Conscio del fatto che Mario Ciancio possiede la
maggior parte dei media locali mi sono rivolto al mondo
che dà visibilità a chi non possiede mezzi per
ottenerla: internet. Fornirò quindi unaccurata
selezione di articoli critici i cui contenuti hanno
sorpreso anche me, ma darò in seguito la possibilità ai
protagonisti dell Impero Ciancio di
difendersi da tutte le accuse che gli articoli seguenti
gli muoveranno. Vogliamo in tale sede
ringraziare i siti che ci hanno gentilmente concesso il
materiale ed in particolare le persone fisiche che hanno
reso più agevole il nostro lavoro: Marco Benanti,
giornalista che ci ha fornito moltissimo materiale ed ha
mostrato grande disponibilità e comprensione nei miei
confronti ed il Dott. Domenico Ciancio che ha concesso
molto tempo alla nostra chiacchierata - intervista che
sarebbe poi diventata un punto di nodale importanza in
questo lavoro.
Fornitoci
da Marco Benanti:
UNO
SGUARDO AI MEDIA IN SICILIA E MERIDIONE
IL
CASO CIANCIO (2)
IL
PERSONAGGIO
---------------------------
Mario
Ciancio Sanfilippo è nato a Catania il 29 maggio 1932 è
figlio dell'avvocato Natale, discendente dei Sanfilippo
di Adrano, proprietario terriero, è sposato, da
cinquant'anni, con Valeria Guarnaccia (parentela con l'ex
assessore comunale della giunta Bianco, Antonio, oltre a
legami con un altro ex assessore della
"Primavera" Alba Giardina Sanfilippo), ha
cinque figli, quattro femmine e un maschio, Domenico,
segretario di redazione a "La Sicilia".
Si
è laureato in giurisprudenza nell'anno accademico
1954-55, con una tesi di diritto civile sul diritto
ereditario "Il legato in sostituzione di
legittima": sarebbe potuto divenire un buon
civilista, sotto la guida del padre, titolare di un
avviato studio legale a Catania.
Il
suo hobby? Collezionista d'arte antica. Ufficialmente
proprietario di duecento ettari di agrumi e di aree in
tutta la città di Catania, in particolare nella zona
sud.
E
diventato giornalista professionista, iscritto nel
relativo elenco, dal 1° gennaio del 1957 e direttore de
"La Sicilia" nel 1967, dopo la morte di Antonio
Prestinenza: ha firmato il primo numero il 14 febbraio
1967.
Editore
per tradizione familiare ed asse ereditiero (è nipote
del fondatore de "La Sicilia", l'avv. Domenico
Sanfilippo, a cui è intitolata l'omonima casa editrice),
controlla l'unico quotidiano di Catania (a parte le
piccole edizioni locali de "Il Giornale di
Sicilia" di Palermo e "La Gazzetta del
Sud" di Messina). Ciancio ha partecipazioni
azionarie negli altri due quotidiani citati (8% nel
"Giornale di Sicilia", 15% nella "Gazzetta
del Sud"), possiede le due maggiori emittenti locali
catanesi, che hanno ambito regionale ("Antenna
Sicilia-Teletna" e "Telecolor",
quest'ultima acquisita nella seconda metà degli anni
Novanta), oltre a controllare, insieme alla
"Ses" (Società editrice siciliana) di Nino
Calarco, direttore della "Gazzetta del Sud" e
mediante la presenza della figlia Angela, la
"Rtp" di Messina. Fino al '93, era l'editore
anche dell'unico quotidiano pomeridiano di Catania,
"Espresso Sera", chiuso dopo anni di bilanci in
rosso.
Ciancio
è vicepresidente, confermato lo scorso anno,
dell'agenzia Ansa, il cui ufficio catanese è ospitato
dentro lo stabilimento de "La Sicilia" di viale
Odorico da Pordenone, ha forti partecipazioni in
"Mtv" (alleanza con C.Romiti), controlla
"Radio Sis" e condiziona anche altre emittenti
locali come il caso di "Rete 8-Telejonica". La
sua influenza è arrivata fino in Puglia, dove controlla
il giornale "La Gazzetta del Mezzogiorno".
Marco
Benanti
UNO
SGUARDO AI MEDIA IN SICILIA E MERIDIONE
IL
CASO CIANCIO: UN IMPERO IN CRISI?
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Una
volta disse: "questa è la redazione più pacifica
del mondo". Poche parole, come è suo stile, tanto
simbolismo, in ossequio ad un certo modo di essere
siciliani e soprattutto tanto potere, mai mostrato
apertamente, mai ostentato, come sempre accade quando il
potere è reale.
