetot. On ne va plus savoir quoi
manger !
Lactalis vende anche a Carrefour, Auchan e Lidl che
rimarcano col loro nome
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