Peppe
Lanzetta: Non derubiamo i bambini della loro infanzia Tratto da "Il
Mattino", 10 marzo 2003
Ci restano le canzoni. Canzoni e mimose da
tenere al fresco in attesa di chissà che cosa.
Linverno è stato duro e quando arrivano le canzoni
del festival vuol dire che il più è fatto. Ci
aspettiamo camicie di cotone e sahariane, t-shirt e
scarpe telate. E non vogliamo più sentir ragioni.
Perché ce li siamo meritati, abbiamo sopportato venti
burrascosi, acque pluviali, gelo, tristezze annunciate.
Ma poi basta. Noi metereopatici di noi stessi sappiamo
riconoscere nella bellezza della mimosa il nuovo vento
primaverile, anche se linfluenza ci ha stesi al
punto che ci siamo domandati se non lha spedita
proprio il presidente Bush, giusto così per farci
abituare a qualcosa di brutto, di amaro, di terribile.
Abbiamo risposto con la bellezza delle conduttrici di
Sanremo, con le vecchie offerte scampoli a prezzo
tiratissimo, tipo Bobby Solo e Little Tony che danno la
mano alla Zanicchi e a Nilla Pizzi quasi a dimostrare che
invecchiare non piace a nessuno. Ma nemmeno crescere
prima del previsto. Cera una bambina di 12 anni che
a Sanremo ha giocato a fare la grande. Simporrebbe
una riflessione: perché non lasciate che i bambini
restino quelli che sono, cioè bambini?
Perché li obbligate a crescere prima del tempo
negandogli la gioia di piccole emozioni? La nostra
società sta abbassando vertiginosamente la soglia della
età per far entrare i nostri figli nel barnum
dellapparire sperando di divenire. Per cui il padre
più ambizioso si dirà che se è vero che un certo Diego
Armando Maradona già a sedici anni faceva vedere
meraviglie perché non far provare pure il proprio figlio
che sallena strenuamente sul campo del Mugnano? Ai
poveri padri non possiamo negare qualche sogno, ma
nemmeno permettere che facciano del male ai ragazzi in
nome di antiche frustrazioni o peggio del dio danaro che
ci permetterà poi di avere il cellulare. Via, lasciamo
che le cose capitino quando è giusto e naturale, senza
forzarle. Quando veniva il tempo delle ciliege noi
bambini ci arrampicavamo sugli alberi per provare
lemozione di scipparne una manciata. Graffiarsi i
ginocchi, dire qualche bugia a casa, ma godersi
linnocenza di quella stagione sospesa tra
adolescenza e prima gioventù. Il sapore delle ciliege
rubate non ce lo può regalare nessun telefonino griffato
né qualunque festival della canzone. Sciascia diceva: a
ciascuno il suo. Riflettere e buona primavera.
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