Filosofia delle differenze e politica dei corpi

Notoriamente la dimensione della prassi non è statica , ma passa costantemente nella poiesis , sicché , considerate le complesse dinamiche della fase odierna , occorre avvalersi di una ricerca teorica che tenga presente l’approccio critico degli zapatisti , ossia il "camminare domandando " . Ciò detto , conviene proiettare questo inedito impianto teorico su quelle che saranno le lotte dell’autunno caldo . Quest’ultimo , a mio avviso , sarà caldissimo , perché l’officina infernale e mafiosa del piazzista di Arcore non concede tregua, infatti , le provocazioni padronali incalzano , beffando la giustizia e picconando lo stato di diritto . Basti pensare che , in Turchia , le recenti leggi per i lavoratori risultano più eque rispetto a quelle del nostro paese . Pur constatando le becere manovre del camaleontico Cavaliere , è bene , però , contestualizzare tutte le problematiche nel quadro ultraliberista , che concilia capitalismo e schiavitù . Pertanto , è opportuno non reiterare un impianto categoriale anacronistico e optare per nuove forme di resistenza . Ciò significa che le lotte devono assumere un carattere trasversale e devono perseguire la costruzione di un fronte comune . D’altro canto , sarebbe quanto mai riduttivo considerare il sindacato l’unico punto di riferimento , vuoi perché si registra a livello globale il declino della contrattazione collettiva , vuoi perché le burocrazie sindacali manifestano non poche ambiguità e vuoi perché esprimono categorie obsolete , considerato l’ordine liberista della globalizzazione . Sarebbe , dunque , auspicabile progettare una cooperazione plurale , che dovrebbe assumere una concezione di un comune a-misurabile , ossia fuori dalla razionalizzazione dei poteri . Da qui la necessità di insidiare l’ordine disciplinato dei saperi e dei poteri , avvalendosi di una filosofia delle differenze , che sarebbe preziosa per avviare un processo di disassoggettamento da tutti i saperi prestabiliti e imposti dai diversi regimi di dominazione. Partendo da questi presupposti , si dovrebbe promuovere una decostruzione critica sulle favole del supermercato globale , che in modo sempre più palese incrementa forme inedite di razzismo . Difatti, queste forme non sono una sopravvivenza anacronistica dei remoti tempi dello schiavismo e dell’espansione coloniale , ma sono , invece , l’espressione di una sorta di "razzismo differenzialista " , di un " razzismo senza razza " . Al di là dello strumentario retorico dell’esclusione , analizzando l’ambiguo terreno semantico della globalizzazione , infatti, si evince che la presunta esaltazione della differenza culturale si traduce nella celebrazione dell’integrità nazional-culturale e in una fuorviante logica patriottica . Intanto , con la cesura dell’11 settembre , si è creata una sorta di simbiosi tra prassi di guerra e tecnologie di controllo , e ciò sta consentendo di moltiplicare le "comunità cintate " , i regimi della reclusione e dell’esclusione , che confinano i diversi , i nemici , i disobbedienti , le classi marginali , nei ghetti invisibili dei non-luoghi imperiali . Eppure , anche se può sembrare paradossale , l’odierna struttura politico-militare rivisita , sia pure in guise diverse , alcuni elementi costitutivi della modernità , ossia "Patria " ed "Esercito" . E’ bene evidenziare che questo impianto ideologico era legato allo Stato-nazione, mentre oggi , nella dimensione imperiale , gli eserciti sono globali e sono intrinsecamente connessi al quadro militare-politico complessivo . Ma a questo punto un interrogativo si pone : come si spiega la recrudescenza della logica patriottica in un assetto sistemico caratterizzato dalla globalizzazione ? Ovviamente anch’essa non è casuale , ma è inscritta nel globalismo , che non è contrassegnato dalla pacificazione , ma è attraversato da palesi conflittualità , da una competizione sfrenata ,dal darwinismo della logica del mercato, da forme inedite di etnicismo , di nazionalismo , di fondamentalismo , dalla guerra civile in atto per la leadership imperiale . D’altro canto , l’ideologia globalista tende a sussumere e a sfruttare le differenze , sicché proprio l’interconnessione tra economia , politica e cultura, genera i fenomeni del localismo e di un’aberrante logica patriottica . Vero è che i discorsi globalizzati sortiscono effetti ambivalenti , infatti, la produzione del circuito transnazionale sfrutta le differenze , ma , al tempo stesso , crea le condizioni per valicare il parassitismo del gioco neoliberista e per delineare un progetto di riappropriazione dei saperi , della cultura , della vita . Questo processo di riappropriazione non è automatico , ma presuppone un nuovo stile mentale che, come voleva Foucault , rifiuta la causalità , e ciò significa che è necessario opporre una genealogia a partire da fattori multipli di determinazione . Occorre , dunque , ripristinare la funzione etica della critica , per denunciare il rapporto tra meccanismi di potere e verità . Da qui l’esigenza di riportare in superficie gli eventi profondi della storia , per prendere coscienza che il concetto di " governo " è una pratica versatile e variegata , che investe più territori e una ricca gamma di situazioni . In quest’ottica , " il problema del governo presenta tutta una serie di differenziazioni , le quali formano una linea di continuità ascendente e discendente che dal singolo giunge allo Stato e viceversa passando per tutti i rapporti intermedi che coinvolgono la famiglia , il lavoro ecc " ( Foucault ) .

