DA - LA REPUBBLICA

Francesco Rutelli commenta il faccia a faccia D'Alema- Cofferati:
"Così facendo si rischia di danneggiare la coalizione"
"Troppa sinistra
in quel dibattito"
La maggioranza attacca: "Era la Rai o Tele-Ds?"

ROMA - "La cosa che più mi ha colpito nel confronto televisivo D'Alema-Cofferati è che la parola più usata è stata sinistra. E' stata usata circa 150 volte". Francesco Rutelli non nasconde le sue perplessità a chi gli chiede di commentare il duello tv tra i due leader dei Ds. E lo fa sottolineando come la Margherita, in quel faccia a faccia, sia apparsa dare un contributo "troppo modesto" al dibattito sul futuro dell'Ulivo e rimarcando il rischio di uno spostamento del baricentro della coalizione a sinistra. Analisi che il diessino Cesare Salvi commenta con ironia: "Rutelli si rassegni a sentir parlare di sinistra".

Rutelli chiama in causa il partito di cui è leader. Se la prospettiva è il centrosinistra, ragiona l'ex sindaco di Roma, "il fatto che sia stata usata così tante volte la parola sinistra ci deve fare riflettere perché è la parola preferita da Berlusconi quando parla di Ulivo e di opposizione". Per Rutelli si deve evitare che il dibattito "si svolga su binari convenzionali che non coinvolgono tutto il nostro popolo e non intercettano le esigenze del Paese".

Più cauto il leader dello Sdi, Enrico Boselli che, sul faccia a faccia, non si schiera: "Il problema è sapere se c'è un'anima riformista dell'Ulivo. Io faccio fatica a vederla". Chi invece boccia con nettezza il dibattito è Rifondazione Comunista: "E' stata una discussione tutta metodologica, ma alquanto povera di contenuti", dice il capogruppo del Prc alla Camera, Franco Giordano.

Ma il faccia a faccia di ieri sera ha innescato anche dure reazioni da parte del centrodestra. Per il portavoce di Forza Italia, Sandro Bondi, ieri sera "è andato in scena uno psicodramma della sinistra divisa. Ora è chiaro che cosa intende la sinistra per riforma della Rai: la creazione di una rete monotematica della sinistra e per la sinistra". Un tasto che batte anche Michele Bonatesta di Alleanza nazionale: "Ma era la Rai o Tele-Ds?".

Infine gli ascolti. Sono stati quasi 3 milioni, in media, i telespettatori che ieri sera hanno assistito a Ballarò. L'ascolto si è impennato alla fine della trasmisisone, quanto il confronto si è fatto più acceso, raggiungendo alle 23.07 la punta massima del 20,15% di share.

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DA IL MANIFESTO :

I DUELLANTI


In onda le due sinistre
Il presidente dei Ds e l'impiegato della Pirelli si sfidano in diretta a Ballarò
Massimo D'Alema «Mai paragonato Sergio a Gengis Khan. Ho solo detto che ci serve qualcuno che metta insieme, non un conquistatore»
Sergio Cofferati «Non ho mai escluso la possibilità di cercare insieme soluzioni. Ma è stata negata la legittimità di avere opinioni diverse»

ANDREA COLOMBO
ROMA
Confronto diretto, e con scintille, nonostante lo sforzo di tenere bassi i toni. Dopo la tempesta e le battute al vetriolo, Massimo D'Alema e Sergio Cofferati si trovano uno di fronte all'altro (o quasi, dato che il primo è a Roma, il secondo a Milano), negli studi di
Ballarò. Teso come una corda di violino, sfuggente, deciso a evitare lo scontro diretto il presidente dei ds e della Fondazione Italiani/Europei. All'offensiva, e in più vistibilmente offeso dalle accuse piovutegli addosso da una settimana, l'ex segretario della Cgil e presidente della Fondazione Di Vittorio. Si capisce dalle prime battute che a far finta di ninete, Cofferati non ci sta: «Da qualche giorno sono una risorsa della Mongolia, accusato di itenzioni scissioniste. C'è una vecchia tradizione comunista che non tramonta mai». D'Alema, invece, sguscia, evita il corpo a corpo: «Mai paragonato Cofferati a Gengis Khan. Ho solo detto che abbiamo bisogno di di qualcuno che metta insieme, non di un conquistatore, e per mettere nsieme ci vuole la pazienza unitaria, non solo la volontà unitaria». E' la riproposizione in pubblico del solito invito: Sergio, vieni con noi, entra nel gruppo dirigente dell'Ulivo.

La trappola è troppo vistosa perché il cinese possa cascarci. «Se ci fosero lecondizioni per una unità dei ds - risponde - sarei i primo a eserne contento». Ma per verificare se ci sono o meno serve la prova delle scelte reali, e l'impiegato della Pirelli le elenca una per una: «La guerra, i temi istituzionali, gli effetti della crisi economica, il welfare, le pensioni». Ma D'Alema sarà pure in palesi difficoltà, resta un leader abile si tira fuori dall'angolo immeditamente: «Un gruppo dirigente deve saper costruire le condizioni per l'unità, non limitarsi a verificare se siè tutti d'accordo. Figurarsi che a me mi hanno accusato di essere un traditore, ma come prodi ci metto unapietra sopra e dico `Basta, basta, basta' con il passato».

