Boris
Biancheri: Lagonia delle regole Tratto da "La
Stampa", 10 marzo 2003
Così, in pochi mesi, le
istituzioni che bene o male avevano puntellato
lequilibrio mondiale per mezzo secolo sono in
pezzi: la Nato, la politica estera europea e, con molta
probabilità, lOnu. Non che godessero di buona
salute: la politica estera europea è anemica di
costituzione ma si sperava che crescendo si sarebbe
irrobustita, la Nato è in cerca di identità dalla fine
della guerra fredda e lOnu è come quei santi ai
quali si dedicano liturgie più per sollevare le
coscienze che per fiducia in un miracolo che infatti non
si verifica quasi mai. E tuttavia, anche se vacillanti,
in qualche modo stavano in piedi.
E evidente che non è stato il contenuto tecnico
della disputa in Consiglio di Sicurezza tra Stati Uniti,
Francia e Germania a causare questo disastro. Se a Blix e
ai suoi ispettori debbano darsi dieci giorni o dieci mesi
di tempo per accertare se la risoluzione 1441 è stata
violata è cosa che dovrebbe potersi risolvere sulla base
del buon senso e del compromesso. Il problema è che
mentre la posizione anglo-americana è chiarissima ma non
convince nessuno, la posizione francese si colloca nel
solco dei sentimenti popolari, ma non è affatto chiara,
anzi in realtà non esiste. Vi sono decine di milioni di
persone in tutto il mondo che scendono in piazza per
protestare contro Bush, ma non mi risulta che nessuno sia
sceso in piazza, neppure a Berlino, neppure a Parigi, per
inneggiare a Chirac.
La linea americana, semplificando, è questa: l11
settembre ha dimostrato che i nostri nemici possono
infliggerci, se vogliono, danni immensi; la difesa
passiva contro questi attacchi è impossibile perché non
si può difendere ogni edificio, ogni luogo pubblico,
ogni industria, ogni acquedotto in ogni momento e in ogni
paese. Basta un cucchiaio di antrace ben collocato per
causare potenzialmente milioni e milioni di morti. Non
sono necessari missili per trasportarlo: le tecnologie di
distruzione di massa e la nuova arma del suicidio fanno
sì che, per difendersi, occorre prevenire lattacco
e non subirlo. Se serve una guerra, si fa la guerra. Si
è fatta in Afghanistan e si può fare in Iraq, che armi
simili le ha già usate, forse ne ha ancora e certo ha
voglia di usarne. Forse tutto ciò va al di là dei
principi delle Nazioni Unite, ma allora sono le Nazioni
Unite a essere indietro rispetto alle sfide del nostro
tempo, non lAmerica. La posizione di Washington si
arricchisce poi di considerazioni geopolitiche (un più
stabile assetto dellarea mediorientale) ed etiche
(far progredire la democrazia), ma il vero problema è
quello.
A fronte di ciò, Francia e Germania e con qualche
ambiguità la Russia giocano di diplomazia e
temporeggiano. La loro linea è, in fondo, lo statu quo.
Sulle nuove minacce, come il terrorismo e la
proliferazione nucleare, non hanno una dottrina che
fronteggi quella americana. Non sono per la pace ad ogni
costo, ma neppure per la guerra. Né è chiara la linea
dei paesi musulmani, che va dal filo-americanismo del
Kuwait allanti-americanismo della Siria, passando
per ogni sfumatura. E ancor meno quella dei grandi paesi
del Terzo Mondo, Cina, India o Brasile, che stanno a
guardare e tacciono. I vecchi equilibri e le vecchie
regole non funziona-no più, ma solo Stati Uniti e Gran
Bretagna ritengono di avere regole nuove. Se la sfida dei
tempi nuovi segna la morte dellOnu, come a suo
tempo segnò la fine della Società delle Nazioni, non
sarà Washington a soccorrere un cadavere.
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