Questa chiave interpretativa è estremamente incisiva , perché offre le coordinate per demistificare l’impianto ideologico del moderno e del postmoderno , che , sia pure in guise diverse , perpetua una visione patriarcale del potere .

Ciò è anche suffragato dall’art 52 della Costituzione italiana , che obbligando i cittadini maschi alla difesa della patria , relega le donne nella sfera fusionale della famiglia , negando così il diritto di essere individue . E’ evidente , pertanto , che i processi di modernizzazione perpetuano alcuni paradigmi , tant’è che le voci delle donne rimangono ,di fatto, prigioniere di un retaggio culturale caratterizzato dall’immaginario maschile .

Ciò significa che il patriarcato moderno e postmoderno , pur manifestando una fenomenologia diversa , si costituisce sempre secondo i parametri della funzionalità sistemica dei due generi .

A questo punto , onde evitare di cadere nelle trappole del progressismo reazionario , giova evidenziare che , se oggi si femminilizzano le forze armate , non è da attribuire ad una rivoluzione culturale , ma è , invece , da imputare ai complessi processi sistemici delle guerre imperiali e alle tecnologie di contollo , che tendono a sussumere tutte le differenze. Inoltre , le figure femminili sono strumentalizzate dall’ordine imperiale , vuoi perché assolvono alcune mansioni , vuoi perché " legittimano " il concetto di guerre giuste . La donna , quindi, marxianamente parlando , viene percepita ancora come"la preda e la serva della comunità". In realtà , la globalizzazione strutturale ed ideologica virilizza le voci delle donne , rievocando l’atavico paradigma del patriarcato , che notoriamente nega la differenza di genere . Ma il discorso risulterebbe riduttivo se non si rilevasse che il "secondo sesso" continua ad essere oggetto di aggressioni fisiche e morali . I dati sono inquietanti , infatti , nei paesi dell’Unione europea una donna su cinque subisce violenze inflitte dal marito o dal compagno . In Gran Bretagna , ogni tre giorni muore una donna , per questo tipo di brutalità , in Austria un divorzio su due si basa su una denuncia di maltrattamenti presentata dalla moglie . Per quanto concerne il resto del continente è illuminante un rapporto pubblicato dall’Unicef , che sostiene :" La violenza contro le donne continua a essere la violazione più diffusa dei diritti umani fondamentali ". A questo proposito l’inchiesta Onu sulla guerra civile in Sierra Leone è raccapricciante , infatti , 250 mila ragazze fra gli 8 e 18 anni sono state vittime di stupri di massa e di violenze sessuali .

Dalle osservazioni fatte si evince , dunque , che un altro mondo possibile implica l’assunzione di un’altra storia possibile , che dovrebbe inglobare la filosofia delle differenze , per rimuovere così ogni visione riduzionistica . Ne consegue che il nuovo proletariato sociale dovrebbe promuovere una inedita creazione storica e culturale , varcando i sentieri angusti della prevedibilità , schivando le pretese dogmatiche di una spiegazione totale della storia e negando gli apparati concettuali della causalità lineare , nella consapevolezza che i fuorvianti schematismi inficiano una visione comprensiva . Da qui l’esigenza di evitare griglie interpretative che intendono separare l’aspetto economico-sociale e la vita culturale . Contro la mimesi paradigmatica e contro gli atteggiamenti mentali acritici , che offuscano la polarità passato-presente , occorre , invece , opporre una decostruzione critica , per demistificare tutte le religioni del mondo , tutti i criteri del razionalismo metafisicizzante , tutti i nefasti dogmatismi.