Pietra sul passato va bene, ma fino un certo punto. Almeno non quando il passato risale a meno di quattro giorni fa. «Non è la possibilità di cercare posizioni comuni che è stata negata, ma quella di esprimere opinioni diverse», risponde Cofferati. E' chiaro che quelle accuse di scissionismo al cinese proprio non sono andate giù. Ma è altrettanto chiaro che all'offesa si accompagna una strategia politica precisa. Quel che l'ex leader della Cgil vuole incassare da questa crisi è la piena legittimazine per la minoranza diessina, per l'ala sinistra dell'Ulivo, per i movimenti spontanei di proseguire sulla loro strada senza dover fare i conti con gli anatemi della leadership ufficiale. Non è poco. Sarebbe anzi una vittoria schiacciante. Sornione e tranquillo, Cofferati chiede una resa senza condizioni.

Dunque Sergio il movimentista finisce per tornare sempre a due leit motiv ricorrenti. Il primo: «Io voglio unire non dividere» Il secondo: «Per un partito, l'imperativo è tener vivo il dialogo con ciò che si muove fuori». Per D'Alema la partita è meno facile. Deve evitare di attaccare direttamente il popolarissimo rivale, e si vede che gli costa assai. La formula può essere solo una: affermare che le intenzioni dell'imioegato della Pirelli sono ottime, ma i risultati, ahimè, possono essere pessimi: «La politica ha bisogno di Cofferati. ma vorrei che venisse con noi. Altrimenti rischia oggettivamente di dividere, e non per una sua volontà scissionista». E ancora: «La passione politica non è monopolio dei movimenti. Contrapporre la forza dei sentimenti alla freddezza della politica politicante è qualunquismo».

«Nella sinistra - ribatte Cofferati - c'è una grande passione politica che non si tradurrà mai in qualunquismo». I toni sono da
noblesse oblige, ma nella sostnza è un rifiuto secco. Siglato, anche simbolicamente, dal no secco che il sindacalista contrappone alla proposta dalemiana di organizzare insieme, con le rispettive fondazioni, un convegno: «Scegli tu il tema, Sergio, sennò poi dicono che io sono prepotente». No grazie, Massimo: «Come se bastasse un convegno! Ne farei 12 di convegni, ma non è quello il problema».

Su una cosa sola, a conti fatti, i leader delle sinistre diverse e rivali andate in onda ieri sera sono d'accordo. La scelta del candidato dell'Ulivo non è argomento all'ordine del giorno. «E' l'ultimo dei problemi», risponde Cofferati al conduttore Floris che aveva messo in campo il ticket Prodi-Cofferati. E stavolta la risposta di d'Alema è lapidaria: «Sono completamente d'accordo con Sergio».

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DA - L'UNITA'

D’Alema e Cofferati, tra unità e sospetti
di Piero Sansonetti

Massimo D’Alema e Sergio Cofferati , dopo mesi di duello a distanza - a colpi di fioretto, di sciabola, di pistola - alla fine si sono incontrati in uno studio televisivo e per più di due ore hanno cercato - forse - un chiarimento. E’ stata una discussione civile, seria, ma sempre molto tesa. In ogni momento si è avuta l’impressione che un fragile equilibrio potesse franare all’improvviso per una parola di troppo, per una espressione ostile, per un riferimento offensivo al passato.

Alla fine però il bilancio è positivo. L’impressione è che un anno e mezzo dopo le elezioni per la prima volta il clima all’interno dei Ds segni un miglioramento, anziché la solita progressiva bufera. E che all’orizzonte, sebbene in modo ancora molto nebuloso, si delinei l’ipotesi di un ritorno a qualche forma di unità, o almeno alla sospensione della guerra permanente.

L’incontro è avvenuto durante la trasmissione televisiva “Ballarò”, sulla terza rete, condotta da Giovanni Floris. D’Alema è stato dal primo momento dell’incontro più conciliante. Cofferati a lungo ha tenuto un atteggiamento più freddo, più ostile. All’inizio del confronto sembrava quasi ignorare D’Alema, poi piano piano si è sciolto. D’Alema invece ha cercato subito la carta - per lui del tutto inusuale - della giovialità. Ha esordito, tra gli applausi, con un “ciao Sergio” che è stato il “titolo”, diciamo così, di tutti i suoi interventi successivi. Cofferati invece si è convinto a dire “Caro Massimo” solo dopo tre quarti d’ora di discussione.

