Umberto Galimberti
Quando Dio arma gli eserciti dicembre
2001
Tratto da "la Repubblica", 25/09/2001
Vorrei spendere una parola
inutile contro la guerra che l' Occidente sembra
apprestarsi a scatenare contro il mondo dell'Islam.
"Inutile" perché è noto a tutti quanto gli
strumenti della ragione siano deboli contro la potenza
dei singoli che annullano le differenze, infiammano i
cuori, dopo avere assopito o addirittura ottenebrato le
menti. La storia umana è uscita dalla dimensione
simbolica solo da due secoli e limitatamente
all'Occidente, che con l'illuminismo ha promosso il
primato della ragione e quel suo corollario che è
l'ateismo, essendo Dio il fondamento di ogni dimensione
simbolica.
Prima di allora la "guerra santa" o, come
dicono gli arabi la "jihad" , era comune tanto
al mondo islamico quanto all'Occidente cristiano, e
affondava le sue radici nell'antica cultura ebraica, il
cui Dio era un dio di guerra, capace di scatenare venti e
tempeste, tuoni e fulmini, calamità di ogni genere in
aiuto alle genti poste sotto la sua protezione,
aggiungendo alla confusione del campo di battaglia quello
delle potenze naturali, controllate dalla sua
soprannaturale potenza.
La "guerra santa" ebraica finì nel 70
dopo Cristo con la distruzione del tempio di Gerusalemme,
ma a raccogliere l'eredità fu il Cristianesimo che già
con l'Apocalisse di Giovanni riesuma l'iconografia della
guerra santa per la raffigurazione di Cristo, cinto di
una corona d'oro, nella mano una falce affilata, con un
angelo ai suoi ordini, per fare vendemmia della terra e
depositarla nel torchio dell'ira divina (Apocalisse
9,19).
Il Cristianesimo diverrà religione dell'Occidente sotto
il segno della guerra quando Costantino vide nel sole di
mezzogiorno qualcosa che assomigliava al segno della
croce: "In hoc signo vinces" . Con quel segno
si convertirono in seguito le popolazioni del nord, dette
"barbari" , che invadevano l'Impero romano,
sotto quel segno si riunirono le truppe di Carlo Magno
che diedero origine al Sacro Romano Impero separato
dall'Impero d'Oriente di fede ortodossa e dall'Islam che
aveva fatto la sua comparsa nel VII secolo in Arabia
Saudita con Maometto.
Maometto non ripudiava né la rivelazione ebraica né
quella cristiana, rivendicava tra i suoi predecessori il
patriarca Abramo, distruttore di idoli e adoratori di
Allah, solo insisteva sul carattere definitivo della sua
rivelazione rispetto a quella ebraica e cristiana,
negando la proclamata divinità di Gesù Cristo.
L'allora mondo conosciuto si divise in tre parti:
l'Ortodossia occupò, a partire da Costantinopoli, il
mondo slavo, mentre nel Mediterraneo rimasero a
contendersi le terre l'Islam e il Cristianesimo, entrambi
a colpi di "guerre sante" o come da noi si
diceva "crociate" , dove gli arabi
distinguevano la terra della pace (dar alIslam) dalla
terra della guerra (dar alharb), a cui corrispondeva da
parte cristiana la terra dei fedeli (partes fidelium) da
quella degli infedeli (partes infedelium).
Questa mentalità, nel mondo cristiano non si estingue
con il Medioevo, ma inaugura l'età moderna con
Cristoforo Colombo che nel suo "Giornale di
bordo" precisa gli obiettivi della sua avventura. Il
primo è quello di un figlio devoto della cristianità
che vuol salvare il mondo portando il battesimo ai
pagani. Il secondo è quello in cui il mondo moderno si
riconoscerà: riportare in patria tanto oro ( "il
Signore nella sua bontà mi faccia trovare questo
oro" , 23 dicembre 1492). Costo dell'operazione:
quella "moltitudine di ignudi e indifesi" ,
come li chiama Colombo nel suo Giornale di bordo, erano
sette milioni al suo arrivo e saranno appena quindicimila
sedici anni dopo.
Esportare battesimi e importare ricchezza è stato il
senso di questa guerra santa cristiana, e insieme, pur
nel mutar dei nomi e delle forme, il senso della
"modernità" , avanzata a colpi di colonialismo
prima territoriale e oggi economico.
