Giorgio Bocca:
Le guerre di ieri la guerra di oggi Tratto da "la
Republica"; 20 febbraio 2003
Fra le guerre del secolo scorso
e le presenti c´è in comune che la gente non vuol farle
ma le fa e chi fermamente le vuole, un numero ristretto
di persone, non sa bene perché si fanno e manda gli
altri a farle. Ero uno dei giovani che nei primi mesi del
1940 riempivano le piazze per gridare i motivi
irragionevoli per cui saremmo dovuti entrare in guerra e
morirci, cioè le rivendicazioni territoriali: Corsica,
Tunisi e persino Trau, sconosciuta cittadina dalmata, per
farci che cosa, per guadagnarci che cosa non si sapeva,
ma intanto per gridare cose insensate come "Duce
slegaci le mani", che quando ce le slegò, il 10
giugno del ´40, la stessa gente, nelle stesse piazze si
sentì correre un brivido nella schiena e tornò a casa
in silenzio a incollare ai vetri delle finestre le carte
blu dell´oscuramento.
Fra i pochi che mandano gli altri a far le guerre c´era,
allora, il maresciallo Pietro Badoglio, che, nominato
capo di stato maggiore, aveva scritto a Mussolini con il
disinteresse dei monferrini di Grazzano: "Poiché è
nota la vostra generosità nel premiare i suoi fedeli
collaboratori, mi rivolgo a lei perché mi proponga a SM
il re per la concessione di un titolo nobiliare
estensibile ai figli. Per poter tenere la carica con il
decoro che impone il mio grado mi sarà corrisposto lo
stipendio che avevo come ambasciatore in Brasile"
(superiore a quello militare).
Il maresciallo Badoglio aveva una sua geniale idea
monferrina per vincere la guerra: farla fare agli altri,
come del resto pensava anche Mussolini: "La guerra
sarà breve e io ho bisogno di un certo numero di morti
per sedere al tavolo della pace". Ecco perché noi,
gli altri e i nostri reggimenti Alpini fummo spediti al
fronte occidentale, sulle Alpi delle nevi perenni con la
divisa estiva di tela e con gli scarponi senza chiodi.
Nelle guerre del secolo scorso milioni di uomini sono
morti da entrambe le parti, non come ora che muoiono solo
o quasi i più poveri e deboli, e le guerre duravano
quattro o cinque anni. Adesso durano anche di più, anche
una trentina di anni ma tutto sembra deciso in uno o
pochi giorni, quando quelli che hanno gli aerei e le
bombe le scaricano sugli altri praticamente disarmati
che, come se non bastasse, vengono additati come i nemici
del genere umano.
Nelle nostre guerre di sessant´anni fa c´era una certa
chiarezza, c´erano i confini da difendere o da superare,
c´erano dei nemici, con un nome e una storia. Nelle
attuali, il nemico non si sa bene cosa sia: se "il
caro popolo iracheno" a cui pensa paternamente Bush
o la masnada di Saddam versata in tutti i delitti. Questo
nemico indefinibile sta in tutti i luoghi e in nessuno,
non ha una storia precisa, i confini del suo Stato sono
stati inventati dai nostri padri colonialisti,
l´angoscia con cui li attendiamo ricorda il Deserto dei
Tartari, il deserto da cui arriveranno i nuovi mongoli.
In comune, le guerre del Novecento e le attuali hanno che
tutti, anche gli atei, anche i laici ci mettono un
afflato religioso. Il superterrorista Osama Bin Laden e
il feroce satrapo Saddam Hussein si dicono inviati da
Allah per una guerra santa e George W Bush nel discorso
allo Stato dell´Unione ha detto: "Noi dobbiamo
ricordarci che la missione di questo benedetto paese è
di rendere migliore il mondo. Noi esercitiamo il potere
senza conquista e ci sacrifichiamo per la libertà degli
altri". Pare che la religione sia indispensabile
alla guerra. Bush e Blair sono degli integralisti
cristiani, le riunioni del governo americano si aprono
con la preghiera dei ministri tutti con le mani sul volto
mentre invocano il dio dei cristiani, un ministro della
Giustizia come Ashcroft che ha accettato 248.000 dollari
dalla Enron per la sua campagna elettorale, è membro e
guida di una chiesa Battista rigorosissima, un vero wasp
bianco, protestante e anglosassone. E questa missione del
bene contro il male, questa lotta hobbesiana del bene
contro il mostro immondo è condivisa da filosofi
kantiani come il francese Gluxmann, che sentenzia:
"La sola cosa da fare è riconoscere il male,
combattere il male". Che è poi lo stesso discorso
che Osama Bin Laden ci fa arrivare dalla sua caverna.
Molti saggi ammoniscono a non trasformare le guerre del
petrolio in guerra santa, la guerra al non meglio
definito terrorismo in una guerra per la democrazia. Ma
è difficile negare che le guerre passate e attuali per
la democrazia abbiano avuto come effetto la riduzione o
la distruzione della medesima. Dalla Prima guerra
mondiale combattuta per la libertà dei popoli nacquero i
fascismi e dalle attuali i fascismi mascherati e le
democrazie limitate. È del 17 novembre 2001 il Military
order che fa del segretario alla Difesa Rumsfeld il
plenipotenziario della giustizia militare e dell´ordine
interno. Egli ha il potere di istruire i processi, di
nominare i giudici delle corti speciali, da tre a sette,
che decidono le pene di morte o dell´ergastolo.
