Salutando le truppe italiane di occupazione del LibanoProdi e Parisi suonano le trombe dell'interventismo e del militarismo dell'imperialismo italianoIl premier: "L'Italia è tornata a far sentire la sua voce nel Mediterraneo". Il ministro della difesa: "missione nel nome dell'Europa e del campo occidentale"

Salutando le truppe italiane di occupazione del Libano
Prodi e Parisi suonano le trombe dell'interventismo e del militarismo dell'imperialismo italiano
Il premier: "L'Italia è tornata a far sentire la sua voce nel Mediterraneo". Il ministro della difesa: "missione nel nome dell'Europa e del campo occidentale"

(Articolo de "Il Bolscevico", organo del PMLI, n. 32/2006)


Il 29 agosto Prodi e Parisi hanno salutato le truppe italiane in partenza per il Libano dal ponte della portaerei Garibaldi, la nave ammiraglia alla testa della flotta appena salpata dal porto di Brindisi. Questa scelta non è stata certo casuale, e serviva a comunicare agli italiani e al mondo l'immagine concreta del peso e dell'importanza, supportati da una corrispondente forza militare, raggiunti dall'imperialismo italiano inserendosi molto abilmente nella crisi libanese.


L'"incrociatore tuttoponte" Garibaldi, che è una portaerei a tutti gli effetti, è il simbolo stesso della volontà di proiezione all'esterno dell'imperialismo nostrano, e non a caso fu voluto a tutti i costi dall'allora neoduce Craxi, per dare gambe ai nuovi appetiti neocolonialisti e interventisti dell'imperialismo italiano, che proprio in Libano aveva ricominciato a farsi le ossa. Oggi questo simbolo tipico di militarismo aggressivo ed espansionista è ripreso e fatto proprio senza imbarazzo dal governo dell'Unione della "sinistra" borghese, ed usato per dare la massima enfasi nazionalista e interventista a una missione cosiddetta "di pace", armata però fino ai denti e rivolta in realtà a fiancheggiare gli aggressori israeliani e i loro protettori americani e alla penetrazione degli interessi italiani ed europei nella regione.


Se la missione fosse davvero "di pace" non si sarebbe dovuto scegliere un profilo più basso per la partenza ed evitare in tutti modi di dare fiato alle trombe del nazionalismo e del militarismo, come invece è stato fatto? Ma inebriato dal consenso plebiscitario ottenuto dal parlamento nero attorno alla missione, dalla Casa del fascio di Berlusconi fino ai dirigenti falsi comunisti di PRC e PdCI, e perfino con il plauso di alcuni gruppi e leader dei movimenti pacifisti, il governo non si è fatto troppo scrupolo di nascondere o mascherare il suo convinto interventismo.

Non per nulla il premier Prodi ha voluto iniziare il suo discorso ai fucilieri, ai lagunari, agli incursori, ai piloti dei caccia e alle altre truppe d'assalto di cui è composto il corpo "di pace" italiano, proprio dall'esaltazione del consenso nazionalista e patriottardo della destra e della "sinistra" neofascista a sostegno del contingente militare italiano diretto in Libano: "L'Italia vi segue con affettuosa attenzione", ha esordito infatti il capo del governo, dicendosi altresì portavoce "della profonda coesione del Paese in un momento che unisce Governo e Parlamento, senza distinzioni fra le forze politiche della maggioranza e dell'opposizione". Un esordio, il suo, che riecheggiava l'auspicio nazionalista che Napolitano aveva espresso il giorno precedente nel firmare a tambur battente il decreto di autorizzazione della missione, dicendosi sicuro che esso "avrà una convergenza molto ampia in Parlamento, cosa essenziale anche per dare un sostegno ai nostri militari".


Fatta poi l'ipocrita esaltazione della Conferenza di Roma e della risoluzione 1701 dell'Onu, che a suo dire stabiliscono "le basi per l'avvio di una pacificazione vera della regione", quando invece sono servite rispettivamente a dare altro tempo a Israele per completare la distruzione del Libano e di Hezbollah e a salvare gli aggressori sionisti da una più bruciante disfatta militare e politica quando è apparso chiaro che si stavano impantanando nel sud del Libano, il capo del governo si è detto sicuro che le nostre forze armate sapranno adempiere a questa missione "con lo spirito di servizio, il senso del dovere e la professionalità che ha sempre caratterizzato in modo esemplare le Forze Armate italiane in tutti i teatri di operazione dove sono state impegnate e dove sono tuttora impegnate".


Una missione che Prodi non ha esitato a definire di "di enorme portata storica", sottolineando con enfasi che con essa "l'Italia è finalmente tornata ad avere un ruolo importante nella diplomazia internazionale e, ancor di più, fa sentire la sua voce nell'area del bacino del Mediterraneo, così vitale per gli interessi del nostro Paese". Col che non solo il premier democristiano e leader della "sinistra" borghese rivendica a nome del governo dell'Unione tutte le missioni di guerra in corso, comprese quelle in Iraq e Afghanistan ereditate dal neoduce Berlusconi, ma addirittura lo supera in spirito interventista e militarista ricollegandosi direttamente alla politica espansionistica storica dell'imperialismo italiano nel bacino del Mediterraneo, da Crispi a Mussolini e a Craxi, fino agli stessi governi di "centro-sinistra" della seconda metà degli anni '90 e allo stesso governo del neoduce Berlusconi.


Anche Parisi, parlando sempre dal ponte della Garibaldi, con un intervento dal tono ancor più marcatamente militarista e patriottardo di quello di Prodi, ha ripreso ed esaltato il "ruolo rilevante" che l'Italia si è conquistato in questa missione internazionale "dopo settimane di complessa tessitura diplomatica". Una missione - ha sottolineato il ministro della Difesa - "condotta nel nome dell'Europa e dell'unità del campo occidentale, messa al servizio della pace". Con ciò scoprendo gli altarini su qual è stato il vero scopo dell'intenso lavorìo diplomatico del governo nella crisi libanese e qual è il vero scopo di questa missione dell'Onu: ritagliare un ruolo politico e militare di primo piano per l'Italia e portare avanti gli interessi dell'imperialismo europeo e occidentale nella regione.


Altro dunque che "svolta" nella politica internazionale dell'Italia, come vorrebbero dare ad intendere i lustrascarpe revisionisti, trotzkisti e pseudo pacifisti di Prodi, Parisi e D'Alema! Si tratta invece sempre della stessa politica interventista, espansionista e guerrafondaia, in particolare nel bacino del Mediterraneo, che periodicamente, nella sua storia, l'imperialismo italiano riprende e rilancia per portare avanti i suoi "interessi vitali", come è scappato detto allo stesso Prodi, e conquistarsi un "posto al sole" tra le grandi potenze che si spartiscono la Terra. Solo che Berlusconi la praticava stando rigidamente attaccato al carro di Bush e dei suoi agenti sionisti, mentre il governo della "sinistra" borghese, pur cercando in tutti i modi di non rompere e anzi rinsaldare i rapporti con l'imperialismo Usa e Israele, copre la stessa politica dietro le bandiere dell'Onu e della Ue e cerca di darle un consenso di massa con l'aiuto della "sinistra antagonista" e degli pseudo pacifisti.