Sull'editore-direttore
Mario Ciancio Sanfilippo si moltiplicano le
"leggende", raramente fatti precisi, concreti:
un'altra dimostrazione di potere. C'è chi lo vuole al
centro di tutte le vicende che contano in Sicilia, c'è
chi lo indica come referente del sistema che governava
l'Isola ieri e la governa oggi, c'è chi ne sussurra
particolari inconfessabili, storie dove gli intrecci del
potere reale italiano, non esclusa la mafia come sistema
di potere, la fanno da padrone.
Lui,
sicuramente, è un padrone, uno di quelli veri,
dell'editoria sotto Roma, con collegamenti stabili anche
oltre, non fosse altro per essere diventato anche
presidente nazionale della Federazione Italiana Editori
(Fieg). Un "impero", quindi, apparentemente
saldo, per molti intoccabile, nella peggiore tradizione
italiana dei monopolisti per "stile" politico e
comportamenti quotidiani. Eppure qualche segnale di crisi
viene fuori: nessuno lo dice, ma il tempo passa anche per
Ciancio e il suo "impero". Prima l'arrivo,
all'insediarsi a Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi,
sulla poltrona di presidente della Fieg, al suo posto, di
Luca Di Montezemolo, poi una serie di fattori che
potrebbero far presagire una crisi.
Da
anni, ormai, il suo "gioiello", il quotidiano
"La Sicilia" di Catania vive una stagione di
stagnazione su più livelli. Prima la perdita progressiva
di lettori, con un calo di vendite che prosegue da anni
rispetto agli "anni ruggenti", malgrado
iniziative editoriali di supporto, come taluni inserti
settimanali, poi i problemi -tutti però da verificare
concretamente- del mercato pubblicitario e infine una
redazione mai rinnovata davvero nei suoi elementi. Da
mesi si susseguono i "boatos" da viale Odorico
da Pordenone, sede de "La Sicilia", di
"Antenna Sicilia-Teletna" e dell'ufficio
catanese dell'agenzia "Ansa": lo scorso anno,
si parlò addirittura di possibile cassa integrazione. Da
molti anni, il tam-tam dell'ambiente giornalistico parla
di riduzione dei costi, di possibili "tagli",
la cui eventualità ha riguardato anche l'
"Ansa", di cui Ciancio è vicepresidente, di
difficoltà in serie, fino a possibili prepensionamenti
per i giornalisti. Di fatto, chi legge ogni giorno il
"giornale" di Catania, chi è abituato a capire
cosa avviene dietro le apparenze, si è accorto di un
abbassamento ulteriore della qualità del prodotto
finale: molti comunicati stampa pressoché copiati, molti
"sunti" di agenzia e "pastoni", cioè
riepiloghi. Sullo sfondo, poi, una realtà: molto lavoro
fatto per telefono, sempre più rade le presenze sul
campo. Arriveranno presto i licenziamenti? Nessuna
conferma, nessuno lo dice apertamente, ma la realtà
indica che le proposte che arrivano dalla direzione per
chi, naturalmente facente parte della "corte",
chiede un posto di lavoro sono nella migliore delle
ipotesi quello di un trasferimento in una redazione di
un'altra provincia siciliana o addirittura a Bari, dove
Ciancio controlla "La Gazzetta del
Mezzogiorno". (prosegue in "cianciobis")
Marco
Benanti
Da www.ildito.it le parole
di Fava su Ciancio, segnalateci da Marco Benanti
[
]Per quel che
riguarda le politiche culturali proprio le Ciminiere sono
la testimonianza di una scelta miope e sbagliata.
Potevano essere una risorsa per il territorio, sono state
solo
occasione di "regalo agli amici" o fiere e
manifestazioni al di fuori di una politica complessiva.
Ora si vogliono privatizzare, ma io non sono d'accordo.
E' perdente una politica culturale che guardi solo ai
soldi senza pensare agli investimenti nel patrimonio del
sapere e della conoscenza. Così come mi pare assurdo che
si regali l'uso di una parte della struttura a Ciancio,
per trasmettere un programma, Insieme, senza chiedere un
adeguato ritorno economico. Al posto di un museo della
guerra, o dello sbarco, ci vorrebbe un vero museo della
memoria"[
]
Da
http://www.flipnews.org/bollettino/uno_sguardo_ai_media_in_sicilia_.htm
qui, il giornale La
Sicilia del presidente uscente della Fieg, Mario
Ciancio Sanfilippo, non è solo, infatti,
lespressione di un monopolio privato, che va dalla
stampa quotidiana allemittenza televisiva, passando
per radio e prodotti internet, ma soprattutto è asse
portante di trasversali intrecci politici, economici,
sociali, in una realtà dove comanda la mafia come
sistema di potere e di vita.
Le più rilevanti operazioni che riguardano la città e
il suo futuro trovano cassa di risonanza nel quotidiano
locale, capace di inglobare in sé tutto larco
delle forze politiche, economiche e sociali,
allinterno di un paravento che è però, spesso,
una mera rappresentazione formale di democrazia.
