Politica. DI ALFARIS
Quasi tutte le grandi famiglie
del vecchio capitalismo
italiano (tranne, quindi, Berlusconi) si sono di nuovo
unite nel nuovo
pacchetto di controllo del Corriere della Sera. Nel giro
di una
settimana, e' stata dunque battuta l'ipotesi (che a un
certo punto
sembrava molto concreta) di una scalata da parte del
finanziere
siciliano Ligresti, rappresentato nella destra dal leader
milanese di
An, La Russa (in passato suo dipendente diretto). Tutte
queste
faccende, naturalmente, hanno sempre una durata
abbastanza relativa:
gli alleati di oggi possono rapidamente diventare i
nemici di domani, e
viceversa. Pero', in questo caso, siamo di fronte a un
assetto che
durera' per un po' di tempo.
Fino a Mani Pulite, il potere finanziario in Italia era
sostanzialmente
lo stesso degli anni Ottanta. Poche famiglie, pochi
padroni ereditari,
un movimento di capitali relativamente modesto e
sostenuto
essenzialmente dall'industria: la quale a sua volta
sopravviveva grazie
al sostegno dello stato, sotto varie forme: dalle
infrastrutture
costruite coi soldi pubblici alla corruzione diffusa. Il
sistema
economico, in sostanza, era un intreccio
politico-industriale garantito
da una serie di (efficienti) manager di stato.
Con Mani Pulite, che tutto sommato fu un episodio
tecnicamente
abbastanza limitato, il sistema collasso'
improvvisamente. In realta',
avrebbe potuto collassare gia' diversi anni prima. Nel
93-94, comunque,
il vuoto dei poteri era totale. In questo vuoto s'infilo'
il fenomeno
Berlusconi, rovesciando il rapporto finanza-politica:
Berlusconi fu il
primo a capire che la politica non occorre comprarla
perche' si puo'
benissimo produrla, a costi molto inferiori, in proprio.
Seguirono alcuni anni d'interregno, quelli che nelle
cronache degli
antichi storici cinesi venivano definite "dei
signori della guerra", in
questo caso della Borsa. Avventurieri d'ogni genere si
facevano avanti
per arraffare un piccolo villaggio o un granducato, una
speculazione
occasionale o un grande ente privatizzato. In tutto
questo casino,
Berlusconi sopravvisse e riusci' a tenere a bada le
vecchie famiglie
grazie alla sua capacita' di buttare in campo, di volta
in volta, pezzi
di politica e di societa' dentro all'economia (produrre
Beautiful o il
Grande Fratello, in prospettiva, porta consenso e voti,
dunque potere;
costa molto meno che corrompere uno per uno gli opinion
leaders del
vecchio sistema).
Nel '94 Berlusconi dovette, per non essere travolto,
"scendere in
campo" personalmente, come si disse allora; in
realta' non era riuscito
a trovare nessuno che lo facesse, secondo gli usi, al
posto suo. Al
governo, resiste' poco e male: ma in quel breve periodo
scopri' tutto
un mondo; scopri' in particolare che era inutile avere
masse di SA
dietro di se', se i generali della Werhmacht restavano
ostili. Il
secondo tentativo fu basato dunque su una lenta e
paziente opera di
ricomposizione coi poteri vecchi; il capolavoro fu
l'accordo con
Agnelli, subito prima delle elezioni, in cui il vecchio
re concedette
il suo appoggio all'uomo nuovo in cambio di garanzie di
continuita' e
di denaro contante (il monopolio dell'energia).
All'indomani delle elezioni, Berlusconi si trovava dunque
in una
situazione solidissima, simile a quella di Hitler subito
dopo Weimar:
le SA che sfilano su tutte le piazze, i communisti e
socialdemocratici
allo sbando, i cattolici del "Zentrum" in fila
per entrare nel nuovo
governo, i Krupp e i Thyssen coi distintivi di Forza
Deutschland
all'occhiello; e i generali della Werhmacht che scattano
sull'attenti
di fronte all'omino con baffi e ciuffo, al sorridente
Comunicatore.
Tutto questo, naturalmente, ha un prezzo. Non puoi
goderti assieme le
SA e i generali, non puoi pretendere di tenere assieme
quelli a cui
promettevi di rovesciare tutto e quelli che stai
rassicurando che non
cambiera' niente. Devi scegliere. Hitler, che era un
professionista,
scelse: e fece fuori in una notte tutti i suoi capibanda
delle SA; la
mattina dopo si presento' dai generali e dai vecchi
poteri forti e
disse: "Beh, adesso possiamo cominciare a
trattare".
Berlusconi e' un tenero, non sarebbe mai capace -
probabilmente - di
fare una Notte dei Lunghi Coltelli. Percio' caccio'
l'uomo di Agnelli
per far contento Bossi, nomino' Taormina per far contenti
gli avvocati
siciliani, sfascio' platealmente la Rai perche' in fondo
la ditta di
famiglia va tutelata... Si rese inaffidabile, insomma.
Non davanti
all'audience, ma davanti agli azionisti veri dell'azienda
(quella che
convenzionalmente chiamiamo Italia), che sono pochi e
scelti e non
hanno tempo da perdere ne' interessi da rischiare.
Negli ultimi sei mesi, molto al di la' della politica,
Berlusconi e'
stato quindi sotto esame. Ritengo che non l'abbia
superato, e che la
conclusione del Corriere sia il verbale d'esame. Cio' in
se' non mi
rallegra affatto: Berlusconi e la sua destra, per quanto
incivili, non
sono affatto l'unico male del paese. Al peggio non c'e'
fine, e un
leader come Dini - ad esempio - riusci' a dar dei punti
anche a
Berlusconi. Ora come ora, il rischio e' che dopo
Berlusconi arrivi
qualche cosa del genere: un berlusconismo senza
Berlusconi, insomma.
Prematuro pensarci? Mah. La faccenda del Corriere fa
pensare che i
tempi potrebbero anche essere stretti.
* * *
Nel frattempo, la destra bruta - quella delle SA o dei
leghisti, per
intenderci - perde terreno in Europa. Heider, per
esempio. Solo in
Italia resiste ancora. Non perche' qui sia piu' forte (la
Lega,
elettoralmente, s'e' squagliata gia' da diversi anni) ma
perche' qui
viene ancora considerata, chissa' perche', necessaria a
qualche cosa.
Tecnicamente, Berlusconi non e' affatto un Hitler (di cui
possiede
l'istinto demagogico, ma non la determinazione) ma un
Mussolini:
decisionista nelle piccole cose, ma nelle grandi un asino
di Buridano.
Non scegliera' mai fra gli squadristi e i generali. E
dunque affoghera'
fra i Farinacci e i Ciano e i Buffarini-Guidi.
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