Stefano
Surace a Parigi
incontra la stampa ospite donore in un
« petit-déjeuner de presse » organizzato da
Reporters sans frontières A Parigi
nei giorni scorsi (16 ottobre) Reporter sans Frontières
ha organizzato un « petit-déjeuner de
presse » (colazione per la stampa) presso la sua
sede centrale in via Goffroy Marie, per i rappresentanti
dei più importanti giornali e televisioni francesi e
italiani e delle agenzie giornalistiche internazionali . Ospite
donore Stefano Surace, lintellettuale e
filantropo italo-francese : giornalista, scrittore e
maestro di Arti Marziali di rinomanza mondiale. I
giornalisti hanno avuto così occasione di formulargli
delle domande su certi aspetti inquietanti del suo ultimo
« affare » che ha recentemente scosso le
cronache italiane e internazionali. Era stato
infatti arrestato in Italia mentre effettuava
uninchiesta su una grave situazione riguardante
certa magistratura italiana, e rinchiuso in tre carceri
per otto mesi. Larresto
era avvenuto tre ore dopo che aveva depositato di persona
una denuncia per falso e abuso di potere contro il
Procuratore della Repubblica di Milano, Gerardo
DAmbrosio. Era stato
giustificato con un ordine di carcerazione
« definitivo » per 2 anni, 6 mesi e 12 giorni
emesso per una condanna per traffico di droga. Condanna che tuttavia
non
era mai esistita. In
seguito si tentò di giustificarne la detenzione con
quattro condanne per diffamazione a mezzo stampa emesse
più di venti anni prima per quattro suoi articoli
pubblicati oltre 30 anni prima
E che inoltre,
essendo state emesse in contumacia, erano nulle. Ciò ebbe
a suscitare un vasto movimento di opinione in suo favore,
con una reazione massiccia dei media italiani e
internazionali, e gli interventi del Presidente della
Repubblica Ciampi che si dichiarò pronto a concedergli
la grazia (ma Surace la rifiutò) del Capo del Governo
(che gli offrì addirittura il suo avvocato per la
difesa) della federazione della stampa (FNSI),
dellOrdine dei giornalisti, di Reporter sans
Frontières, dinnumerevoli intellettuali, deputati
e senatori di ogni orientamento politico. Il
segretario della Federazione della Stampa, Paolo Serventi
Longhi, parlò di « vera persecuzione » e non
è certo un caso che per Surace si siano mobilitati
politici di ogni colore. Reporter
sans Frontières sottolineò che lItalia è
attualmente un Paese in cui la libertà di stampa è in
pericolo. Così,
dopo otto mesi, si dovette far uscire di colpo Surace dal
carcere praticamente a furor di popolo, malgrado gli
sforzi tenaci della Procura di Milano per impedirlo. Il
carcere era stato tuttavia rimpiazzato con la detenzione
domiciliare a Napoli. Sicché Surace, ritenendo tutto
ciò grottesco, ha deciso di « evadere » e
tornare a vivere in Francia, paese dove risiede con la
famiglia da quasi 30 anni. Il
« petit-dejeuner de presse » organizzato
laltro giorno in suo onore a Parigi è stato
introdotto da Robert Ménard, segretario generale di
Reporter sans frontières. « Conoscete
tutti Stefano Surace. Ha fatto la prima pagina
dei vostri giornali » ha detto « Si
tratta di una storia assai sorprendente rispetto a ciò
che si ritiene debba essere uno Stato di diritto. Il caso
di Stefano Surace prova che cè una situazione
inquietante in Italia, più grave di quanto finora
conosciuta. Un contesto anormale rispetto a quella che
deve essere una regola comune per una democrazia
occidentale. Uneccezione italiana assai
problematica che dovrà esse presa in conto dalle istanze
europee ». Surace ha
poi risposto alle domande rivoltegli dai colleghi. Le sue
risposte, estrememente chiare ed esplicite, sono state
seguite con vivo interesse per quasi due ore, sollevando
il velo su realtà riguardanti certa giustizia italiana e
