Maurizio
Maggiani: Israele. Così hanno perso la loro saggezza Tratto da "il
Secolo XIX", 4 aprile 2002
Ariel Sharon non vincerà mai
la sua guerra. Fra dieci, tra venti, tra
cinquantanni, tra mille, diecimila, centomila
morti, ci sarà alla fine uno stato palestinese
indipendente. Non lo dico perché mi sono improvvisamente
scoperto profeta e propagandista della Causa, ma perché
cè scritto dentro la storia, appartiene al
naturale suo svolgersi. La storia che è
"maestra" e che agli stolti e agli
irresponsabili non riesce a insegnare mai niente. Non
cè occupazione militare al mondo che sia durata in
eterno, e questa durerà assai meno di altre, perché in
quella terra la contiguità, lintreccio, la
promiscuità fisica e geografica tra occupante e occupato
è straordinaria e micidiale per luno e per
laltro.
Avrebbe un solo modo Ariel Sharon per vincere la sua
guerra: eliminare tutti e quattro i milioni di
palestinesi dai Territori.
Ma nemmeno questo la Storia consente, e comunque, nella
sua visione del mondo, Sharon può concedersi molto, ma
non tutto.
Nascerà uno stato palestinese e non sarà bello a
vedersi, così come non bello sarà a vedersi Israele.
Questo è il risultato sicuro, lunico, di trenta
anni di occupazione, condotta senza quel briciolo di
civile intelligenza, o di lungimiranza, che non è mai
mancata in Palestina nemmeno allImpero di Roma. Ci
saranno due piccoli mostri tra non molto nella terra del
Risorto; il grado della loro mostruosità dipenderà da
quanto sangue e rabbia e paura dovranno essere ancora
generati per partorirli. Uno stato palestinese
mostruosamente pervaso e invaso da frustrazioni
incolmabili e desideri di vendetta, meta di quanti, in
giro per il mondo, avranno di sfogare le une e gli altri.
Uno stato ebraico mostruosamente agghiacciato nella paura
e nella recriminazione, costretto ad affidarsi a una
abnorme concentrazione di armi e di chi sappia usarle,
disposto a pagarli con quote sempre maggiori della
propria civiltà. Questo è un altro impagabile regalo di
Sharon e dei suoi maestri: la distruzione di due culture
civili uniche in tutto il Medio Oriente, di cui una è la
sua. Sarà bene ricordare che la società palestinese, al
pari di quella ebraica, era profondamente laica, aperta,
democratica e cosmopolita, che queste sue qualità non
sono mai piaciute ai regimi della zona e sono state
giudicate assai pericolose dagli occupanti. Sarà bene
ricordare che lunico investimento degno di nota di
Israele nei territori occupati, a parte il molto dato
alle sue colonie, è stata la costruzione e il
mantenimento delluniversità Islamica da cui è
nato Hamas, facendo conto che Hamas, giustamente, avrebbe
indebolito lOlp, minandone le basi di consenso
laico con loltranzismo religioso.
Questa è stata la lungimiranza israeliana. E a caccia
dei terroristi di Hamas, oggi dovrebbe andare a colpo
sicuro, visto che quegli uomini il Mossad li ha fatti
nascere e li visti crescere. Quei ragazzi e quelle
ragazze che si fanno saltare in aria, massacrando senza
giustizia alcuna, sono i figli di una generazione di
uomini e donne di ben altre aspettative e pensieri,
mortificati per tutta la vita nelle loro aspirazioni più
umane e civili, resi per i fondelli da tutto il mondo
civile e incivile. Che ha saputo stilare per loro una
montagna di giuste risoluzioni e mai, mai, un vero atto
risolutivo. Lo stato palestinese che nascerà non è
quello che ha sognato Arafat - qualcuno ricorda che il
partito del terrorista Arafat è tra i moderati nel
parlamento palestinese?- e la sua generazione, non quello
che sognavamo noi, ragazzi che portavamo il suo scialle
trentanni or sono. Israele che sopravviverà non
sarà né quella sognata dai suoi padri, né quella per
cui disperano i miei amici israeliani che ieri mattina
sono stati manganellati a sangue dalla loro polizia
perché gridavano Peace Now, pace adesso. Pace adesso è
una bestemmia, un insulto personale per Sharon e
sedizione per il suo governo.
Sharon non vuole la pace perché non vuole uno stato
palestinese e perché in pace non sarebbe niente,
nessuno. Cosa ha da dire luomo di Shabra e Shatila
al suo popolo in tempo di pace? Sharon ha bisogno del
terrorismo come un pugile del suo avversario, un
giocatore dei suoi dadi. E infatti in questi giorni sta
fabbricando grandi quantità di terrorismo, bastante per
insediare nella terra del Risorto mostruosità in eterno.
Ho un amico, poeta e trozkista, figlio del rabbino della
mia città.
Da ragazzini, quando andavamo per le crose a fumare
sigarette di nascosto, gli chiedevo di raccontarmi per
filo e per segno come sarebbe stato il kibbuz dove
saremmo andati, appena trovati un po di soldi, a
vivere il primo sogno realizzato al mondo di socialismo
poetico.
Il suo racconto mi faceva bene perché parlava di
qualcosa di straordinariamente concreto, realizzabile
senza dover mettere a ferro e fuoco il mondo.
Quando di soldi abbiamo finalmente cominciato a vederne
un po, di quel progetto ce ne eravamo per fortuna
dimenticati. Fossimo andati, saremmo morti di crepacuore.
Lui, che è il migliore dei due, per primo.
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