LETTERA AL
PRESIDENTE un italiano
Molti carri armati solcano il
deserto in cerca del nemico. Molte persone muoiono senza
conoscere chi è il nemico ed altre muoiono senza sapere
di essere nemici di qualcuno. In compenso altri si
arricchiscono senza che il sole del deserto gli bruci la
schiena.
In passato si faceva la guerra per espandere il proprio
dominio e impadronirsi delle ricchezze della terra
conquistata. Molte persone morivano di fronte alla
potenza del nemico, ed erano: uomini, donne e bambini.
Pochi secoli fa si facevano le guerre contro i cattivi,
gente senza il dio occidentale, e a differenza delle
guerre di conquista in queste morivano persone
potenzialmente deboli, ed erano: uomini, donne e bambini,
e ci si impossessava delle ricchezze del posto.
Oggi non si combattono più popoli senza il dio
occidentale, ma si fa la guerra contro il terrorismo. A
differenza delle guerre del passato, in queste guerre
muoiono uomini, donne e bambini, e chi vince si
impossessa delle ricchezze del posto.
Sono passati secoli, ma la guerra non è mai cambiata,
allora forse la guerra è soltanto questo: una scusante
per uccidere uomini, donne e bambini con lo scopo di
diventare sempre più ricchi. Fin quando il potere sarà
quantificato dalla ricchezza materiale, la guerra
cambierà il nome ma non l'essenza, e la povera gente
continuerà ad essere uccisa. Quando un popolo, o
anche un solo uomo, si erge sopra i popoli, questo è un
tiranno, un lupo famelico dal quale bisogna guardarci le
spalle. È un demone che ti porge la mano per succhiarti
lo spirito.
Quando parlo di uomini sopra i popoli, parlo di chiunque
manda altri a morire al posto proprio. Mi riferisco a
chiunque uccide uomini, donne e bambini che non sanno
neppure di essere nemici di qualcuno. E non c'è
giustificazione di fronte all'innocente che muore: nei
suoi occhi, ormai vitrei, c'è il riflesso di un
assassino e di nessun eroe.
Caro presidente,
le scrivo per onorare la mia italianità, perché
nonostante dirò cose apparentemente impopolari amo il
mio paese.
Le scrivo inoltre perché sono triste, perché fra tante
mie speranze, una delle fondamentali, mi si è frantumata
in milioni di pezzettini sparsi tra i resti degli
iracheni trucidati e dilaniati dalle nostre armi
"intelligenti". Io non ho ucciso quei bambini
dell'Irak che prima del nostro bombardamento amico
giocavano felici tra loro. Perché vede presidente
essendo in Irak come alleati dell'America, non posso
esonerare l'Italia da questo sterminio. Non si può
puntare il dito contro gli americani quando tutti i
giorni la feccia dell'Italia stringe la mano a Bush
garantendogli la nostra sempre encomiabile fedeltà
servile. Non come italiano, ma come Andrea mi dichiaro
solidale con il popolo irakeno e la resistenza.
Quando l'impero Romano dominava il mondo allora
conosciuto, la situazione non era poi tanto diversa da
quella che conosciamo oggi. C'era guerra tutt'intorno, e
benessere e sfarzo dentro Roma. I popoli servili e
placidi li si lasciava autogovernare a patto che
rispondessero ad ogni esigenza politica ed economica di
Roma. Le testimonianze del periodo subito dopo la morte
di Cristo con la distruzione del Tempio di
Gerusalemme ci illustra un pochino la politica
estera di Roma. Forse a quel tempo erano meno ipocriti e
non sponsorizzavano i massacri come esportazione di
"democrazia e di libertà", erano massacri e
basta. Di certo mancava uno strumento infido come la
televisione.
Ma non è questo che mi ha ferito, ma il fatto di non
aver più scusanti per la mia occidentalità. Ho sempre
pensato al passato come passato, e noi finalmente capaci
di imparare dal passato. Pensavo agli americani come
vittime della loro giovinezza. Oggi capisco che le cose
non stanno così. Finalmente e tristemente vedo un
passato che si trascina aggrappato a questo presente, ma
non per fatalismo, ma per la volontà di chi detiene il
potere che sono sempre gli stessi. La cosa che mi
spaventa maggiormente è che oggi viviamo un epoca di
povertà culturale da far invidia al periodo buio
dell'Europa. Non mi meraviglierei se oggi nascesse un
nuovo duce, perché il terreno è fertile e pronto per
partorire un nuovo diavolo.
Quando parlo di passato penso al colonialismo, alla
schiavitù, agli Aztechi, agli Indiani, alla Shoa, alle
due atomiche gettate con tanta disinvoltura sul Giappone,
al Vietnam, alla lotta dei negri d'america per il
riconoscimento dei diritti umani.
Pensavo che mai più l'umanità si sarebbe
macchiata di nuove guerre d'interesse economico; pensavo
che mai più avremmo massacrato popoli che vivono
tranquillamente per conto proprio per sfamare nuovamente
la nostra brama di potere e di ricchezza. Pensavo che la
mia generazione fosse migliore. La mia speranza è
finita per sempre. Adesso penso a tutti quei bambini e
persone innocenti uccise e alla mia impotenza per
dimostrarmi dalla loro parte. La mia generazione è stata
drogata e distratta dalla realtà. Viviamo con la testa
tra nuvole virtuali,e non comprendiamo quanta sofferenza
e quanta violenza esportiamo. Siamo così indifferenti
alla morte, alle atrocità, che oramai la televisione
può mandare in onda qualsiasi cosa. Non ho ben capito
se: perché non siamo più in grado di capire cosa è
virtuale e cosa è reale, oppure perché figli del
ventesimo secolo, di un secolo maledetto.
Agli Americani che si ritengono tanto benefattori e figli
innocenti ricordo che, i loro antenati, sono gli
stessi europei che hanno sterminato ogni etnia che si
sono trovati lungo il percorso, che si sono uccisi tra
loro per spartirsi un territorio che non gli apparteneva.
La loro terra sotterra i cadaveri degli unici americani
veramente innocenti.
Agli italiani voglio ricordare che non si può essere in
missione di pace alleati del paese sterminatore. Se siamo
con gli irakeni aiutiamoli a liberarsi dell'invasore
americano!
Voglio farmi nemici tutti.
Caro presidente, non parliamo più di sacrificio nel
ricordare le vittime di Nassiyria, che anche io ho
simbolicamente pianto. Gesù si è sacrificato, ma
non andando in guerra. Il sacrificio è ben lontano da
quello che fanno i soldati in Irak. Ci sono molte vittime
mute che ogni giorno muoiono nelle missioni in giro per
il mondo e quelli non beccano un quattrino per essere
lì. E non sono né dietro una fortezza, e neppure armati
dell'ultimo fucile che l'industria bellica ha costruito.
Se fossi soldato le scriverei la lettera cantata da Ivano
Fossati "caro presidente".
Un'ultima cosa, non parliamo neppure di nazionalismo, non
è il tempo e neppure il momento giusto. Troppo
spesso, ansi, sempre, questo spot si è strumentalizzato
e frainteso. Se parlo di italianità, voglio che lo si
faccia per esprimere una cultura particolare, un modo di
essere particolare, se poi è anche virtuoso la cosa non
guasterebbe ma non è il secolo giusto per ambire a
tanto. Italianità, come orgoglio nazionale assolutamente
no! Stiamo ancora curando le ferite di tale cultura
nazionalistica.
Comunque sia caro Presidente io la stimo,e sono contento
che sia lei il Presidente e non
altri.
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