le garanzie per la libertà di stampa e dei cittadini in
Italia. Al
termine Surace ha loro distribuito dei documenti, fra cui
un testo (« Jaccuse ») in versione
francese e italiana che, visto il suo interesse,
riportiamo integralmente quì di seguito, oltre ai
rendiconti dellincontro diffusi da due agenzie
giornalistiche, lamericana Associated Press e
litaliana ANSA, e una nota di Reporters sans
frontières ________ « Jaccuse »
di Stefano Surace contro
certa giustizia italiana Testo
distribuito durante la conferenza stampa di
Stefano Surace organizzata da Reporters sans frontières nella
sede centrale di Parigi Accuso la
Procura della Repubblica di Milano di un comportamento
nei miei riguardi che non è eccessivo definire
criminale. Essa ha
infatti emesso a mio carico un ordine di carcerazione per
2 anni 6 mesi e 12 giorni col pretesto di una
condanna "definitiva" per spaccio
di droga. Solo che
quella condanna, in realtà, non è mai esistita, come ha
dovuto poi ammettere. Per di più non ero mai stato
minimamente accusato di un tale reato. Venuto
per caso a conoscenza di detto ordine di carcerazione,
ebbi a presentare personalmente una denuncia contro il
capo di quella Procura per i falso, abuso di potere ed
ogni altro reato ravvisabile. Ebbene,
poche ore dopo la presentazione di tale denuncia venni
arrestato e ristretto nel carcere di Poggioreale a
Napoli, in forza appunto di quell'ordine di carcerazione
per quella condanna mai esistita. Il
programma era dunque di farmi restare in carcere per 2
anni, 6 mesi e 12 giorni. Ora,
perché detta Procura ha messo in opera tutto ciò ?
Semplicemente allo scopo di bloccare una campagna di
stampa che effettuavo in quel periodo attraverso varie
agenzie giornalistiche, con la quale denunciavo un
abuso gravissimo che si verifica in Italia su larga
scala. Precisamente,
denunciavo il fenomeno che attualmente oltre 5000 persone
sono tenute indebitamente nelle carceri italiane per
farveli stare per anni ed anni, a seguito di condanne
emesse in loro assenza (cioé in contumacia) e tuttavia
dichiarate definitive ed esecutive da tribunali italiani.
Queste
5000 persone languiscono dunque in carcere per anni ed
anni senza aver mai potuto difensersi, e senza poterlo
fare neppure ora. Ciò
contro ogni principio del diritto ed in piena
violazione delle leggi italiane, oltre che delle
Convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia. L'Italia
infatti da quasi mezzo secolo (precisamente dal 1955) ha
recepito integralmente come legge italiana la Convenzione
europea dei diritti dell'uomo. Le cui norme prevalgono su
qualsiasi norma ordinaria italiana che ne sia in
contrasto, precedente o successiva. Ciò è
stato ribadito nel 1993 dalla Corte Costituzionale e
dalla Corte di Cassazione (a sezioni unite) italiane. Che
hanno precisato con estrema chiarezza che i tribunali
italiani debbono attenersi non solo alle norme di detta
Convenzione (poiché si tratta appunto di norme italiane)
ma all'interpretazioni che di esse dà la Corte europea
di Strasburgo. La quale dichiara appunto nulle le
condanne emesse in assenza dellimputato (sia esso
contumace, irreperibile o addirittura latitante). Ora,
malgrado le suddette precise direttive di quelle Corti
Supreme - emanate, ripetiamo, ormai dal 1993 - si
verifica il fenomeno che a tutt'oggi nessun tribunale
italiano le ha mai rispettate. Continuando
tranquillamente ad emettere condanne in contumacia, a
dichiararle definitive ed esecutive, e a incarcerare i
"condannati" per anni ed anni. Cioé in
Italia numerosissimi magistrati (quelli che cioé
compongono quei tribunali) violano abitualmente e
gravemente le leggi italiane, trovandosi dunque in una
posizione di illegalità sistematica, ed esposti quindi a
