abbiamo 48
ore per fermare la sua condanna a morte.
Questo è un appello per la
liberazione di Amir, promosso dal Centro delle Culture.
Lunedì 4 settembre Amir K. cittadino pakistano residente
da oltre 2 anni ad Arezzo, é stato fermato per
accertamenti e dopo una giornata di interrogatori, è
stato portato nel Centro di Permanenza Temporanea di via
Corelli a Milano con un decreto di espulsione.
Amir è un ragazzo di 23 anni che da quando è in Italia
è impegnato attivamente come volontario in iniziative
non violente, contro la discriminazione e per
lapertura al dialogo tra le culture e le religioni
(corsi di lingua per immigrati, campagna nazionale per il
dialogo tra le religioni, raccolta firme per adibire aree
di sepoltura ad ogni credo, promotore di un mensile
multietnico, etc.).
Non essendo rientrato in nessuna sanatoria né decreto
flussi, la sua attuale situazione è di clandestino.
Amir ha dovuto lasciare il proprio paese per motivi
religiosi: appartiene ad una minoranza sciita e per
questo è stato perseguitato e minacciato di morte
(esiste unaccurata documentazione della sua
situazione); solo nellultimo periodo, nella sua
città, sono state uccise 41 persone per lo stesso
motivo, quindi rimpatriarlo adesso significa condannarlo
a morte.
Ci appelliamo allart.10 della costituzione e
chiediamo allo Stato italiano di dargli asilo politico
per motivi religiosi.
Già oggi molti cittadini italiani amici di Amir stanno
raccogliendo e sottoscrivendo migliaia di richieste per
il suo asilo politico, per questo è attivo un sito su
cui sottoscrivere ed aderire alliniziativa:
www.c234.net/petizioni/amir
Venerdì 8 settembre alle ore
17,00 si terrà una manifestazione davanti al CPT di via
Corelli a Milano, per dare forza a questo appello.
Invitiamo tutti i singoli cittadini, le comunità
culturali e religiose, le associazioni, i partiti a
partecipare e a non appoggiare la sua CONDANNA A MORTE!
Per informazioni: Niccolò Paoli Niccolò
Paoli
www.c234.net/petizioni/amir
Breve storia
di Amir
Amir Karrar, nasce a Sheikhopura, Punjab
(Pakistan) il 10 Aprile 1984. Qui vive con altri due
fratelli, la madre casalinga e il padre impiegato come
commissario di polizia. La famiglia di religione Sciita,
frequenta insieme a lui, fin da piccolo il gruppo Shia
Markiz, unassociazione religiosa e culturale.
Crescendo e acquistando coscienza viene edotto della
storia che appartiene alla religione musulmana e che vede
divisi da sempre Sciiti e Sunniti. Storia che purtroppo
continua anche oggi a registrare atti di violenza e di
discriminazione religiosa e sociale da parte di gruppi
attivisti Sunniti nei confronti degli antagonisti storici
gli Sciiti. Amir passa quindi la sua infanzia in un clima
di tensione continua e di necessità di difesa per la
situazione che lo lega alle sue origini famigliari
religiose. Nel 1996, durante una festa religiosa nella
Città di Imam Barga, alla quale partecipava con tutti i
suoi parenti e amici, irrompono attivisti Sunniti, che
aggrediscono i partecipanti ferendo molte persone,
compreso Amir, che viene ricoverato in gravi condizioni
allospedale di zona. Quando si iscrive
allUniversità nella città di Lahore, continua la
sua frequentazione in Shia Markiz, fino a diventarne
segretario generale incrementando la sua attività
allinterno delluniversità. La carica assunta
fa aumentare nei sui confronti minacce violente da parte
di sette attiviste di religione Sunnita. Nel Marzo del
2001, fazioni estremiste dei Sunniti con atti di puro
terrorismo, uccidono 41 Sciiti in quella regione, Amir
scampa ad uno degli attentati per puro caso durante una
cerimonia religiosa in un cimitero. Inizia così un
periodo di forti tensioni per lo scontro tra le due
fazioni, Amir vive nascosto da parenti e compagni
religiosi, senza quasi poter frequentare la sua casa e i
suoi famigliari. La tensione sale, così come il rischio
per Amir già più volte minacciato di morte per la sua
militanza in Shia Markiz. Decide allora, consigliato
anche da parenti e amici, di lasciare il suo paese e
rifugiarsi in Iran, dove trascorre un periodo di circa 8
mesi visitando il paese considerato terra
santa per la sua religione. Al termine del suo
viaggio, rientra in Pakistan, dove continuano le minacce
e gli attacchi terroristici, trascorre con questa pesante
situazione altri 5 mesi, quando decide di partire con un
visto turistico alla volta della Grecia, ad Atene, dove
passa un periodo di circa 3 mesi. Alla fine del 2002,
rientra in Pakistan, ma la situazione è ancora
difficile, aumentano gli attacchi terroristici nei luoghi
di culto degli Sciiti, viene assassinato il presidente
della sua organizzazione (Shia Markiz). Non riuscendo ad
avere la possibilità di vivere liberamente, e
considerando di mettere a rischio anche la vita dei suoi
famigliari, decide di lasciare definitivamente il suo
paese. Chiamato da un suo amico che risiede in Svizzera e
che possiede un ristorante a Losanna , parte con un visto
turistico, alla volta dellEuropa. Allo scadere del
suo visto turistico, minacciato dalla presenza di un
attivista della setta Sunnita nella stessa città, che lo
costringe in casa per nascondersi ed essendo la
situazione nel suo paese ancora molto rischiosa, decide
di venire in Italia. Passando il confine, viene fermato
per controlli vicino a Como, condotto in questura, riceve
un decreto di espulsione. Privo di mezzi non potendo
rientrare nel suo paese, e neanche tornare in Svizzera,
rimane in Italia nella speranza di poter regolarizzarsi.