E’ necessario , pertanto , optare per un approccio multidisciplinare , per una visione non simmetrica e non-riduzionistica , per una sovrabbondanza di comune di singolarità e di desideri .

Non senza ragione Marx sosteneva : " Essere radicale , significa considerare le cose in base alla radice . Ora , per l’uomo , la radice è l’uomo medesimo " . Partendo da quest’ottica , sarebbe auspicabile ridestare la memoria storica critica , focalizzando l’attenzione sulle costruzioni ideologiche patriarcali , sulla misoginia endemica dei poteri, che via via hanno generato gli stereotipi di un immaginario prettamente maschile e di un maschilismo distruttivo .

Ne deriva che è necessario affermare , come voleva G. Deleuze , " la schizorivoluzione in opposizione al significante dispotico " . La cartografia di un mondo altro impone, però, un’indagine variegata e complessa , che dovrebbe inglobare i mille piani dei processi storici , a-storici , trans-storici . In questa prospettiva nascono mille sentieri da percorrere , mille linee e mille eventi da analizzare . Innanzitutto conviene decodificare criticamente il sapere dei poteri e , al tempo stesso, scoprire la potenza di alcuni saperi che sono stati fagocitati dalla violenza fondatrice di tutti i poteri . Questo impianto teorico ,

ovviamente , non può prescindere dalla sessualizzazione della produzione dei discorsi , che ha poi determinato l’egemonia delle norme maschili e che ha condannato le donne a ripetere le parole altrui . Eppure , un excursus storico al femminile mostra che la donna favorisce l’accesso al linguaggio , vuoi perché è depositaria della lingua madre, vuoi perché procura l’apertura all’universalità delle lingue , vuoi perché la passione femminile rende vivo e palpitante il linguaggio del corpo .

Pertanto , considerando l’odierna dimensione imperiale e l’ideologia del globalismo , si può sostenere che esistono potenziali di rottura e possibilità di esodi costituenti , sicché la singolarità femminile diviene un imprenscindibile punto di riferimento per la resistenza biopolitica . D’altra parte , superando i parametri e le convenzioni dell’arbitrio maschile , emerge un coro di voci femminili , che , con grida , preghiere, risate , sussurri , lotte , chiedono ascolto . In realtà , al di là delle costruzioni ideologiche maschili , la donna ha sempre tentato di gridare la sua differenza , anche se , per via della parzialità della parola degli uomini , è stata oggetto di una censura narcisistica decretata dall’uomo .

Oggi , però , l’assetto postmoderno , negando la logica binaria della modernità , consente di liberare tutti i campi del sapere dai sistemi di dominazione . Difatti , la sovranità imperiale , l’ibridazione culturale , i flussi deterritorializzati , la delocalizzazione di tutti i processi , il lavoro immateriale , offrono risorse significative per costruire una politica globale delle differenze . Questo ambizioso progetto di liberazione dovrebbe contestare la logica dialettica del comando , che inevitabilmente sussume le differenze , invece , sarebbe opportuno optare per la logica non-dialettica delle differenze . Ciò consentirebbe di demolire le parole d’ordine dei saperi-poteri , di negare tutti i sistemi di dominio , come il razzismo e il sessismo : si tratta , dunque , di inventare e di definire ex novo un nuovo spazio sociale . Da qui l’esigenza di opporre ai paradigmi del mercato globale la politica dei corpi , per progettare una nuova realtà ontologica . Ne consegue che la disobbedienza radicale non può prescindere dal pensiero forte delle donne , che hanno sempre reclamato il diritto inalienabile all’invenzione di un altro linguaggio . Difatti , le donne , pur rimanendo escluse dall’ambito della testimonianza storica , hanno sempre integrato il corpo come supporto sensoriale , generando così una lingua totale e una sintassi nuova . Ciò è suffragato da un iter storico al femminile e dalle microstorie delle donne , infatti, mentre nel linguaggio maschile si manifestano eufemismi e arbitrarietà delle denominazioni , in quello delle donne si registra l’audacia e l’autenticità della valenza semantica delle parole .

