LAUTOMOBILE
AL GUINZAGLIO di Luigi Melilli Laspetto delle nostre città e persino dei nostri borghi, con tutte quelle automobili in sosta ai lati di tutte le strade, anche quelle piccolissime, ha un che insieme di ridicolo, di disumano e persino di delinquenziale. Il fenomeno, visto con locchio di chi si amareggia nel dover riscontrare in che modo barbaro vengono trattati insediamenti di popolazione nati magari alcuni secoli fa, potrebbe magari indurre a rimpianti e a giustificatissime deprecazioni: abituato a vedere Piazza del Popolo a Roma nel periodo 1930-38, ricevetti come un pugno nello stomaco nel tornarci trenta anni dopo, quando intorno intorno era invasa da scatolette colorate e semoventi, che serano andate a sostare persino intorno all'obelisco! Che bruttura! Pensai allora, ormai quarantenne, che il progresso era come l'invecchiamento, e gli unici segni che lasciava intravvedere di sè ad un osservazione era la bruttura della decadenza fisica. Un amico pittore ci rise tanto, ed entrati nel bar degli artisti, mi fece fermare dinanzi ad un specchio per dimostrarmii che non ero poi diventato così inguardabile come invece era davvero la piazza. Era il tempo, quello, in cui le nostre autorità governative emanavano provvedimenti per levacuazione del bestiame dai centri abitati, e la cosa mi fece davvero innervosire. Come, pensai, i poveri contadini debbono andare fuori dellabitato a prendere e riportare le loro bestie, per abbeverarle e foraggiarle, custodirne le lettiere ecc.ecc. e i cittadini si debbono tenere le loro automobili al guinzaglio, quasi come cani? E non dissi a capezza per rispetto degli asini, dei muli e dei cavalli, che prima abitavano sotto le nostre case. Ma lodio che concepii per un fenomeno del genere non aveva altre motivazioni vere, almeno in me, che ancora non avevo assistito allo scempio di vite umane che ne derivava già da allora e che poi è venuto progressivamente aumentando in frequenza e gravità. E allora mi diedi a scrivere a sindaci ed onorevoli, per suggerire di riservare degli spazi appositi per la sosta delle automobili, magari se non proprio fuori città, almeno dove non potevano deturpare larmonia strutturale dei quartieri. Esempi di grandi parcheggi collettivi ce nerano già, a cominciare dallaeroporto di Fiumicino, ancorché si trattasse di fatti embrionali che si sarebbero sviluppati nel tempo. Come pensavo, i contadini possono avere le loro bestie lontane da casa e i cittadini, che hanno a disposizione tanti mezzi pubblici no? E nella mia pochezza e ingenuità mi quasi autogratificavo di avere il coraggio di chiedere queste cose a chi di dovere. Fu un amico, compagno onorevole a farmi sentire il disagio del ridicolo. I politici, si sa, sono più direttamente interessati a compiacere la gente e a disturbarla il meno possibile, avendo bisogno dei suoi suffragi elettorali. Io, che pure ho fatto politica e sono stato assessore in un comune della Sabina per dieci annie e consigliere per quindici, non avevo mai avuto queste debolezze: mi hanno sempre rieletto nel comune, mentre nel collegio provinciale, dove cera gente che non poteva apprezzarmi per altro che pe le promesse che potevo fare, non ho avuto eguale fortuna. Ma questo non centra. Dunque, sicuro del mio buon diritto e dellabbondanza di ragioni che mettevo in campo, scrissi ai sindaci. Ma i sindaci non usano rispondere, almeno nella loro stragrande maggioranza: sono troppo importanti! Ma io non mi persi di coraggio, e venuto a Rieti ripresi a scrivere e a suggerire provvedimenti adatti , nel rispetto del progresso, della salute dei cittadini e della decenza urbanistica. Non tenevo conto di altro: ancora, dovevo sperimentare di persona il disagio e il rischio che il fenomeno rappresentava per tutti e in particolar modo per disabili e anziani. Ma quando mi resi conto anche di questo alo aggiunsi nelle mie lettere dirette alle autorità costituite: Ma i sindaci continuarono a non rispondere: era ormai invalso luso di (io adopro questo termine, che non dovrebbe avere cittadinanza lessicologicosintatticaw in contesti come questo) incarciofarsi dinanzi ai microfoni e a telecamere della TV locale, allo stesso modo dei nostri colonizzatori, i cui rappresentanti sedevano nelle piazze circondati dai coloniali che si rivolgevano loro per farsi fare giustizia . Sì, ora tutto avviene tramite TV, e anche rivolgersi allufficio appositamente costituito per ricevere i reclami scritti e orali, non serve a niente: la presenza om TV rende elettoralmente assaai di più, e poi, verba voklant, mentre la carta non canta più, oggi abbiamo tale abbondanza di cantanti che la carta si vergogna di provarci ancora pure lei. No, non crediate che ora riprendo largomento con ben altre e più gravi motivazioni perché un automobilista di poco meno vecchio di me, almeno anagraficamente, mi