il testo è la prefazione che
Carl Gustav Jung
scrisse nel 1949 alla versione occidentale del libro dei
mutamenti (in
cinese appunto i ching)... è un testo interessante
perché nella sua apologia
della casualità contro la 'legge di natura' (o come
l'autore scrive - la
sincronicità contro la causalità) in buona sostanza
egli difende le
eccezioni rendendole in realtà parte del tutto ("un
corso di eventi che si
conformi in tutto e per tutto a leggi specifiche
rappresenta quasi
un'eccezione")...
per me è stato un interessante punto di partenza per
capire quanto diversa
possa essere la concezione dell'universo rispetto alla
nostra - di noi
occidentali... spero che anche voi destinatari di questo
testo sappiate
trarne buon frutto...Ching
I Ching (che significa Libro dei
Mutamenti) è uno dei libri più importanti della
letteratura mondiale. Non si conosce l'età in cui fu
scritto (alcuni ritengono nel XII secolo a.C.), inoltre
varie sue parti sono state aggiunte in tempi successivi.
Entrambe le filosofie predominanti in Cina,
Confucianesimo e Taoismo, hanno qui le loro radici
comuni. È un'opera che contiene la saggezza di millenni
e ancora oggi ha una grande importanza.
Il Libro dei Mutamenti fu innanzitutto un libro
oracolare, ma non meno importante è il suo uso come
libro di saggezza. L'oracolo si interroga rivolgendogli
una domanda, e gettando per alcune volte delle monete o
degli steli di millefoglie. Dal risultato ottenuto si
ricavano delle linee, intere, spezzate o mobili, le quali
assieme formano uno dei 64 esagrammi elencati, nei quali
è contenuta la risposta. L'attenzione non è rivolta
alle cose come sono, ma alla tendenza di cambiamento, al
mutamento. Nell'antica Cina non ci si accontentò
semplicemente di conoscere il futuro, ma ci si chiese
anche il comportamento da tenere nelle diverse
situazioni: il libro di divinazione divenne dunque anche
un libro di saggezza. Finché il futuro viene
interpretato come una tendenza, come in movimento,
l'azione dell'uomo può ancora avere una parte
preponderante nella sua determinazione concreta.
È idea fondamentale de I Ching, innanzitutto, il
mutamento e le sue leggi universali. Questo mutamento
dunque non è senza senso, ché non si potrebbe averne
nessuna nozione, ma soggetto alla legge che tutto permea.
Brani dalla prefazione a I Ching di C.G. Jung
[...]
Tra gli studiosi occidentali si è diffusa la tendenza a
liquidare quest'opera come una raccolta di "formule
magiche", per alcuni troppo astrusa per essere
intelligibile, per altri priva di qualsiasi valore. Per
più di trent'anni mi sono interessato a questa tecnica
oracolare, o metodo di esplorazione dell'inconscio,
perché a me sembrava di non comune importanza. Non è
molto facile trovare il giusto accesso a questo monumento
del pensiero cinese, così infinitamente diverso dai
nostri modi di pensare.
Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro
è imperativo buttare a mare certi pregiudizi della
mentalità occidentale. È curioso che un popolo dotato e
intelligente come i cinesi non abbia mai prodotto ciò
che noi chiamiamo "scienza". La nostra
"scienza", però, si basa sul principio di
causalità, e la causalità è considerata verità
assiomatica. Ma un grande cambiamento è ormai avviato.
Gli assiomi della causalità sono scossi nelle loro
fondamenta: ora sappiamo che quello che noi chiamiamo
leggi di natura non sono altro che verità statistiche,
costrette perciò ad ammettere delle eccezioni. Non
abbiamo tenuto abbastanza conto del fatto che, per
dimostrare la validità invariabile delle leggi di
natura, abbiamo bisogno del laboratorio con le sue
incisive restrizioni. Se lasciamo che la natura faccia da
sé, vediamo un quadro ben differente: ogni processo
subisce interferenze parziali o totali ad opera del caso,
e in misura tale che in circostanze naturali un corso di
eventi che si conformi in tutto e per tutto a leggi
specifiche rappresenta quasi un'eccezione.