Se dovessimo riassumere in poche frasi lo schema della “battaglia” ( o del “dialogo”), potremmo raccontarla così: Cofferati ha rimproverato alla maggioranza del partito, e quindi a D’Alema, di avere criminalizzato (ma questa parola non l’ha usata) la minoranza, accusandola continuamente di scissionismo. E in questo modo di avere impedito un dibattito franco sui problemi concreti che garantisse la legittimità di tutte le posizioni. E ha accusato D’Alema di ignorare la vitalità , la forza e la funzione indispensabile dei movimenti esterni al partito, nei quali sta il futuro della politica moderna e della moderna sinistra. D’Alema ha risposto affermando di non considerare scissionista né Cofferati né la sinistra dei Ds, e di ritenere necessario uno sforzo per federare le varie anime del centro-sinistra in modo da rendere credibile una proposta di governo. D’Alema ha proposto una gestione unitaria dei Ds (riprendendo l’idea lanciata giorni fa da Bassolino) e ha proposto a Cofferati di tenere un convegno su alcuni problemi di programma, facendolo organizzare alle due organizzazioni culturali delle quali D’Alema e Cofferati sono presidenti (”Il parito aspetta un messaggio di unità”). Cofferati ha detto di essere disposto, solo a condizione che in quella sede tutte le posizioni godano di uguale rispetto e possano confrontarsi liberamente e senza anatemi. D’Alema ha polemizzato - ma senza fare nomi - con gli organizzatori del convegno di Firenze. E in generale con coloro che invece di discutere sui problemi politici e di programma sembrano intenzionati solo a porre questioni di leadership ( “e dunque a delegittimare i gruppi dirigenti dell’Ulivo”). E poi ha anche fatto qualche battuta sulle responsabilità della sconfitta del 2001: «Eravamo in parecchi a dirigere l’Ulivo in quel periodo, poi , dopo la sconfitta, mi sono trovato da solo, e ne sono diventato l’unico responsabile....”.
Alla discussione hanno partecipato anche due giornalisti e uno studioso di politica, e cioè Paolo Franchi, Pigi Battista e Maurizio Viroli. Il duello si è basato non solo su ragionamenti generali, e abbastanza pacati, ma anche su moltissime battute. Cofferati ha iniziato raccontando di essere un po’ stupito di fronte al rapido mutare della scena politica: da scissionista, a risorsa, a interlocutore per una gestione unitaria... «E’ stato un cambiamento un po’ rapido, e durante questo rapido cambiamento di toni a un certo punto mi sono ritrovato ad essere una risorsa mongola...». D’Alema ha raccolto ridendo la battuta, che si riferiva ad una sua intervista nei giorni scorsi nella quale aveva alluso ad un paragone tra Cofferati e Gengis Khan. D’Alema si è difeso sostenendo che il riferimento a Gengis Khan non riguardava Cofferati e ha cercato anche di presentare un ritratto non troppo negativo del conquistatore dell’Asia.
Poi, quando si è arrivati al merito delle questioni, Cofferati ha posto tre problemi come terreno decisivo di verifica, sui quali sperimentare la possibile unità: l’atteggiamento verso la guerra, l’atteggiamento verso le riforme istituzionali e poi gli effetti della crisi economica, con la richiesta del governo di intaccare nuovamente il welfare e le pensioni. D’Alema ha detto che questi problemi non vanno affrontati come sfide per verificare l’unità, ma come questioni da risolvere, da protagonisti, cercando di costruire su di esse l’unità. Poi ha parlato dettagliatamente dell pensioni, e ha detto che non occorre una riforma delle pensioni, che è stata fatta già anni fa dal governo di centrosinistra d’intesa con il sindacato di Cofferati. Si tratta - come previsto in quella riforma - di verificare l’andamento economico e di decidere se sono necessari o no interventi correttivi.
Una parte consistente della discussione, alla quale ha partecipato anche il pubblico, si è concentrata sul rapporto tra partiti e movimenti. Cofferati ha esaltato la forza e l’utilità dei movimenti. D’Alema non l’ha negata ma ha rivendicato la forza dei partiti e ha contestao la pretesa “superiorità etica” dei movimenti: “vorrei che quando un cittadino si iscrive a un partito non fosse considerato uno che non sta più nella società civile...”.
Comunque il dialogo si è aperto, dopo mesi e mesi di muro contro muro. Restano molti sospetti reciproci. Da ieri sera, forse, qualcuno di meno rispetto all’ultima settimana di fuoco.

DA - LA REPUBBLICA.

A "Ballarò" il difficile dialogo tra l'ex leader della Cgil e il presidente Ds
L'ex sindacalista: "A Firenze nessuna incoronazione, voglio unità"
Le due strade della sinistra
Duello tv Cofferati-D'Alema

Il leader della Quercia: "I movimenti vogliono delegittimare
il gruppo dirigente. Basta parlare del passato"
di GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - Dicono tutti e due basta. D'Alema lo dice tre volte: "Basta, basta, basta parlare del passato, mettiamoci una pietra sopra come dice anche Prodi". Cofferati risponde con un altro stop: "Non dovete più tacciarmi di scissionismo, siamo liberi di esprimere opinioni diverse. Il vostro atteggiamento è strano, giovedì ero quello che sfascia la sinistra, sabato una personalità importante e il giorno dopo arriva la proposta della gestione unitaria. Facciamola finita con questa storia". Va in onda, finalmente, il vero braccio di ferro diessino tra il presidente della Quercia e il più famoso impiegato della Pirelli. Due ore di botta e risposta tra Gengis Khan ("Sono diventato una risorsa per la Mongolia", scherza il Cinese) e il professionista della politica ("Mi dispiace che Cofferati sia in collegamento da Milano, mi sarebbe piaciuto guardarlo negli occhi. Lo so che lavora alla Pirelli, ma anche noi lavoriamo"). Li ospita la trasmissione di Raitre "Ballarò" condotta da Giovanni Floris.