Nel Febbraio del 2004 inizia il suo soggiorno in Toscana,
dove trova lavoro e casa vicino ad Arezzo. Ritrova in
questo modo un po di serenità e comincia ad
ambientarsi nel suo nuovo paese. Nella primavera del
2005, viene portato da altri connazionali ad una riunione
del Centro delle Culture, lì gradualmente comincia a
consolidare amicizie sempre più profonde e a partecipare
alle varie attività in difesa delle discriminazioni
razziali e religiose, promuovendo il dialogo tra le
diverse culture. Dal punto di vista legale, non riusciva
a trovare una soluzione scontrandosi con le difficoltà
della Bossi-Fini. In quel periodo subiva un furto
nellappartamento dove abitava e gli veniva rubato
il passaporto insieme ad altri documenti. Non riusciva ad
ottenere dalla propria ambasciata un nuovo passaporto, in
quanto la sua condizione di clandestino sconsigliava la
presentazione della denuncia di furto richiestagli
dallautorità diplomatica. La sua vita proseguiva e
si arricchiva di nuove esperienze sociali e affettive
sempre più integrato nel nuovo paese che lo ospitava, la
sua lingua italiana faceva grandi progressi. Nulla o
quasi di quanto descritto della sua vita così a rischio
in Pakistan comunicava ai suoi nuovi compagni in Italia,
cercando di dimenticare un passato che aveva sconvolto la
sua giovinezza. Allalba del 4 Settembre scorso,
veniva fermato dalla Digos di Arezzo e in quanto
sprovvisto di documenti, portato in questura, dove veniva
emesso nei suoi confronti un nuovo decreto di espulsione,
nonché lordine di trattenimento presso il Centro
di Permanenza Temporanea (CPT) A.Corelli di Milano.
Giunto a Milano, grazie allintervento del
coordinamento nazionale del Centro delle Culture
veniva nominato il suo legale avv. Maria del Canto
Merida. Nei tempi previsti dalla legge, ad Amir veniva
convalidato lordine di trattenimento presso il CPT
da un Giudice di Pace, che non riteneva fosse di propria
competenza la valutazione del decreto di espulsione, che,
a suo dire, doveva essere oggetto di un eventuale ricorso
avverso il provvedimento prefettizio. A seguito della
convalida, assistito dal suo legale e
dallinterprete, faceva richiesta ufficiale di
Rifugiato Politico, in quanto a una precedente domanda
avanzata da Amir al suo arrivo al Centro ai funzionari
della Croce Rossa, non era stata ufficialmente recepita.
A seguito della domanda presentata, è stato ascoltato
dai funzionari dellufficio immigrazione e siamo
attualmente in attesa di tutti gli adempimenti di legge.
Attualmente il coordinamento nazionale del Centro delle
Culture sta raccogliendo tutta la documentazione
possibile per provare quanto accaduto nei primi terribili
anni di Amir nel suo paese, sia per quanto concerne i
suoi fatti particolari, che per la situazione generale in
quellarea.
Contemporaneamente, i legali stanno predisponendo il
ricorso avverso il decreto di espulsione presso le
autorità competenti. Questa la storia fino a oggi. Il
seguito dipende ora da una macchina burocratica, che
anche se assurda e ceca è pur sempre composta da esseri
umani pensanti e con sentimenti. Lo rimandiamo a casa per
essere giustiziato o gli diamo una possibilità di
rifugio nel nostro paese? Riporto una sua breve poesia
che mi ha comunicato per telefono mentre mi aiutava a
scrivere la sua storia: Non è possibile tornare
indietro. Sono uscito da casa, come una lacrima sul mio
viso Donatella
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