Gabriele
Romagnoli: Il volto della guerra Tratto da "la Repubblica", 24
marzo 2003
Uno era steso sulla strada,
aveva sangue rappreso sul volto di colore, vuota una
manica della mimetica. Altri erano buttati su un
pavimento, avevano fori di proiettile in fronte,
medagliette e lettere sul torace scoperto, mosche a
ronzargli intorno, gli scarponi del compagno sulla testa,
finché un uomo veniva a spostarli per far vedere meglio
i visi immobili, ridendo.
Altri, invece, erano ancora vivi e guardavano fissi un
punto davanti a sé e lì non c´era la telecamera, non
c´era chi li stava interrogando, ma soltanto il vuoto
che rispondeva alla domanda: cosa faranno, adesso di noi,
ci decapiteranno sulla sabbia come hanno promesso il
giorno prima dell´attacco o ci rispediranno a casa come
fecero dodici anni fa?
Uomini senza nome morti ammazzati. Uomini di nome Edgar o
James, una donna di nome Shana, fatti prigionieri e
mostrati alle telecamere della tv irachena e di Al
Jazeera. E così, nel pomeriggio del quarto giorno
dall´inizio dei bombardamenti, che la guerra mostra,
finalmente, il suo vero volto. Giù la maschera. Basta
con le cartoline luminose da Bagdad, il deserto divorato
dai cingoli, il fuoco freddo, il fumo lontano, i marine
appostati che aspettano pazienti, qualche schioppettata
come rumore di fondo, l´invisibile resistenza irachena.
Basta con "le bellissime immagini", grazie per
il coraggio di chi le ha girate, ma la guerra è questa:
immagini che fanno schifo, girate da vigliacchi, con
l´aiuto di altri vigliacchi che mettono in posa i morti,
gli tirano su la maglietta, gli svuotano le tasche e ne
ridono.
La guerra è la paura dietro gli occhiali del soldato
Percey (che "se gli iracheni non gli davano
fastidio, non avrebbe dato fastidio a loro"), nelle
mani del sergente James, che se le tiene strette tra le
gambe perché non tremino. Non c´è niente di nuovo.
Come dice, in quello stesso momento sui canali americani
Donald Rumsfeld: "Non c´è guerra che non faccia
vittime o prigionieri". C´è che, di solito, non li
mostra in televisione. È vergognoso per i morti,
umiliante per chi viene catturato, è contrario alla
Convenzione di Ginevra. Ma la Convenzione di Ginevra,
scusate tanto, sembra un vecchio paravento sfondato,
qualcosa come il Consiglio di Sicurezza dellOnu, o i
manuali di educazione civica che insegnavano il principio
di autodeterminazione dei popoli e l´inviolabilità
della sovranità territoriale. Togli un mattone, viene
giù il castello e sotto ci restano schiacciati ragazzi
di trenta anni.
Chi ha conosciuto qualche marine sa che sono molto
diversi tra loro: ci sono gli sbruffoni che scommettono
di passare con il jet sotto i cavi della funivia e
quelli, seduti dietro, che si aggrappano ai sedili e
pregano. Ci sono quelli che scrivono dediche idiote sulle
bombe e quelli che sinceramente sognano il momento in cui
le popolazioni sottomesse a una dittatura li
accoglieranno come liberatori. A vederli in televisione,
4 dei 5 prigionieri appartengono alla seconda categoria.
Solo il nero di El Paso, Texas, riesce a sorridere, a
fare il finto tonto, evitando i tranelli delle domande.
Gli altri hanno labbra secche e occhi sbarrati che
chiedono aiuto a chi li sta guardando. Invocano una
garanzia: che saranno trattati in maniera umana. È,
anche questa, una regola che faceva parte di un gioco nel
quale si è deciso, stavolta, di cancellarne qualcuna,
tutte quelle ingombranti per arrivare a dama nel più
breve tempo possibile. Poi, nessuna guerra ha mai
rispettato troppe regole.
Più dura e meno regole rispetta. Questa ha soltanto
cominciato prima. Negli occhi dei cinque prigionieri
americani (almeno in quattro di loro) c´era l´angoscia
di chi sa di essere finito nella casella sbagliata di un
gioco al massacro, dove ogni puntata è al rialzo. Il
regime iracheno minaccia di decapitare i prigionieri e il
comando americano attacca per decapitare il regime. Ma il
regime è ancora lì, e adesso sono lì anche i
prigionieri. Ne abbiamo visti, alla tv irachena, anche
dodici anni fa, ma era un´altra partita e quei cinque
ragazzi lo sanno e per questo hanno paura. "Che cosa
siete venuti a fare in Iraq?". La risposta vera è
che sono stati mandati per tagliare la testa di Saddam,
come dice Rumsfeld quando ci salva dal sovrapprezzo
dell´ipocrisia. Loro non lo possono dire, debbono
sopravvivere, come deve augurarsi anche chi guarda Iraq
Tv o Al Jazeera. Ogni regola salvata è un passo indietro
dall´orlo del precipizio, dove già molto è stato
scaraventato, ma se ci cadono Edgar e Shana, cadrà anche
chi li uccide e chi è rimasto a guardare.
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