manifesto Gasparri vuole più
destra in Rai
Lettera a Minoli e ai direttori: quando finirà la
subalternità alla sinistra?
Il più visto Il ministro di An ha il record di
apparizioni nei verità. Ma non gli basta. Polemiche
dell'Usigrai e dell'Ulivo: risponda in Vigilanza
«Egregio dottore, non da ministro, ma come vede dalla
carta bianca con cui le scrivo, da semplice elettore del
centrodestra, mi chiedo perché debba prevalere in Italia
sempre e ovunque questa subalternità politico-culturale
alla sinistra?». Parole (sgrammaticate) di Maurizio
Gasparri, ministro nazional-alleato delle comunicazioni,
rivolte al direttore di Rai Educational Giovanni Minoli.
In una lettera scritta il 18 ottobre scorso e riportata
dalla Stampa di ieri il ministro lamenta infatti
l'assenza di voci del centrodestra nei programmi di Rai
Educational. «La Ventura invita Santoro al noto
programma sportivo, lei si appella a Fazio e Santoro e
con orgoglio conferma la Dandini. Ma quando verrà il
momento di quelli che non sono mai stati a sinistra?»,
chiede Gasparri («per ora in privato») a Minoli. E
anche a tutti i direttori vicini al governo, se è vero -
come riferisce La Stampa - che la lettera è stata
recapitata pure a loro. Nei confronti di Minoli, però,
la lamentela si condisce di rammarico: «Pensi che,
ignaro delle sue iniziative, nelle stesse ore mi sono
sbilanciato in pubblici elogi della sua persona in quel
di Palermo - aggiunge Gasparri in post scriptum - Beata
ingenuità». Una goccia che ha fatto traboccare la
pazienza del direttore. Che, dopo lo sfogo con il suo
staff - «subalterno io?» -, ha risposto: «Egregio on.
Gasparri, ho ricevuto la sua lettera, ne ho apprezzato la
franchezza, sincera, diretta. E con la stessa franchezza
le rispondo. Considero le sue osservazioni non pervenute
ed in ogni caso irricevibili».
Le rivelazioni della Stampa sull'ingerenza di
Gasparri non rimangono però circoscritte ai diretti
interessati. Per cominciare all'interno della Rai: «Ma
cosa aspetta il vertice Rai a replicare in maniera
pubblica e dignitosa?», chiede il segretario
dell'Usigrai Roberto Natale riferendosi anche alle
dichiarazioni di Berlusconi, che da Tirana ha illustrato
disposizioni alla Rai analoghe a quelle dettate alla
squadra del Milan (la prima a girare le «bellezze»
dell'Albania, l'altra a fare amichevoli oltre Adriatico).
«Ancelotti non può rivendicare la sua autonomia dal
proprietario - prosegue Natale - Ma forse Baldassarre e
Saccà dovrebbero farlo».
«Dagli ordini verbali siamo passati a quelli scritti. Il
prossimo passo sarà esporli in bacheca?», commenta per
la Margherita Renzo Lusetti. Ironicamente, l'associazione
Articolo 21 dice invece che Gasparri «ha
ragione». In Rai «esistono ancora angoli di palinsesto
in cui An viene bistrattata», spiega infatti il ds
Giuseppe Giulietti. «A questo punto manca solo che
Gasparri si nasconda per andare anche a Chi l'ha visto»,
aggiunge il verde Alfonso Pecoraro Scanio chiedendo che
il ministro sia immediatamente ascoltato dalla
commissione di Vigilanza Rai. I rilevamenti commissionati
dall'Espresso del resto parlano chiaro: gli
esponenti politici più presenti nei varietà televisivi
di Rai, Mediaset e La7 sono quelli di An. Secondo l'Espresso,
An ha avuto 38'29'' di parlato totale, negli spazi nei
principali programmi d'intrattenimento dei grandi
network, seguita a distanza da Udeur (11'17'', grazie
alla conduttrice Irene Pivetti su La7) e da Forza Italia
(3'18''). E la classifica delle apparizioni chi altro
poteve vedere in testa se non Gasparri?
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manifesto «Liberiamo la Rai,
tutti insieme»
Le opposizioni insieme per «liberare il cavallo».
Rutelli: a casa Saccà e Baldassarre. Mastella: i nostri
consiglieri diano l'esempio. Zanda e Donzelli: non ci
pensiamo. Bertinotti: i prossimi vertici siano nominati
da utenti e dipendenti. Fassino: contro il ddl Gasparri,
una proposta comune
MICAELA BONGI
ROMA
Applauditissimo al suo ingresso in sala, alla fine
Antonio Di Pietro rompe gli indugi: annuncia che alle
prossime elezioni, amministrative o politiche che siano,
si alleerà con il centrosinistra, «perché è meglio
perdere insieme che da soli». Magari meglio vincere,
avranno pensato gli altri leader seduti accanto a lui sul
palco dell'Auditorium di Renzo Piano per liberare il
Cavallo e salvare la Rai, ma tant'è. L'ex senatore del
Mugello si propone anche come portavoce non solo
dell'Ulivo, ma del «centrosinistra, se si può chiamare
così, allargato». Anche lui speaker a rotazione,
s'intende. Perché il leader dell'Italia dei valori oggi
volerà in Canada e, «col vostro permesso, mi impegno a
parlare a nome di tutti quanti». E si chiude così, con
un impeto unitario, la serie degli interventi politici
della kermesse contro la berlusconizzazione del servizio
pubblico, organizzata dal centrosinistra insieme a
Rifondazione comunista e Italia dei valori. Uno accanto
all'altro sul proscenio, Di Pietro, Clemente Mastella,
Marco Rizzo, Francesco Rutelli, Alfonso Pecoraro Scanio,
Piero Fassino e Fausto Bertinotti, con gli ultimi due che
parlottano dall'inizio alla fine della manifestazione.
