FACCIAMO UNA LISTA DEI DIRITTI ESSENZIALI

il testo e' di

MICHAEL WALZER

a cura di carlo catalano.


Ecco una sintesi parziale dell´intervento che terrà alle 21 di lunedì
prossimo il filosofo americano al Teatro Regio di Torino.

Conveniamo che gli omicidi di massa, la pulizia etnica e la creazione di
campi di lavoro coatto siano non solo degli atti barbari ed inumani, ma
violazioni di diritti umani che dovrebbero essere affrontate, laddove
possibile e nel caso in cui tutte le altre strade siano fallite, tramite
intervento militare da parte di stati vicini, coalizioni di stati o da parte
di una forza internazionale. Conveniamo anche che coloro che perpetrano tali
crimini dovrebbero essere destituiti e, se possibile, assicurati alla
giustizia davanti ad una corte internazionale: pensate alla Corte penale
internazionale. Abbiamo così una concezione minimale di diritti (comprensiva
di vita, libertà e non molto altro), una descrizione approssimativa degli
agenti responsabili della loro garanzia e della punizione e, infine, la
disponibilità ad usare la forza come mezzo di coercizione in casi estremi.
Ciò su cui abbiamo convenuto è, credo, più o meno effettivo in molte parti
del mondo, anche se le persone differiscono ampiamente quanto al suo
significato. Potremmo pensare l´intervento umanitario come il primo esempio
di azione volta alla garanzia dei diritti umani su scala globale -
contestata, incompleta, incerta, ma comunque un esempio di qualcosa che
finora non è esistito. La questione che voglio porre è: quanto lontano
possiamo, o dobbiamo, spingerci oltre questo esempio? Quale espansione (o
revisione) di queste tre idee - diritti, responsabilità (agency) e garanzia
(enforcement) - è necessaria, se vogliamo creare o, più modestamente,
immaginare una società internazionale migliore di quella che abbiamo? (...)
Perché non dichiarare, semplicemente, che tutti gli esseri umani hanno
diritto alla vita e alla libertà (come ho fatto), per poi cercare i modi per
garantire quel diritto? E perché non aggiungere alla lista cibo e casa,
educazione e cura sanitaria, e un minimo di tempo libero?
Se stiamo solo "dichiarando" diritti umani, c´è la tentazione di fare una
lista lunga - come fecero le Nazioni Unite nel 1948, nella loro
Dichiarazione. Ma ciò sembra troppo facile. Non abbiamo diritti solo perché
ci piacerebbe averli. Volerli non basta. (...) Se abbiamo diritti, allora
abbiamo un diritto ad avere diritti effettivi. Dov´è l´obbligo correlativo?
Presumibilmente esso ricade dapprima sui nostri amici e sui nostri vicini:
deve agire in questa maniera ogni gruppo di persone che per ragioni di
affinità o prossimità sia capace di costituirsi come agente collettivo per
proteggere se stesso e terzi. Questo è il modo in cui nascono, secondo una
nota teoria politica, stati dotati di legittimazione.
Cosa possiamo dire, allora, quando le persone si trovano in uno stato che
non fa ciò che dovrebbe fare? Quando manca, cioè, nella protezione dei
diritti dei suoi cittadini alla vita e alla libertà, o li vìola attivamente.
Voglio chiedere se queste persone hanno un diritto ulteriore ad un
super-stato, che sarebbe obbligato ad entrare e proteggerli dalla violenza
del loro stato. E dal momento che tale super-stato non c´è e che le Nazioni
Unite, che almeno in casi estremi potrebbero rivestire questo ruolo, ancora
non lo fanno, nondimeno questo obbligo-di-protezione esiste? E, se così
fosse, dove può insediarsi nell´ambito della società internazionale? Con
riferimento a stragi, pulizia etnica e schiavitù, abbiamo una risposta
possibile: gli stati che possono intervenire devono intervenire, anche
militarmente se ogni altra strada fallisce.
(...) Va notato che nella società nazionale (domestic), polizia ed ufficiali
della sanità pubblica non intervengono solo quando si sta compiendo un
crimine, la gente sta morendo di fame o una malattia si sta rapidamente
diffondendo. Anticipano, semmai, il pericolo ed agiscono per prevenire la