I militari sono autorizzati a entrare nelle case dei
sospetti, nei loro computer, nei loro archivi senza dover
provare che sono dei sovversivi; gli basta dire che sono
pericolosi o soltanto utili alle indagini. La legge
Holman ha creato per la prima volta un ministro degli
Interni, un "ministro di polizia", che ha ai
suoi ordini 170.000 funzionari cedutigli da altri
ministeri anche per il controllo dei trasporti e delle
dogane, quanto a dire una democrazia militarizzata. E da
noi ci si stupisce che il capo del governo di un paese
subalterno come il nostro voglia fare, si provi a fare le
stesse cose che si fanno nel nome dell´impero.
Le guerre coloniali del Novecento erano giustificate dal
"fardello dell´uomo bianco" che doveva
sobbarcarsi il sacrificio di civilizzare i selvaggi.
Nelle attuali, il conquistatore si presenta come il
campione della libertà e della democrazia, ma se si
guarda agli ultimi cinquant´anni, al dopoguerra virtuoso
e filantropico delle guerre di liberazione e delle
Nazioni Unite, c´è poco democraticamente da stare
allegri.
Ora a questa pratica cinica del potere si è aggiunta la
guerra al terrorismo per giustificare tutti gli
espansionismi e i controterrorismi.
Nelle belle guerre d´antan pareva che valessero ancora
il diritto internazionale e i rapporti cavallereschi.
Nella guerra mondiale morirono cinquanta milioni di
persone ma in Africa il visconte Montgomery riconosceva
l´onore delle armi al teutonico Rommel e la Royal Navy
rispettava i nostri arditi del mare.
Dietro questa patina di civiltà il terrorismo più
spietato veniva usato da entrambe le parti, i
bombardamenti inglesi al fosforo su Lipsia e su Amburgo,
la atomica americana su Hiroshima e Nagasaki, i campi di
sterminio nazisti e sovietici, i nostri rastrellamenti
efferati in Jugoslavia e in Libia. Dopo l´11 settembre
del 2001 si disse: nulla sarà più come prima: gli Stati
Uniti per non essere più un´isola inattaccabile, gli
europei per essere definitivamente marginali nel governo
del mondo, il governo mondiale per essere fallito con
l´Onu, e le altre organizzazioni internazionali. Anche
la lotta di classe avverte Vittorio Foa, è stata
superata da qualcosa di diverso, dalla differenza
incolmabile fra quelli che stanno sopra e quelli stanno
sotto e che nella loro impotenza possono tentare la
strada disperata del terrorismo.
È scomparsa anche la relativa stabilità degli
armamenti. Fino alla bomba atomica, le guerre del
Novecento erano la continuazione di quelle in cui l´uomo
uccideva l´uomo con le stesse armi, il fucile, le
baionette, il cannone, i carri come nelle guerre
medievali. Poi è cominciata la corsa senza freni.
Nelle guerre di adesso, dieci anni equivalgono a un
millennio, chi ha la superiorità delle armi può
reinventare la dottrina della guerra, la superpotenza
americana deve vincere prima di combattere, la sua forza
deve essere tale da togliere agli avversari ogni voglia,
ogni pretesa di contrastarla.
È cambiata molto anche l´informazione, a volte si è
tentati di dire che è stata completamente sostituita
dalla propaganda. Il ministro americano della Difesa
Rumsfeld tiene le sue conferenze stampa in piena
tranquillità. I giornalisti in sala sono dei suoi amici
e dipendenti, li chiama per nome ci scherza insieme, sono
- come li si chiama - dei suoi functionnaires.
In una recente c´era anche il giornalista americano
diventato famoso per aver trovato centotrenta cassette di
riunioni dei talebani e un cagnolino appena ucciso con
un´arma chimica in una caverna dell´Afghanistan in cui
erano passati i reparti antiguerriglia i servizi segreti
di tutti i paesi della coalizione, centinaia di reporter,
insomma premiato per essersi messo al servizio della Cia.
La stessa mitica Cnn, simbolo dell´autonomia del
giornalismo americano, è diventata - come dice la sua ex
segretaria di Stato Albright - "il sedicesimo membro
della commissione esecutiva delle Nazioni Unite" .
Qualcosa del genere avveniva anche nelle guerre passate
ma in misure contenute e in modi quasi dilettanteschi: il
fotografo Kapa che si inventava l´alzabandiera americano
in un´isola del Pacifico, appena conquistata, i tedeschi
che usavano il campione del mondo di pugilato Max
Schmeling per il lancio dei paracadutisti a Creta da
pubblicare nelle pagine patinate di Signal e da esso
passate a Tempo Illustrato. Le guerre del passato si
accontentavano di pianificazioni semplici: lo sbarco in
Normandia e in Provenza basato sulla schiacciante
superiorità quantitativa: mille navi, diecimila aerei,
seimila carri armati contro un nemico provato e ormai
rassegnato alla sconfitta. Ora in apparenza la
programmazione è più sofisticata, più intellettuale.
Non si programma una sola campagna ma una
"proiezione nel mondo", non una guerra contro
un solo nemico e in un solo teatro ma la guerra continua
contro un terrorismo mondiale di cui si devono ancora
definire gli elenchi e le provenienze. Una nuova guerra
dei trent´anni, i cui progetti e le cui pratiche saranno
riviste nei tempi lunghi. Un progetto talmente assurdo e
con tali lampi di schizofrenia da rendere impossibile
un´analisi. Ma accadeva già nelle guerre del Novecento:
come poteva Hitler muover guerra al mondo senza avere i
soldati per occuparlo, senza avere il controllo degli
oceani su cui si fondava la superiorità del nemico?
Eppure lo fece e fior di scienziati, di economisti, di
sociologi, di costruttori lo seguirono. Forse la ragione
delle attuali guerre inspiegabili è proprio la loro
inspiegabilità, la loro istintualità anarcoide, il
mistero delle pecore e dei cavalli che si buttano in mare
o in burrone. Il richiamo non resistibile di Thanatos.
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