A questo punto , rievocando la Genesi , emerge che Eva fu la prima ad inaugurare il dialogo con gli altri ; Adamo , invece , fu il primo a nominare le cose e gli esseri. Ciò significa che la parola di Eva non fa altro che organizzare l’uso di quel che Adamo ha instaurato per mezzo della parola . Alla domanda del demone Eva risponde :" Mangiamo il frutto degli alberi che sono nel paradiso , ma il frutto dell’albero che si trova al centro , Dio ci ha comandato di non mangiarlo e di non toccarlo , temendo per la nostra vita ". Questo episodio evidenzia che la comunicazione di Eva non è " di ragione " , ma ha per argomento " cose condannabili e bestiali " , come dirà Dante . Preso atto che il linguaggio delle donne presenta caratteristiche peculiari , è bene ribadire che la produzione dei rapporti sociali di sessualità è stata determinata da un sistema ideologico palesemente maschile . Da qui un immaginario culturale , che di volta in volta ha rappresentato la donna come Dea , Madonna , strega . Sicché non può destare stupore che i paradigmi dominanti abbiano adottato la dicotomia tra privato e pubblico , opponendo ai poteri domestici della donna l’autorità e l’autonomia politiche dell’uomo . Eppure , le donne , pur essendo relegate in uno spazio domestico soffocante e ottuso , hanno manifestato la loro presenza , come si evince da una storia al femminile , infatti, non mancano episodi significativi e figure emblematiche ed esaltanti , anche se non esiste una vera e propria periodizzazione storica esaustiva sull’argomento. Ma, al di là dei fuorvianti giudizi di valore che hanno inficiato l’iter storico femminile , emerge un dato , ossia che le donne , sia pure con alterne vicende , hanno sempre cercato di avvalersi di un linguaggio alternativo e creativo . Un esempio illuminante è rappresentato da un linguaggio che designa e rivendica le cose del sesso. Per comprendere appieno i tabù sessuali imposti dal dominio dell’uomo e , al tempo stesso, l’intensità del linguaggio femminile , giova menzionare un brano famoso del " Roman de la rose " di Jean de Menug . L’amante rimprovera a Ragione , ancora una donna , ricca di eloquenza e di argomenti , di aver chiamato gli organi sessuali con il loro nome e non con un’elegante perifrasi . Il brano così recita : " Non vi considero cortese perché avete appena pronunciato la parola " coglioni " che non è molto raccomandata ". La risposta è caustica e merita di essere citata :" Coglioni è una bella parola , anch’essa mi piace , come anche , veramente, balle e arnese ; mai nessuno ne ha conosciute di più belle . Creai le parole e sono sicura che non feci cosa sgradita ; anche Dio , che è sapiente e sa , considera ben fatto quel che feci . Perché , per il corpo di Sant’Omero ! non dovrei nominare appropriatamente l’opera di mio Padre? ". Ingegnosità , coraggio , passione , emergono dal brano , e ciò significa che le donne , pur avendo subito le repressioni più brutali , hanno sempre elaborato il linguaggio del corpo , ossia un tipo di comunicazione profondamente caratterizzata dalle emozioni , dagli affetti , dal desiderio di conservare l’eredità materiale . Ciò è suffragato dal fatto che la sintassi della comunicazione femminile non è solo esplicativa , ma è anche l’espressione delle vociferazioni storiche delle donne , che hanno cercato sempre di ritrovare un linguaggio originale e creativo , fuori dai parametri dei sistemi di dominazione . Pertanto , valicando il carattere tirannico dell’impianto ideologico maschile , sarebbe auspicabile rievocare le microstorie femminili che hanno tentato di istituire contropoteri e , nel contempo , sarebbe necessario assumere una politica dei corpi , che non può prescindere dal sapere delle donne . D’altro canto , constatando che i poteri oggi si esplicitano nell’Impero del capitale collettivo , occorre ravvisare i potenziali di liberazione in un soggetto biopolitico che dovrebbe coniugare la vita , il lavoro , i linguaggi , le differenze , sul terreno dell’immanenza , pensando anche l’impensato . Questo non è un progetto utopico e velleitario , perché sussistono le condizioni per operare una svolta , fuori dalle figure della disciplinarizzazione . Contro l’apparato repressivo imperiale ; contro il capitalismo globale ; contro lo stato di guerra permanente ; contro la "fiera delle vanità del capitale "; contro le tecnologie del controllo ; contro la trascendenza delle gerarchie e contro quello che Foucault definiva " turbinio dialettico", è necessario opporre la disobbedienza radicale , moltiplicando le forze della sovversione e organizzando una nuova vita . Ovviamente la produzione di soggettività biopolitica , per essere proficua ed efficace , non può prescindere dalla ribelle costola dell’uomo , ossia dal pensiero delle donne . Ciò impone non solo quella che Lidia Menapace designa come " la non-dialettica dei generi ", ma anche l’assunzione di una filosofia delle differenze tout court .

