RIPENSARE
LHANDICAP Incontro con lAlterità di operatori, servizi e famiglie. Convegno a cura della rivista Pedagogika, con il patrocinio della città di Arese e il contributo della cooperativa sociale Stripes - Ottobre 2004. Oltre le diverse interpretazioni, le lungimiranti intuizioni, le intenzioni benpensanti, riguardanti lemergenza handicap, i vari interventi educativi, medici e riabilitativi, a livello professionale, di tipo operativo, risultano spesso "nascosti", non evidenti, perché l"altro", il portatore di diversità ed alterità, è fonte di timore, paura e soggetto a segregazione, emarginazione e pregiudizio. Unevoluzione positiva dellintervento professionale, operativo e riabilitativo, si auspica mediante una presa di coscienza generale di ciascun soggetto in causa, dalleducatore, allo psicologo, al famigliare, coinvolti nellincontro quotidiano con questo sintomo del male sociale, con risvolti individuali e risposte spesso individualistiche ed egoistiche dove la quotidianità nella sua complessità, sfugge alle maglie attanaglianti delle rappresentazioni, che escludono le difficoltà e riducono spesso il problema allambito del diritto e delluguaglianza. Gli interventi corretti rivolti ad handicap gravi non devono avere origine in un umanitarismo pietistico o masochista, ma nel rispetto dei diritti e nella consapevolezza che lazione professionale ben fatta a favore del diversamente-abile, volta al bene sommo del "diverso", è vantaggiosa per lintera società che riscopre, nellapertura verso le insondabili e poliedriche sfaccettature, le polimorfe caratteristiche dellumano, dei valori inalienabili, insostituibili, imprescindibili ed arricchenti per una civiltà purtroppo votata al consumismo e al rifiuto dellinefficienza come la nostra. Dunque il rispetto, il confronto, la tolleranza positiva e non pregna di sufficienza e recondito disprezzo, il dialogo costruttivo, linterscambio di opinioni, il contatto con ogni aspetto, peculiarità e carattere di "alterità" che permea lesistenza umana e la sua ontologia. Gli interventi a favore dellhandicap devono incentrarsi su principi di socializzazione, suscitare stimoli socializzanti e non segreganti, che inibiscono la capacità del dialogo, dellinterscambio dia-logico, nellassenza di abilità relazionali e socializzanti: la necessità di raggiungere risultati positivi nellazione operativa, di conseguire una giusta integrazione, buoni livelli di autonomia, sono obiettivi fondanti presi in carico da tutta la comunità sociale ed educante. Abbandonare il problema handicap a se stesso significa impoverire una comunità e aprire una ferita profonda sul piano culturale, a partire dal nucleo famigliare del disabile che diventa decisivo con la sua centralità affettiva, in quanto non deve permettere di ridurre il figlio a un caso, a una categoria di disabilità, ad unutenza, indirizzato da "politiche societarie" che valorizzano la soggettività sociale, le reti associative e di volontariato e le relazioni interfamigliari, attribuendo rilievo alla centralità dei legami familiari e societari. Lintervento riabilitativo non dovrebbe dunque esasperare la differenza, facendo di questa stessa peculiarità la stigmate stessa dellemarginazione. La segregazione è un fenomeno imperante e omnipervasivo. Le risposte alle esigenze dellhandicap vanno fornite in organizzazioni di servizi come per altri cittadini. Unazione riabilitativa corretta deve permettere al soggetto di vivere in modo agiato la città e il quartiere, evitando lemarginazione segregante in centri residenziali, con eccessivo concentramento di persone. Occorre consentire unequa distribuzione sociale del peso materiale e psicologico che non dovrebbe gravare totalmente nellambito della famiglia, penalizzandola. In questottica olistica di intervento risulta auspicabile ladozione di piccole comunità residenziali o semiresidenziali, interventi qualitativi come servizi aperti che facilitino linterazione e la partecipazione di tutti i soggetti in causa: gli operatori, il personale medico e riabilitativo, gli educatori e i famigliari, che possano interagire nellambito di servizi collocati in zone abitate, facilmente raggiungibili e accessibili, perché lobiettivo principale, il focus fondamentale sotteso allazione di ogni intervento consiste nellintegrazione. I miti della società delleffimero Una società fondata sul principio del valore e della sopravvivenza del più forte presenta notevoli svantaggi perché conferma principi ancestrali e primordiali quali il culto della potenza fisica, la rivalità, linimicizia, il dissidio, la supremazia e il principio di onnipotenza che emargina o addirittura annienta i più deboli. In una società che incoraggia la competizione economica, il successo del potere, la supremazia dell'arroganza rispetto al dialogo rispettoso e al confronto pacifico, vengono abbandonati principi valoriali basati sulletica, fondati sulla giustizia che stimolano alla solidarietà ed alla cooperazione solidale per lemancipazione personale di ogni singolo e distinto individuo, in quanto portatore di una insita diversità. Una civiltà, una società, una comunità basate sul principio di potere e di onnipotenza, fondate sul primato delleconomico, in unottica massificatrice ed edonistica del tempo libero dove riecheggia leco del prestigio del dio denaro in chiave strettamente consumistica ed aleatoria, per raggiungere gli scranni del potere con politiche delleffimero, queste portano di conseguenza ed inevitabilmente, come anche la Storia insegna, allesclusione degli infermi, dei deboli, delle minoranze, degli anziani, insomma dei diversi, e come è stato, al loro annientamento. In base a questi presupposti si deduce che il problema, la questione handicap può arricchire una società di valori e principi di apertura al dialogo tra diversità, in un "mito" che qualcuno sta vivendo in una nuova civiltà che finalmente vede nel più debole non più un perdente, ma unoccasione per provare e dare Amore. |