ha investito, fracassandomi il femore destro, in pieno giorno, con luce diffusa e non abbagliante, in una strada a senso unico di sette metri e mezzo di larghezza e dopo una frenata di ben otto metri e mezzo. Questo non è imputabile a lui, povero settantaquattrenne, il cui senso critico, ormai spento, non gli ha consentito di fare meglio. Questo va imputato alla nostra organizzazione sociale e politica, a cui appartengono le autorità preposte a consegnare la patente di guida e a rinnovarla periodicamente secondo legge, e alle Compagnie assicuratrici, cui compete rinnovare il contratto assicurativo, con lavvertenza che non facendolo con loculatezza richiesta si rendono corre dei danni che ne possono conseguire. Ed è proprio contro queste due categorie di responsabili che si appunta la mia critica e la mia maledizione, se maledire vuole ancora significare dire male. E come potrei dirne bene, se dopo otto mesi e mezzo, ancora non riesco a riacquistare quel tanto di autonomia che mi consenta di muovermi da solo nella città dove abito? Ma forse non è lecito metterla così sul piano personale, perché la questione è di più vasta portata e coinvolge lassetto sociale e quello civile, laspetto giuridico e quello etico morale e religioso, e, insomma, tutto considerato, è un problema di civiltà. Sì, meglio fermarsi alla conclusione, visto che ci siamo arrivati senza troppo arzigogolare. Quello qui postulato è semplicemente un problema di civiltà, e il giudizio che se ne ricava, tout-court, è che la nostra non è ormai più una società civile, avendo subordinato ogni valore a quello commerciale. Forse è persino ingiusto restringere il giudizio di inciviltà, per la subordinazione di esso a quello dellinteresse commerciale, al tempo presente: da sempre la vita umana viene data in olocausto per ragioni non certo encomiabil, come, ad esempio, le guerre di predominio; ma non cè dubbio che oggi il problema è arrivato a tal punto di gravità da non essere più ulteriormente sopportabile senza che almeno chi ha la coscienza più sveglia e chi è direttamente interessato perché parte soccombente del sistema, faccia sentire la sua voce per chiedere maggiore rispetto per la vita e per la libertà di tutti. Si fa un gran parlare, specie incima a un colle che non era tra i sette fatali, pur essendo assai contiguo ad essi, del rispetto della vita, già ritenuta presente in un solo embrione, anzi, in una o due cellule staminali o cose del genere; si ha un bel gridare da parte delle organizzazioni in difesa della vita e quindi contro ogni forma di contraccezione e massime dellaborto, perché è quanto meno ipocrita darsi tanto da fare per una vita che sta ponendo le basi per il suo sviluppo ancora allinterno degli apparati genitali, eppoi non dire neppure una parola sulle vite già venute alla luce, e magari già operanti e produttive anche di opere civilmente e moralmente preziose. Ma quale difensore della vita intrauterina o addirittura di quella in attesa nelle vascolette seminalisi se la sente di spendere una parola in difesa della vita già in atto? E come si fa a credere al carisma di certe autorità e alla sincerità e verità di certi ideali religiosi quando si tien conto di questa enormità? Che, a ben vedere poi, non ha minor peso se presa dal punto di vista degli effetti della vita diuturna dei disabiili, dei vecchi e di chiunque sia indifeso. I marciapiedi, dove pure ci sono, o sono continuamente interrotti da avvallamenti che debbono agevolare luscita e il rientro delle signore automobili dai loro siti di residenza o sono ingombri di automobili che, non avendo siti di residenza, vi sostano bellamente, obbligando il pedone a scendere nella sede stradale con tutti i rischi che ciò comporta, almeno per determinate categorie di persone. Senza contare che i detti marciapiedi sono poi anche sede privilegiata per lo sfrecciare di cicli e motocicli, senza che nessuno si occupi almeno di stabilire un unico senso di marcia, viste che le strade hanno o dovrebbero avere due marciapiedi. La conclusione è addirittura ripugnante. Una volta - parlo anche del periodo tra le due guerre mondiali - se si domandava ad una donna quanti figli aveva messo al mondo, rispondeva dichiarando il numero dei viventi, ma aggiungeva subito dopo, che però era stata aiutata dalla campanella che era attivissima nel cooperare con morti per altro motivo: incidenti, malattie magari xcurate male o non curate affatto ecc. ecc., Il discorso vale anche per oggi, a ben pensarci, pur se lo schifo toglie il respiro per i violenti conati di vomito: sulla terra siamo ormai sei miliardi e si prevede che in pochi anni arriveremo a dieci e anche oltre. Con questa abbondanza di carne umana è lecito che chi può se ne freghi e ne sacrifichi almeno una parte a pro dellormai sacralizzato sviluppèo, che, per esserer tale, manco