E contro la
«guerra preventiva», nacque la «mobilitazione
preventiva» di Piero Sansonetti Sabato in
Italia si sono svolte cento manifestazioni contro la
guerra. Il social forum, e le altre associazioni che le
hanno organizzate, hanno detto che si è trattato di
«una mobilitazione preventiva», categoria politica
nuova, nata per rispondere alla «guerra preventiva»
teorizzata da Bush. «Cento manifestazioni» non è un
modo di dire, un titolo: sono state proprio cento, in
cento città diverse. |
05.10.2002 Cento città in piazza contro la guerra «con o senza l'Onu» di Antonio Iovane Forse il momento più suggestivo è nel sottopassaggio. Sembra un film di Ken Loach. Quando il corteo passa sotto il tunnel che collega via del Tritone a via Nazionale, qualcuno comincia a fischiare, qualcun altro grida, come a sperimentare. Poi cè uno che ha un idea e la mette in pratica. «Una mattina/ mi son svegliato» comincia a intonare. Lidea è buona, i manifestanti lo seguono. In breve migliaia di persone cantano Bella ciao e la canzone non si disperde ma rimbomba nel tunnel. La cantano tutti, le Donne in nero vestite a lutto. «Tra uccidere e morire scegliamo di vivere» è il loro slogan. La canta il verde dei movimenti filo-palestinesi, «Contro il terrorismo dello Stato d Israele». La canta il rosso dei Disobbedienti, («Contro la guerra dei potenti ora e sempre disobbedienti») mentre alcuni lasciano nel sottopassaggio alcuni graffiti per poi "imboscare" rapidamente i barattoli di vernice. Fanno le prove generali per la grande manifestazione europea che si terrà a Firenze il 9 novembre in occasione del Forum sociale continentale. Sono più di diecimila, insomma, i manifestanti partiti da Piazza della Repubblica per raggiungere Piazza Venezia. A Roma come in altre città. Sono lì contro la guerra «con o senza lOnu», spiega Maria Giovanna, insegnante di inglese, «perché sulla pace non si discute». Ma la manifestazione servirà a fermarla? «Questa manifestazione non serve a fermare la guerra ma a far capire che molte persone non sono daccordo». E quante sono, secondo lei? «A mio avviso il 75% degli italiani è contrario. Poi cè da distinguere tra quelli che sono contrari a intervenire senza lappoggio dellOnu». Ma per le vie di Roma oggi è il giorno di quelli «con o senza lOnu». Sono indirizzati a Bush, Blair, Berlusconi e ai media gli strali dei manifestanti. «Yankee go home», come durante il Vietnam. E poi «Palestina libera», «Non in mio nome» riferito alla guerra. Vittorio Agnoletto, leader dei no-global, si confonde coi manifestanti. «Credo che oggi sia una giornata importante in tutte le città. Basti pensare a Firenze, dove erano in 20mila. Questo movimento ha molte nuove responsabilità, soprattutto dopo il voto sugli alpini dellaltro giorno». Ma la manifestazione di oggi non rischia di essere una goccia in un mare? «No, per me il fatto che un terzo del Parlamento abbia votato contro la guerra è un segnale molto importante. Stiamo spostando politicamente il consenso e la nostra è una campagna, non una semplice mobilitazione. Non è affatto un caso che mediaticamente cerchino di azzerarci» conclude Agnoletto. Dopo di lui si avvicendano gruppi con tamburelli, canzoni, carrelli della spesa con prodotti che non «danneggiano la Palestina». In fondo al corteo, invece, una parte del Centrosinistra. Ci sono i Verdi, i Comunisti italiani e alcuni Ds, tra cui Aprile, che fanno riferimento al correntone) e il gruppo Altri mondi. Anche qui, insomma, lUlivo arriva a pezzi. |
In attesa del discorso alla