A questo punto , constatando che la guerra è diventata forma di governo e che l’arbitrio poliziesco imperversa , occorre negare tutte le manovre che tendono a sussumere e fondere le differenze . Ma , considerando che le dinamiche di governance imperiale impongono la guerra come instrumentum regni , è bene porre il seguente interrogativo : esiste un filo che lega la sessualità maschile e la guerra ? Evitando di adottare chiavi di lettura riduttive e analizzando i mille piani della storia , si può sostenere che indubbiamente la rappresentazione storica dei corpi ha inciso sulla logica della guerra . Difatti , pur rimuovendo una visione riduzionistica , emerge una palese dicotomia tra corpo della donna e quello dell’uomo . Quest’ultimo è stato storicamente rappresentato " come corpo incapace di fare alcune cose " , ossia di dare spazio agli affetti , alle emozioni , ai sentimenti . Inoltre , per recepire appieno la storia dei rapporti dei sessi , giova evidenziare che l’uomo ha sempre avvertito la frustrazione determinata dall’incapacità di dare vita , sicché , anche questo aspetto ha generato il controllo sul corpo della donna, una sorta di fallocrazia culturale , una logica di dominio e di guerra . Pertanto, pur negando le griglie interpretative monocausali , si evince che un nuovo corso possibile deve optare per il riconoscimento della differenza sessuale . D’altra parte , al di là del mondo delle veline e di tutti i processi di mercificazione , è opportuno sottolineare che le donne sono particolarmente attive nella fase odierna , tant’è che è stata istituita anche la Convenzione permanente contro le guerre , che persegue l’obiettivo di demolire la logica di guerra e tutte le ideologie delle diseguaglianze . Inoltre , non mancano donne che danno voce agli emarginati del mondo e che denunciano , con parole forti e chiare , soprusi , iniquità , sfruttamento , basti pensare alla guatelmateca Rigoberta Menchù , all’africana Aminata Traorè , all’algerina Malika Mokeddem , a Drissa Tourè , a Rosa Amelia Plumelle Uribe . Ciò dimostra che le donne , avvalendosi di una pratica critica e riconoscendo la dimensione comune dei propri progetti, intendono , attraverso una sorta di mutuo adeguamento , affermare il legittimo diritto alla differenza dei generi . E’ evidente , dunque , che questo orizzonte progettuale s’inscrive nell’Esodo delle moltitudini dall’Impero . D’altro canto , l’epoca della sussunzione reale, che ingloba l’insieme della società e che opera una gerarchizzazione di saperi-poteri , richiede un dispositivo rivoluzionario che azzeri tutte le idiosincrasie , tutte le forme di intolleranza , tutti i paradigmi che invocano un socialismo poliziesco , nella consapevolezza che la trasformazione del mondo può avvenire a condizione che si realizzi un rapporto armonico delle differenze .

Ma a questo punto si pone un quesito : perché oggi il pensiero femminile può rappresentare un punto di riferimento? Le motivazioni sono variegate , complesse e impongono un approccio critico e dinamico , che dovrebbe cercare tutti i fulcri di unificazione e tutti i nodi della repressione .

Innanzitutto conviene fare un breve cenno sull’epoca moderna , che , come voleva Foucault , ha scoperto il corpo in quanto oggetto e obiettivo del potere . Questa chiave di lettura è indubbiamente illuminante e veritiera , ma potrebbe risultare riduttiva , ove non si evidenziasse che il corpo delle donne è stato sempre manipolato , coniato dalle rappresentazioni e da stereotipi maschili . Pertanto , per rendere intelligibili tutti gli operatori di dominazione , occorre decostruire criticamente il rapporto tra poteri e apparati di sapere . Da qui l’esigenza di rifiutare il marxismo volgare e tutte le visioni artificiose del rapporto struttura – sovrastruttura , per riconoscere che gli eserciti , gli Stati , le multinazionali , non sono solo emanazioni del capitale , ma sono anche gli effetti di un processo più antico , che ha dato poi origine all’accumulo di capitali e allo sfruttamento delle risorse materiali . I deliri repressivi dei poteri , l’assoggettamento dei corpi , le tecnologie di controllo , discendono ,dunque , da una serie complessa e variegata di cause e concause . Pur ricusando le griglie interpretative riduttive , per sviluppare nuovi livelli di coscienza e per esplicitare tutti i nodi della repressione , non si può prescindere, però, dal marchio di proprietà che l’uomo ha messo sul corpo femminile .