Nei fatti, la storia di Catania è la storia dei silenzi
interessati del suo establishment, delle sue omissioni,
delle sue mistificazioni puntualmente accolte nel
quotidiano di Ciancio, soprattutto sulle mille devianze
della politica e sullincombenza di piombo della
mafia; Ciancio peraltro è erede di una delle massime
espressione del potere degli agrari e suo portavoce per
decenni.
Quello dellinformazione locale è, pertanto, solo
un capitolo della storia di una città alle prese con
contraddizioni: quello dei media è infatti un sistema
che contribuisce a frenare il ricambio politico-sociale
in tutta lIsola. Qualunque iniziativa deve,
infatti, passare dal gruppo
Ciancio, che opera in sostanza da filtro di tutto
quanto accada in una provincia e in grande parte del
Mezzogiorno, quando non agisce -naturalmente- a tutela
diretta dei propri interessi. Ultimo esempio, ma solo in
ordine cronologico, la vicenda del procedimento penale
sulla realizzazione del secondo lotto dellospedale
Garibaldi di Catania, in cui è indagato il
braccio destro di Ciancio, ling. Giuseppe Ursino,
per il quale è già stato chiesto il rinvio a
giudizio.
Il giornale e il resto dei media del Gruppo
Ciancio hanno silenziato la notizia,
anello importante per capire la vicenda
denominata Caso Catania, che ha coinvolto
pesantemente la Procura, altro snodo essenziale per
capire limpunità del sistema di potere catanese e
isolano.
Plateali poi sono le interferenze fra mondo della
pubblica e presunto mondo dellinformazione: Comune,
Provincia, Asl, grande distribuzione, grossi teatri, come
lo Stabile, di fatto appaltano, da sempre, la loro
pubblicità a La Sicilia, con le ovvie
conseguenze sulla posizione del giornale, sulla forma e
sul contenuto con cui sono confezionate le relative
notizie.
Il riferimento, comunque, è ai media in generale, dalla
carta stampata, alla televisione, alla radio, un intero
comparto egemonizzato da Mario Ciancio, divenuto
dominus anche nel settore della raccolta
pubblicitaria (il riferimento è alla Publikompass) con
unoperazione di accaparramento che è letale per
chi vuole creare nuovi ambiti di partecipazione. Non a
caso, molte esperienze nate in questi anni nella nostra
provincia hanno dovuto fare i conti con questa condizione
generale.
Mario Ciancio, editore per tradizione familiare ed asse
ereditario (è nipote del fondatore de La
Sicilia Domenico Sanfilippo, a cui è intitolata
lomonima casa editrice), controlla lunico
quotidiano locale (a parte le piccole edizioni locali de
Il Giornale di Sicilia di Palermo e La
Gazzetta del Sud di Messina).Inoltre ha
partecipazioni azionarie negli altri due quotidiani
citati (8% nel Giornale di Sicilia, 15% nella
Gazzetta del Sud), possiede le due maggiori
emittenti locali catanesi, che hanno ambito regionale
(Antenna Sicilia-Teletna e Telecolor),
in aggiunta a Telecatania, oltre a
controllare, insieme alla Ses (Società
editrice siciliana) di Nino Calarco, direttore della
Gazzetta del Sud e mediante la presenza della
figlia Angela, la Rtp di Messina,;è
vicepresidente dellagenzia Ansa, il cui ufficio
catanese è ospitato dentro lo stabilimento de La
Sicilia di viale Odorico da Pordenone, ha forti
partecipazioni in Mtv, possiede Radio
Sis etnea e condiziona anche altre emittenti locali
come il caso di Rete 8-Telejonica di Catania.
Linfluenza di Ciancio è arrivata fino in Puglia,
dove controlla il giornale La Gazzetta del
Mezzogiorno per la quale ha ricevuto di recente una
proposta di vendita, per sessanta milioni di euro, da
parte del gruppo Caltagirone.
Negli ultimi mesi, però, alcune segnali negativi
arrivano da questo impero: prima lincapacità di
bloccare notizie che lo riguardano su alcune
pubblicazioni nazionali, poi le voci sempre più
ricorrenti di tagli ai costi, in particolare per quanto
riguarda lemittente Telecolor, dove la
redazione vive dellapporto fondamentale di giovani
con contratti a termine.
In questo quadro, molte iniziative editoriali sono
riuscite appena a sopravvivere , altre sono affondate,
sommerse, oltre che dai debiti, dallindifferenza
della classe politica e della cosiddetta società civile
, che, al di là dei rituali attestati di solidarietà,
nulla di concreto ha fatto per rilanciare forme di
pluralismo nellinformazione a garanzia della
nascita di nuove opportunità di partecipazione. Anche in
questa occasione, quindi, Catania si è confermata città
dove il potere ha un solo volto, quello
consociativo, che si esprime anche nel mercato
delle assunzioni secondo i vecchi e abituali, in
Italia, sistemi corporativi-clientelari.