nazione previsto per lunedì il presidente invita il Congresso a votare una risoluzione decisiva Bush: "La guerra contro l'Iraq potrebbe essere inevitabile" L'unica condizione per evitarla è che Bagdad disarmi completamente "Saddam è un uomo crudele e pericoloso". Ma all'Onu si tratta WASHINGTON - Il presidente americano non desiste: la guerra contro l'Iraq potrebbe essere inevitabile, a meno che Bagdad non accetti un disarmo totale. E ha invitato di nuovo il Congresso a votare una risoluzione definitiva affermando che l'Iraq si dovrà attenere alla volontà della comunità internazionale e che il tempo per farlo è limitato. "Il nostro Paese attribuisce un grande valore alla vita e non cercherà mai la guerra a meno che essa non sia indispensabile per la sicurezza e la giustizia", ha dichiarato George W. Bush nel suo discorso radiofonico settimanale, registrato nella località marina di Kennebunkport, nel Maine, dove sta trascorrendo il week-end con la famiglia. Nel messaggio Bush ha anche definito Saddam Hussein "un uomo crudele e pericoloso" che per undici anni ha mentito al mondo sul suo vero arsenale di armi di sterminio. E ha concluso rivolgendosi al Congresso: "Sostenere questa risoluzione mostrerà la determinazione degli Stati Uniti e aiuterà a spingere le Nazioni Unite ad agire". Le sue parole arrivano a due
giorni dall'atteso discorso alla nazione sulla crisi
irachena in programma per lunedì, quando il presidente
dirà perché sia così determinato a rovesciare Saddam,
nonostante l'accordo sulla ripresa delle verifiche
dell'Onu agli armamenti iracheni raggiunto a Vienna nei
giorni scorsi dal capo degli ispettori Onu Hans Blix e
dagli inviati di Bagdad. Il presidente parlerà alle 20
di lunedì ora locale (le 2 di notte di martedì in
Italia) da Cincinnati, nell'Ohio. |
Il vicepresidente leghista del
Senato sulle manifestazioni di oggi "In piazza solo barboni e studenti che fanno cagnara" Calderoli: "Dietro i pacifisti si nascondono i terrorristi" "A questa marmaglia serve una maggiore consuetudine con la pulizia" MILANO - I
pacifisti? Dietro di loro si nascondono i terroristi. I
No global? Marmaglia. E gli studenti in piazza contro la
guerra? Quelli hanno solo voglia di far cagnara. Il
vicepresidente del Senato, il leghista Giuseppe
Calderoli, spara a zero contro le manifestazioni che oggi
in tutta Italia diranno no alla guerra contro l'Iraq. E,
soprattutto, spara a zero contro chi vi partecipa. E allora chi è sceso in
piazza? Per Calderoli si è trattato di una
"marmaglia" che avrebbe bisogno di un buon
parrucchiere e di maggior consuetudine con la pulizia. E
se ciò non bastasse, Calderoli precisa ulteriormente il
suo pensiero quando dice che "accanto ai
barboni" sono scesi in piazza solo studenti che
"in ogni epoca non disdegnano mai le occasioni per
fare cagnara". |
A maggio una lite tra il
procuratore Grasso e Scarpinato è stato il primo segnale della crisi I cento giorni del pentito Giuffrè dietro il terremoto in Procura Dopo Caselli è cambiato il metodo di lavoro e non a tutti piace il nuovo sistema di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO PALERMO -
Qualcuno fa sapere in giro che i due erano quasi venuti
alle mani. Quel qualcuno forse esagera un po', comunque
della lite furibonda tra Piero Grasso e Roberto
Scarpinato ne parlano tutti e tutti sussurrano che a
dividere i due è stato Guido Lo Forte. Volarono parole
grosse quel giorno nella stanza del procuratore Grasso
durante la solita riunione di Dda, il summit settimanale
dell'Antimafia palermitana. Era un pomeriggio di maggio,
vigilia del decimo anniversario della strage di Capaci.
