Massimo
Cacciari: Chi ascolta Wojtyla che grida contro la guerra Tratto da "la
Repubblica", 3 gennaio 2003
Si potrà convenire o meno su
quanto il Papa afferma, ma è difficile dubitare sul
fatto che la sua voce sia oggi quella della unica
"autorità" di rilievo mondiale capace di
sollevare i problemi della pace e della guerra alla
dignità dei princìpi, cioè all´altezza che loro
compete. A questa responsabilità ci chiama. E ad essa
sembrano drammaticamente sordi gli "arconti" di
questo secolo, occupati pressoché esclusivamente a
giudicare caso per caso, occasione per occasione,
emergenza dopo emergenza. Si potrebbe dire che siamo
all´antico, crudo adagio: "La forza, non la verità
fa le leggi". Ma non è neppure così, poiché la
forza, oggi, sembra fondarsi sempre meno sulla
auctoritas, che rappresenta appunto, la capacità di
produrre nuovi ordinamenti e farli apparire in qualche
modo legittimi. La forza non sta creando alcuna legge.
Questo è lo scandalo, non nel senso della semplice
indignazione morale, ma in quello, assai più tragico,
dell´ostacolo che non riusciamo a superare, contro cui
battiamo la testa. E´ lo scandalo contro cui sanguina
certamente quella del Papa.
La Chiesa, infatti, non è mai stata astrattamente
pacifista. Nessuna grande organizzazione anche politica,
nessuna grande forma anche culturale-politica può
esserlo. La Chiesa è militante, in tutti i significati
del termine. E perciò, se si vuole, anche peccatrice.
Mille volte infedele alle Beatitudini predicate da Gesù.
Essere cristiani non significa essere Cristo. Ipocrisia?
No, disperato realismo. Ma questo realismo ha mantenuto
nei secoli un orientamento preciso, quello che oggi il
vecchio Papa ribadisce come si trattasse della sua ultima
testimonianza, del suo martirio davvero. Nessuna forza,
nessuna violenza è lecita se non è mossa dalla chiara
visione della sua causa finale, se non è ordinata al suo
fine, se non è concepita come il mero strumento atto a
perseguirlo.
E se questo fine non è pensato come bene comune, e cioè
bene anche per quella parte contro cui si ricorre al
"bellum nefandum" (così lo chiamava sempre
nostro "padre" Virgilio!). Si badi: non si
tratta affatto soltanto del problema della "guerra
giusta", che non potrà mai essere semplicemente
ridotto a quello della guerra difensiva, né della guerra
ideologicamente predicata allo scopo di fare finalmente
la pace. No, l´esigenza è infinitamente più radicale:
la guerra deve essere giustificata attualmente in base a
un sistema di diritti e di norme che possa attualmente
pretendere valore universale. La guerra non deve soltanto
costituire un nuovo ordine, ma presupporlo.
Rispetto a queste esigenze, tutte le forze oggi in gioco
e in conflitto non possono apparire al vecchio Papa che,
letteralmente, diaboliche. Certo lo è la nuova guerra
del terrorismo globale, e proprio per i suoi aspetti più
"religiosi", laddove esso separa obbedienza
alla fede professata (comunque questa professione venga
intesa) e comandamento d´amore. Ma una guerra la cui
evidente causa finale è la difesa di interessi economici
determinati e l´affermazione planetaria della propria
egemonia, e che si svolgerà al di fuori di ogni quadro
di diritto internazionale, lo è altrettanto. Questo
quadro non potrà essere fornito da nessun avallo ex-post
né dell´Onu né di potenze statuali. Questo quadro
dovrebbe essere già in atto al momento del conflitto.
Non solo; ma l´intervento militare non può costituire
semplicemente l´extrema ratio dell´azione politica.
Questo è von Clausewitz, e sarebbe già molto se vi
fossero suoi allievi colà dove "si puote ciò che
si vuole", ma non potrà mai essere il Papa,
poiché, come ho detto, la dottrina da cui egli muove, e
non può non muovere, è quella che legittima la
"orrenda guerra" soltanto allorché tutte le
risorse del nostro "amore" per quello stesso
prossimo che sarà il nostro nemico, si siano esaurite,
allorché si sia dato fondo a tutta la nostra umana
solidarietà, per cui non ci resterebbe... che essere
Cristo, e cioè amare il nemico e basta.
Potremmo mai senza vergogna affermare che abbiamo fatto
un solo, timido passo in questa direzione per evitare la
guerra? Che abbiamo pronunciato una mezza parola della
più pelosa amicizia nei confronti di chi domani
combatteremo? Ma l´Onu dirà il suo "sì nonostante
tutto", e così Europa, Russia e Cina (Russia e Cina
fino a quando?), auguriamoci almeno senza bisogno di
casus belli ulteriori. E questo "sì" sarà
ciò che rende "giusta" la guerra. Ma le parole
del Papa non saranno cadute nel vuoto, poiché questa
volta sarà davvero molto arduo che questa
"giustizia" venga creduta. E da esse, dalla
loro denuncia delle quotidiane menzogne in cui viviamo e
delle nostre infinite negligenze, potremo forse ripartire
per cercare che i popoli e le civiltà coinvolti in
questa guerra riconoscano domani reciprocamente il
proprio valore e la propria autonoma dignità. Speranza
contro ogni speranza? Forse, ma quale speranza mai
dovrebbe predicare oggi un Papa, che non voglia
consolarci con vane illusioni?
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