Con l'approvazione
in Senato del decreto di rifinanziamento
Il governo
guerrafondaio Prodi rafforza le missioni
dell'imperialismo italiano
L'Unione vota
insieme alla Casa del fascio gli odg Calderoli che
aumentano gli armamenti al contingente militare in
Afghanistan
Il 27 marzo, con 180
voti a favore, 130 astenuti e 2 contrari, il Senato ha
convertito in legge in via definitiva il decreto
governativo che rifinanzia per un intero anno tutte le
missioni militari italiane all'estero, prima fra tutte la
missione di guerra in Afghanistan. Come aveva già fatto
l'8 marzo scorso alla Camera, la "sinistra
radicale" (PRC, PdCI e Verdi), si è vergognosamente
allineata agli interventisti e ai guerrafondai e ha
disciplinatamente votato a favore, compresi certi
cosiddetti "dissidenti" della
"sinistra" di Rifondazione, come il cossuttiano
Grassi, Heidi Giuliani e Fosco Giannini, e la dipietrista
Franca Rame, che come al solito ha votato per la
prosecuzione della guerra "con la morte nel
cuore".
Ai voti del "centro-sinistra" si sono aggiunti
quelli già previsti dell'UDC di Casini, mentre il resto
della Casa del fascio si è astenuta, come aveva
annunciato alla vigilia lo stesso Berlusconi, il che al
Senato equivale a votare contro. Ma anche se non si è
ripetuta l'unanimità della seduta precedente alla
Camera, perché stavolta hanno pesato le polemiche
innescate dal caso Mastrogiacomo, strumentalizzato dal
neoduce a fini di politica interna, per dare cioè una
spallata al governo Prodi, l'intervento dell'UDC a favore
del provvedimento ha garantito lo stesso una solida
maggioranza "bipartisan" a sostegno delle
missioni di guerra in cui l'imperialismo italiano è
impegnato ormai su diversi fronti, a cominciare
dall'Afghanistan e dal Libano, ma anche nei Balcani e
perfino, in maniera surrettizia, in Iraq, attraverso il
mantenimento di un'ambigua "collaborazione" col
governo fantoccio di quel paese occupato.
In ogni caso, anche se la maggioranza della Casa del
fascio si è astenuta nella votazione finale del
provvedimento, perché avrebbe voluto una missione
militare ancor più aggressiva in Afghanistan, ciò non
ha impedito che nella votazione degli ordini del giorno
si realizzassero ampie convergenze tra maggioranza e
opposizione, fino anche alla quasi unanimità. Ordini del
giorno che, pur aggiungendosi al provvedimento senza
cambiarlo, cosa che avrebbe richiesto altrimenti una
terza lettura alla Camera in tempi ormai troppo
ristretti, ne hanno comunque rafforzato l'impianto
interventista e aggressivo, ponendo le premesse per un
aumento dell'impegno bellico del contingente italiano in
Afghanistan, sia dal punto di vista del numero e
dell'armamento che da quello delle regole di ingaggio.
D'altra parte su questa "esigenza" c'era già
una larga convergenza tra tutte le forze parlamentari
ancor prima della discussione in Senato, facilitata dagli
sviluppi del caso Mastrogiacomo. Già Fassino aveva
annunciato apertamente la disponibilità ad accogliere
odg dell'opposizione che andassero in questo senso. Anche
il presidente del Senato, Marini, aveva auspicato le più
ampie convergenze su questo tema, dichiarando che
"è ragionevole e condivisibile che i nostri
militari siano messi in condizione di soddisfare innanzi
tutto la loro sicurezza, di difendersi e di svolgere il
loro ruolo nel modo migliore possibile". Nemmeno la
"sinistra radicale" aveva nulla da ridire sulla
necessità di "tutelare i nostri soldati":
"Chi può volere che i soldati italiani non siano
messi in condizioni di difendersi?", dichiarava
scandalizzato Diliberto a "La Stampa" del 26
marzo, annunciando voto favorevole a qualsiasi odg, anche
proveniente dalla Casa del fascio, volto ad assicurare,
come specificava scrupolosamente il falso comunista,
"tutto quello che chiedono i vertici della Difesa:
attrezzature, dalle scarpe alle armi, per i compiti
istituzionali cui sono preposti gli italiani".