Manca solo Enrico Boselli , ma per «motivi tecnici e non
politici», almeno secondo quanto si augura il
moderatore, Federico Orlando, presidente
dell'associazione Articolo 21. «E' la prima iniziativa
di grande rilievo pubblico che rappresenta il nuovo
Ulivo. Quello dell'informazione è il battistrada
dell'allargamento della coalizione», sprizza gioia
Vincenzo Vita, portavoce del «correntone» ds, arrivando
all'Auditorium. «Finalmente l'opposizione è unita su
una parola d'ordine che noi condividiamo da tempo, dopo
essere stata divisa su molti temi», incalza Michele
Santoro. Tra il pubblico qualcuno invece maligna: «Hanno
evitato di spaccarsi ieri all'assemblea del
centrosinistra, finirà che si spaccano qui sulla Rai».
Posti in piedi nella sala da 700 posti, applausi
scroscianti quando si invoca l'unità dell'opposizione,
ma anche quando Fausto Bertinotti conferma che sì, la
battaglia sulla comunicazione è fondamentale e che la tv
di Berlusconi è pessima, «ma la tv del centrosinistra
gli ha dato un bello scivolo».
La disponibilità a trovare punti di convergenza sulle
battaglie contro il governo, a partire dal ddl Gasparri,
è condivisa. Ma non tutti parlano la stessa lingua. Il
leader della Margherita, Francesco Rutelli, lancia
l'attacco: «Il vertice della Rai se ne deve andare», a
casa Antonio Baldassarre e Agostino Saccà oppure «per
la tv pubblica il prossimo sarà un anno senza ritorno».
E una volta liberato il Cavallo dai fantini, «bisogna
stralciare e esaminare subito la norma che sulla nomina
dei vertici Rai, perché siano autonomi dal governo».
Bene, ma che i nuovi vertici li nomino i dipendenti e gli
utenti, propone Fausto Bertinotti. Il segretario dei Ds
Piero Fassino, che preferirebbe «evitare una sequenza di
interventi di esponenti del centrosinistra» (presumibile
irritazione di chi teme il progetto del «piccolo
Ulivo»), condivide l'invito a sloggiare lanciato da
Rutelli al presidente e al direttore generale. Ma allo
stesso tempo invita il centrosinistra «insieme e
allargato» a lavorare insieme per produrre un testo
unico da opporre all'«inaccettabile ddl Gasparri»,
visto che per ora sono state avanzate proposte in ordine
sparso. Un tavolo comune delle «otto forze
dell'opposizione» contro la Gasparri, invoca anche
Pecoraro Scanio. Prima ancora, è però Clemente Mastella
a riservarsi il colpo di teatro: «Sono un democristiano
non doroteo, non capisco questo modo mellifluo - dice
rivolto a Rutelli e Fassino - prima di chiedere che si
dimettano il presidente e il direttore generale della
Rai, si dimettano i nostri rappresentanti». Arrivederci.
In sala (ci sono anche Franco Iseppi, Guglielmi,
Freccero, Simona Marchini, Giorgio Cremaschi, Serventi
Longhi e Roberto Natale, giornalisti Rai, esponenti dei
partiti e girotondini, e invia un messaggio Enzo Biagi),
saltano sulla sedia Carmine Donzelli e Luigi Zanda. «Mi
sembrerebbe grave abbandonare il campo nel momento in cui
stanno emergendo le contraddizioni», risponde Donzelli
ai giornalisti. E il rutelliano Zanda taglia corto: «Mi
dimetterò quando avrò deciso che è giusto farlo e per
nessun altro motivo». Alla fine, comunque, Piero Fassino
sottolinea la «significativa dimostrazione che si può
avere una larga unità, sulla Rai e su tanti altri
campi».
Sul palco salgono anche Daria Colombo («i girotondi sono
con voi») e Roberta Carlotto, che descrive una Radiotre
imbalsamata dal suo nuovo direttore, Sergio Valzania.
Conclude l'incontro Roberta Gisotti, autrice del libro La
favola dell'Auditel, presentato ieri mattina anche
alla sede della Fnsi. Dove l'associazione Megachip
presieduta da Giulietto Chiesa ha lanciato la campagna
«Basta con l'Auditel». Un invito alla ribellione
rivolto alle famiglie campione,«le identificheremo una
per una per convincerle a abbandonare un sistema
manipolato e non veritiero». L'associazione contesta
inoltre all'Authority di non rispettare la legge
Maccanico che le impone di vigilare sugli ascolti tv
raccolti dai privati, «permettendo così il permanere
del monopolio dell'Auditel nel settore». E non esclude
l'avvio di un'azione legale.
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