Il nodo informazione è, quindi, irrisolto, con
devastanti conseguenze: Catania può così essere l
Etna Valley della propaganda della passata
amministrazione di centro-sinistra e contemporaneamente
ospitare uno dei massimi latifondi editoriali
italiani, a dispetto delle minime regole del mercato e
dei diritti sindacali.
Nel dettaglio, così come accade a Palermo con Il
Giornale di Sicilia e a Messina con La
Gazzetta del Sud, La Sicilia ha un
direttore che è anche un editore. Mario Ciancio, quindi,
incarna una duplice veste che è una contraddizione in
termini per ogni discorso su libertà di stampa. I
termini della questione sono però molto più gravi:
Ciancio è allo stesso tempo vicepresidente
dellAnsa, la terza agenzia di informazione del
mondo e snodo centrale dellinformazione siciliana,
dove operano persone di sua assoluta fiducia, oltre ad
avere interessi fondiari, imprenditoriali e pubblicitari
che si intersecano in modo allarmante con la vita
politica di Catania e della Sicilia intera.
Da
www.girodivite.it
Riccardo
Orioles, Tanto
per abbaiare n. 108
Informazione
1. Piazza Stesicoro e' il cuore del centro storico
catanese. Comprende quattro edicole, piu' una quinta a
una ventina di metri. Tutt'e cinque le edicole espongono
un solo quotidiano, che e' "La Sicilia"
dell'editore Mario Ciancio, che ha il monopolio della
carta stampata a Catania. Tutti gli altri quotidiani non
vengono
esposti, ma semplicemente forniti a richiesta, a
eccezione di
"Repubblica". Quest'ultima non solo non viene
esposta, ma non viene neanche fornita integralmente. Per
un accordo fra editori, infatti, il dorso con le cronache
regionali di "Repubblica" viene diffuso in
tutta la Sicilia ma non a Catania: e cio' allo scopo di
evitare danni alla diffusione de "La Sicilia"
che e' sostenuta principalmente dalle cronache locali.
Ibidem
riccardo Orioles:
Mario
Ciancio, presidente degli editori italiani e proprietario
di quasi tutti i quotidiani a sud di Napoli, e' inoltre
proprietario di sei emittenti televisive regionali. Di
esse, due - TeleEtna e Antenna Sicilia - sono intestate
direttamente a suo nome, due alla moglie e le ultime due
alla figlia. La legge Mammi', che disciplina
l'assegnazione delle emittenze, vieta infatti (articolo
15: "divieto di posizioni dominanti") il
possesso di piu' di due emittenti agli editori di
giornali quotidiani.
Del giornale capofila di Ciancio, "La Sicilia",
a Catania si ricorda che rifiuto' di pubblicare il
necrologio del commissario Montana proposto dalla
famiglia nell'anniversario della morte.
Da http://spazioinwind.libero.it/barberold/archivio/archpezzi/ciancio.html
Le interviste del
Barbiere. Il presidente Fieg
Mario Ciancio Sanfilippo
"Il
contratto? E molto, molto lontano
28 MAGGIO 2000 -
Il regno di Mario Ciancio Sanfilippo viene
annunciato da un poderoso pezzo orchestrale con i fiati,
gli ottoni e tutto il resto, che poi sfuma nel messaggio
telefonico di benvenuto: Qui è La Sicilia,
TeleEtna e Antenna Sicilia..., e prima ancora che
lelenco finisca, il Barbiere della Sera entra in
contatto con lui, il padre padrone del quotidiano
catanese (direttore responsabile e proprietario)
nonche il presidente della Fieg, la federazione
nazionale degli editori italiani. Il nemico, insomma.
Presidente, non la imbarazza il fatto che
Alberto Donati, capo della delegazione Fieg che conduce
le trattative per il contratto abbia problemi giudiziari
e la finanza in ufficio?
Niente affatto
Era corsa voce che lei lo volesse sostituire
Nemmeno per sogno!. E bravissimo.
Il migliore di noi in quella funzione.
Ce lo date o no questo contratto?
Lo vedo ancora lontano, molto lontano. E
ho limpressione che se la Federazione della Stampa
continuera a usare le corna e a caricare a testa
bassa, per riprendere limmagine di Paolo Srventi
Longhi nella sua intervista al Barbiere, si
scornera.
La Fnsi chiede che linformazione su
Internet venga affidata a giornalisti con il loro
contratto. Non le sembra giusto? Non e questa una
garanzia anche per chi riceve le notizie?