Da questo breve excursus storico appare evidente che la
"guerra santa" o "jihad" non è una
prerogativa del mondo islamico e neppure un'arretratezza
medioevale (dal momento che percorre l'intero arco della
storia moderna), ma è un tratto tipico delle religione
monoteiste, che in buona fede, trovano in Dio la
giustificazione dei delitti più esecrabili compiuti in
suo nome. Nulla allora di più benefico della "morte
di Dio" proclamata da Nietzsche e anticipata un
secolo prima dall'ateismo illuminista.
Una morte (e qui bisogna che si presti una grande
attenzione) che non lascia solo orfani ma anche eredi. E
tra gli eredi non fatichiamo ad annoverare quanti,
lasciata alle spalle la "guerra santa" , oggi
approdano alla "guerra giusta" . Dove la
nozione di "giustizia" , tra due contendenti
senza un arbitro, difficilmente si scosta dalla nozione
di "vendetta" , che attorciglia la storia in
una spirale i cui risvolti tragici nessuno fatica a
immaginare.
Israeliani e palestinesi, nel loro piccolo, ci hanno già
raccontato il futuro. Un esercito tra i più attrezzati
del mondo e una povertà tra le più disperate del mondo
da cinquant'anni sono l'uno nelle mani dell'altro. Se
questo decidiamo sia il nostro futuro, non abbiamo che da
seguire passivamente la storia.
L'Islam è ancora immerso nella dimensione simbolica, la
più terribile, perché i simboli lavorano con la legge
del tutto o nulla, categoria religiosa che prevede solo
salvezza o dannazione. L'Occidente è appena uscito dalla
dimensione simbolica ed è approdato all'uso
illuministico della ragione, non grazie al Cristianesimo
che parla di pace senza avere le carte in regola, ma
grazie alla scristianizzazione dell'Occidente, che,
lasciate alle spalle le figure apocalittiche della fede,
ha incominciato a frequentare i percorsi più angusti,
più modesti se si vuole, ma più efficaci della ragione
che, senza una verità precostituita alle spalle, non
dimette il lavoro duro della ricerca e della
comprensione.
Ora è necessario che l'Occidente non rinneghi se stesso
e gli strumenti razionali che ha faticosamente guadagnato
nel corso della sua storia, e non ripiombi nel simbolico
e nella violenza che sempre accompagna questa dimensione,
per la quale il bene sta tutto da una parte e il male
dall'altro: "O con noi o contro di noi" come
inopportunamente dice il presidente Bush con chiaro
riferimento alla lettera e allo spirito biblico madre e
padre di tutte le "jihad" .
La cristianità teocratica del Medioevo da un lato e la
teocrazia islamica dall'altro avevano trasmesso alla
"modernità" il loro paradigma universalistico.
In forza di un privilegio stabilito da Dio toccava
all'Islam su un versante e alla cristianità sull'altro
difendere le proprie forme culturali fino ai confini
della terra. L'Islam è rimasto prigioniero di questa
vocazione.
Non vorrei che l'Occidente, che ritiene di essersene
liberato, grazie al processo di scristianizzazione che
nel suo seno è in corso da due secoli, oggi non
riprenda, sotto nuove forme e nuovi metodi, la vocazione
messianica in cui è cresciuto per diciotto secoli. E con
la forza delle armi e del denaro scelga, di fronte a
un'aggressione terribile, la via della distruzione e
dell'integrazione, proponendo se stesso come
"totalità" , invece di cogliere la
possibilità di crescita umana implicita nel confronto
con la "diversità" .
Ogni tanto la storia si incarica di rendere la soluzione
dei problemi non più rinviabile. E chiede una scelta.
Per quanto riguarda noi occidentali la scelta è se
proseguire, sia pure in forme laicizzate, la vocazione
messianica che fa coincidere l'Occidente con la totalità
umana, o se invece non è meglio percorrere l'altra via
che visualizza l'Occidente come una parte nell'orizzonte
più ampio della totalità umana.
Nel primo caso quel che seguirà ai preparativi bellici
che l'Occidente sta approntando, anche se non sarà
chiamata "guerra santa" , in nulla si
distinguerà da una vera e propria "jihad" ,
perché quando il bene è tutto da una parte e il male
tutto dall'altra il simbolico ha già fatto il suo lavoro
più importante e devastante, e l'Occidente avrà
rinunciato alla sua prerogativa, che è poi quella
dell'uso costante della ragione, da salvaguardare ogni
giorno dalla potenza devastante dei simboli che, sotto la
protezione delle religioni, ancora regola gran parte
dell'umanità. E gli effetti, non da oggi, sono sotto gli
occhi di tutti
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