valanghe di denunce per sequestro di persona ed abuso di
potere. Stando
così le cose, la mia campagna su questa situazione
aberrante costituiva per costoro un grave pericolo. Che
si è ritenuto di sventare seppellendomi in carcere. E
non trovando alcun appiglio legittimo, si è ricorso
all'impostura di inventarmi una condanna per traffico di
droga del tutto inesistente. Limpostura
smascherata
Detta
impostura venne tuttavia smascherata da mia figlia
Marina, giornalista a Parigi che, piombata in Italia,
costrinse perentoriamente quella Procura ad ammettere
l'inesistenza di quella condanna per la quale mi avevano
incarcerato. E
tuttavia, per impedirmi malgrado ciò di tornare in
libertà, quella Procura è ricorsa ad una ulteriore
impostura, affermando poi che la mia detenzione era
dovuta a quattro condanne per diffamazione a mezzo
stampa. Si
trattava tuttavia di condanne che erano state emesse
oltre 25 anni prima, per quattro miei articoli pubblicati
oltre 35 anni prima. Per di più erano state emesse proprio in
contumacia, per cui in realtà erano nulle. Comunque,
con questa seconda impostura la Procura di Milano cadeva
dalla padella nella brace. In queste condizioni, in
effetti, la mia detenzione veniva a configurarsi come uno
scandalo senza precedenti nell'intero mondo occidentale. Come
cioé l'incarcerazione di un giornalista per articoli
pubblicati oltre 35 anni prima e condannati altre 25 anni
prima in sua assenza, e quindi senza dargli la minima
possibilità di difendersi. Si trattava insomma di una
pesante violazione della libertà di stampa, e realizzata
con modalità senza precedenti. Ciò ebbe
a suscitare naturalmente la reazione massiccia dei media
non solo italiani ma anche francesi (Le Monde in prima
pagina ; Le Figaro, ecc.) inglesi (the Guarduan
ecc.) e di altri Paesi. Il Presidente della repubblica
Ciampi si dichiarò disposto a concedere la grazia (che
rifiutai) il Capo del governo mi offrì il proprio
avvocato per difendermi. La federazione della stampa,
l'Ordine dei giornalisti, Reporters sans frontières,
innumerevoli intellettuali e parlamentari di ogni
orientamento politico espressero la loro indignazione.
Fra i più attivi il comitato per i diritti civili
animato da Corbelli e il partito radicale di Marco
Pannella. Così, mi
si dovette far uscire infine dal carcere praticamente a
furor di popolo, malgrado gli sforzi grotteschi ancora
tentati dalla Procura di Milano per impedirlo. Si tentò
comunque di salvare la faccia rimpiazzando la mia
detenzione in carcere con un soggiorno in una mia casa a
Napoli, in condizioni tuttavia assai prossime alla
completa libertà. Una volta
a Napoli continuai naturalmente quella mia campagna,
pubblicando fra l'altro quasi ogni giorno una serie di
articoli (ben ventotto) sul quotidiano "Libero"
che per primo aveva sollevato il mio caso. Vi utilizzavo
anche il copioso materiale che avevo potuto raccogliere
nelle tre carceri che avevo "visitato" :
Poggioreale, Ariano Irpino e Opera. Vi
evocavo anche una serie di rappresaglie cui erano stati
fatti segno diversi valorosi giornalisti italiani
specializzati in inchieste, da Gaetano Baldacci a Mino
Pecorelli (sullassassinio di questultimo
avevo pubblicato a suo tempo un libro). Quelle
rappresaglie le definii "safari al giornalista
scomodo". Proibito
scrivere A questo
punto la necessità per quei magistrati di bloccarmi
divenne spasmodica. Tanto che arrivarono ad ingiungere, a
me giornalista, di non scrivere più una riga sui
giornali... E addirittura di non avere alcun contatto con
chicchessia e tanto meno con i media. Ebbero
perfino a bloccare le mie linee telefoniche (sia la fissa
che la mobile) e a dar ordine perentorio a carabinieri e