È un confronto duro, giocato sul filo dei sorrisi tirati, ma per il momento è un derby perché sia Cofferati sia D'Alema affermano di giocare per la stessa città, cioè lo stesso partito. Ma su come starci dentro hanno idee diverse. Indicano due strade molto lontane per la sinistra e l'Ulivo: sulle riforme, sulla società civile, sui rapporti con tutto quello che si muove all'esterno, persino sui sentimenti. Per l'ex premier il problema è chiarissimo: "I movimenti vogliono delegittimare il gruppo dirigente. Ma per mandare a casa Fassino, un segretario eletto democraticamente, o si chiede un nuovo congresso o si assaltano le sedi, non ci sono altri modi".

Comincia così quando si accendono le telecamere. Cofferati: "A Firenze non c'è stata l'incoronazione di un leader. Io voglio solo l'unità". D'Alema: "Innanzitutto, ciao Sergio". Parte la sfida a colpi di fioretto. Per il presidente della Fondazione Di Vittorio nei girotondi, nei no global, nei movimenti in genere c'è la "passione, l'energia, una novità forte che non vuole diventare partito, ma chiede di partecipare". D'Alema ribatte: "I movimenti sono importanti, ma non sono un fatto epocale. Firenze? Anche a noi è capitato di stare fino all'una di notte in un'assemblea, molte volte. E nessuno ha il monopolio delle passioni. E noi non siamo monolitici e stalinisti". E Cofferati risponde sulle ultime vicende del partito: "Io sarei felicissimo di realizzare l'unità della Quercia, ma si devono creare le condizioni. C'è un deputato dei Ds che mi insulta un giorno sì e l'altro pure e poi mi chiede di fare un gesto conciliante". Qui scatta l'appello a seppellire le polemiche del passato. "Io ho subito attacchi al limite delle calunnie", ricorda D'Alema. "Ma l'importante - aggiunge - è non essere spettatori perché volendo o non volendo noi siamo protagonisti in Parlamento e nel Paese". Anche sulle riforme, soprattutto sulle riforme invoca il presidente diessino. "Mi si domanda se ho fiducia in Berlusconi? No, anche per esperienza personale. Ma abbiamo il dovere di essere presenti con una nostra proposta, anche nel caso si andasse al referendum".

Cofferati la pensa diversamente: "Quella maggioranza è inaffidabile, non se andando al referendum dopo aver dato l'impressione di un confronto siamo avvantaggiati o meno". Il confronto si scalda, dopo qualche battuta defatigante come quella su un convegno comune delle due fondazioni. È la proposta di D'Alema. Cofferati sorride: "Ne possiamo fare dodici di convegni non è questo il problema". Per l'ex premier sarebbe importante, ma insomma si capisce che non è sufficiente. "Sottovaluti il nostro mondo, non siamo burocrati. E nel vecchio Pci è capitato tante volte che un dirigente scaldasse il cuore, facesse piangere la gente con un discorso, ma non per questo sono diventati segretari del partito". Con la sua imperturbabilità Cofferati insiste sul coinvolgimento dei movimenti, sull'apertura a forza fresche. E D'Alema ammette: "Tu sei una forza fresca, forse noi abbiamo avuto un logoramento e infatti ilo oggi sono solo presidente del mio partito, una carica che conta poco". E Cofferati, pronto: "Tanto che l'avete offerta anche a me". "Allora toglietemi dai vostri bersagli preferiti". Per quello, è la replica del Cinese, ognuno se la cava da solo".

Per D'Alema è inaccettabile che il confronto a sinistra avvenga su un piano etico, addirittura sul primato etico. "Con Flores ci conosciamo da anni, facciamo tutti e due parte della sinistra da tempo. Non accetto però che ora lui si presenti come il paladino della società civile e io sarei il rappresentante della partitocrazia corrotta". E torna il tema della delegittimazione: "Il problema è che quel gruppo così facendo rimane al suo posto e si dà un vantaggio a Berlusconi". Con un sospiro Cofferati ammette: "Sì, se si facesse un congresso vincerebbe ancora la stessa maggioranza". Ecco perché la partita è anche fuori dal Botteghino.

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DA - L'UNITA'

Prodi scuote l'Ulivo: basta liti sul passato. E Fassino: subito porte aperte ai movimenti
di n.a.

«Basta» parlare del passato.

Prodi replica così a chi gli chiede di commentare le polemiche sulla caduta del primo governo dell’Ulivo da lui presieduto. Il centrosinistra «litiga» ancora oggi attorno a quella vicenda politica? «La mia risposta è basta, basta, basta - afferma il presidente della Commissione Ue - Ed è una risposta molto meditata».

Voltiamo pagina, non rivolgiamo più la testa all’indietro: questo nella sostanza il messaggio spedito da Strasburgo in direzione dell’Italia. Finiamola di imputare a questo o a quello la fine di una esperienza di governo. Guardiamo avanti, invece. Rivolgiamo l’attenzione al futuro.

«Abbiamo la possibilità di avere una guerra - ricorda l’ex presidente del Consiglio - Ci sono i problemi dei nostri giovani, la scuola, la ricerca. C’è la disoccupazione. Abbiamo una società che deve coagularsi sui suoi ideali....». Pensiamo a questo, perché del passato «ne abbiamo parlato anche fin troppo».