Il mondo cambia, non si puo fare
finta di essere rimasti a ventanni fa. Quello che
andava bene allora non puo piu funzionare
oggi. Gli editori agiscono ormai in una realta
multimediale, profondamente influenzata dalla rivoluzione
delle nuove tecnologie. E naturale pretendere una
magggiore liberta aziendale.
Ma fate i duri proprio adesso che il settore
scoppia di salute? Volete stravincere, allora.
Piano, piano, non esageriamo con questo
stato di salute. Si, certo, la pubblicita
sembra crescere al ritmo del 15 per cento allanno,
piu del tasso di inflazione. Ma levento
puo essere straordinario. Non ce da
farci troppo affidamento. La new economy ci
consiglia di esser cauti. Potremmo accorgerci di vivere
in una bolla pronta a esplodere da un momento
allaltro.
Che si fa di questi contratti online?
Ricordo, tanti anni fa, che il sindacato
dei giornalisti voleva estendere il suo contratto a tutte
le televisioni private. Come fini? Con la stipula,
invece, di un contratto diverso tipo, quello
Frt. In molti ani ne ho visti tanti di
scioperi come quello di sabato. E quanta gente che era
partita avanti...
I giornalisti autonomi, i free
lance, sono spesso pagati con grave ritardo.
Quando sento parlare di gente non
retribuita dopo sei mesi o piu, io dico che mi
sembra incredibile. Qualsiasi editore serio deve pagare
entro tre mesi al massimo. Quegli altri, se ci sono, non
mi sento di rappresentarli.
E questa idea dei redattori capo a tempo
determinato non le sembra pericolosa?
Assolutamente no. Quelli bravi non hanno
nulla da temere. Verranno confermati. Quanto agli altri,
che ce di male ad ammettere che aveva
sbagliato lavoro e a tornare redattori?.
Ma così faranno carriera solo gli yes-men.
Gia oggi, nelle redazioni, la circolazione delle
idee e delle opinioni e bloccata. Il risultato
e lappiattimento, che e sotto gli occhi
di tutti.
I giornali italiani non sono appiattiti,
altrimenti i lettori non li seguirebbero. Guardiamo per
esempio come sta andando bene un quotidiano come Il
Giornale di Paolo Berlusconi. E il direttore
il personaggio chiave per fare un buon prodotto. E
lui che ha in mano il potere.
Ma il direttore e sempre piu
ostaggio di interessi politici e economici.
Non sono daccordo e comunque non
lo dica a me. Io sono un direttore e difendo la
categoria.
Insomma, presidente, questo contratto non
arrivera mai?
Ma no... un punto di accordo prima o poi
lo troveremo di certo.
Il Conte dAlmaviva
Da www.itacanews.org
«Prossima
apertura, primavera 2003»: così almeno
promette il sito dellhotel Villa San Pietro. Lo sta
costruendo a Taormina la Società G.I.S.A.
S.p.A., della quale fanno parte Mario
Ciancio, il proprietario del giornale La
Sicilia, e Sebastiano De Luca, il
presidente dellUnione Regionale Albergatori
Siciliani. Dieci piani ordinati di impietoso cemento
armato sui resti di una palazzina degli anni 30,
accanto a balconcini di gerani e ville inizio secolo,
senza che Comune di Taormina, Regione siciliana e
Sovrintendenza ai Beni culturali di Messina abbiano fatto
una piega. Ma così non sembrava quando nel 1997 gli
stessi organi avevano posto un vincolo di
inedificabilità assoluta sulla zona dove sta sorgendo
lalbergo: la panoramica Via Pirandello che
congiunge Taormina a Giardini Naxos, catalogata come zona
B7, per la quale vigeva uno stretto limite di
edificabilità pari a 0.01 metri cubi per metro quadrato.
Nel marzo 2002, il Consiglio comunale di Taormina
con il bene placito degli altri organi competenti
ha approvato una delibera (sollecitata dal sindaco
Bolognari, lo stesso che cinque anni prima aveva posto i
vincoli di edificabilità) che estende per le strutture
alberghiere il limite a 5 metri cubi per metro
quadrato, favorendo di fatto la G.I.S.A. e
investendo potenzialmente Taormina con un fiume di
cemento armato. Basti pensare che la densità media in
quartieri residenziali come Librino o Trappeto nord non
supera i 3 metri cubi per metro quadrato. Non sono
serviti a nulla i ricorsi presentati da due albergatori e
dal proprietario di una villa vicina allhotel in
costruzione. Sono passate nel silenzio le irregolarità
nellesecuzione del progetto che doveva limitarsi
alla ristrutturazione del vecchio edificio, ma che in
realtà comporta la realizzazione di una struttura quasi
il triplo di quella già esistente, per altro già
completamente abbattuta. I lavori, in un primo momento
sospesi dal Tar di Catania, da poco tempo sono ripresi
alacremente. Sembra che lavorino anche la notte, per
mantenere la promessa, o per certi versi la minaccia, di
aprire lalbergo entro la prossima primavera. E
sulla scia del Villa San Pietro, con questa deroga ai
vincoli urbanistici altri immobili della Via Pirandello
presto si trasformeranno in enormi blocchi di cemento
armato: la Villa Nelson, la pensione Bel Soggiorno (che
ha già presentato una progetto di ristrutturazione) o
lex casinò del commendatore Guarnaschelli, Villa
Mon Repos, acquistata allasta per 2,5 milioni di
euro.