polizia di sottopormi a strettissima sorveglianza... Ma se
ritenevano di aver così risolto il problema si
sbagliavano. Non feci infatti che aprire la porta e
partire per Parigi. E appena giunto a Parigi i miei
legali (Vittorio Trupiano et Sergio Simpatico) e i miei
collaboratori provvidero subito a diffondere « urbi
et orbi » il numero telefonico (fisso) della mia
abitazione... Fui così
agevolmente contattato dai giornali e televisioni
italiane e di mezzo mondo, a cui rilasciai innumerevoli
interviste, per telefono o passeggiando per gli
"Champs Elysées". In esse denunciavo i
comportamenti di quei magistrati che definii, fra l'altro
"criminali sfortunati". Ora, ci
si potrebbe chiedere perché quei magistrati si ostinano
a non rispettare le leggi del proprio Paese. La risposta
è semplice: il sistema di emettere condanne in
contumacia e dichiararle definitive permette di colpire
chiunque. E non è facile per essi rinunciare a questa
"arma assoluta" (finché dura). Inoltre,
smetterla con quel sistema significa dover ammettere che
per tanti anni hanno deportato in carcere migliaia di
cittadini senza un processo valido, esponendosi appunto a
valanghe di denunce per sequestro di persona ed abuso di
potere. Una
simile situazione suscita ovviamente indignazione
nelle magistrature di tutti le nazioni occidentali -
e non solo occidentali - verso la nostra giustizia, che
si trova perciò praticamente messa al bando da quelle
delle altre nazioni. Al punto che queste si rifiutano di
concedere lestradizione di cittadini italiani
condannati in Italia in contumacia. Celebri i
rifiuti recisi e sistematici della magistrature cugine
francesi e spagnole. Comunque,
i comportamenti di quei magistrati non sono che i più
recenti fra quelli analoghi tentati nei miei confronti
nell'arco di quasi mezzo secolo di mia attività di
giornalista. Non è da
oggi in effetti che, nell'ambito della mia attività di
specialista in inchieste, mi occupo di abusi realizzati
da certa magistratura italiana. Già
negli anni 50 e 60 denunciai ad esempio il fenomeno che
in Italia, se un cittadino presentava una denuncia contro
un magistrato, si ritrovava subito in manicomio bollato a
vita come folle senza un pubblico processo.
Ciò assicurava a certi magistrati piena impunità per i
loro abusi. Malgrado
i tentativi, già allora, per bloccarmi promossi infatti,
con la mia agenzia Linchiesta, una
campagna attraverso praticamente lintera stampa
italiana, che durò ben tre anni. E terminò solo quando
il Parlamento varò una radicale riforma nel settore,
abolendo addirittura i manicomi per legge. Fu così
eliminata unarma micidiale che consentiva, fra
laltro, di fulminare chiunque
« disturbasse ». Mezzo
secolo (quasi) dinchieste
In
seguito, realizzai un'inchiesta sulle carceri italiane,
nella quale riuscii ad entrare ben 19 volte in 8 carceri
(in un periodo in cui per un giornalista entrare in un
carcere della Penisola per fare un articolo era pura
utopia). Questa
mia inchiesta, di cui a quanto pare ci si ricorda ancora
in Italia, terminò solo quando venne varata una profonda
riforma penitenziaria. E saltarono parecchie teste di
magistrati e di direttori di carceri. In
seguito denunciai che il Procuratore della repubblica di
Monza, il suo braccio destro e il Presidente di quel
tribunale, invece di incriminare e condannare certi
petrolieri grossissimi evasori fiscali, li avevano
salvati facendoli addirittura passare per
vittime. E i tre magistrati furono incriminati per
favoreggiamento di quei petrolieri. Tutto
ciò mi attirò naturalmente diversi processi per
diffamazione a mezzo stampa, che ho tuttavia ho sempre
stravinto, data la cura con cui le mie inchieste sono
documentate. Si
produsse così nella magistratura, nei miei riguardi, una