L’uomo , infatti , si è impossessato della fabbrica-corpo femminile , perché solo questo corpo poteva garantire la fabbricazione di tanti altri piccoli corpi e ciò consentiva anche di cullare l’illusione di vivere in eterno . Ne deriva che il maschile è la rappresentazione di un "io " narcisistico , mentre il femminile si manifesta come collettivo . Ovviamente questa chiave di lettura non è esaustiva , ma contiene molti elementi veritieri , infatti , le donne , proprio perché costrette ad alienarsi da sé , hanno mantenuto una forte potenzialità di disidentificazione dal proprio "io " e una potenziale corrispondente identificazione nel collettivo . Ciò non si può sottovalutare , perché consente di dissociare la problematica del collettivo dai temi del dominio e perché offre le coordinate per penetrare nel gioco dei poteri .

E’ evidente , dunque , che la non-dialettica dei generi , l’esercizio del contropotere delle donne , risultano preziosi potenziali di liberazione , perché invocano un agire politico collettivo , una politica dei corpi , saperi non stereotipati . D’altra parte , oggi , nonostante le intimidazioni dell’arbitrio poliziesco , sta emergendo la straordinaria vitalità dei corpi , infatti, la moltitudine postmoderna , con un’esplosione di espressioni , di linguaggi , di gesti , sta testimoniando la presenza di una soggettività biopolitica permeata dalla materialità . Sicché , considerato il fatto che il paradigma post-disciplinare del controllo apre nuove possibilità all’agire collettivo , ne consegue che le donne , dopo un iter storico costellato di lacrime , di soprusi , di lotte , possono finalmente liberare i desideri dell’universo femminile .

Ma a questo punto , onde evitare semplificazioni , è bene comprendere le ragioni per cui la potenza delle moltitudini sta svelando una vitale resurrezione collettiva dei corpi . Da qui la necessità di focalizzare l’attenzione sul lavoro post-fordista , sul lavoro immateriale , sul lavoro vivo , sulla femminilità del lavoro . A questo proposito risultano illuminanti le osservazioni di Anton Monti , che afferma :" L’impresa transnazionale elettronica cambia tutto anche a livello di circolazione del personale . La muta fabbrica fordista si trasforma in un rumoroso confluire di idiomi diversi che vengono ricondotti alla lingua ufficiale del lavoro ….. la lingua unica è necessaria perché la circolazione planetaria del personale è una delle strategie competitive centrali " . Ciò significa che il capitalismo imperiale sussume e sfrutta le differenze , ma , nel contempo , incrementa il general intellect e la riappropriazione cooperativa del sapere e dell’azione . Questo nuovo ordine , peraltro caratterizzato dal caos , innesca i processi costitutivi dell’intellettualità di massa e consente di sperimentare una sorta di spinozismo globale , infatti , si registra l’affermazione di un’autonomia culturale e politica , che valica l’impianto ideologico neoliberista . Pertanto , prendendo atto che il segno distintivo della forza-lavoro post-fordista è l’intellettualità di massa e considerando che le capacità comunicative , relazionali cooperative , immaginative sono messe al lavoro , ne consegue che scompare il lavoro misurabile , quantificabile , separabile dalla persona che lo "fornisce". Da qui la vis viva del lavoro e la possibilità di esprimere singolarità , fuori dai paradigmi del dogmatismo che inibisce il pensiero .

Questo contesto profondamente metamorfosato rende il lavoro " femminile" , infatti, come sostiene Toni Negri , l’attività produttiva , unificando il tempo del lavoro e quello della vita , omologa il lavoro precario dell’operaio sociale e il lavoro delle donne , che , nei secoli , hanno assolto le loro funzioni nella famiglia , nei servizi , nella riproduzione .

Inoltre , Toni Negri , con il consueto acume e con l’abituale causticità , commentando la brutale mattanza genovese , afferma : " Il lavoro di Genova si è mostrato femminile . La scelta di sottrarsi allo scontro con le bestie della repressione fu , per la grandissima maggioranza , fondamentale . E’ questa una caratteristica della nuova forza-lavoro: se ci attaccano , se ci sfruttano, se vogliono ucciderci , noi ce ne andiamo " .

Ovviamente le osservazioni fatte non intendono spingere alla rassegnazione , ma perseguono l’obiettivo di delineare nuovi percorsi di resistenza e di incrementare una rete rivoluzionaria globale .

