La Matrioska di Maria

di Silvio Cinque.


È pieno di personaggi femminili il libro Matrioska di Maria Jatosti. Scritto per i tipi di Piero Manni di Lecce 1999, nella collana Pretesti curata da Anna Grazia D’Oria, fin dalle prime pagine avvolge in una spirale affascinante di evocazioni e ritmi, che tale è la scrittura dell’autrice. I  riferimenti sono alla più alta e nobile letteratura italiana, Pratolini per primo. Il linguaggio ricorda il carattere asciutto ed al tempo stesso nutriente delle pagine della Morante, o della Ginzburg o del Calvino neorealista. Tutto questo per dire le radici profonde dalle quali il libro trae la sua forza. Tutto questo per contestualizzare il romanzo che si dipana nell’arco di un buon cinquantennio,  ricordando eventi della nostra storia sì “patria”, ma vissuta con l’occhio del quotidiano, nella essenzialità dei giorni carichi di avvenimenti ed al tempo stesso impoveriti da cronache senza apparente futuro. Un linguaggio che è al tempo stesso strumento e significato per esprimere, più c!
he raccontare, il rapporto ed il lungo, travagliato percorso, tra figlia e madre. La ricerca di una madre ormai perduta,  che porta la protagonista verso la dolorosa ed ineluttabile ma non vana, messa in discussione di sé in un percorso di autodeterminazione e coscienza. In questo percorso fanno compagnia i ricordi, le ricostruzioni e le scoperte del passato, proprio e condiviso, la rielaborazione della propria vita. Il libro si articola in tre capitoli fondamentali, come tre quadri, tre atti di un dramma teatrale. Dramma che la Jatosti ha felicemente espresso nella Biblioteca Rodari nel maggio del 2002, con la voce recitante di Giuliana Adezio e le musiche per chitarra di Damiano Rosa accompagnate dalla vocalist Alessandra Serges .



Francesca è il primo quadro o capitolo nel quale la figlia parla di sé, ma è un sé in funzione di questa prova che la vita le impone e di fronte alla quale non si sottrae: un sé in rapporto con la madre. Francesca rivive la propria vita attraverso quella della madre ed alla relazioni che la sua vita le portano. Per un bisogno di verità… Un bisogno inizialmente analitico di “smontare la bambola, sezionarla in tutte le sue parti” per scoprire che dentro la bambola-madre ce n’era un’altra e un’altra ancora all’infinito. La madre-matrioska appunto.

E questa matrioska si propone ogni volta diversa quasi ogni matrioska raccontasse e vivesse una vita a sé che avesse comunque relazioni con tutte le altre. Queste vite, queste relazioni, Francesca le rivive quasi osservandole ed osservandosi dall’esterno, come in un sogno, o le ricostruisce attraverso un immaginifico percorso fatto di presupposti e deduzioni.

Lei che “avrebbe voluto che le parlasse, che si accorgesse di lei, che le permettesse di amarla” ; lei voleva solo amare sua madre dalla quale non aveva ricevuto che stizzosi incomprensibili rifiuti, ripulse ed allontanamenti.

Comincia così questo viaggio all’indietro con una ispezione alla casa materna, alla camera da letto, agli scatoloni dimenticati sull’armadio. Una ricerca dapprima confusa e caotica tra scatoloni di foto e quadernini azzurri, oggetti dimenticati, indumenti. Le fotografie riportano con la loro potente forza evocativa indietro nel tempo e dentro il tempo ritrova non solo sé stessa bambina, ma anche la giovinezza di sua madre. Accanto si personaggi femminili, tra cui spicca ovviamente la madre Nerina e la figlia Francesca che è al tempo stesso anche l’io narrante, ci sono anche quelli maschili, solo due, il nonno e il padre, ma determinanti e catalizzanti delle vicende che coinvolgono in prima persona madre e figlie, moglie e nipote. Ché questo è un romanzo di madre e figlia soprattutto, nel quale la figlia, alla morte della madre e in età matura, decide di farne i conti, con la memoria, la storia, la vita..  Si descrivono così una serie di personaggi: la nonna Costanza odiata p!
erché associata “a tutte le cose tristi che le accadevano”, la nonna “che con presa adunca la portava via” “nonna Costanza che non ride mai..”; la zia Emma “taciturna, ma mai arcigna”…”nel suo silenzio mite”; la bisnonna Enrichetta e poi il nonno Nicola “la sua bella voce, le filastrocche che mi cantava…” con “la barba a pizzo come Lenin, socialista vero, non come quelli di adesso, ladri e corrotti”… “un uomo di grandi passioni”… 

Ma “nel procedere a flashes nella storia della madre… aveva sacrificato il padre”  E questo perché “…era stata la madre a stabilire che le due esistenze procedessero in linea parallela”.