In quella riunione Grasso si lamenta con vigore di
un'intervista che Roberto Scarpinato ha appena rilasciato
a una tivù, Scarpinato risponde con durezza al suo capo,
il battibecco si accende, testimoni una mezza dozzina di
magistrati che ascoltano allibiti. Poi, quando la
discussione sta davvero degenerando, ci pensa Lo Forte a
calmare tutti. Il suo collega Scarpinato ai giornalisti
aveva raccontato che "la Procura era un
deserto" in quei lunghi pomeriggi di primavera, con
molte stanze vuote come non lo erano state più negli
ultimi tempi. Il procuratore capo si infuriò. Quest'alterco violento segna
l'inizio della fine dell'ultimo pool antimafia di
Palermo. Un mese prima viene catturato Antonino Giuffrè
in circostanze assai misteriose, un mese dopo il boss si
pente cominciando a parlare solo con due o tre
procuratori mentre tutti gli altri ne sono all'oscuro. Le
tensioni latenti dentro gli uffici al secondo piano del
Palazzo di giustizia si materializzano settimana dopo
settimana, fino a poche ore prima dell'annuncio ufficiale
della collaborazione di Giuffrè. Tutte le incomprensioni
represse nei due anni del nuovo corso voluto dal
procuratore Grasso esplodono all'improvviso, qualcuno
come Guido Lo Forte è a conoscenza del pentimento del
boss di Caccamo, altri come il procuratore aggiunto
Scarpinato e una mezza dozzina di "senatori"
della Procura quando vengono a sapere del fatto rimangono
a bocca aperta. E' avvenuta una rivoluzione lì dentro,
dove ai tempi di Caselli tutto era gestito da tutti,
massima circolazione delle notizie sulle investigazioni
di mafia, piccoli gruppi di sostituti che si scambiavano
carte e dichiarazioni di pentiti, riunioni durante le
quali non c'era magistrato del pool che non fosse
informato sulle inchieste degli altri colleghi. E'
avvenuto qualcosa in Procura che nessuno avrebbe mai
potuto immaginare. Anche se qualche avvisaglia c'era già
stata. Un pentito minore (Gaetano Grado) ascoltato in
solitudine dal pm Michele Prestipino, atti acquisiti
sempre da Prestipino (su mafiosi che parlavano di appoggi
elettorali a Forza Italia) transitate a fatica per i
troppi omissis nel processo che si sta celebrando contro
Marcello Dell'Utri, un'indagine di criminalità minore
(un duplice omicidio al Borgo Vecchio a sfondo sessuale)
iniziata da Prestipino come magistrato di turno e che lui
non vuole cedere ad altri. E' sempre Michele Prestipino
il sostituto che ascolta da cento giorni Antonino
Giuffrè. E' un quarantenne molto capace e molto serio,
ha lavorato tanto anche al fianco di Caselli, con Grasso
è diventato "l'asso pigliatutto" della
Procura. Da lui oggi passano tutte le più delicate
indagini su Cosa nostra siciliana. Ha praticamente
scalzato tutti i procuratori che per dieci anni avevano
indagato sui misteri mafiosi, di fatto tutti emarginati
mese dopo mese dalle grandi inchieste. Giuste o sbagliate
- vedremo dove porterà la "cantata" di
Antonino Giuffrè - queste sono state le scelte del
procuratore Pietro Grasso che hanno provocato il
terremoto al Palazzo di giustizia di Palermo. E' una
"guerra" tutta inedita quella che si sta
combattendo. Nulla a che fare con le vicende degli anni
80 e quelle degli anni 90, quando alcuni vecchi
magistrati odiavano Giovanni Falcone o quando altre toghe
eccellenti cercarono di far fuori il pool di Antonino
Caponnetto. Questa volta non ci sono i "buoni"
schierati da una parte e i "cattivi"
dall'altra, c'è solo una grande confusione
nell'antimafia giudiziaria e una grandissima attesa per
ciò che si svelerà quando Antonino Giuffrè avrà
finito di raccontare la sua verità. |
Formiche e