La mentalità cinese, quale io la vedo all'opera nell'I
Ching, sembra preoccuparsi esclusivamente dell'aspetto
accidentale degli eventi. Ciò che noi chiamiamo
coincidenza sembra essere la cosa della quale questa
peculiare mentalità s'interessa principalmente, mentre
ciò che noi adoriamo come causalità passa quasi
inosservato. Dobbiamo ammettere che qualche cosa si possa
dire in favore dell'immensa importanza del caso. Una
quantità incalcolabile di sforzi umani è rivolta a
combattere e limitare i danni o i rischi rappresentati
dal caso. Spesso le considerazioni teoriche su causa ed
effetto appaiono pallide e polverose a paragone degli
effetti pratici del caso. Va benissimo dire che il
cristallo di quarzo è un prisma esagonale; è proprio
vero - fintanto che si immagina un cristallo ideale. Ma
in natura non si trovano due cristalli esattamente
uguali, benché tutti siano palesemente esagonali. La
forma reale, tuttavia, sembra sollecitare il saggio
cinese ben più di quella ideale. La confusa congerie di
leggi naturali che costituisce la realtà empirica
contiene per lui un significato ben più importante che
non una spiegazione causale di eventi che poi devono di
regola essere separati l'uno dall'altro prima che si
possa discuterne in maniera appropriata.
Il modo in cui l'I Ching tende a considerare la realtà
implica un giudizio poco favorevole per i nostri
procedimenti causalistici. L'istante che sta sotto
osservazione appare all'antica visione cinese più come
un colpo di fortuna che come il risultato ben definito di
catene causali concorrenti. Ciò che interessa sembra
essere la configurazione che gli eventi accidentali
assumono al momento dell'osservazione, e niente affatto
le ragioni ipotetiche che apparentemente rendono conto
della coincidenza. Mentre la mentalità occidentale pone
ogni cura nel vagliare, pesare, scegliere, classificare,
isolare, l'immagine che il cinese si fa del momento
racchiude ogni cosa fino al più minuto e assurdo
particolare, perché l'istante osservato è il totale di
tutti gli ingredienti. Accade così che quando si gettano
le tre monete, questi dettagli casuali entrano nel quadro
dell'istante d'osservazione formandone una parte: una
parte insignificante per noi, eppure colma di significato
per la mentalità cinese. Per noi sarebbe un'affermazione
banale e quasi senza senso (almeno in apparenza) dire che
qualunque cosa avvenga in un dato momento possiede
inevitabilmente la qualità peculiare di quel momento.
Questo non è un argomento astratto, anzi è un argomento
assai pratico. Vi sono certi esperti che all'aspetto,
gusto e comportamento di un vino sanno dedurre il sito
della sua vigna e il suo anno di origine. Vi sono
antiquari ai quali basta un'occhiata per indicare con
un'esattezza quasi stregonesca l'epoca, la provenienza e
l'autore di un oggetto d'arte o di un mobile. Di fronte a
simili fatti bisogna ammettere che i momenti possono
lasciare tracce di lunga durata.
In altre parole, l'inventore dell'I Ching, chiunque sia
stato, era convinto che l'esagramma elaborato in un dato
momento coincideva con questo momento anche nella
qualità, e non soltanto nel tempo. Per lui l'esagramma
era l'esponente del momento in cui si realizzava - più
ancora di quanto potessero esserlo l'ora segnata
dall'orologio o i dati risultanti dal calendario - in
quanto l'esagramma era concepito come un indicatore della
situazione essenziale prevalente al momento della sua
origine.
Questa teoria implica un certo strano principio che io ho
denominato sincronicità, un concetto che formula un
punto di vista diametralmente opposto a quello della
causalità. Quest'ultimo, essendo una verità meramente
statistica e non assoluta, è una specie di ipotesi di
lavoro sul modo in cui gli eventi evolvono l'uno
dall'altro, mentre la sincronicità considera
particolarmente importante la coincidenza degli eventi
nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di
più che il mero caso, e cioè una peculiare
interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come
pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche)
dell'osservatore o degli osservatori.
L'antica mentalità cinese contempla il cosmo in una
maniera paragonabile a quella del fisico moderno, il
quale non può negare che il suo modello del mondo sia
una struttura decisamente psicofisica. L'evento
microfisico include l'osservatore esattamente come la
realtà che forma il sostrato dell'I Ching abbraccia le
condizioni soggettive, ovvero psichiche, nella totalità
della situazione momentanea. Come la causalità descrive
la sequenza degli eventi, così per la mentalità cinese
la sincronicità considera la loro coincidenza.
Orbene, i sessantaquattro esagrammi dell'I Ching sono lo
strumento mediante il quale si può determinare il
significato di sessantaquattro situazioni differenti e
insieme tipiche. Queste interpretazioni sono
l'equivalente delle spiegazioni causali. Il nesso causale
è statisticamente necessario e può quindi essere
sottoposto a esperimento. Poiché le situazioni sono ogni
volta uniche e non possono essere ripetute, sembra
impossibile, in condizioni normali, fare esperimenti con
la sincronicità. Nell'I Ching il solo criterio di
validità della sincronicità è l'opinione
dell'osservatore, per il quale il testo dell'esagramma
corrisponde a una fedele riproduzione del suo stato
psichico. Si presuppone che la caduta delle monete sia
proprio quale deve essere necessariamente in una data
"situazione", in quanto ogni cosa che avviene
in quel momento vi appartiene quale indispensabile
elemento del quadro. Essa forma il disegno caratteristico
di quell'istante. Ma una verità ovvia come questa rivela
la sua natura significativa soltanto nel caso che sia
possibile leggere il disegno e verificarne
l'interpretazione, in parte mediante ciò che
l'osservatore conosce della situazione soggettiva e
oggettiva, in parte mediante il carattere degli eventi
successivi.
