LA GRAZIA PRESIDENZIALE

di Alessandro Mezzano

In uno Stato di diritto e per di più democratico, l’istituto della “GRAZIA” è un non senso ed un anacronismo.

Un non senso perché lo Stato di diritto e la democrazia garantiscono a tutti i Cittadini tutte le garanzie di difesa dei diritti e del compimento dei doveri che sono la dote inalienabile di chiunque viva nella Nazione e sia quindi legittima controparte del patto sociale che lo Stato ha stipulato con gli individui.

Fatta salva l’imperfezione umana cui nulla può riparare, chiunque passi i tre successivi gradi di giudizio che la Legge prevede per i processi penali, subisce una sentenza che è la più giusta possibile e comunque assolutamente garantita e consona al diritto.

Un anacronismo perché l’istituto della grazia è un retaggio arcaico di epoche in cui il potere assoluto era detenuto dal monarca o da un dittatore che poteva anche giudicare e comminare pene senza essere vincolato né da una Costituzione, né da una Magistratura indipendente e creava di conseguenza situazioni in cui la pena poteva essere ingiusta o sproporzionata o comunque viziata da ragioni  personali, di parte o politiche e quindi la grazia costituiva la scappatoia per riparare ad errori giudiziari comunque dolosi senza far perdere la faccia al potere!

Né lo Stato di diritto e la democrazia dimenticano la “pietas” per situazioni particolari per le quali esistono l’indulto e l’amnistia che, volutamente, sono estesi a categorie di reati e di delinquenti proprio per non creare la tentazione o suscitare il sospetto che un atto rivolto ad una singola persona possa avere motivazioni politiche, personali o propagandistiche e comunque non attinenti né al diritto, né alla “Pietas”.

E veniamo al merito del problema perché, se non ci si vuole nascondere dietro ad un dito, non si può, come ipocritamente fanno i Ferrara, i Boato e molta dell’intellighentia sinistrorsa o ex sinistrorsa ( e i voltagabbana sono i peggiori.!), nascondersi che il problema è nato, non per difendere le prerogative del presidente della repubblica, ma per liberare Bompressi e Sofri che sono stati condannati, in nome del popolo Italiano ed in otto gradi di giudizio, per l’assassinio del commissario Calabresi.

Al di là del fatto che Sofri non si è pentito, non ha chiesto la grazia, non ha scontato che pochissimi anni della pena comminatagli, che continua arrogantemente a contestare la legittimità di otto gradi di giudizio ( mai concessi a nessun altro imputato!), che viene costantemente invitato in TV a fare il “maitre a penser”, magnifico simbolo ed insegnamento per i nostri giovani che lo vedono, al di là di tutto questo ci sembra che il concedere la grazia a questo individuo e nel contesto sopra descritto, sia un gettare nell’immondizia un altro concetto basilare, una colonna portante del diritto e cioè la certezza della pena su cui solamente si può basare il potere deterrente verso chi, in spregio agli altrui diritti, delinque e reca danno ai Cittadini o alle istituzioni.

Proprio per salvaguardare questo principio, anche l’amnistia o l’indulto, presuppongono, per potere essere promulgati, che gli aventi diritto abbiano già scontato una congrua parte della pena comminata.

In caso contrario e quello di Sofri, che ha scontato solo pochi anni lo è, oltre che snaturare il concetto  di “perdono”, che la grazia sottintende, si darebbe la sensazione di voler riparare ad un errore giudiziario che, essendo difficile da credere dopo otto gradi di giudizio, avrebbe come effetto inevitabile, quello di delegittimare l’azione della magistratura che in questi tempi, di tutto ha bisogno meno che di delegittimazioni cui già provvedono quotidianamente un governo canagliesco ed un gruppo di media asserviti ad interessi privati!

Senza contare che, per il comune Cittadino, alla prova dei fatti, il diritto e la giustizia risulterebbero degli optional ..!