Giulietto
Chiesa intervista Gino Strada Tratto
da "la Stampa", 18 febbraio 2003
Si era detto da
più parti che il mondo non sarebbe stato più lo stesso
dopo l'11 settembre. E dopo il 15 febbraio delle
manifestazioni pacifiste in tutto il mondo?
Penso che il 15 febbraio sia un giorno della stessa
grandezza dell´11 settembre, in senso positivo. Quello
fu una tragedia, questo è una speranza. E penso che
dovremmo esserne tutti contenti. Penso che resterà come
una data fondamentale per l'Europa, sempre che ce ne sia
una. Si era creato un buco enorme nella democrazia
europea, un vuoto tra rappresentanti e rappresentati.
Adesso l'Europa dei poteri è divisa in due, ma il vallo
tra la politica e l'opinione pubblica europea si è
ridotto. E' un grande evento. E vedremo che cosa
succederà ora, per esempio in quella dependance della
Casa Bianca che è il governo britannico, dopo l'immensa
manifestazione di Londra.
Che cosa
vuoi che succeda: Tony Blair andrà in guerra, come ha
promesso. Anche lui, come Berlusconi, è stato eletto dal
popolo, e ritiene di essere in diritto di prendere le
decisioni che vuole.
Mi domando qual è il contenuto di questo contenitore
democratico. Se Erode fosse stato regolarmente eletto,
forse che la strage degl'innocenti sarebbe stata
legittima? Forse che abbiamo considerato legittimo quello
che ha fatto Hitler? Eppure anche lui era stato eletto
dal popolo. Allora la questione è questa: se l'80% dei
cittadini di un Paese dice che è contrario alla guerra,
ha diritto il governo di quel Paese di ignorare la loro
volontà? Io dico che, se lo facesse, violerebbe le
regole democratiche.
Eppure i
segni del dibattito politico in Italia dicono che un
cambio di direzione del governo non è all'orizzonte.
Io penso, al contrario, che il 15 ha impresso una
direzione obbligata. Andare in guerra in queste
condizioni di sentimento popolare significa progettare
consapevolmente uno scontro sociale di vaste proporzioni.
Non credo che possano farlo. Piuttosto dovrebbero
prendere atto e andare a contarsi.
Facciamo
un po' di conti. Il governo una maggioranza in Parlamento
ce l'ha. E l'opposizione non è molto unita, e neanche
molto ferma su una posizione definita. E allora?
E io ripeto che, con una sinistra unita o divisa, il
Parlamento non può andare contro la maggioranza del
Paese. Quando andammo a votare nessuno, né a sinistra,
né a destra, ci disse che avrebbe violato la
Costituzione. Nessuno ci comunicò di ritenere che
l'articolo 11 della Costituzione lo considerava non una
norma tassativa, ma solo come un consiglio, di quelli che
si possono seguire oppure no. Se hanno cambiato idea
cammin facendo, allora prendano atto che sono in rotta di
collisione con la maggioranza del Paese, e si torni a
votare. So bene che la Costituzione è stata offesa già
due volte negli ultimi tempi, una volta dal centro
sinistra e l'altra dal centro destra, ma in entrambi i
casi si è trattato di una grave violazione della norma,
di un atto illegale. Adesso non si chiede loro niente di
rivoluzionario. Che rispettino la legge e non portino
l'Italia in una guerra di aggressione. Anche il Papa, che
rivoluzionario non è, la considera tale.
Ma come
valuti quei politici che ora marciano per la pace dopo
aver votato per la guerra?
Se c'è qualcuno che finalmente ha capito e ha fatto un
percorso verso la pace, ben venga. Tra l'altro non è
neanche vero, come ha detto sarcasticamente qualcuno del
governo, che è più facile affrontare la guerra stando
all'opposizione che al governo. In realtà anche dal
governo si potrebbe provare a immaginare la pace.
Basterebbe farlo e già avremmo evitato una guerra
inutile. Lo schieramento di pace è questa volta così
vasto che non dovrebbe essere difficile trovarci
compagnia.
Boselli
ha detto che non voterà una mozione dove ci sia scritto
che l'Italia non deve dare una sola base, e nemmeno un
uomo.
Che lo dichiari forte, così i pochi cittadini che lo
hanno votato sapranno con chi hanno a che fare.
Sei
diventato il bersaglio preferito di tutto lo schieramento
bellicista. Che cosa rispondere a Ferrara, che dice che i
pacifisti negano giustizia alle vittime delle Twin Towers
e alle vittime israeliane del terrorismo palestinese?