Dino per Nerina, come Costanza per Nicola, sebbene in maniera diversa, era stato una sorta di ostacolo, di impedimento. Già il matrimonio senza amore né scelta, imposto dal padre, ne aveva determinato il destino. Infatti “…staccata dal marito diventava viva, felice o almeno leggera, spensierata, comunque un’altra”. Così Francesca scopre una madre “diversa” della quale intuisce una vita segreta e parallela nella quale “ aveva irradiato una bellezza autentica, violenta e libera…” Francesca intuisce i “tradimenti” fatti di “improvvise corse in città….misteriosi bisbigli notturni”  Si stabilisce così con la madre una strana “complicità”. “Non contava che Francesca sapesse o credesse di sapere. Contava che la madre sapesse che lei sapeva” Ma queste “complicità mai dichiarate” avevano “da una parte sancito un legame forte, oscuro, ambiguo, dall’altro inibito à tout jamais ogni occasione di verità”. Questo nodo irrisolto la porta inesorabilmente verso sé stessa. “Solo se stessa e u!
n ricordo”.  In questo ricordo si inserisce il padre che l’accompagna a scuola in bicicletta, “il petto del padre alle spalle era un muro caldo e a poco a poco Francesca si sentiva tutta tiepida…Quella felicità la compensava dalle durezze materne e dava tregua all’ansia di meritarne l’amore” …”Lui è là fuori…Il petto grande contro la schiena piccola: non passa un filo d’aria. È tutta tepore…Francesca è felice: fredda e calda, castagna e neve…” Questa amore per il padre,  che la porta con lei in uno di “quei viaggi”, lui, “che andava ad insegnare l’abc ad un pugno di bardasci”  [l’espressione è teramana], la sua morte raccontata da zia Evelina nell’unica visita nei luoghi dove suo padre aveva deciso di morire, [visita tradita dalla promessa mancata di tornare], contrasta inevitabilmente con il segreto che condivide suo malgrado con la madre, allontanandola da lei.

Alla madre è dedicato il secondo capitolo. Si delinea piano piano attraverso gli avvenimenti: la malattia del padre Nicola, la cui fede incrollabile ed integra nel socialismo trascina la famiglia e le sue fortune in una catastrofe inevitabile dalla quale Nerina non può sottrarsi ed alla quale si adatterà malvolentieri; l’amicizia con Clio rivelatasi poi in tutta il suo squallido conformismo, il matrimonio con quello che rimase per lei “uno straniero”.Una donna distante, occupata da altri ed altrove che sacrifica, forse, ed è un forse rabbiosamente drammatico più che dubbiosamente speranzoso, che sacrifica gli affetti più intimi, vicini e cari. Tra le vittime di questi sacrifici, quasi doni votivi della tragedia greca, lei Francesca, la figlia, vista sempre in chiave negativa “boccalona, musona”.

Di fronte alla durezza della realtà ed alla distruzione dei suoi sogni, Nerina antepone qualcosa che accomunerà con la figlia: l’amore per i libri  vissuti “come creature vive”. 

Qui i riferimenti si fanno evidenti: il disprezzo per la grossolanità di Charles da parte di Emma, Testori/Bovary e le eroine dei romanzi di Zola e di Flaubert preparano nuove emozioni, nuove tentazioni e scelte. Con una figura paterna così forte, mitizzata ed amata “lo vedeva andar via e si chiedeva ogni volta, col cuore stretto, se sarebbe tornato”, “la sgomenta non poter rimanere per sempre la bambina vezzeggiata dal papà”, in contrasto con la mediocrità e la grettezza della madre Costanza e della nonna Lucia, è difficile accettare la figura di questo “straniero”. E ne accetta il matrimonio come “Maria Stuarda ed Anna Bolena avevano accettato il loro destino”. Del marito ha vissuto sempre passivamente e spesso con ostilità ogni slancio d’amore, ogni tenerezza e dolcezza per quanto lui ne avesse molta e molta profusa. I suoi assalti, “le sue smanie le subisce come violenze” ed affida alla penna ed a un quaderno i suoi tormenti e solo una volta confida in una lettera indiri!
zzata al marito le pene della solitudine, il desiderio di protezione e d’amore. “Ma quando alzò gli occhi dal foglio e incontrò la propria immagine sdoppiata e replicata nello specchio…”.  Con le sue tre figlie, tranne la primogenita “in una perfetta simbiosi nutrita di piccole complicità…”  ed un figlio, tutte subite e non volute, mantiene un atteggiamento sbrigativo, quasi doveroso e di fronte al mondo ed alla sua ostilità si è “ritagliata una nicchia e si sforza di ricrearvi l’armonia di un tempo”. “Nerina indifferente e immemore del mondo”.