L'argomentazione che ho esposto fin qui non si è mai
affacciata, è ovvio, a una mente cinese. Al contrario,
secondo l'antica tradizione, sono delle "entità
spirituali" operanti in modo misterioso quelle che
fanno dare una risposta sensata. Queste entità formano,
per così dire, l'anima vivente del libro. Essendo così
quest'ultimo una sorta di essere animato, la tradizione
vuole che all'I Ching si possano porre delle domande
nella fiducia di ottenerne risposte intelligenti. Le
risposte sensate e piene di significato sono la regola.
Se l'I Ching non è accettato dalla coscienza, almeno
l'incoscio gli va incontro a metà strada, e l'I Ching è
più vicino all'incoscio che non all'atteggiamento
razionale della coscienza.
Devo confessare che durante la stesura della prefazione
non mi ero sentito troppo a mio agio, giacché, per il
mio senso di responsablità verso la scienza, non ho
l'abitudine di asserire qualcosa che non posso provare o
almeno presentare come accettabile alla ragione. È un
compito ingrato, in verità tentare di presentare a un
pubbico moderno e non privo di senso critico una raccolta
di arcaiche "formule magiche" con l'idea di
renderle più o meno accettabili. Io mi sono accinto a
questo compito perché ritengo che nel modo di pensare
degli antichi cinesi vi sia ben più di quanto possa
sembrare a prima vista.
L'I Ching insiste continuamente sull'importanza di
conoscere sé stessi. Il metodo con cui si dovrebbe
arrivare a questa conoscenza si presta ad abusi d'ogni
genere, e non è fatto, quindi, per le persone frivole e
immature; come non è fatto per gli pseudointellettuali e
i razionalisti. È adatto solo per persone ponderate e
riflessive che si soffermano a pensare su ciò che fanno
e sulle esperienze che vivono. Non ho una risposta alla
moltitudine di problemi che sorgono quando cerchiamo di
conciliare l'oracolo dell'I Ching con i nostri canoni
scientifici correnti. Ma - inutile dirlo - tutto ciò che
è "occulto" va lasciato da parte.
L'irrazionale pienezza della vita mi ha insegnato a non
scartare alcunché, nemmeno ciò che va contro tutte le
nostre teorie (così effimere, nel migliore dei casi) o
comunque non ammette spiegazioni immediate. È
inquietante, certo, e non si può mai dire se la bussola
funziona o è impazzita; ma la sicurezza, la certezza e
la quiete non portano mai a nessuna scoperta. Altrettanto
vale per questo metodo cinese di divinazione. È chiaro
che il metodo mira alla conoscenza di sé, sebbene
attraverso i millenni sia stato anche messo al servizio
della superstizione.
È ovvio che io sono profondamente convinto del valore
della conoscenza di sé; ma che senso ha raccomandare
questa conoscenza quando i maggiori saggi di ogni tempo
ne hanno predicato la necessità senza successo? Persino
all'occhio più prevenuto è chiaro che questo libro
rappresenta una sola, lunga esortazione a esaminare con
cura il proprio carattere, il proprio comportamento e le
proprie motivazioni. Questo orientamento ha un forte
richiamo su di me e mi ha indotto ad assumere l'impegno
della prefazione.
Non si possono mettere da parte alla leggera uomini della
statura di Confucio e Lao-tse quando si sia in grado di
apprezzare la qualità del pensiero che essi
rappresentano; e meno ancora si può sorvolare sul fatto
che l'I Ching fu la loro principale fonte d'ispirazione.
Data l'estrema antichità e l'origine cinese dell'I
Ching, non posso considerare anormale il suo linguaggio
arcaico, simbolico e fiorito.
L'antica saggezza dell'Oriente dà la debita importanza
al fatto che l'individuo intelligente chiarisca i propri
pensieri, ma non ne dà nessuna alla maniera in cui lo
fa.
Sembra a me che un lettore non prevenuto dovrebbe ora
essere in condizione di formarsi almeno un'idea
preliminare circa il "funzionamento" dell'I
Ching.
[...]
Zurigo, 1949
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