Dico che questo non è un ragionamento. E' un prodotto
della cistifellea. Per me tutti gli esseri umani hanno
diritto allo stesso rispetto. Un morto innocente a New
York vale esattamente un morto a Kabul. Questa gente ha
un tarlo nel cervello, secondo cui loro valgono meno e
noi valiamo di più, molto di più. Le tremila vittime di
New York sono per me parte di un´immensa tragedia,
vittime della stessa follia che ne ha prodotto milioni
negli ultimi trent'anni. Gli ottomila morti civili della
guerra dell'Occidente contro l'Afghanistan sono la
risposta barbara alla barbarie. L'altra scemenza è
l'accusa di anti-americanismo. Il "New York
Times" ha pubblicato recentemente i risultati di un
sondaggio, dal quale emerge che la maggioranza degli
americani pensa che questa Amministrazione rappresenti il
pericolo maggiore per la pace mondiale. Tutti
anti-americani questi americani?
Ma c'è
sempre chi ti accusa di non parlare mai del terrorismo, o
addirittura di avere equiparato Bush a Osama, o a Hitler.
E poi la tesi che risuona obbligatoriamente è che non si
può essere pacifisti a senso unico. Come si fa a sedersi
allo stesso tavolo con gente che ti vuole uccidere?
Rispondano loro a questa domanda: perché esiste il
terrorismo islamico? Intanto, come vedi, ci mettono
l'aggettivo islamico, perché se lo togliessero
resterebbe la nuda parola terrorismo. E questo terrorismo
di Stato gli Stati Uniti l'hanno praticato
sistematicamente negli scorsi decenni, provocando
centinaia di migliaia di vittime. Basta ricordare
Indonesia, Nicaragua e Cile. Per quanto concerne le cause
non c'è niente da inventare. E' dal 1993 che i
terroristi lo proclamano e lo ripetono. Il terrorismo
islamico ha tre radici molto chiare e visibili: la
questione israelo-palestinese; l'embargo contro il popolo
iracheno; le basi militari americane sul territorio sacro
all'Islam. Ciascuna di queste tre radici poteva essere
estirpata o sanata se gli Stati Uniti avessero voluto.
Gradualmente, pacificamente, politicamente. Molto dolore
sarebbe stato risparmiato. Ma nulla è stato fatto. Al
contrario, quelle radici sono state ingigantite con la
prepotenza e l'offesa ai sentimenti e agl'interessi
altrui. La svolta non è avvenuta l'11 settembre. Tutto
diventò visibile nel 1993, quando la guerra santa contro
gl'infedeli comunisti, organizzata e finanziata dagli
Usa, si ritorse contro di loro.
E´ di
lì che bisogna partire, secondo te, per trovare le
radici del terrorismo islamico. E tuttavia un evento come
l´11 settembre non si può capire.
La guerra tra estremismo islamico e interessi petroliferi
Usa cominciò nel 1993 con il primo tentativo, fallito,
di abbattere le due torri. Ma la leadership americana non
fece nulla per prevenire gli sviluppi. E non lo fece
perché non voleva ridurre il tasso di profitto che
ricavava da quelle tre radici di cui sopra. Ma, in ogni
caso, che c'entra l'Iraq con tutto questo? Dove sono le
prove dei legami tra Al Qaeda e Saddam Hussein? Gli Stati
Uniti si apprestano a occupare un altro Paese dichiarando
al mondo che vanno a liberarlo. Di nuovo come in
Afghanistan, dove il presidente in carica è un ex
impiegato dell´impresa petrolifera americana Unocal,
quella che contribuì all'ascesa al potere dei taleban
per costruire un oleodotto. Il fatto è che per mantenere
nel mondo l'attuale mostruoso divario nella distribuzione
e nell'uso delle risorse e delle ricchezze, la giunta
petrolifera che guida gli Stati Uniti ritiene che sia
indispensabile l'uso della forza.
Temo che
la userà.
Non lo so. Un mese fa ne ero sicuro anch'io, adesso non
più. Intanto è successo un miracolo che non ritenevo
possibile. Anche negli Stati Uniti c'è oggi un grande
movimento per la pace. Anche questi sono tutti
anti-americani secondo il metro di certi nostri
commentatori "americani". Per quanto riguarda
l'Italia, oggi penso che sia possibile tenerla fuori da
questa guerra insensata. E, se così fosse, anche la
grande macchina di guerra che Bush e i suoi hanno messo
in piedi potrebbe essere seriamente inceppata.
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