specie di dicotomia. Parte dei magistrati non
nascondevano la loro approvazione per la mia attività
che definivano, anche nelle sentenze che mi riguardavano,
di alto valore civile e sociale. Altri invece non
sembravano che sognare di mettermi in galera fino alla
fine dei miei giorni. Ora a
metà degli anni 70 io estesi la mia attività
dall'Italia alla Francia, con cui ero già in relazione
da tempo, istallandomi a Parigi. A questo punto quegli
ambienti della magistratura che mi erano ostili ritennero
di poter approfittare della mia assenza dallItalia
per scagliarmi una valanga di condanne in contumacia per
reati a mezzo stampa. Dopodiché
chiesero la mia estradizione. Ma le autorità francesi
rifiutarono nettamente, considerando tutte quelle
condanne inesistenti in quanto dichiarate
definitive benché emesse in contumacia. Cosa che in
Francia, come in tutti gli altri paesi civili, non è
ammesso. Non solo,
ma in Francia ebbi molti gradevoli riconoscimenti. Fra
laltro venni decorato da Jacques Chirac per i
meriti di giornalista, scrittore, maestro di Arti
Marziali di rinomanza mondiale, educatore di giovani e
creatore di campioni". Intanto
nei corridoi del Tribunale di Milano circolavano, fra i
magistrati a me favorevoli, battute del tipo lo
volevano mandare a San Vittore, e invece se nè
andato a Saint Tropez. Oppure lo volevano a
Porto Azzurro e invece se nè andato in Costa
Azzurra. Insomma
la vergogna per lItalia fu tale che lallora
ministro della giustizia, Claudio Martelli, ordinò a un
certo punto agli uffici competenti di non insistere con
quelle loro richieste di farmi estradare, per non
continuare a coprire la Penisola di ridicolo. Libertà
di stampa
Tutto
ciò attirò anche lattenzione della Corte europea
per i diritti delluomo di Strasburgo, che
allepoca non condannava praticamente mai
lItalia, condizionata comera dal mito di
culla del diritto che tuttora resisteva
allestero (mentre in realtà ne era divenuta la
tomba). Alcuni
esperti di detta Corte mi contattarono, ed io passai loro
un dossier in cui dettagliavo la reale situazione della
giustizia in Italia. E detta Corte cominciò di colpo ad
emettere condanne contro lItalia, tanto che questa
in breve divenne di gran lunga la più condannata fra le
43 nazioni firmatarie della Convenzione europea dei
diritti delluomo. Fino allattuale imbattibile record di una
condanna al giorno in media. Come si
vede, la situazione attuale della magistratura italiana
è la vergogna dell'Italia, e dell'Europa. E' dunque
urgente porvi fine, facendo sì che i tribunali si
mettano in regola col dettato di quelle Supreme Corti e
con la Convenzione europea. E si ridia innanzitutto la
libertà - che è stata loro così indegnamente sottratta
- alle migliaia di cittadini che si trovano in carcere a
seguito di condanne nulle, in quanto contumaciali. Almeno se
l'Italia vuol restare nella Comunità europea. La mia
vicenda comunque non ha soltanto messo in luce questo
problema, ma anche quello non meno grave dello stato
della libertà di stampa in Italia. Facendo
emergere con chiarezza la situazione particolarmente
intimidatoria cui sono sottoposti i giornalisti in
Italia, tenuti costantemente sotto la minaccia di pene
detentive o di spropositati risarcimenti miliardari
(basti dire che su di essi pendono complessivamente
richieste di risarcimento per quasi
due miliardi di
euro). Fra
l'altro dal dopoquerra ad oggi sono state emanate in
Italia numerose amnistie, ma nessuna che comprendesse il
reato di diffamazione a mezzo stampa con fatti
determinati. Discriminazione evidente, e ben minacciosa,
per tutti i giornalisti italiani. In
particolare sono stati perseguitati ed eliminati, uno
dopo laltro, tutti i giornalisti dinchiesta.