Ma Taormina non è un caso isolato.
Nella parte occidentale dellisola cè perfino
un depliant a garantire la presenza di un hotel «a soli
20 metri dalla spiaggia» di Capo Rossello,
vicino al paese di Realmonte,
provincia di Agrigento. Una concessione edilizia, come
risulta dalle indagini in corso, rilasciata in assenza
del nulla osta della Sovrintendenza, necessario per le
zone con regime di vincoli edilizi. Lalbergo è
stato realizzato dalla cooperativa Nautisud,
grazie a mutui agevolati dellIrcac, con
lobiettivo di favorire loccupazione. Poco
più di sei miliardi di lire, ottenuti con le garanzie
economiche di unaltra società: la H&C
dei fratelli Fabio e Giacomo
Hopps di Marsala e dei fratelli Silvio,
Giuseppe e Totò Cuffaro
(il presidente della Regione) di Palermo. La magistratura
sta indagando anche sui tempi di costruzione
dellhotel, rispetto alla data del rilascio della
concessione edilizia che risale al 1984. Per legge i
lavori devono iniziare non più tardi di un anno dopo la
concessione e concludersi entro i due anni successivi, ma
dagli atti comunali risulta che lalbergo è stato
completato soltanto lanno scorso. Quasi dieci anni
dopo il rilascio della concessione.
Se poi a questi esempi di abusivismo accostiamo il
disegno di legge regionale sulla sanatoria delle coste
siciliane, otteniamo il quadro completo della situazione.
Come vi abbiamo raccontato in un precedente articolo, la
legge proposta dallassessore Bartolo
Pellegrino prevede la cancellazione del
vincolo di inedificabilità assoluta entro i 150 metri
dalla battigia, la privatizzazione di alcune aree
demaniali e la nascita di strutture alberghiere sulla
costa come mezzo di rilancio turistico dellisola.
Peccato che a credere in un rilancio del turismo
siciliano ricorrendo al cemento armato siano rimasti in
pochi: Cuffaro, Pellegrino e qualche speculatore
edilizio. Per fortuna ci restano le raffinerie di Gela,
no?
Da http://www.claudiofava.it/siciliani/memoria/info/info08.htm
da
"I Siciliani nuovi", febbraio 1994
Prima avevano comprato le nuove sedi: a Catania un
palazzo di tre piani e a Palermo un locale di settecento
metri quadri. Poi avevano addirittura installato il Beta,
un moderno e costoso sistema di diffusione delle
immagini. Avevano pensato a tutto, insomma, negli uffici
dei Rendo, per fare in modo che Telecolor-Videotre
diventasse la prima emittente siciliana. Poi,
all'improvviso, s'è scoperto che c'era crisi: e quaranta
dipendenti si sono trovati da un giorno all'altro a un
passo dal licenziamento. Un cambio di rotta improvviso,
inspiegabile. Che non può essere letto, semplicemente,
come la crisi di un azienda, la spiacevole conseguenza
del dissolversi dell'impero dei Rendo, dopo le notti
passate in galera e le prime sentenze di condanna. Che
arriva nel momento in cui - mentre i giornali perdono
lettori e pubblicità - proprio le televisioni sembrano
diventate il nuovo business. Un cambio di rotta che forse
è solo uno dei tanti tasselli, dei tanti fatti, a volte
strani e a volte contraddittori, che sembrano comporre,
nel panorama dell'informazione siciliana, un unico
disegno: con i vecchi padroni dell'inchiostro che stanno
puntando, verosimilmente, a diventare anche i padroni
incontrastati dell'etere.