a dirlo, deve essere globalizzato. Oggi non avverrà, come ai tempi in cui il Manzoni ambiente il suo capolavoro, sentire gli attuali monatti gridare Evviva la moria! Il si fa ma non si dice celebra nei nostri tempi la sua apoteosi,paludandosi di buoni propositi, do escatpòpgoe scatologiche più delle cloaca massima e cercando di im bonire con chiccheofferte nei modi di Arsenico e vecchi merletti. E non è vero che non ci si possa far proprio nulla e che o si rinuncia al progresso o se ne debbono sopportare anche i lati negativi. Mi sono riservato questa conclusione perché non rimanga nella mente di chi legge che io voglio ritornare al tiro a quattro per viaggiare. Tutte le scoperte che la scienza e la tecnologia ci ha messo a disposizione sono una benedizione divina, se usate cum grano salis. La critica non colpisce il progresso scientifico, che è conoscenza e produzione mirata, ma il cosiddetto sviluppo, che porta a competere in gare più mortifere delle guerre che pure da tali gare discendono, per la sete di potenza di pochi e lillusione e labiezione dei più. Una volta - ma ormai più di mezzo secolo fa - già prevedendo qualcosa del genere, ne stavo parlando con papà e con il fratello di suo padre, e cioè di mio nonno: zi Luiggiu. Dopo che mi ebbero sentito attoniti per qualche tempo, papà, che aveva conosciuto lemigrazione in U.S.A. e lorrore della trincea e degli assalti alla baionetta della prima guerra mondiale, chinò la testa pensieroso, Zi Luiggiu - zio di papà prima che mio - sentenziò solenne come un antico vate: E però sha da finà u munnu! che tradotto - ma non sarebbe necessario - suona: ed è per questo che il mondo avrà fine. Rieti, mercoledì 28 novembre 2001 PORTACI DUNQUE UNA GIOIA CHE DURI (Natale 2001) Un bimbetto là - ma sono io, che già feci lo stesso - tende la mano rosata alle foglie cadenti dautunno. Raramente qualcuna vi si adagia planando malgrado pian piano una pioggia esse divengano dali senza più gioia di volo. Bambino Gesù, ora sono invecchiato, e quel tender la mano ogni autunno a quel trasferire la vita dallalto dei rami alle zolla è inturgidire di gemma ibernante per la tua primavera infinita. Ma quante mani son tese, oggi che luomo non ha più un luogo sicuro e neppur la foresta un suo re! Babele e i giganti sono nei gorghi duna distruzione selvaggia e tutto avviene nel nome dun dio contrapposto a se stesso. Bambino Gesù, pure i fanciulli han perduto le mani nellusare le armi, e le sementi oggi si frammischian con mine. Scopri il volto di tutte le madri del mondo tu che avesti la tua scelta tra tutte sin dallinizio dei secoli, perché come onde selvagge essi sempre più si sollevano e un microscopico virus logora ere e millenni. Gli alberi a cui linfanzia tendeva la mano al cader delle foglie traslano ormai nelle case arricchite con doni di orpelli, favola dolce di un tempo per bimbi innocenti, ma adesso? Adesso già il fico intenerisce i germogli, per indicarci il maturar repentino dei tempi. Portaci dunque una gioia che duri nel cuore di piccoli e vecchi: la pace; e assoggettando la vita tua umana al Padre che siede nei cieli riuniscici a Lui, perché sia in tutti noi tutto. Luigi Melilli Isabella e Gigi augurano aparenti ed amici, con un felice, perpetuoNatale, un miglior anno nuovo di pace e pienezza. Isabella e GigiPORTACI DUNQUE UNA GIOIA CHE DURI (Natale 2001) Un bimbetto là - ma sono io, che già feci lo stesso? - tende la mano rosata alle foglie cadenti dautunno. Raramente qualcuna vi si adagia planando malgrado pian piano una pioggia esse divengano dali senza più gioia di volo. Bambino Gesù, ora sono invecchiato, e quel tender la mano ogni autunno a quel trasferire la vita dallalto dei rami alle zolla è inturgidire di gemma ibernante per la tua primavera infinita. Ma quante mani son tese, oggi che luomo non ha più un luogo sicuro e neppur la foresta un suo re! Babele e i giganti sono nei gorghi duna distruzione selvaggia e tutto avviene nel nome dun dio contrapposto a se stesso. Bambino Gesù, pure i fanciulli han perduto le mani nellusare le armi, e le sementi oggi si frammischia con mine. Scopri il volto di tutte le madri del mondo tu che avesti la tua scelta tra tutte sin dallinizio dei secoli, perché come onde selvagge essi sempre più si sollevano e un microscopico virus logora ere e millenni. Gli alberi a cui linfanzia tendeva la mano al cader delle foglie traslano ormai nelle case arricchite con donii di orpelli, favola dolce di un tempo per bimbi innocenti, ma adesso? Adesso già il fico intenerisce i germogli, per farci credere al maturar repentino dei tempi. Portaci dunque una gioia che duri nel cuore di piccoli e vecchi: la pace; e assoggettando la vita tua umana al Padre che siede nei cieli riuniscici a Lui, perché sia in tutti noi tutto. |
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