Si è così cancellato in pratica il compito fondamentale
dei giornalisti quello stesso che giustifica la
libertà di stampa di controllo democratico per
conto del pubblico, che in democrazia è sovrano, sui
comportamenti di coloro che rivestono incarichi pubblici,
elettivi o no. E in
carenza di questo controllo una democrazia non può che
degenerare in tempi brevi. Come in Italia. Non a
caso l'UNESCO ha classificato lItalia, quanto a
libertà di stampa, al 40° posto nel mondo (al
41° c'è il Ghana). E auspicabile che il mio
caso dia una spinta decisiva anche alla depenalizzazione
in Italia dei reati a mezzo stampa, in linea con una
precisa risoluzione dell'ONU. Il
"J'accuse" di Stefano Surace contro
la giustizia italiana di
Laurent Merveilleux-Aguillon (Associated Press) PARIGI
(AP) - Stefano Surace, giornalista italiano di 69 anni
perseguito nel suo paese per reati a mezzo
stampa risalenti agli ani 60, ha denunciato
mercoledì a Parigi il fenomeno « estremamente
grave » dei processi in contumacia in Italia e gli
ostacoli alla libertà di stampa italiana. Il caso
di Stefano Surace ha scosso la cronaca questanno.
Incarcerato in Italia nel dicembre scorso per scontare
una pena di due anni e mezzo di reclusione, è stato
liberato il 16 agosto a seguito di una forte
mobilitazione dei giornalisti e dei partiti politici
italiani, e assegnato a detenzione domiciliare a Napoli. Di cosa
lo incolpa la giustizia del suo paese ? Di fatti di
« diffamazione » riguardanti articoli
pubblicati più di 35 anni fa
Ma questo maestro di
arti marziali che è riuscito a riguadagnare la Francia
dove viveva dalla metà degli anni 70, vede un diverso
motivo dietro le sue noie giudiziarie. Nel corso
di una conferenza stampa data mercoledì nella sede di
Reporters sans Frontières, ha stimato che si era tentato
di « bloccare » una campagna di stampa che
conduceva contro il fenomeno delle pene in contumacia in
Italia. « Più
di 5000 persone sono attualmente in carcere in Italia a
seguito di condanne pronunciate in loro assenza e
tuttavia dichiarate definitive, spiega ». Detenuti
che restano incarcerati per anni « senza essersi
mai potuto difendere e senza poterlo fare dopo ». Surace
sottolinea che dette pene sono pronunciate « in
piena violazione delle leggi italiane e delle convenzioni
internazionali ratificate dallItalia ». Dal 1993 lItalia è
supposta applicare la legislazione europea sui diritti
delluomo, la quale dichiara nulle le condanne
pronunciate in assenza dellaccusato, precisa. « LItalia
è il solo paese fra i 43 firmatari della Convenzione
europea dei diritti delluomo che considera valide e
definitive questo tipo di condanne » aggiunge
Surace, che stigmatizza una giustizia « indegna di
un Paese civile ». Circa il
suo caso personale, denuncia
l « impostura » che ha
caratterizzato la sua incarcerazione lo scorso dicembre,
allorché si era recato in Italia per visitare un
congiunto malato. E stato così arrestato per una
condanna per traffico di droga « mai
esistita », sulla base di un ordine di carcerazione
spiccato dalla Procura di Milano. Per
giustificare la sua detenzione, la Procura ha alla fine
invocato quattro condanne per diffamazione a mezzo stampa
che erano state effettivamente pronunciate più di 25
anni fa
in contumacia. Il caso cominciò allora a fare gran chiasso in
Italia e allestero. Surace
sottolinea che il suo caso solleva il problema della
libertà di stampa in Italia, che secondo lui è
« ostacolata in modo molto sottile ». « I giornalisti sono
costantemente sotto la minaccia di pene detentive o di
risarcimenti astronomici » dice. Le pene detentive
per reati a mezzo stampa dovrebbero essere
« eliminate » aggiunge. Questo
maestro di Ju Jitsu decorato dal presidente francese
Jacques Chirac « per i suoi meriti di
educatore » si sente al sicuro in Francia.
