Restate con noi

di Yanar Mohammed,

presidente dell’Organizzazione per la libertà delle donne in Iraq (OWFI), marzo 2007, trad. M.G. Di Rienzo

(Nata nel 1960 a Baghdad, Yanar lasciò l’Iraq nel 1993 assieme al marito ed al figlio appena nato. In Canada lavorò con altre donne irachene fondando l’organizzazione “Difesa dei diritti delle donne irachene” nel 1998: i rifugi che tale gruppo creò in Iraq hanno salvato dagli “omicidi d’onore” numerose donne. Nel giugno 2004, l’associazione ha cambiato nome, diventando l’Organizzazione per la libertà delle donne in Iraq, e si è trasferita in Iraq. Yanar edita a Baghdad un giornale chiamato “Eguaglianza” (Al-Mousawat). Oltre ad essere un’attivista, Yanar è un’artista e un’architetta. Uno dei suoi murales in ceramica adorna l’entrata della sede della Federazione Arabo-Canadese a Toronto. Si è laureata all’Università di Baghdad nel 1984 ove ha anche ottenuto il master in architettura nel 1993.)

La situazione per le donne in Iraq è diventata scioccante. Ho già detto molte volte che ci sentiamo come se stessimo vivendo in un mondo alla rovescia. Ed è un mondo sempre più pericoloso. Il cuore mi si spezza nel vedere il ritorno di pratiche estreme anti-donne che erano scomparse da decenni. Quando io crescevo in Iraq, le donne andavano a scuola. Donne istruite e professioniste erano parte della nostra società. Oggi una donna rischia la vita semplicemente andando dal droghiere. Le nostre vite ci sono state strappate via.

Negli ultimi mesi, mentre la guerra civile infuria, la violenza contro le donne è cresciuta a livelli da incubo. Le esecuzioni pubbliche di donne ora sono comuni. Una mia collega ha visto con i propri occhi una ragazza trascinata fuori di casa propria da membri delle milizie. E’ stata trascinata con una cavo elettrico attorno al collo sino al locale campo di calcio, battuta e appesa al palo di una porta, poi le hanno scaricato addosso i fucili. Suo fratello, che ha tentato di intervenire, è stato anch’egli ucciso a colpi d’arma da fuoco.

Stimiamo che circa 30 donne al mese vengano giustiziate dalle milizie a Baghdad e nei sobborghi. Nei primi dieci giorni del novembre 2006 più di 150 corpi di donne, non reclamati da alcuno, sono passati dalla morgue di Baghdad: la maggioranza di essi era priva di testa, o sfigurata, o recava segni di pesanti torture.

Non racconto questo per scioccarvi, ma per mostrarvi la realtà con cui abbiamo a che fare nel mio paese. Le milizie islamiste, che sono parte del governo e delle forze di polizia sostenute dagli Usa, stanno decidendo cos’è giusto e cos’è sbagliato, chi deve vivere e chi deve morire. E le vite delle donne non hanno per costoro alcun valore.

Il lavoro dell’OWFI (Organizzazione per la libertà delle donne in Iraq) è più importante che mai. Nel mentre la situazione per le donne, grazie al montare della violenza settaria, peggiora è urgente che noi si sia forti. E lo saremo. Nei prossimi mesi continueremo a portare avanti i nostri programmi per salvare vite ed ispirare speranza. Tramite i nostri rifugi per le donne a Baghdad, Kirkuk, Erbil e Nasariyeh, siamo in grado di raggiungere le donne e di aiutarle a sfuggire la minaccia dei “delitti d’onore”, la violenza domestica e quella settaria. Di recente una donna si è rivolta ad uno dei nostri rifugi perché è una sunnita sposata ad uno sciita. Uno dei fratelli del marito ha minacciato di ucciderlo se non divorziava da lei: così la donna è stata buttata in mezzo alla strada. Se non avesse trovato la strada del rifugio sarebbe probabilmente stata uccisa. Dobbiamo continuare a fare tutto quello che possiamo perché le nostre porte restino aperte per chiunque abbia bisogno di noi.

L’OWFI pubblica un giornale che si chiama “Eguaglianza”, al fine di diffondere le notizie sulla situazione nel nostro paese e far sapere alle donne a chi possono rivolgersi per avere assistenza. Grazie anche all’aiuto delle attiviste di Madre abbiamo dato inizio ad una “ferrovia sotterranea”, una rete di posti sicuri che vengono usati dalle donne per fuggire da situazioni che minacciano la loro vita e mettersi in salvo.

Un coraggioso gruppo di giovani artisti sunniti e sciiti si è unito a noi nel nostro nuovo progetto, che si chiama “Azione d’arte irachena per la pace”. Secondo la logica della guerra civile, questi giovani appartenenti a comunità in guerra dovrebbero essere nemici. Ma loro si rifiutano di soccombere all’odio settario. Invece, si sono uniti e lavorano per creare una società che promuova i diritti umani e la pace.

L’ “Azione d’arte irachena per la pace” ha ormai tenuto diversi raduni, detti Spazi di Libertà: si tratta di performance pubbliche dove la gente si riunisce per condividere poesia e musica. Gli incontri sono stati banditi dagli islamisti che ora governano l’Iraq. Le milizie hanno sistematicamente torturato ed ucciso artisti e musicisti. Solo pochi mesi fa, hanno attaccato una casa dove vi era un raduno di poeti. Hanno ucciso un poeta molto noto, amico dell’OWFI, Ayman Al Salmawie, e suo fratello. Noi sappiamo che gli incontri d’arte stanno rispondendo ad un bisogno vitale: nonostante i tremendi rischi che corrono, le persone affollano questi raduni in massa; al secondo incontro il numero di partecipanti già si triplica. In effetti, i raduni sono i soli eventi di questo tipo oggi in Iraq, uno spazio in cui la gente può levarsi al di sopra della brutalità che la circonda, ed usare l’arte per creare alternative di vera vita alla guerra. Io sono molto orgogliosa di questi giovani che rifiutano di essere nemici, e che stanno fornendo a tutti noi in Iraq il modo per esprimere quel che proviamo, rabbia e paura, ma anche speranza.

Sono incredibilmente grata e profondamente commossa dal sapere che ci sono persone, negli Usa e nel mondo, che sono al nostro fianco in questa lotta. Restate con noi, anche in questi giorni bui. E per favore, fate ciò che potete per aiutarci. Condividete questa mia lettera con altri. Fate loro sapere cosa stiamo passando.