Partiamo, per esempio, da Mario Ciancio: editore,
direttore e padrone assoluto del giornale "La
Sicilia". Ad ottobre dell'anno scorso, l'editore
annuncia ai redattori del suo quotidiano che la crisi è
diventata insostenibile, che è il momento di tirare la
cinghia, che è finito il tempo dei lussi e dei
privilegi. Ha gioco facile Ciancio: le cifre gli danno
ragione, e gli consentono di togliere settecentomila lire
al mese dallo stipendio dei suoi redattori. Ma la crisi,
nel palazzo di viale Odorico da Pordenone, riesce a
salire solo due piani. Al terzo ci sono gli studi di
Antenna Sicilia e Teletna, le due emittenti di punta
dell'editore. E bastano venti scalini per fare cambiare
l'aria: lassù niente tagli in vista, nessun sacrificio,
anzi: tutto fa pensare ad un florido periodo di
espansione. Sta per essere rinnovata la struttura
tecnica, alla fine di gennaio è iniziato un nuovo talk
show condotto da Pino Caruso e pensato come un ponte tra
Catania e Palermo. Un segno fin troppo chiaro, insomma,
che Teletna punta a diventare una tv regionale.
Due piani, due facce dello stesso editore. Il Ciancio che
piange miseria e batte cassa per il suo quotidiano; e il
Ciancio che diventa un dinamico imprenditore in ogni
parte della Sicilia, pronto a comprare e a mettere
capitali. Nelle televisioni. E' stato proprio Ciancio a
cercare per telefono, a Trapani, Beppe Bologna, il
proprietario di Telescirocco, la quinta emittente
dell'isola e una delle più importanti della Sicilia
occidentale. Si sa che Ciancio è interessato
all'acquisto dell'emittente, che Bologna ha fatto un
prezzo troppo alto, e che i due non si sono ancora messi
d'accordo. Si conosce anche la storia di Telescirocco,
una storia in qualche modo simile a quella di Telecolor.
Un paio di anni fa l'emittente trapanese aveva comprato
una sede nuova a Palermo, trasferendo nel capoluogo la
direzione della testata. Poi, improvvisamente, tre mesi
fa, l'imprevisto e repentino dietrofront: Bologna
riunisce i redattori e annuncia inevitabili
ridimensionamenti. Alla fine a Palermo rimane un solo
giornalista, e la televisione si ritira mestamente a
Trapani. Anche qui, come a Telecolor, si tratta, in
apparenza, della storia ordinaria di una crisi aziendale.
Due vicende che scorrono in parallelo; segnate anche da
singolari coincidenze, perfino nelle date. Due destini
identici anche nelle contraddizioni. Beppe Bologna
lamenta la crisi, eppure riesce a rilevare la proprietà
del periodico trapanese "Monitor". A Telecolor
quattordici ragazzi - entrati con contratti di formazione
- vengono regolarmente assunti all'inizio di quest'anno,
dieci giorni prima che la proprietà avvii le procedure
di mobilità per quaranta persone (per la cronaca, dai
primi di febbraio tutti i dipendenti di Telecolor hanno
ottenuto un contratto di solidarietà). Al momento,
l'unico risultato della crisi è la riduzione della
presenza dell'emittente a Palermo. Proprio come per
Telescirocco, che Ciancio, a quanto pare, intende ancora
acquistare.
Immaginiamo, dunque, una partita di risiko. Ciancio vuole
mettere i suoi carrarmati un po' dovunque; il suo
probabile obiettivo è la conquista di Palermo. Un
obiettivo che nei fatti si è già realizzato
pacificamente, senza troppe difficoltà. Della
smobilitazione di Telescirocco e Telecolor si è già
detto; d'altra parte il patto di ferro tra l'editore
catanese e la sua fotocopia palermitana, quell'Antonio
Ardizzone che è padrone e direttore del Giornale di
Sicilia, oggi si è fatto ancora più saldo. Già da un
paio d'anni Teletna scambia i propri servizi con Tgs, la
televisione di Ardizzone, e i due editori, insieme, sono
proprietari di Retesicilia. Da gennaio, intanto, nella
raccolta pubblicitaria per il Giornale di Sicilia la
Publikompass è subentrata alla Spe; e quest'ultima ha
ceduto la sua parte di azioni di Tgs. Secondo i
beneinformati, le quote sarebbero finite proprio nelle
mani di Ciancio.
Lo stesso Ciancio, che possiede anche Telecatania e una
quota consistente di Rtp (la principale emittente
messinese) sarebbe ancora, secondo il mensile "Prima
comunicazione", interessato all'acquisto di
Telejonica, una tv catanese di proprietà del gruppo
Costanzo, che negli ultimi tempi ha potenziato strutture
e redazione.
A dieci anni di distanza, è una storia che si ripete.
Nell'81 Mario Ciancio si era messo in testa di diventare
il primo editore in Sicilia e aveva comprato l'otto per
cento delle azioni del Giornale di Sicilia. Altrettante,
nello stesso periodo, ne avevano comprate i Costanzo, di
cui l'editore de "La Sicilia", notoriamente, è
buon amico; anche se - a suo dire - quell'acquisto
contemporaneo sarebbe stato solo una coincidenza. Nell'84
Ciancio tenta anche la scalata alla Gazzetta del Sud,
acquistando il quindici per cento delle azioni della
Editrice siciliana, proprietaria della testata.