« Non cè estradizione verso lItalia
per condanne in contumacia » assicura. Surace
aveva già avuto divergenze con la giustizia italiana
agli inizi degli anni 70, facendo 19 brevi soggiorni in
carcere per « pubblicazioni oscene ». Era allora direttore de
« Le Ore », il cui supposto erotismo farebbe
oggi sorridere perfino i più pudibondi. E profittò di
queste brevi detenzioni allepoca per effettuare
delle inchieste giornalistiche sulle galere e denunciare
le condizioni di vita carceraria. Negli
anni 50 e 60 ha anche fatto inchieste sugli internamenti
psychiatrrici abusivi, un lavoro che, sottolinea, ha
portato ad una riforma radicale in materia. Circa le
sue quattro condanne per diffamazione, Surace ha
presentato un ricorso dinanzi alla Corte europea dei
diritti dellUomo per « violazione
dellarticolo della Convenzione europea
sullequo processo, che impone la presenza
dellaccusato al processo » sottolinea. (AP - lma/cov/Bg) ____________ Surace.
Giornalista da Parigi
dichiara
guerra a certa giustizia
Ospite di Reporters
sans Frontières, presenta il suo
« Jaccuse »
(ANSA) - PARIGI, 16 OTT
« Mi hanno arrestato per tapparmi la bocca, per
impedirmi di denunciare gli abusi dei magistrati, di
raccontare le rappresaglie contro alcuni giornalisti
specializzati in inchieste che avevano tirato fuori
parecchi scheletri dallarmadio. Per tenermi dentro
hanno inventato una serie di balle, di imposture ». Tredici giorni dopo la sua fuga
a Parigi dagli arresti domiciliari a Napoli, Stefano
Surace ricomincia la lotta contro « una
certa » giustizia italiana, e annuncia il suo
« Jaccuse » in una conferenza stampa
alla sede di Reporter sans Frontières che ne ha
abbracciato la causa. « Accuso il Procuratore
della repubblica di Milano di un comportamento nei miei
riguardi che non è eccessivo definire criminale ».
Comincia così, senza mezzi termini, larringa del
settantenne giornalista che ha trascorso quasi otto mesi
in carcere per quattro condanne per diffamazione a mezzo
stampa quando era direttore di « Le
Ore » - che risalgono a oltre 30 anni fa, e durante
la detenzione ha fatto lo sciopero della fame. Surace accusa il procuratore di
averlo fatto arrestare qualche ora dopo che aveva sporto
denuncia contro di lui per abuso di potere e falso, in
merito a un ordine di carcerazione di due anni, sei mesi
e 12 giorni per spaccio di droga. « Non ho mai
fumato uno spinello, e non sono mai stato condannato per
droga » protesta, affermando che la determinazione
di sbatterlo in galera, nel dicembre 2001, era dettata
invece dalla necessità di tappargli la bocca. « In realtà »
spiega « avevo cominciato uan campagna stampa per
denunciare lassurdo isituto della contumacia, che
permette di condannre un imputato in sua assenza e di
sbatterlo dentro al momento dellarresto senza un
nuovo processo in cui si possa difendere. « Nelle carceri italiane
sono rinchiuse attualmente almeno cinquemila persone
condannate in contumacia, in piena violazione delle
Convenzioni internazionali sottoscritte
dallItalia » continua, precisando che anche
le quattro condanne contro di lui erano state comminate
in sua assenza. « La verità è che certi
giudici non vogliono rinunciare a quella che è
unarma assoluta, e cioé il sistema di
emettere condanne in contumacia e dichiararle definitive,
che permette di colpire chiunque ». Agli arresti domiciliari,
