Antonio
Tabucchi: Il grande scoppio e i piccoli servi Tratto da
"lUnità", 28 febbraio 2003
I servi. Cosa ne sarà dei servi? Di noi, lo
sappiamo. Siamo uomini incerti, sicuri per un attimo, ma
di norma perplessi, anzi, indecisi, pronti a
contraddirci, a inciampare miseramente nel pensiero che
appena ieri pareva darci sicurezza. Un dubbio ci
perseguita: sarà proprio così? Ma no, avevamo preso una
cantonata. E subito dopo: e se invece fosse proprio
così? Talvolta, raro, uno squarcio si apre: ah, abbiamo
capito. Ma più spesso siamo al buio, procediamo a
tentoni, ci pare insensato tutto, anzi, più che tutto,
il mondo, anzi, più che il mondo, luniverso, anzi
più che luniverso, noi stessi. E allora, dàgli
con le eterne domande che in quel certo compleanno, in un
brindisi mentale con noi stessi, ci eravamo ripromessi di
non farci più. Perché arrivati a una certa età certe
domande non te le puoi più fare, non è serio. Ma che
senso ha tutto ciò? Cosa ci faccio qui? E se cambiassi
tutto proprio ora? E se fossi sempre in tempo? E se... E
se.
Lo specchio in quei momenti lì, si sa, meglio stargli
alla larga. Non solo per le occhiaie, la brutta cera,
lespressione stolida di chi ha fatto una corsa col
fiatone fino alla fermata dellautobus, e non è che
avesse perso lautobus, e che il suo autobus era
stato soppresso. No, è proprio il nostro volto che non
ci va di vedere, ci pare detestabile. Il mento appoggiato
alle mani, i gomiti sul tavolo, lo sguardo perso oltre la
finestra, a guardar lontano senza vedere nulla: ce la
faremo a passare il pomeriggio? Oltretutto è domenica.
Che fatica, i dubbi!
E invece, i servi, loro! È pur vero che esistono da
quando esiste il mondo, immutevoli come apparvero il
primo giorno della creazione, sottratti per natura alle
leggi dellevoluzione darwiniana, quasi affermassero
limmutabilità dellEssere; ma ci sono momenti
della storia in cui abbondano, come certe annate per le
arance, quando la raccolta è superiore al consumo. Hanno
in mano la Storia. Perché, contrariamente a quello che
si pensa, non sono i padroni che creano i servi, sono i
servi che creano i padroni. Ne hanno bisogno come linfa
vitale per poterli sconfessare al momento opportuno, e
così eleggere un altro padrone per poi sconfessarlo ed
eleggerne un altro e un altro ancora e ancora,
allinfinito, così potranno continuare a essere
sempre servi. I padroni, invece, sono caduchi.
Giorni fa guardavo in televisione la manifestazione che
la televisione di Stato non ha trasmesso e i commentatori
che erano chiamati a commentarla (per questo si chiamano
commentatori). Il mondo intero era sceso nelle strade,
nelle piazze delle città, quelle a noi più vicine e
quelle più lontane, dai nomi esotici, ai tropici e agli
antipodi. Erano milioni di persone. Si vedevano riprese
dallalto ed erano tanti puntini, sembravano
formiche, quanta gente, pensavo, e ogni persona una testa
diversa, come diceva mia nonna, e tutte quelle persone
erano lì, tutte assieme, nelle loro diverse città
perché pensavano la stessa cosa. Che strano, pensavo io,
pensano tutti la stessa cosa che fra laltro penso
anchio. E pensavo anche che se uno di quei milioni
di puntini, uno qualsiasi, dove fosse fosse, a Tokyo o a
Parigi o a Melbourne, aveva male a un piede, sentiva lo
stesso dolore che sento io se ho male a un piede; e se
era afflitto perché gli era morto un familiare o un
amico, provava esattamente la stessa afflizione che ho
provato io quando è morto un mio familiare o un mio
amico; e se gioiva perché un suo familiare o un suo
amico che sembrava dovesse morire era invece guarito,
provava la stessa gioia che ho provato io quando un mio
familiare o un mio amico che sembrava dovessero morire
erano guariti. E se, casomai, sul tetto di casa sua fosse
passata una nube radioattiva, avrebbe tirato le calze
esattamente come le tirerei io se sul tetto di casa mia
passasse una nube radioattiva, con gli stessi sintomi e
le stesse pene corporali. E questo indipendentemente
dalla lingua che parla, dal colore della sua pelle, dalla
religione che pratica o non pratica e dalle abitudini
alimentari. Tutte cose che sapevo già, naturalmente, ma
che in quel momento ho "sentito" come non mi
era mai capitato. E in quello stesso momento ho chiuso
gli occhi e ho visto uno Scoppio. Il Grande Scoppio. Lo
Scoppio Totale. Lo Scoppio Supremo. Lo Scoppio Assoluto.
Nel bagliore di un attimo il dio distruttore ha
annientato quel mondo che un dio creatore aveva impiegato
sei giorni a impastare, come un Big-Bang alla rovescia:
il Big-Flop. Non cera più nessuno. Anchio
non cero più, anche se potevo ancora vedere il
mondo. Liscio, levigato, silenzioso, coperto di talco,
quel mondo di ogni cosa mondo girava a vuoto nel vuoto.
Di umani nemmeno lombra: milioni di anni buttati
via. O meglio, qualche ombra sulle pietre, come quella
soglia di marmo che avevo visto a Hiroshima, dove una
persona sorpresa dal Grande Scoppio, liquefacendosi, ha
lasciato sulla soglia di casa limpronta del suo
corpo indelebile e transustanziata nel minerale come
lorma di una farfalla fossile. Così eravamo finiti
tutti noi: ombre su pietre. E mentre
dallosservatorio dellaldilà osservano la
Terra desolata, allimprovviso unidea è
sopraggiunta. No, non era possibile che tutto fosse
finito nel nulla. Forse cera una speranza: i servi.
Essi non moriranno con noi. A loro modo sono già morti,
e dunque sono immuni. Si sono già suicidati, come i
kamikaze il cui suicidio avviene prima di far scoppiare
la cintura di tritolo, al momento di indossarla. E questa
premorte assicura loro una ontologica sopravvivenza,
quella stessa che ha li ha resi imprescindibili, dagli
Assiri-babilonesi allera atomica. E allora, come
portata da una disperata epifania, una convinzione di
speranza per lUmanità è nata dalla visione delle
scorie radioattive. Sono balzato in piedi energico,
convinto, più umano che mai. Servi, oh servi, ho
pensato, forza, avanti!, la continuazione della specie è
affidata a voi! Ora capisco perché potevate farvi beffe
di coloro che temono lapocalisse: grazie al Grande
Scoppio, disintegrandomi, mi sono integrato;
lapocalisse non è uguale per tutti, sarà solo
parziale, voi perpetuerete la stirpe di Caino. Il
Giudizio Universale era solo una favola: gli uomini sono
eterni. E la nostra eternità è affidata a voi.
(c) per lEuropa "lUnità" e
"El Paìs"
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