cicale LUIGI PINTOR Chi era Luigi Einaudi? Un economista stimato che fu anche un presidente della Repubblica discutibile, il quale mi pare sostenesse che bisogna risparmiare e che il risparmio, il piccolo risparmio in specie, è la molla dell'economia. Magari perché i governi e le banche lo rastrellavano e lo reinvestivano felicemente per il bene comune. Chi è Silvio Berlusconi? Un economista stimato soprattutto per quel che riguarda gli affari suoi, che è anche un presidente del consiglio discutibile e speriamo non sia mai un presidente della Repubblica discutibile, il quale sostiene che non bisogna risparmiare bensì spendere e consumare, essendo il consumo la molla dell'economia in quanto la domanda sostiene l'offerta e viceversa ed entrambe congiurano al bene comune. Vorrei che gli esperti di macro e micro economia mi spiegassero questo divario di opinioni, magari Galapagos, o un altro premio Nobel, il prof. Modigliani o il governatore Fazio, o il signor Schumpeter che però forse non è più in vita. Certo il mondo è in rapidissima evoluzione, gli spiriti animali del capitalismo non hanno requie, come si vede anche dall'andamento delle borse, perfino Carlo Marx si troverebbe in serio imbarazzo. Anche la matematica è un'opinione, del resto, figuriamoci l'economia. Ma che cosa vorrà mai dire, non risparmiate ma spendete e consumate? Capisco che venga detto da un mercante in fiera, in un suq, a porta portese, da un venditore di almanacchi, da un petroliere che si guadagna da vivere. Ma cosa devo comprare e perché? E tu cosa mi vendi e perché? Devo comprare un pedalino al giorno, un'automobile di cilindrata superiore, la quinta casa? Devo fare indigestione di caviale? Così pare. Quando sono crollate le due torri la preoccupazione principale è stata che lo shopping continuasse con maggior lena di prima anche tra le macerie per tenere alto il morale, ossia i consumi e la produzione, ovvero la produzione e i consumi, questa fantastica macchina autopropulsiva che se si ferma tutto è perduto. Dove va nessuno lo sa, salvo i bidoni della spazzatura. Non mi persuade. Essendo di poco appetito, quando ceno in una trattoria spreco una quantità di cibo che moltiplicata per alcuni milioni di commensali abituali basterebbe a una generazione. Non c'è dubbio che ognuno ha diritto alla felicità e che questo spreco glorioso, questa libertà duratura dal bisogno e dalla nausea, appaga esercenti, clienti, agricoltori, gastroenterologi e molta umanità. E se giova all'economia non può essere considerato immorale, perché l'homo è sapiens in quanto faber ed oeconomicus. Però non è tanto bello, non funziona già tanto bene e non si sa come andrà a finire. A occhio e croce, preferisco la parsimonia di Luigi Einaudi alla crapula di Silvio Berlusconi anche perché il primo non faceva un'orrenda televisione ma un buon vino. Ma è inutile scegliere, il difetto è nel manico. Un direttore del giornale dove lavoravo da ragazzo scrisse un articolo che finiva così: è pur bello essere comunista! Sbagliato, non è così chiaro. Ma quant'è brutto essere capitalista. |
La rettifica
del Colle Ciampi corregge il premier sulla guerra degli Usa: «Nessuno può agire da solo». Mozione unitaria dell'Ulivo contro la guerra. Mercoledì il voto sull'Afghanistan ANDREA COLOMBO ROMA Dell'Iraq non parla, non esplicitamente almeno. Ma non c'è dubbio su cosa abbia in mente il presidente della repubblica quando avverte che «nessuno può pensare di rispondere da solo» ai rischi e alle sfide rappresentati «dalle armi di distruzione di massa, dall'ipoteca del deterioramento dell'ambiente, dalla povertà in vaste zone del mondo». E quando Ciampi prosegue affermando che «la miglior garanzia di stabilità internazionale è data dalla stretta collaborazione tra Usa e Ue» non c'è bisogno di ricorrere alla malizia per indovinare un commento, quasi una risposta, al pronunciamento a stelle e strisce del premier. Ciampi non ricorre invece ad alcuna perifrasi per affrontare il nodo della crisi israelo-palestinese. «In Medio oriente - dice - bisogna arrivare alla costituzione della stato palestinese e realizzare la convivenza tra i due popoli». E anche qui si richiederebbe, afferma, un maggiore impegno europeo: «Potremmo fare di più se avessimo una politica europea più unitaria». Se il presidente della repubblica prende le distanze da Berlusconi evitando però l'incidente diplomatico, l'Ulivo non ha di queste preoccupazioni. La mozione partorita al termine di 24 ore di trattative parola per parola, pur mantenendo un margine di ambiguità, rappresenta un passo avanti notevole rispetto alle prime due stesure, bocciate dai Verdi, dal