Ma il mondo precipita velocemente nel caos della guerra e della distruzione. In questa devastazione si inserisce la morte, volutamente solitaria, del padre e la nascita di Emma. Francesca assiste inorridita al parto della madre, come Illuminata, e con altre scelte, del romanzo della Carrano.

Nel terzo quadro c’è l’identificazione prima e lo svelamento poi, la ricomposizione di ogni parte, la ricollocazione in un universo comune.  Che in comune Francesca e Nerina, oltre all’amore della lettura che faranno dell’una una fonte di sostentamento e dell’altra una consolazione, hanno avuto lo stesso disgraziato e sfortunato amore per padri assenti, desiderati così dolorosamente e perciò mitizzati. Ricomposizione, ricollocazione e comunione non significano necessariamente riconciliazione e riconoscimento, ma solo constatazione, e quanto comunque dolorosa, della realtà in tutta la sua ineluttabile presenza e storicità. È nel presente che Francesca finalmente ricolloca il passato, gli avvenimenti, dando loro una voce ed una emozione, ricostruendone quindi un percorso emotivo. Si inserisce questo presente l’incubotica passeggiata che la porta all’appuntamento con l’uomo, che a differenza di sua madre, lei ha scelto liberamente di amare.
Ma alla fine, ciò che manca a Francesca è il perdono, ma non tanto né solo verso sua madre, quanto e soprattutto verso di sé.

Un libro dunque con cui fare i conti prima o poi, perché chi di noi non ha una madre da far rinascere nel proprio cuore?

Maria Jatosti nata a  Roma nel 1929. Scrittrice, traduttrice, giornalista. 
Ha pubblicato:
In narrativa:
Il Confinato, Del Duca, Milano 1961; Tutto d’un fiato, Editori Riuniti, Roma 1977;
I racconti dell'Impruneta, Edizioni dell’Oleandro, Roma 1998;
Matrioska, Piero Manni, Lecce 1999;
oltre a numerosissimi racconti e scritti vari presenti in riviste (Il Lavoro, Vie Nuove, Noi donne, ABC, Libera, Annabella, Amica, Playmen, ecc.), in antologie e opere collettanee.
In poesia:
Girotondo, Feltrinelli, Milano 1958;
Salvo errori e omissioni, Forum/Quinta generazione, Forlì 1988;
Imperativo involontario, ivi 1994;
A smemorasse da morì, Arlem, Roma 1996, premio dell’Assessorato alla Cultura della Provincia per la poesia dialettale.
É stata Direttora responsabile de "I Quaderni di Messapo";
insieme a F. Paolo Memmo e Achille Serrao, ha pubblicato il mensile "Poesia in piego", Campioli, Monterotondo 1990-’92; dirige la collana di poesia "Il Quadrato" per l’editrice Fermenti.
Negli ultimi quindici anni ha curato e organizzato Rassegne e manifestazioni pubbliche di Poesia e altri Linguaggi, tra cui, Cara Poeta, Festival delle Ville Tuscolane, Poeti per la Pace, Contra Latrones, Sarajevo, Invito alla Lettura, Castel Sant’Angelo, ecc.
Con F. Paolo Memmo, ha scritto i testi dello spettacolo itinerante prodotto dalla Provincia di Genova "Se queste terre e questi mari", messo in scena nel 1987 dalla compagnia Pupella-Noguès.
Dal 1998 porta in giro per l’Italia lo spettacolo/manifesto "Voci dall’Esilio e dalla Guerra" i cui proventi vanno a favore delle vittime di tratta e tortura nel mondo; iniziativa nata dalla collaborazione con la Casa dei Diritti Sociali, a margine dell’antologia Poesia dell’Esilio, 113 poeti da tutto il mondo, a cura di Maria Jatosti, Arlem, Roma 1998.
[Biobibliografia parzialmente tratta dal sito SNS]

Con Achille Serrao e Vincenzo Luciani ha fondato l’associazione Culturale Poeti al Parco, poeti dialettali contemporanei, la cui sede è nella Biblioteca Rodari.