Le parole di Prodi giungono a Roma al termine di una giornata caratterizzata da un clima più disteso dentro il centrosinistra e dentro la Quercia. I capigruppo parlamentari dell'Ulivo hanno deciso ieri di convocare nelle prossime settimane deputati e senatori per discutere della situazione internazionale e della guerra, ma anche di riforme istituzionali (è stato approvato un documento che approfondisce il testo elaborato dai segretari l’8 gennaio).

Due assemblee distinte, per soddisfare le richieste delle diverse anime della coalizione. La posizione dell’Ulivo sul possibile conflitto all’Iraq? «Come dice anche l'alto rappresentante Ue, Solana - spiega Luciano Violante - oggi non c'e alcun fatto che legittimi una guerra».

Sempre ieri, dopo l’eplodere delle polemiche sul rapporto con Sergio Cofferati, si è riunita la segreteria della Quercia. Un Forum permanente che consenta un confronto produttivo tra movimenti e Ulivo, ma anche un ufficio del programma che riunisca assieme partiti e istanze della società civile che si riferiscono al centrosinistra: questa la posizione con la quale Piero Fassino si presenterà al vertice dell’alleanza previsto per domani.

Il gruppo dirigente della Quercia ha dato semaforo verde, anche, alla proposta di realizzare una «gestione unitaria» del partito. La maggioranza congressuale, nella sostanza, raccoglie e rilancia l’appello di Antonio Bassolino per un nuovo rapporto con il "correntone".

Ieri, tra l’altro, Piero Fassino ha incontrato in Campidoglio Walter Veltroni considerato uno degli sponsor più convinti della gestione unitaria della Quercia. Attuale ed ex segretario Ds si sono trovati d'accordo sull'opportunità di rilanciare l'Ulivo, a partire dal rapporto con i movimenti e le associazioni, facendo convivere i partiti e la società civile. Fassino e Veltroni, inoltre, hanno convenuto sulla necessità di rafforzare la sinistra e i Ds per mettere questa forza a disposizione della coalizione.

Marcia spedita verso la gestione unitaria, quindi? «La proposta era stata avanzata in primo luogo da Fassino già a Pesaro», ricorda Vannino Chiti al termine della segreteria diessina. Il coordinatore del gruppo dirigente di via Nazionale precisa, poi, che «governo unitario del partito non vuol dire annacquare le differenze, ma un'assunzione di responsabilità comune per quello che riguarda le decisioni importanti per la vita del partito». Chiti non esclude, peraltro, che si possa arrivare ad un allargamento della segreteria ad esponenti della minoranza. Anche se questo, precisa, «non è l'unico modo possibile per realizzare un governo unitario del partito».

Fassino, nella sostanza, «ha la volontà di trovare vie e strumenti idonei, nessuno escluso». Il suo intervento al direttivo Ds di venerdì scorso? Secondo Chiti il richiamo del leader della Quercia «ha prodotto nel merito della manifestazione di Firenze un riscontro positivo nel senso di un impegno unitario. Ora a tutti sono richiesti fatti coerenti».

In questo quadro si inserisce la proposta rivolta alla minoranza di gestire assieme i Ds. Già in Toscana, in Emilia, a Milano, a Roma e in altre realtà, tra l’altro, la Quercia viene guidata unitariamente da maggioranza di Pesaro e correntone. Trasferire queste esperienze a livello nazionale? Il coordinatore della minoranza diessina, Vincenzo Vita, è possibilista. Ma a precise condizioni. «Parlare di gestione unitaria non è ovviamente un tabù - spiega - Ma non si possono scambiare gli assetti interni con l'esigenza di un chiarimento politico sui contenuti». È dall'esito di questo confronto che «possono discendere conseguenze organizzative».

In ogni caso, però, «è positivo che si stia svelenendo il clima interno ai Ds. Mentre in questi giorni si erano toccate soglie di polemica davvero rischiose per l'unità, e usate parole francamente eccessive. Ora - aggiunge Vita - si sta ricostruendo un doveroso filo di confronto che ha nella conferenza programmatica il suo punto essenziale di verifica».

Gestione unitaria? Giorgio Mele, della sinistra Ds, è scettico. «I motivi di dissenso non sono banali - spiega - pensare di risolvere tutto con un atto volontaristico è sbagliato».

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

D’Alema-Cofferati, duello in tv tra sorrisi e veleni

«E’ vero, si vuole delegittimare la dirigenza del partito». «Finiamola con le accuse di scissionismo»