correntone e dal Pdci. La versione approvata ieri contiene un passaggio fondamentale, quello in cui l'Ulivo «esprime ferma contrarietà alla guerra, considerando necessario in questa situazione compiere ogni sforzo per evitare l'intervento armato in Iraq». Il testo è fermo nel denunciare le violazioni dei diritti umani e il pericolo rappresentato dal dittatore iracheno. Saluta però con soddisfazione «la disponibilità del governo di Baghdad ad accetare le ispezioni» e impegna il governo italiano a «non assumere determinazione senza il coinvolgimento del parlamento». Sul no alla guerra unilaterale, quella senza mandato Onu, l'Ulivo è netto. «Qualora prevalesse una strategia dell'unilateralismo - recita la mozione - si produrrebbero conseguenze drammatiche». Non altrettando chiara e definitiva la posizione sul comprtamento da adottarsi in caso di guerra approvata dall'Onu. La prima bozza del documento affidava alle Nazioni unite il giudizio finale sulla giustezza della spedizione militare. E' questo il passaggio che aveva provocato l'insurrezione dei Verdi, del correntone e della sinistra diessina. Ed è su questo passaggio che anche ieri si è sfiorato lo scontro tra i parlamentari della Quercia, quando Piero Fassino ha risposto con uno scatto di nervi a Fulvia Bandoli, che insisteva nel portare a esempio la posizione limpida e priva di ambiguità di Schroeder. «Comincio - è sbottato il segretario - ad avene le scatole piene di discutere sui `se' e sui'ma'. Ho solo detto che bisognerà modulare la nostra posizione in base agli eventi». Alla fine, la formulazione adottata indica nell'Onu «l'unica sede legittimata a indicare modalità e strumenti idonei per la ripresa delle ispezioni in Iraq e il disarmo totale di eventuali armi di distruzione di massa», procedendo però anche alla «revoca dell'embargo». Non è ancora una porta sbarrata di fronte alle tentazioni (che nel'Ulivo sono senza alcun dubbio forti) di cambiare parere in seguito a un eventuale mandato Onu. Ma è di certo un ostacolo serio. Anche perché non sarebbe facile spiegare il dietrofront, dopo aver preso in queti giorni una posizione netta e dopo che i Ds hanno convocato, per il 5 ottobre a Firenze, una manifestazione per la pace con tanto di comizio del segretario. Per ovviare al rischio, che comuqnue c'è, l'ala sinistra dell'Ulivo punta a un'azione comune con il prc, che ha già presentato la sua mozione. «Dato che l'Ulivo è contro la guerra - spiega il verde Paolo Cento - dobbiamo arrivare a un dispositivo comune con il Prc, almeno su una parte delle due mozioni. Allo stesso tempo è importantissimo organizzare ovunque manifestazioni per il 5 ottobre». Un'altra ipotesi, se non si arrivasse al dispositivo comune, potrebbe essere quella del voto incrociato. In ogni caso è quasi certo che parecchi deputati verdi e della sinistra diessina voteranno entrambe le mozioni, quella dell'Ulivo e quella del Prc. La mozione ulivista è stata depositata ieri. Potrebbe essere discussa e votata già la settima prossima. Prima però l'Ulivo dovrà affrontare una prova difficile il voto sulla spedizione di altri mille alpini in Afghanistan, calendarizzato per mercoledì alla camera. Per evitare rischi di spaccatura, i capigruppo del centrosinistra avevano tentato di rinviare il voto, chiedendo che la faccenda venisse prima affrontata dalla commissione Esteri. Il capogruppo del Prc Giordano, che aveva chiesto la calendarizzazione per il 2 ottobre ha insistito, la maggioranza lo ha appoggiato e il gioco dell'Ulivo non è riuscito. Ma il tentativo di ieri non è un buon segnale, dal momento che il voto sull'Afghanista sarà, come sottolinea Cento « la prima prova della tenuta dell'unità dell'Ulivo sulla guerra». |
27.09.2002 I ds voteranno no alla spedizione degli alpini in Afghanistan di Toni Fontana Toccherà al
ministro della Difesa Martino larduo compito di
dimostare che la richiesta di George W. Bush relativa
allinvio di mille alpini in Afghanistan non ha
nulla a che vedere con i progetti di guerra in Iraq.
Questo sarà comunque il tema al centro del dibattito
parlamemtare in programma per mercoledì prossimo.
