Cambio
dei vertici, riaffermazione del ruolo pubblico
"smarrito" in questi ultimi anni,
tutela del pluralismo e della qualità.
«Liberare il cavallo», insomma, per «salvare
la Rai». Sono queste le motivazioni da cui nasce
la manifestazione di oggi all'Auditorium di Roma
(17.30 nella sala piccola, ndr), e che vede
insieme i leader del centrosinistra e di
Rifondazione. «Il
dato politico da registrare - fa subito notare
Paolo Gentiloni della Margherita - è il largo
schieramento che si ritrova intorno al comune
allarme su viale Mazzini». «Quando si discute
di contenuti - precisa Sergio Bellucci di
Rifondazione - si può trovare un fronte comune
dell'opposizione. Poi, è possibile criticare il
"metodo" con cui questo si realizza.
Allora occorre dar voce alle diverse ipotesi.
Indubbiamente la Rai va salvata dalla deriva
commerciale che porta alla "tv delle
mutande"».
Anche ieri, ad
annunciare l'iniziativa di oggi, erano seduti
intorno allo stesso tavolo i principali
responsabili della comunicazione dei vari partiti
dell'opposizione: oltre a Gentiloni e Bellucci,
Fabrizio Morri (Ds) e Loredana De Petris (Verdi),
Gianni Montesano (Comunisti italiani), Alberto La
Volpe (Sdi) e Gennaro Cerasuolo della Lista Di
Pietro. Ma «le porte sono aperte a tutti»
auspica Giuseppe Giulietti a nome
dell'associazione "Articolo 21".
A portare la
solidarietà ai politici vi saranno uomini dello
spettacolo, della cultura, del giornalismo,
dell'editoria. Da Enrico Ghezzi a Sergio Vauro,
dal Cdr di "La7" alla redazione di
"Radiotre", da Carla Fracci a Diego
Cugia, perché - come affermano tutti - «la
crisi in cui versa viale Mazzini sembra senza via
d'uscita». Il senso di smarrimento in cui ormai
navigano i vertici è evidente. L'ultimo caso è
stato sollevato da un Pippo Baudo
"sfumato" per far posto a Vespa che ha
portato addirittura a un comunicato di direttiva
aziendale. «Per programmi in diretta veniva
consentita una tolleranza di cinque minuti», si
legge in una nota di viale Mazzini. «La
possibilità di "sfumare" la
trasmissione - continua il comunicato - era stata
preannunciata ai responsabili del programma con
informative verbali e, nel corso della serata,
con ripetute telefonate».
Se si considerano i
dati, poi, la "débacle" è lampante.
Solo nell'ultimo anno, la Rai avrebbe
"dissipato" cinque punti di vantaggio
di share in "prime time" su Mediaset
all'inizio del periodo di garanzia. In dettaglio,
dal 22 settembre al 22 ottobre del 2001, la Rai
era al 47,34% in "prime time" e al
46,89% in "day time". Mediaset era
assestata sul 42,97% e sul 42,87%
rispettivamente. Nello stesso mese di quest'anno,
la Rai è al 44,99% in "prime time"
(-2,35%) e al 45,96% in "day time"
(-0,93%). Mediaset è invece al 44,95% nel
"prime time" (+1,98%) e al 43,35% nel
"day time" (+0,48%). Paragonando i due
periodi, in "prime time" Raiuno fa
segnare un -0,30%, Raidue un -2,19% e Raitre un
+0, 15%. Eppure, anche il sistema Auditel viene
messo sotto accusa. Non a caso, sempre oggi
verrà presentata dall'associazione fondata da
Giulietto Chiesa "Megachip, democrazia nella
comunicazione" la campagna "basta
Auditel".
La crisi, dunque, è
profonda, anche se «viene da lontano». «Da
tanti anni - aveva già detto lo stesso
segretario di Rifondazione, Fausto Bertinotti, in
un'intervista rilasciata all'associazione
"Articolo 21" - anche nell'era Rai
gestita dal centrosinistra si è smarrito il
senso, l'ispirazione del "fare"
servizio pubblico. L'attuale gruppo dirigente è
in perfetta continuità con tale deriva». «Per
questo - continua Bellucci - l'allarme
sull'informazione non è più rinviabile. Si
assiste ormai a uno sbandamento che riguarda
tutti. La radiotelevisione italiana è un
patrimonio prezioso da salvare. Ciampi ha
espressamente parlato di "emergenza
democratica" e noi crediamo fortemente, in
questo senso, che "un'altra Rai sia
possibile"».
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