Anche il rinnegato Napolitano è intervenuto con tutto il
suo peso alla vigilia della seduta del Senato dall'alto
del colle per invocare da tutti i partiti del parlamento
neofascista un "voto responsabile" rispetto ai
sacri e inviolabili "impegni internazionali"
dell'Italia. Per non parlare della Nato, che si è
ingerita per bocca del suo segretario generale
addirittura a seduta in corso per chiedere all'Italia di
non disattendere i suoi impegni in Afghanistan e per
ribadire che iniziative come quella della trattativa per
Mastrogiacomo possono avere pesanti
"ripercussioni" anche sugli altri paesi
dell'alleanza.
È in questo clima e sotto queste pressioni interne e
internazionali che il Senato neofascista ha approvato il
decreto di rifinanziamento delle missioni di guerra, con
tutto il codazzo di odg che ne hanno accentuato il
carattere militarista e guerrafondaio. Lo stesso D'Alema,
intervenuto per difendere il provvedimento del governo e
cercare di convincere l'opposizione a votarlo così
com'era nel nome dell'"interesse nazionale", è
stato largo di maniche verso gli odg della Casa del
fascio firmati dal leghista Calderoli.
Riguardo all'aumento degli armamenti ha detto che saranno
gli stessi militari a deciderlo, presentando una
relazione tecnica al governo che "intende provvedere
e provvederà" in merito informando anche
l'opposizione. Ha aggiunto inoltre che le regole di
ingaggio le decide la Nato, che spetta al governo
fantoccio Karzai decidere chi deve essere invitato alla
"conferenza internazionale di pace", e che
occorre discutere in sede Nato regole di comportamento
comuni sugli ostaggi.
Questo atteggiamento conciliante ha indotto la Casa del
fascio a modificare gli odg Calderoli e altri secondo le
posizioni "bipartisan" proposte da D'Alema,
permettendo la loro approvazione a larga maggioranza. In
particolare sono stati approvati con i voti di
maggioranza e opposizione un odg che "impegna il
governo a promuovere tutte le iniziative finalizzate a
garantire la sicurezza del nostro personale militare e
civile sul territorio afgano"; un odg che
"impegna il governo a non promuovere la
partecipazione ad una eventuale conferenza internazionale
di pace di rappresentanti di forze belligeranti che non
abbiano deposto le armi", cioè che non si siano
già arrese al governo fantoccio Karzai e alla Nato; un
odg che "impegna il governo a fornire attrezzature
adeguate nonché mezzi militari terrestri ed aerei";
un odg che impegna il governo a promuovere in sede Nato
"la definizione di una linea comune nei casi di
presa di ostaggio".
Non è difficile capire cosa questo significhi nella
pratica. Del resto il rinnegato D'Alema non ha aspettato
questo viatico militarista e guerrafondaio del Senato
nero per darsi da fare in tal senso. Infatti, in una
riunione con Parisi e il capo di Stato maggiore della
Difesa, Di Paola, era già stato deciso un aumento dei
mezzi per l'Afghanistan e allo Stato maggiore era stato
affidato il compito di preparare una relazione tecnica
per decidere se aumentare e quanto la dotazione in uomini
e mezzi. In particolare sono in ballo nuovi mezzi aerei
da combattimento chiesti dal generale Satta, come i
cacciabombardieri AMX, oltre al C130, i due Predator
senza pilota e i tre elicotteri Mangusta già in partenza
per Kabul, per far fronte alle sollecitazioni della Nato
che preme per un impiego più diretto delle truppe
italiane contro i resistenti afgani.
(Articolo
de "Il Bolscevico", organo del PMLI, n. 13/2007)
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