LUlivo definirà oggi il proprio giudizio. A
giudicare dalle prese di posizione che si stanno
moltiplicando in queste ore, lorientamento
prevalente dovrebbe essere il no alla missione indicata
da Berlusconi. In tal senso si è espresso il capogruppo
Ds al Senato Gavino Angius. Verdi e Pdci hanno già
annunciato il loro no, una mozione contraria sarà
presenta da Rifondazione Comunista. La Margherita ha
convocato per oggi lesecutivo. Proprio levidente
relazione tra gli scenari afghano e irakeno sta
sollevando non pochi dubbi nellopposizione che si
sta orientando a votare contro la missione di guerra. Angius si aspetta che gli esponenti del governo colgano loccasione del dibattito parlamentare per tracciare un bilancio della missione dei militari italiani a Kabul (ve ne sono oltre 400 inquadrati nella forza di pace multinazionale che opera sotto bandiera Onu) ma fin da ora osserva che il piano per linvio dei mille alpini «rientra nellambito della missione Enduring Freedom» e «presuppone un cambiamento della natura della missione» rispetto alle decisioni prese un anno fa perchè «si chiede di mandare gli alpini per sostituire appunto gli angloamericani da utilizzare in Iraq». AllUlivo si rivolge il Verde Paolo Cento che auspica un «no secco» allinvio di truppe. La Margherita - come osserva il
responsabile Esteri Lapo Pistelli vuole «conoscere nel
dettaglio» la posizione del governo dal quale si attende
«un bilancio di questo anno di missione Enduring
Freedom». |
E Montecitorio precisa:
"Il vice presidente Alfredo Biondi cui è stato consegnato si è riservato di valutare il documento" Il j'accuse di Mancuso a Previti "sparisce" dagli atti della Camera ROMA - Finisce
sulle pagine di Repubblica e
"sparisce" dagli atti della Camera il documento in otto punti con cui l'ex Guardasigilli
Filippo Mancuso accusa Cesare Previti di condizionare
Silvio Berlusconi. Montecitorio "non autorizza"
e così il documento non compare nei documenti ufficiali
della Camera. E' durissimo il documento presentato
dall'ex ministro. In quel testo si accusa Previti di
"ricattare" il premier e tenere in scacco i
parlamentari della Casa delle libertà, condizionando
l'attività politica in materia di giustizia. In otto
punti, l'ex ministro della Giustizia elenca i "fatti
dimostrativi" dei rapporti tra Cesare Previti e
Silvio Berlusconi. Ma negli atti ufficiali della
Camera non c'è traccia del dossier su Previti, quegli
otto punti, che dimostrerebbero come l'avvocato Previti
condizioni Silvio Berlusconi. A riportarne ampi stralci
è stato invece il nostro giornale. Da Montecitorio, le
spiegazione sono affidate a un comunicato ufficiale.
"L'onorevole Filippo Mancuso - afferma la nota di
Montecitorio - al termine del suo intervento di ieri in
aula nell'ambito della discussione generale sulla
proposta di legge Cirami ha consegnato al vice presidente
Alfredo Biondi, che in quel momento presiedeva i lavori,
un testo aggiuntivo chiedendo che venisse incluso negli
atti della seduta. Il vice presidente Biondi si è
riservato di valutare il documento per la eventuale
pubblicazione in calce al resoconto. La pubblicazione non
è stata poi autorizzata, alla luce dei criteri
costantemente seguiti per tali autorizzazioni. Il testo
è stato restituito dagli Uffici all'onorevole Filippo
Mancuso nella stessa serata di ieri". |
Gli avvocati della Casa delle
libertà hanno prodotto un testo base Una norma transitoria per sospendere il processo di Milano Ecco l'emendamento salva-Previti ma da Ciampi arriva un altro no Violante: "Così è persino peggio della Cirami" E il Quirinale fa sapere che non va: "Riscrivetelo" di LIANA MILELLA ROMA -
Sette cartelle per una proposta di compromesso, un maxi
emendamento sul testo Cirami che il diessino Luciano
Violante, ieri sera durante la riunione dei capigruppo a
Montecitorio, ha già bocciato dopo averlo definito
"addirittura peggiorativo rispetto al disegno di
legge originario". Un testo che è il frutto dello
sforzo delle teste d'uovo di Forza Italia per aggirare le
forti perplessità del capo dello Stato e il rischio di
una mancata firma, e quindi di una bocciatura della legge
approvata. Il rinvio della discussione al
10 ottobre potrebbe consentire, se il partito di
Berlusconi e gli avvocati che lavorano alla Cirami
dovessero giungere a più miti consigli, una mediazione
ulteriore. Ma cosa fa a dire a un esperto come Violante
che "il testo in circolazione è fatto con
un'astuzia particolare" e in pratica sembra
"cucito" addosso ai dibattimenti sulle Toghe
sporche? Il passaggio più delicato - indicato in alcune
anticipazioni del Sole 24 Ore - riguarda le modifiche
all'articolo 49 del codice di procedura penale, in
particolare nel passaggio che rivisita la possibilità di
applicare le nuove norme ai processi in corso. |
prima pagina.
contatore http://artenamir.interfree.it - WWW.NAMR.IT
e forum