Ciò richiede , però , una radicale mutazione culturale e politica , fuori dai luoghi comuni ideologici , se effettivamente si intende allargare la produzione di socialità alternative , di modi di vita , di cooperazione e di attività sottratte ai dispositivi di potere del capitale .

D’altra parte , nell’attuale dimensione imperiale , le tattiche e le strategie rivoluzionarie storiche risultano inefficaci , vuoi perché l’ordine è universale e trasversale , vuoi perché la rete dei poteri è , a un tempo , ovunque e in nessun luogo , vuoi perché l’Impero del capitale collettivo non si colloca in un " Palazzo d’Inverno".

La dirompenza postmoderna , però , crea le condizioni di una soggettività politica , fuori dalle categorie della rappresentanza e della mediazione , e ciò comporta l’eccedenza di un desiderio inedito di libertà . Difatti, la mobilità trasversale della forza-lavoro , i flussi non codificati del capitalimo imperiale , il declino dei paradigmi moderni , il lavoro vivo , ibrido e meticcio , stanno delineando le figure della moltitudine postmoderna , ossia una soggettività biopolitica eterogenea . Da qui le differenze emergenti , l’interazione dei diversi linguaggi , che mobilitano l’intero orizzonte culturale e politico . Ne deriva che , mentre il Novecento non è riuscito a coniugare le differenze e le anime culturali diverse , con la sovranità imperiale e con il capitalismo cognitivo , si apre una prospettiva teorico –pratica non univoca , che implica una vitale politica dei corpi e una sorta di resistenza collettiva al potere . A questo punto si pongono alcuni quesiti : le forme collettive di resistenza ripropongono il progetto della lotta di classe di Marx ? Esistono analogie tra il concetto di moltitudine e quello di proletariato ? Michael Hardt fornisce chiavi di lettura illuminanti sull’argomento , infatti , con una doviziosa analisi , indaga sulla teoria di classe e sul concetto di moltitudine . M. Hardt , sottolinea che la moltitudine , intesa come tutti coloro che lavorano sotto le regole del capitale , potenzialmente , presenta analogie con il concetto di proletariato . " Tuttavia , nel compiere questa identificazione dobbiamo stare molto attenti a distinguere il concetto di proletariato dalle divisioni che lo hanno definito, divisioni che non hanno nulla a che fare con la moltitudine . Nel corso del XIX e XX secolo , il concetto di proletariato è stato ridotto alla definizione originaria della classe operaia , separata dalle altre classi di lavoro "(M. Hardt). Difatti , l’impianto concettuale separava il lavoro produttivo dell’uomo e quello riproduttivo della donna , il lavoro industriale e quello contadino . Oggi , per via del capitalismo cognitivo e per via del fatto che il lavoro è definito da una condizione comune , la moltitudine assume i connotati del proletariato sociale-globale . Quest’ultimo non è una "molteplicità frammentata e dispersa , ma è un soggetto che agisce ". Ciò significa che la moltitudine postmoderna è una molteplicità irriducibile che esprime le singole differenze sociali e i diversi idiomi .

Ma , considerando il fatto che i processi sono sempre dinamici e che gli esiti non sono prevedibili , è bene organizzare l’esodo costituente contro l’Impero . Partendo da quest’ottica , le lotte antisistemiche possono aver luogo solo nel nomadismo universale , nelle miscele di individue e di individui , nei frammenti dei corpi dispersi , nelle grida disperate della schiavitù , dell’oppressione , della povertà . E’ proprio , dunque , in questa varietà di linguaggi , di differenze , di bisogni che la moltitudine postmoderna può esercitare contropotere , dimenticando tutte le forme di dogmatismo e facendo resistenza con uno spirito di ritrovata fanciullezza .

Questo discorso non è velleitario , perché la liberazione del lavoro vivo sta diventando disutopia e perché il potenziale rivoluzionario sta prendendo corpo . Ciò è suffragato dalla nuova concezione del lavoro , ossia dal capitalismo cognitivo , che produce linguaggio e rende il lavoro immediatamente intellettuale ed affettivo . Sicché , al di là degli appetiti imperiali , " il lavoro produce il mondo e , al tempo stesso , lo innova " . Ma a questo punto conviene incentrare ancora l’attenzione sulle motivazioni per cui " il lavoro è diventato femmina " . Analizzando le dinamiche reali dei processi economici , si rileva che " la produzione e la riproduzione del mondo sono sempre separate . L’uomo produceva e la donna riproduceva . Il settore dell’economia che riguardava la produzione era del maschio , quello riproduttivo della femmina "( Toni Negri) . Oggi , invece , tra produzione e riproduzione non esiste più una linea di demarcazione , sicché si può affermare che " il lavoro vivo è diventato femmina " .