Surace ha pubblicato 28 articoli su
« Libero » in cui tra laltro denunciava
rappresaglie contro giornalisti specializzati in
inchieste. « A questo punto mi
ingiunsero di smettere di scrivere, di uscire di casa, mi
tagliarono il telefono
perciò me ne sono
andato ». A Parigi, dove ha già vissuto
a lungo, si sente in totale sicurezza, perché la Francia
combatte la contumacia « e ha respinto senza
neppure prenderla in considerazione una domanda di
estradizione presentata nel 1980 per una serie di
condanne per diffamazione, che mi facevano totalizzare
ben 18 anni di carcere ». Di questi 18, fra prescrizioni
e amnistie, ne rimasero appunto i due anni, sei mesi e 12
giorni per i quali è stato arrestato. « Spero solo
che il mio caso serva a mettere in luce il problema della
libertà di stampa in Italia, e lassurdità del
reato di diffamazione a mezzo stampa » dice il
giornalista, sottolineando che lUnesco « ha
messo lItalia al 40° posto, prima del Ghana, in
quanto alla libertà di stampa ». « Il Caso Surace è una
storia kafkiana in uno Stato di diritto come
lItalia » ha detto per parte sua Robert
Ménard, fondatore di Reporter sans Frontières, che
recentemente ha scritto a Ciampi (riferendosi alle
vicende Santoro-Biagi) per esprimere la sua
preoccupazione riguardo « alle minacce sul
pluralismo dellinformazione che vengono dal premier
Berlusconi o dal suo entourage ». « Leccezione Italia
deve preoccupare anche le istanze europee » ha
aggiunto. Il 30 settembre il tribunale di
Milano ha respinto la richiesta di nullità delle
sentenze presentate dai legali di Surace. Il 9 settembre
il giornalista ha annunciato di rinunciare alla domanda
di grazia presidenziale presentata dalla figlia Marina,
che avrebbe comportato « unammissione di
colpevolezza » e di accettare solo quella che
potrebbe venire dal Presidente Ciampi, peraltro
sollecitata dalla FNSI, da Reporters sans Frontières e
da numerosi giornalisti fra cui Vittorio Feltri. (ANSA°). TA16-OTT-02
17 ;34 ____________ Dopo sei mesi di carcere in
Italia, Stefano Surace incontra i
giornalisti Di Reporters sans
frontières Il 24 dicembre 2001, Stefano
Surace, direttore della testata italiana Le Ore, un
settimanale anticonformista pubblicato negli anni '60,
piuttosto famoso all'epoca per le inchieste condotte in
ambito carcerario, è stato arrestato e messo in stato di
detenzione in Italia per dei reati a mezzo stampa
risalenti a oltre 30 anni fa, senza peraltro subire un
nuovo processo. Il giornalista era stato infatti
condannato in contumacia a una pena superiore ai due anni
di carcere per il reato di "diffamazione". Agli arresti domiciliari dal 16
agosto 2002, Stefano Surace ha deciso di
"evadere" e di tornare a vivere in Francia, il
paese dove risiede con la sua famiglia da oltre 30 anni. Nel momento in cui Paolo
Persichetti, accusato di appartenenza alle Brigate Rosse
e rifugiato in Francia è stato estradato in Italia, il
giornalista ha deciso di parlare a volto scoperto e di
raccontare per la prima volta tutta la sua storia alla
stampa francese. _____________ I quotidiani, i periodici, le
radiotelevisioni, le agenzie di stampa e gli organismi
istituzionali sono autorizzati eccezionalmente a
pubblicare il nostro servizio e il
« Jaccuse » di Surace, in tutto o in
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