BREVE RIFLESSIONE SULLA STORIA

di annamaria pompili

"Conosco molti giovani cui queste note parranno perditempo. " Perché discutere argomenti così vecchi? Un trascurabile scontro tra guardie bianche dell’imperialismo e una borghesia nazionale coltivata dai revisionisti sovietici. Il resto è dialettazione spirituale, umanistico decoro. Il solo modo di servire gli uomini è quello di accettare di essere inumani, non di discutere quel che già si conosce. " Hanno ragione, in una certa misura mi ridicono quello di cui cercavo di convincerli qualche anno fa. Vorrei rispondere: " Appunto, devo parlare di quanto non so ancora e vorrei sapere. Una piccola verità, anche ritardata, può essere utile. Non so ancora e trovo assai difficile sapere quale sia stata negli ultimi cinquant’anni la storia della piccola borghesia europea e italiana; e di me in essa, se permettete. Se vogliamo cambiare la realtà è bene sapere qualcosa di più su questo passato immediato. Se sono, io, cambiato, è a questo che lo debbo: a come i grandi eventi mondiali mi hanno costretto a interpretarmi sempre diversamente. Gli storici sono fin troppo bravi; ma lasciano qualche lacuna. D’altronde, queste pagine non sono una appendice al Giardino dei Finzi- Contini. Hanno un’altra pretesa: suggerire l’esistenza di alcune macchie lutee, insensibili alla luce normale. La forma autobiografica, dovrebbe capirlo anche un critico d’avanguardia, non è che modesta astuzia retorica. Parlo anche dei casi miei perché certo che solo miei non sono. Della mia "vita" non me ne importa quasi nulla." (F. Fortini, da "I cani del Sinai")

Come rimane attuale il dibattito sulla Storia. Ma quale Storia? Qual è la Storia su cui si deve dibattere? Ancora in un altro scritto Fortini affermò che una poesia rivela tutto della persona che l’ha scritto, tutto di lui e della società nella quale vive, segnalando il forte collegamento che c’è tra la scrittura e la storia. Un docente universitario ci ha raccontato che da giovane assistendo a una assemblea universitaria i "compagni" cacciarono dei partigiani dall’aula. Questo perché veniva liquidata la dialettica fascismo- antifascismo, liquidato il passato immediato, il nuovo scontro era tra studenti e società borghese basata sul neocapitalismo. Erano gli anni ’70, e solo venticinque anni prima s’era vista finire l’orda di violenze iniziata in Italia nel ’21. Ma già tutto si liquidava. Come tutt’oggi si liquidano gli anni di tangentopoli, della P2, etc.

Qual è la Storia che fa paura? Quella che parla ai vivi. Quella attuale, quella sempre in fieri per cui la nostra presenza individuale non occorre, ma viceversa noi ne siamo modificati. In noi è tutta la Storia. Scrivere di sé è scrivere del mondo che ci ha forgiati. E’ inevitabile. Si è figli di un tempo, e di uno spazio.

Ma la Storia è sempre stata scomoda. Quanti a Roma hanno dovuto pagare con la vita il solo fatto d’aver descritto male un imperatore?

La Storia ce l’abbiamo indosso come un vestito che troppo spesso dimentichiamo di mettere. E ce ne andiamo nudi e indifesi nel mondo in balia del primo che ci racconta una storia revisionata a piacimento. E ci offre un vestito nuovo, dicendoci che è fatto di una stoffa invisibile e pregiata e ci manda così orgogliosi per le strade, dove tutti sono nudi come noi, e dove quelli vestiti vanamente ci urlano di coprirci.

Come rimane attuale il libro di Orwell. Quel che è terribile è che non solo si censura il passato, ma addirittura il presente. Ed è la perdita del Presente che davvero mi preoccupa.