Jatosti nelle Biblioteche:
*A smemorasse da mori' : quindici poesie a Roma / Maria Jatosti ; prefazione di Marcello Teodonio. - Roma : Arlem, [1996].
*Cara poeta '97 / Pina Allegrini... [et al.] ; a cura di Maria Jatosti. - Roma : Arlem, [1997]. 
*Imperativo involontario / Maria Jatosti. - Forli' : Forum/Quinta Generazione, stampa 1994.
*Matrioska : romanzo / Maria Jatosti. - Lecce : Piero Manni, c1998.
*Salvo errori e omissioni / Maria Jatosti ; presentazione di Mario Lunetta. - Forli': Forum/Quinta Generazione, stampa 1988.
*Tutto d'un fiato / Maria Jatosti. - Roma . Editori Riuniti, 1977.

Jatosti in Internet:
Gio Ferri
http://www.mumumu.it/sezioni/listino/archivio/ferri-matrioska.html



dal sito del SNS di cui è membro del comitato direttivo
http://www.cgil.it/autorieartisti/autori/jatosti.htm



da Poeti al Parco dell’Ass. Periferie
http://www.poetidelparco.it/periferie14/14dialetto.htm



nel n. 42/99 del mensile  Via Dogana
http://fc.retecivica.milano.it/rcmweb/libdonne/vdog_mar.htm



L’Associazione Culturale Grafica Campoli
http://www.graficacampioli.com/edizioni.html



dalla Libreria della RAI
http://railibro.lacab.it/emma/zoom.phtml?ns=1145


un libro contro …. e per

la Rodari e la Jatosti
http://www.abitarearoma.it/giugno02/roma7/periferie.htm



Di scrittori e scrittrici che hanno parlato nei loro romanzi del
Rapporto con la madre:

*A. Bevilacqua: Lettere alla madre sulla felicità

*Alice Munro: Il sogno di mia madre

*A. Moravia: Agostino

*M. Stinco, M. Sazio e M. Legner: L’ultima stanza (T)

*Giovanni e Paola Dall’Orto: Figli diversi : Come vivere serenamente l’omossessualità in famiglia

*Danna Daniela: Io ho una figlia bellissima : Le madri lesbiche raccontano

*B. Brecht: Madre coraggio (T)

*Patrizia Carrano: Illuminata

*F. Monicelli: I giardini segreti

*Barbara Alberti: Buona notte Angelo

*P. Almodovar: Tutto su mia madre (C)

*Eschilo: Orestea (T)

*Sofocle: Edipo; Edipo Re (T)

*Marie Cardinale: La chiave nella porta (da madre a figli)

*F. Mauriac: Gernitrix (da madre a figli)

*M.Yan: Grande seno, fianchi larghi

*J.M. Coetzee: Infanzia

*L. Santucci: Orfeo in paradiso

*N. Naldini. I turbamenti del giovane Pasolini

*C. Toibin: Il Faro di Blackwater

*Y. Tsushima: Il figlio della fortuna

*C. Pavese: La casa in collina

*C. McCarthy: Il buio fuori

*Arleti Georgiadou: La vita in pezzi: una biografia di Annemarie Schwarzenbach

*Helen Schneider: Lasciami andare madre

*M. Serrano: Quel che c’è nel mio cuore

*G. Stuparich: Un anno di scuola

Y. Tanizaki

*I. Svevo: Senilità

*F. Camon: Un altare per la madre; la Donna dei fili

*Catherine Dunne: Il viaggio verso casa; La moglie che dorme; La metà di niente

P.K. Dick

*Chrètien de Troyes: Perceval le Gallois

*Y. Kemal ::L’erba che non muore mai; Al di là della montagna

*Francesca Duranti: La casa sul lago della luna; Effetti personali

*F. Arrabal: La Pièrre de la folie (C)

*Elsa Morante : La Storia

*Chiara Sereni: Passami il sale

*Dacia Maraini: La nave per Kobe

*G. Deleuze: Il Freddo e il Crudele

*Grazia Deledda: La madre

*G. d’Annunzio: L’innocente

*D.H. Lawrence: Figli e amanti

*Banana Yoshimoto: Amrita

*F. Perry: Mammina cara (C)