L'operazione non riesce e dopo un aspro scontro con
Uberto Bonino - il fondatore della Gazzetta, scomparso
nell'88 - si arriva perfino in tribunale. Riesce invece
l'accordo con il gruppo Caracciolo: Ciancio, mettendo a
disposizione le sue macchine per la stampa di
"Repubblica", ottiene in cambio che il giornale
di Scalfari non apra nessuna redazione in Sicilia. Un
accordo decennale che, adesso, sta per scadere. Ma che
potrebbe essere rinnovato: Ciancio sta potenziando il suo
centro stampa, ed ha acquistato una nuova rotativa che
consentirà al quotidiano romano di stampare anche a
colori.
Garantita l'assenza di giornali nazionali i tre maggiori
quotidiani si sono così divisi, indisturbati, l'intero
mercato siciliano. Alla fine degli anni Ottanta hanno
pure deciso di uscire dalle loro roccaforti e aprire
nuove redazioni locali. Ma tutti d'accordo a non pestarsi
i piedi: le nuove pagine locali servivano sostanzialmente
a rastrellare pubblicità, e la concorrenza è rimasta
solo una verità di facciata. Adesso, però, i giornali
continuano a perdere lettori e pubblicità, e in un paio
d'anni, per attirare gli inserzionisti, hanno dovuto
dimezzare il costo di una pagina pubblicitaria. La
vicenda de "La Sicilia", a questo punto,
potrebbe fare scuola. Il primo passo è stato il taglio
degli stipendi; il successivo - secondo voci più volte
sussurrate, e altrettante smentite - potrebbe essere
proprio il ritiro di ciascuno dei giornali nelle proprie
zone d'origine, e la chiusura delle redazioni esterne.
E allora, mentre cercano di resistere nella carta
stampata, gli editori decidono di puntare tutto sulle
televisioni. E cercano di farlo al più presto, prima che
qualcuno possa controllarli. Il Comitato regionale per il
servizio radiotelevisivo - l'organismo previsto dalla
Regione per vigilare sulle frequenze televisive -
dovrebbe esserci da più di un anno, ma non è stato
ancora costituito. Le graduatorie per la nomina degli
undici componenti sono state aperte una prima volta, poi
definite, quindi riaperte ancora. Si aspetta.
I padroni dell'inchiostro, loro, no: non aspettano.
L'occupazione dell'etere procede, come si dice, a tappe
forzate. Un'altra società di Ciancio, la "Sicilia
iniziative speciali srl" - che ha un capitale di
soli venti milioni: il minimo consentito - è arrivata a
possedere addirittura otto frequenze. Troppe perfino per
la legge Mammì, tanto che un paio le ha dovute cedere a
due società; facenti capo entrambe al gruppo Fininvest
di Silvio Berlusconi.
E adesso, gentili telespettatori, trasmettiamo in diretta
le nostre scuse al signor Ercolano. Erroneamente il
signor Ercolano, dai Tg di ieri, è stato da noi indicato
come boss mafioso. Trattasi invece - come egli stesso ci
ha spiegato in una cortese visita in redazione - di un
libero cittadino che esercita un'attività
imprenditoriale». Ovviamente quest'annuncio non è mai
stato trasmesso da alcuna televisione siciliana: è pura
e semplice fantascienza. Quello che, invece, è accaduto
in realtà (o quantomeno è accaduto secondo i magistrati
catanesi, che ne riferiscono nella recente ordinanza
"Orsa Maggiore") è «che Ercolano Giuseppe,
cognato di Nitto Santapaola e padre di Aldo, abbia
"richiesto" al direttore di un giornale locale
di contestare, in sua presenza, ad una giornalista dello
stesso giornale il contenuto di un articolo pubblicato
qualche giorno prima. Orbene, in presenza dell'Ercolano,
il direttore del giornale contestava alla giornalista il
tono non "imparziale" del suo articolo ed
invitava la medesima, per il futuro, a non attribuire
l'appellativo di "boss mafioso" all'Ercolano e
agli altri componenti della sua famiglia, anche se tali
affermazioni provenissero da fonti della Polizia o dei
Carabinieri». Quel direttore locale di cui parlano i
magistrati era Ciancio che, dalle pagine del suo
giornale, ha in effetti precisato diversi particolari
dell'incontro; ha smentito tutto quel che c'era da
smentire, tranne il fatto che la visita c'è stata, e che
lui ha tranquillamente ricevuto un tizio che, due giorni
prima, i suoi cronisti avevano descritto come boss
mafioso.
E anche questi, in Sicilia, sono i padroni
dell'inchiostro.
Vincenzo
Adornetto
Riccardo Bruno
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