ROMA - Un partito. Lo stesso. Due anime. Diverse. Due progetti. Quasi all’opposto. Il confronto televisivo funziona. E svela un po’ alla volta le differenze tra i duellanti della sinistra. Tra sorrisi e veleni. Massimo D’Alema sta a Roma, nello studio di Ballarò , Sergio Cofferati in collegamento da Milano, ma anche a distanza l’aria sembra elettrica. L’ex leader della Cgil lancia la prima freccia avvelenata: «Da pochi giorni sono diventato una risorsa della Mongolia». Risponde il presidente della Quercia, che l’aveva appunto ribattezzato Gengis Khan: «Più che un devastatore fu un grande conquistatore. Ma noi abbiamo bisogno di un confederatore, di qualcuno che sappia fare unità». Sullo sfondo di questa attesa puntata del programma condotto da Floris, alla quale partecipano anche i giornalisti Paolo Franchi del Corriere e Pierluigi Battista de La Stampa , c’è l’assemblea di Firenze, Nanni Moretti e i suoi girotondi. E alla fine il «nodo» delle riforme. Ma al di là delle battute, alcune davvero aspre, si scopre che i due sono rivali fino in fondo, tanto da non essere d’accordo su quasi nulla.
Il linguaggio, almeno, è comune. Tanto che subito viene affrontato un tema ricorrente nel vocabolario diessino come lo «scissionismo», accusa che il presidente della Quercia lancia in modo assai diretto quando parla del «rischio di delegittimare il partito».
Contrattacca Cofferati: «Vorrei solo avere la possibilità di esprimere opinioni diverse senza essere tacciato di scissionismo». Ribatte D’Alema: «Ma pensi davvero che il nostro partito sia così monolitico?». E l’ex segretario della Cgil lo pensa davvero: «Sai bene che nel nostro costume politico essere scissionista è la cosa peggiore. Come un’anatema».
Poi si scende nel merito. A esempio le pensioni. Per il presidente della Quercia «bisogna valutare se c’è qualcosa da cambiare». Cofferati invece lo esclude.
Si passa ai girotondi e D’Alema arriva a parlare di «riflesso della cultura qualunquista». E ancora, rispondendo a Nanni Moretti che lo accusa di avere fatto perdere le elezioni: «Anche in quella sala di Firenze c’era qualche responsabile della sconfitta». Cofferati invece è convinto che siamo di fronte «a migliaia di giovani che esprimono grande generosità politica». E che «non sono estremisti».
A un certo punto D’Alema lancia la proposta di un convegno tra le due fondazioni,
ItalianiEuropei (la sua) e quella che porta il nome di Di Vittorio (quella di Cofferati). Ma incontra il gelo dell’ex segretario della Cgil: «Il problema non siamo noi, ma tutte le energie che si esprimono fuori del partito». Risposta al veleno di D’Alema: «Dici di non essere scissionista, ma queste posizioni rischiano oggettivamente di esserlo». Fino alla battuta sul presidente della Quercia «incarico che conta poco». Ribatte Cofferati: «Così poco che avevi pensato a quel ruolo per me».
E fino allo scontro totale, quello sulle riforme istituzionali. Per D’Alema non ci sono dubbi: «Bisogna andare al confronto perché dire no è sarebbe un regalo alla destra. E poi se diciamo di no c’è solo l’arma del referendum. E lo perderemo». Per Cofferati invece sarebbe un grave errore accettare il dialogo: «Per il presidente del Consiglio è solo un grande diversivo di fronte alla crisi economica che preoccupa diecimila volte di più il Paese». Fine del primo duello, in attesa di nuovi eventi. Mentre il fantasma di Prodi, più volte citato nella trasmissione, e la questione della leadership del centro sinistra, vengono rimandati da entrambi (per convenienza) a tempi migliori.

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

Sergio, Massimo e la «condanna» a una astiosa solidarietà

Cofferati, che era arrivato senza clamori, ha evitato cautamente ogni ostentazione, come per dimostrare che ripone la sua fiducia unicamente nelle masse, le masse, e perciò ha irriso alla ingenua proposta di risolvere il duello in un convegno, e sorridendo ha rifiutato la poltrona: «Per te vale così poco che la offri pure a me». Probabilmente ciascuno dei due aveva qualche riserva e dubitava della saggezza dell’iniziativa, il vero duello sarà infatti combattuto in una lizza più vasta. D’Alema ha ricordato che la società civile non è, non può esser fatta dai soliti professori annoiati che cercano di speziare la loro vita quotidiana, ma Cofferati ha ripetuto che i partiti sono ormai leggeri, ben più leggeri dei movimenti. Il leader del movimento e quello del partito si contendono la sinistra. Ma anche chi vince si metterà nei guai.
Sicuramente, dunque, né D’Alema né Cofferati avevano intenzione, ieri sera, di battersi davvero, ma la commedia doveva essere recitata sino in fondo. Cofferati voleva la presenza in trasmissione di un giornalista «più di sinistra», poi ha fatto notare che D’Alema, stando in studio, giocava in casa. Ma è vero, come ha denunciato D’Alema, che il collegamento di Cofferati da Milano ha tolto fisicità all’incontro, ha introdotto una simulazione nella simulazione, ha allontanato la realtà, e alla fine li ha aiutati tutti e due a mentire.
Dunque la televisione, molto meglio di un girotondo o di un comizio o di una riunione del comitato centrale, pantografando la faccia vincente e messianica di Cofferati e gli spigoli perdenti e umiliati di D’Alema, esteticamente ci ha mostrato che il destino che li separa li sta facendo complici, perché nessuno dei due, vincendo, potrà fare a meno della sofferta investitura dell’altro, e perché la materia del contendere, rifare la sinistra e portarla alla vittoria, è troppo più pesante di loro, e potrebbe far comodo dar la colpa a chi ha remato contro, alla demagogia di Cofferati o alla nomenklatura di D’alema.
C’è sempre una furbizia della storia quando si manca un duello. Se qui nessuno davvero vuole e può eliminare l’altro, è anche perché presto l’uno potrebbe diventare l’alibi dell’altro.