sua manifestazione. Abbiamo bisogno di questo tipo di anticipazione nella
società internazionale, ed una sua versione dovrà dare un qualche
significato concreto a quel "diritto ad avere diritti" che è anche il
diritto ad avere uno stato. Con un´idea un po´ campata per aria, ho ascritto
l´obbligo correlativo, in primo luogo, ad amici e vicini, ma ora devo
estendere l´obbligo a soggetti più organizzati. Stati che hanno fallito o
che falliscono nello svolgere la propria funzione sono la causa chiave di
molti dei disastri della storia recente (?). Una volta che il fallimento si
manifesta in maniera piena ed ha avuto inizio la guerra di tutti contro
tutti, può non esserci modo di fronteggiarla se non tramite intervento
militare. Prima che questo capiti, però, ci sono strade alternative e
migliori.
Immaginate che stati efficienti, che agiscono, magari, attraverso le Nazioni
Unite o qualche altra agenzia internazionale, si fossero preparati a fornire
assistenza materiale ai governi in lotta contro il fallimento dell´azione
statale: a cambiare i termini del commercio, assistere lo sviluppo agricolo,
abbassare i costi delle medicine, inviare dottori e infermiere, addestrare
la polizia, e così via. Immaginate che tali stati avessero rotto le
relazioni politiche e commerciali con i governi predatori di stati falliti
(failing states). Immaginate che si fossero rifiutati di riconoscere la
validità di contratti stipulati con dominatori che vendano le risorse del
proprio Paese per profitto personale. Immaginate che avessero sostenuto
movimenti politici e governi in esilio impegnati nel rispetto dei diritti
umani.
Queste e altre policies collegate non bastano a garantire i diritti, ma
aiuterebbero a stabilire le condizioni in cui i diritti potrebbero essere
garantiti. E renderebbero i disastri (disasters) meno frequenti e meno
disastrosi (disastrous). Le persone che vivono in stati falliti hanno
diritto a questo tipo di aiuto? Suggerisco di sì, ma mi limito ad un
argomento più modesto: se hanno diritto ad essere aiutati dopo, quando le
uccisioni cominciano o la fame sta riscuotendo il suo dazio, allora è
certamente prudente agire come se essi avessero diritti prima del
diffondersi di uccisioni e fame. (...) Ma gli stati non proteggono i loro
cittadini solo contro massacri, fame e altri mali associati. Nella loro
versione migliore, essi provvedono ad un spettro di protezione e garanzia
molto più ampio, che corrisponde all´incirca alla più ampia agenda degli
attivisti di diritti umani.
L´agenda non è infinitamente ampia. Questi attivisti non affermano
necessariamente che ognuno al mondo ha diritto, poniamo, alle ferie pagate -
il diritto su cui si fa più ironia, tra quelli dichiarati dalle Nazioni
Unite. Ma certamente affermeranno che ognuno ha diritto alla libertà
religiosa; e ad un numero di ulteriori libertà, per esempio ad associarsi e
ad esprimere le proprie opinioni politiche; così come all´educazione e
all´impiego e alla contrattazione collettiva con i propri datori di lavoro;
e ad una vecchiaia sicura e degna. Tutti questi diritti sono garantiti, lo
sono talvolta o lo possono essere, dallo Stato.
(?) Nel frattempo, la lista breve (short list) di diritti globali che ho
difeso richiede ancora un grande lavoro. Se gli uomini e le donne nel mondo
devono essere protetti da tutti i disastri della vita collettiva causati
dall´uomo e dagli assassini e dalle morti in cui siano implicati stati,
corporations o individui, abbiamo bisogno di nominare tutti i soggetti che
hanno responsabilità - quelli che non avrebbero dovuto fare quello che hanno
fatto, quelli che avrebbero dovuto fare quello che non hanno fatto, e quelli
che devono agire subito a causa di quello che gli altri, rispettivamente,
hanno e non hanno fatto.


(traduzione di René Capovin)
Dalla repubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

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