LA DIDATTICA DELLA STORIA TRA RICERCA E TESTIMONIANZA [1]

La didattica della Storia ha preso ipotesi, assunto forma e contesto da quando è stata istituita, per volere del parlamento italiano, il 27 Gennaio 2000, la Giornata della Memoria, per cui si è presa l’abitudine di trattare in maniera abbastanza vistosa questo tema nelle scuole, con qualche pericolo e rischio che si annida nell’ostentazione della celebrazione, ossia dell’evento storico soggetto a commemorazione che diventa memoria collettiva, ma in accezione eminentemente celebrativa. Tale ricorrenza episodica dell’atto della commemorazione come vacuo teatro di simbologie da riesumare dall’antro oscuro del tempo, non aiuta, né favorisce un insegnamento della Shoah scevro dalla partecipazione a qualche episodio celebrativo o evento sporadico perché non è utile e non genera un apprendimento che si iscriva nelle anime degli studenti. L’insegnamento della Shoah intesa come Olocausto e sterminio di tutte le diversità all’interno del tessuto sociale, molte volte è affidato all’insegnamento del testimone.

Si tratta di un’operazione pericolosa se rimane confusa. Il ruolo del testimone è fondamentale ed educativo se iscritto all’interno di un percorso didattico, di un ciclo di narrazioni di testimonianze e lezioni mirate alle tematiche concentrazionarie, altrimenti si ottiene una partecipazione emotiva, ma non sostenuta dalla ricerca storica e dall’insegnamento emotivo, per cui l’esposizione risulta troppo superficiale.

Quindi coesistono due polarità. Da una parte la ricerca storica, la didattica della Storia e della Shoah, dall’altra il ruolo della testimonianza. Solo attraverso una sinergia di questi due elementi, attraverso un confronto, si può costruire una didattica capace di incidere realmente nel percorso scolastico degli studenti.

Attualmente la filosofia si è confrontata con questa drammatica pagina del ‘900, ma non ha elaborato una riflessione per mezzo della quale abbia messo al centro del suo pensiero questo aspetto, l’Olocausto, appunto.

Sussiste una profonda motivazione per cui la filosofia, specie in accezione teoretica, ama poco scendere sul “banco da macelleria della Storia”, come affermava Hegel, perché lì gronda il sangue…E allora molti nella filosofia tendono ad avere una riflessione nuova, scevra di violenza.

Ma la filosofia se non si occupa anche di questo “banco da macellaio”, viene tradendo quella che Cattaneo chiamava “la milizia filosofica” perché fare filosofia significa soprattutto prendere posizione.


[1] Annotazione all’incontro L’INSEGNAMENTO DELLA SHOAH TRA TESTIMONIANZA E RICERCA, in occasione della presentazione dei volumi IL CORAGGIO DI VIVERE, Monti 2004 di NEDO FIANO e IL PRESENTE HA UN CUORE ANTICO, Thèlema 2004 a cura di ALESSANDRA CHIAPPANO e FABIO MINAZZI. Con gli autori ALBERTO CAVAGLION, NEDO FIANO, ALESSANDRA CHIAPPANO, FABIO MINAZZI