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DA - IL CORRIERE DELLA SERA

LE TAPPE
DELLO SCONTRO

8 GENNAIO Cofferati accusa
Cofferati in un’intervista al Corriere dichiara: «Macché scissione, io credo nei partiti ma il Pci di una volta parlava alla società». E ancora: «Per un voto che si guadagna al centro se ne perdono due a sinistra»
10 GENNAIO
Fassino risponde
Fassino replica: «Ne ho le tasche piene di chi vuole delegittimarci». E ancora: «Chi punta a dividere il nostro partito si dedica a un’impresa disperata»
11 GENNAIO
D’Alema replica
D’Alema accusa Cofferati di «infantilismo e autogol». Quindi dice «no a calcagnate e intimidazioni a Fassino»
11 GENNAIO
Il Cinese a Firenze
Cofferati sale sul palco del Palasport di Firenze al fianco di Nanni Moretti: «Voglio parlare a tutti». Quindi attacca i Ds per l’apertura sul premierato proposto da Fini
12 GENNAIO
Apertura dall’Ulivo
Fassino e Rutelli aprono le porte a Cofferati: «Partecipi a costruire il programma della coalizione, coinvolgiamo i movimenti»
13 GENNAIO
Le condizioni
Cofferati vuole un’altra proposta per l’ufficio di programma. E sottolinea: «Il mio contributo non può essere distinto da quello dei movimenti»
23 LUGLIO 1999
L’ultimo confronto
L'ultima volta che D'Alema (presidente del Consiglio) e Cofferati (segretario della Cgil) si sono confrontati in pubblico è stato il 23 luglio del 1999 a una festa dell' Unità a Roma

 

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DA - IL RESTO DEL CARLINO

TONI PACATI MA RESTANO LE DISTANZE.

ROMA, 14 GENNAIO - Rimane intatta la distanza tra Massimo D'Alema e Sergio Cofferati sul tema del possibile dialogo con il centrodestra sulle riforme istituzionali.


A conclusione di un confronto televisivo durato più di due ore alla trasmissione «Ballarò», i due si sono confrontati su partiti e movimenti, trovando anche punti di possibile intesa mentre sulle riforme il contrasto è rimasto inalterato.


«Dire no è fare un regalo e non è una posizione più forte ma più debole» ha sostenuto D'Alema difendendo la linea dell'andare ad un confronto con la Casa delle libertà. «Non è la priorità. Hanno introdotto questo tema per creare un vistoso diversivo», ha ribattuto Sergio Cofferati sostenendo, per l'ennesima volta, su un tema di questa natura l'interlocutore non è affidabile e l'ha già dimostrato nella Bicamerale.


Secondo l'ex segretario della Cgil «certo l'Ulivo deve avere il suo progetto ma non deve accettare questa priorità». D'Alema si dice d'accordo« con Cofferati sul fatto che non sia la priorità e aggiunge: "Sono d'accordo che sia un
diversivo ma Berlusconi ha lanciato una sfida, parla al paese e dice agli italiani 'sarete voi a decidere, voi a scegliere e non più i partiti. Prospetta così la sua riforma. E noi - si chiede D'Alema - che facciamo, siccome non è la priorità non rispondiamo?". Secondo D'Alema se l'Ulivo non replica a quella sfida con le sue proposte "non appare più forte" ma anzi rischia "di essere battuto".


Cofferati, però, non ci sta e dice: "Con la forza parlamentare che hanno è scontato che possono fare le riforme ma ci sarà un referendum e noi dobbiamo prepararci a batterli". Il 'cinese' insiste sul fatto che "mancano le condizioni per avviare un confronto" visto che, a suo avviso, Berlusconi ha dimostrato abbondantemente" di non essere affidabile. 'non sono risolti i problemi del conflitto di interesse.


D'Alema però insiste ricordando che in Parlamento unico luogo del confronto possibile, l'Ulivo deve accettare la sfida e ricorda: «Caro Sergio tu al tavolo del confronto ti sei seduto. Non ti sei chiesto preliminarmente se è affidabile. Poi hai visto che non c'erano le condizioni e ti sei alzato. Allora - sottolinea il presidente dei Ds - quando hai indetto lo
sciopero generale eri più forte».


Questo argomento finale di D'Alema però non convince il cinese secondo il quale l'Ulivo non può aprire un confronto con chi svia dai problemi più importanti quali, a suo avviso, «il declino economico» del suo paese.

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DA - LIBERAZIONE

Ds, intervengono tutti. E Mussi scrive a D'Alema Girotondo cinese Frida Nacinovich Cofferati: salvatore del partito o Gengis Khan?