Dalle osservazioni fatte si evince , dunque , che la disobbedienza radicale , il progetto di una democrazia assoluta , non possono prescindere dalla sfida teorico-pratica delle donne , vuoi perché emerge la femminilità del lavoro , vuoi perché le donne , sia pure con alterne vicende , hanno sempre cercato di costruire un nuovo essere comune .

Pertanto , contro tutte le forme di trascendentalismo ; contro le reti della società del controllo ; contro lo sviluppo insostenibile ; contro le forme di rappresentanza e di delega ; contro la logica dell’esclusione e della segregazione ; contro la spoliazione radicale dello stato di diritto dei migranti ; contro la logica assiomatica del capitalismo imperiale ; contro il mondo immondo della globalizzazione ;contro i funzionari della dialettica ; contro il trend imperiale e contro la vocazione imperialista dell’amministrazione Bush ; contro i rigurgiti del patriarcato , si impone una rottura epistemologica e una resistenza planetaria , per una riappropriazione cooperativa del sapere e per la costruzione di uno spazio pubblico che abbia il carattere di un’autentica universalità .

Occorre , dunque , scrivere un’altra storia del pensiero materialistico , che esplicitandosi all’insegna della dismisura , dovrebbe coniugare " i concetti o nuove maniere di pensare , i percetti o nuove maniere di intendere , gli affetti o nuove maniere di provare "( Gilles Deleuze ) .

D’altro canto , constatando che il capitalismo odierno si avvale di un uso pubblico del linguaggio , si può sostenere che si sta superando il dualismo psicofisico e si sta aprendo una logica inedita delle possibilità . Quest’ultima può diventare corpo vivente rivoluzionario , solo liberando tutti i linguaggi dei corpi e incrementando tutte le tonalità emotive . Ciò significa che è necessario negare l’interazione artificiale e banalizzata , per affermare un sapere sociale aperto al flusso appassionante di nuovi idiomi , al cromatismo intenso degli affetti , delle emozioni , e a tutte le nuance creative che esaltano il mondo della vita .

La transvalutazione innovativa dovrebbe , dunque , negare le negazioni della dialettica borghese e "socialista" , per affermare un comune impregnato della teleologia dei corpi , fuori da tutte le esperienze totalitarie . Ciò impone un approccio critico radicale , che dovrebbe rimuovere tutti i paradigmi togliattiani , tutte le aberranti furberie dei "comunisti " e dei post-comunisti , per riscoprire la forza viva del materialismo e la passione rivoluzionaria . Pertanto , sostenere , come vuole Veltroni , che" il comunismo è incompatibile con la libertà", significa manifestare un pensiero debole , opinabile , fuorviante. In realtà , il materialismo è l’irriducibile altro del potere , è apertura dell’avvenire , è disutopia , è forza produttiva del comune .

Per annientare la " Bestia" e per delineare una pratica rivoluzionaria , occorre ,dunque, avvalersi di una filosofia critica , ossia di una riflessione retrospettiva e prospettica . Sicché , vivendo con Marx , ma andando anche oltre Marx , bisogna continuare a produrre " cose marxiane" , nella consapevolezza che , come sostiene Etienne Balibar, Marx è " l’insuperabile traghettatore tra la filosofia e la politica ".

L’esodo costituente , l’assunzione problematica di un nuovo linguaggio della politica , la produzione di un nuovo lessico , una politica espressiva e non rappresentativa , il bisogno di "altrove" , non possono ovviamente prescindere dalla pratica biopolitica della moltitudine . Quest’ultima , invocando la cittadinanza , intesa come messa in comune delle singolarità e delle differenze , deve necessariamente inglobare il pensiero femminile . D’altra parte , è bene sottolineare che il movimento femminista è stato antesignano , perché , rompendo con il modello patriarcale , ha indicato una forma atipica di cittadinanza .

Pertanto , per dispiegare appieno l’articolazione tra singolarità e comune , giova ricordare che per il barbuto di Treviri " il rapporto immediato , naturale , necessario , dell’uomo all’uomo è il rapporto dell’uomo alla donna " . Sicché , per far trionfare " il regno della libertà ", è tra l’altro necessario che uomini e donne affermino la loro fraternità .

Wanda Piccinonno

 

 

 

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