"Il mondo ci
divide
la Rete ci unisce"
di MARTA MANDO' ROMA
- "Vi odio!", scrive un ragazzo albanese.
"Fermate i bombardamenti Nato sulla mia casa! La mia
ragazza serba mi ha lasciato, i miei amici serbi ora
odiano me e la mia famiglia". La "gente
qualunque" sta raccontando la propria guerra
attraverso Internet. Non è la guerra dei soldati e delle
ragioni politiche, ma quella del cuore e della vita di
tutti i giorni. Nei forum, nelle aree di chat, attraverso
i gruppi di discussione di Usenet, o con la webcam a
Belgrado, serbi, albanesi, kosoviani, montenegrini
svelano l'altra faccia della crisi. Nella dedica del
forum di Alb-net,
il sito del Kosova Crisi Center,
c'è scritto: "Il mondo ci divide, la Rete ci
riunisce".
Padre Sava Janic è un monaco ortodosso del monastero di
Raska e Prizren ai confini con l'Albania. Sfidando le
autorità jugoslave si è messo al computer e usa il web
della sua diocesi per inviare messaggi e testimonianze
contro la guerra. Il sito web del monastero è diventato
subito un ponte tra gli utenti dei balcani e il sito di eGroups,
dove sono raccolti molti messaggi sulla guerra in Kosovo.
"Durante il pomeriggio ho sentito solo l'esplosione
di sei bombe nelle vicinanze di Novi Sad", scrive
"Insomnia", "non riusciamo a stare calmi a
lungo. Ogni detonazione mi blocca il respiro e risveglia
le farfalle... nel mio stomaco. In questa prima settimana
dell'attacco aereo Nato, solo a Novi Sad sono nati 107
bambini! Sono serbi, ungheresi, croati, sloveni, rumeni e
albanersi... cattolici, ortodossi, mussulmani. Triste ma
vero, loro cominciano ora a vivere negli stessi bui e
umidi rifugi".
"Insomnia" racconta anche del suo amico
"D.", che è un musicista, ha un figlio piccolo
che non ne voleva sapere di scendere nel rifugio, e
allora lui ha inventato un gioco che fa ogni volta che si
sentono le sirene degli allarmi. Molti cercano di capire
i perchè del conflitto tra serbi e kosovari albanesi.
"Noi non odiamo nessuno. Io sono di origine bulgara
ma la Jugoslavia è la mia terra, non c'è altro posto
dove potrei vivere. Ho due bambini piccoli, fermate i
bombardamenti, salvate i miei bambini", scrive
disperata una giovane donna medico che vive in Serbia.
John Clift, moderatore del forum sul Kosovo di eGroups,
una notte è riuscito a collegarsi via chat con
"V.", che vive a Pristina. "Bene, ora puoi
parlare liberamente", scrive Clift nella sessione di
chat da Pristina. "V." risponde: "Li
abbiamo visti mettere il radar nella collina dietro
all'ospedale, li spostano ogni giorno. I soldati hanno
ordinato a centinaia di famiglie albanesi di lasciare le
loro case, i soldati le usano per nascondersi dagli
attacchi nei dintorni di Tashlixhe e Bregu I
Diellit". L'inglese non è dei più fluenti, le
frasi sono corte. La preoccupazione di "V." è
parlare in fretta, e vuole che Clift riporti ad altri
quel che lui racconta. "I polizitti e i soldati
hanno distrutto tutti i negozi posseduti dagli albanesi.
I civili che hanno lasciato le loro case ora sono nei
dintorni di Ulpiana e Dardania. Hanno iniziato a
sconnettere i telefoni anche...". Clift risponde:
"Ok, non dire altro, potresti avere dei
problemi". "Qualcuno può leggerci???".
"Non credo, però non si sa mai". "Va
bene, prega per noi, domani alla stessa ora sarò qui (se
ci sarà l'elettricità e il telefono). Ora devo
chiudere".
Nei tre canali serbi del chat internzionale i ragazzi che
si collegano dagli Internet caffe sono diffidenti e non
gradiscono la nostra presenza. Chiediamo: "Qual è
una possibile soluzione per porre fine alla
guerra?". Rispndono: "Fare fuori Clinton".
Replichiano: "Non hai una soluzione piu
originale?". Alzano la voce: "Cosa ci fai qui?
Questo è un canale serbo!". Si passa da momenti
tipo "silenzio, il nemico ti ascolta" alla
chiacchiera pura e alle sfide tipiche dello slang di Irc.
Solo Marija dice che cadono bombe ovunque. Tutto è
apparentemente normale, nessuna eccezionalità, nessuna
voglia o bisogno di raccontare cosa vedono e provano.
Forse hanno paura, però lasciano entrare chiunque
liberamente, anche un ragazzo americano che tenta di
provocarli. Loro non rispondono, chattano in serbo. Ma
l'inglese lo sanno, e quando leggono la parola Pristina,
si scaldano: "Tieni fuori la politica!".
(3 aprile 1999)
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