Piero chiama Antonio che sta a Napoli: «Bravo - gli dice - mi sei piaciuto». Subito Cesare fa sapere a Piero che farebbe meglio a fare il segretario del partito, anziché passare il suo tempo al telefono. Intanto Livia dice di apprezzare lo spirito di unità di Antonio. Ma attenzione, avverte Giuseppe: «Nell'Ulivo non ci sono solo i Ds». E Fabio scrive a Massimo: «Caro mio, non è che in Puglia i Ds abbiano fatto il pieno dei voti. Tutti dobbiamo rimetterci in discussione». Già che c'è anche Pierluigi dice la sua: «Non ha senso dividerci fra cedevoli e intransigenti». Non è l'ultima puntata di "Un posto al sole", ma un'ordinaria giornata di polemiche sotto la Quercia. Con una novità: oggi tutti (tranne Caldarola) si dicono d'accordo con Antonio Bassolino. Il presidente regionale della Campania ha semplicemente fatto l'ennesimo appello all'unità del partito. Ma tant'è, Piero Fassino alza addirittura il telefono per congratularsi con lui, Livia Turco dice che sì, questa è la strada giusta, e anche Pierluigi Bersani si mostra disponibile. «Non possiamo continuare a parlarci per mezzo dei giornali». Da parte sua Cesare Salvia avverte che «la maggioranza del partito deve cambiar registro nei confronti della minoranza», mentre per Fabio Mussi «serve un ripensamento visibile di linea». Qualcosa si muove.

Di che stiamo parlando? Cofferati e i girotondi, o un girotondo intorno a Cofferati? L'ultima diatriba riguarda l'ufficio di programma che Rutelli e Fassino starebbero promuovendo per rilanciare la coalizione. Cofferati è il primo della lista: tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Eppure c'è chi lo chiama Gengis Khan, chi l'uomo della provvidenza, e c'è chi lo definisce né più né meno che un estremista. E questo dentro il suo partito, sia chiaro. Da parte sua l'ex segretario della Cgil che si autoconsidera un riformista (ma è stato subito definito un peggiorista) si è detto interessato, ma ha posto come condizione per entrarne a far parte che venga esteso anche ai movimenti. Senza le anime della società civile, quelle che l'hanno incoronato a Firenze leader della "cosa", il cinese si terrà lontano da qualsiasi organismo politico.

Questo non significa che il gruppo dirigente debba subire «contumelie e delegittimazione», ribatte subito Gavino Angius. Il capo dei senatori della Quercia giudica con una certa durezza il rapporto degli ultimi giorni con l'ex leader della Cgil. Va detto però che dopo il palasport di Firenze nell'intero centrosinistra c'è aria di burrasca evitata. Antonio Bassolino si mette il cappello da pompiere. E sostiene poi che «l'invito rivolto all'ex segretario della Cgil di lavorare all'elaborazione del programma del nuovo Ulivo sia la via giusta e realistica per impegnarlo in un sforzo politico più collegiale».

Intanto Cofferati tira dritto per la sua strada, impegnatissimo in conferenze in giro per l'Italia. Ora è a Milano, a parlare con professori ed economisti di lavoro, diritti e del Patto per l'Italia. Non mancherà un accenno alle pensioni: un altro fronte, un'altra occasione per dire che Fassino sbaglia quando dice che bisogna innalzare l'età pensionabile. Ma guarda un po', quando il diavolo ci mette la coda... «Se D'Alema sulle pensioni, Napolitano sulla guerra, Fassino sulle riforme istituzionali, sostengono posizioni legittime ma diverse da quelle della minoranza, risulta complicato condividere la conduzione politica. A differenza di Bassolino - sottolinea Gloria Buffo - credo sia un retaggio del passato pensare che posizioni distinte debbano per forza essere associate in una segreteria comune. C'è già il partito che è la casa di tutti». La deputata diessina si rivolge alla maggioranza chiedendo anche «più equilibrio: un giorno siamo gli anti partito, e di noi si hanno le scatole piene, e il giorno dopo ci si chiede di gestire insieme la Quercia». Alla fine le scatole si possono anche rompere.

Uno che non ce la fa proprio a sottoscrivere una tregua è il deputato di Gallipoli. «Non voler dire sempre e per forza dei no non equivale a voler dire sempre sì a Berlusconi». Massimo D'Alema, parlando ad un'iniziativa organizzata da una sezione dei Ds a Roma, invita a sgomberare una volta per tutte dal tavolo il sospetto sulla sua persona e sulla dirigenza Ds di voler realizzare a tutti i costi intese con il centrodestra. «Di processi per tradimento nella storia della sinistra ne abbiamo visti. Ma dello stalinismo ci siamo liberati nel 1956». «Berlusconi - dice ancora D'Alema - finora l'ha mandato a casa uno solo, il sottoscritto. Io ho preso in mano il partito all'opposizione e l'ho portato al governo. Ora ne aspetto un altro: io sono sempre pronto. Ma lo aspetto alla prova dei fatti, non dei discorsi». Della serie, come si rivisita la storia recente della politica italiana. In senso dalemiano naturalmente.

Sulle riforme, il portavoce forzista Sandro Bondi non ha dubbi (nessuno peraltro ne dubitava). «Trattare con questo Ulivo pendente verso la deriva massimalista-cofferatiana non porterebbe ad alcun risultato». Almeno un risultato Moretti e Cofferati lo hanno ottenuto, di questo va dato loro merito. Il girotondo della politica lo hanno momentaneamente fermato.

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