L'ARRESTO DI PACENZA

L'ARRESTO DI PACENZA

di antonio di pietro.

Stupisce la solidarietà che alcuni parlamentari calabresi dell’Unione hanno portato in carcere al capogruppo dei DS in consiglio regionale della Calabria Franco Pacenza arrestato per concussione. Stupisce soprattutto che ciò sia avvenuto nonostante il divieto di colloqui imposto dal magistrato inquirente e l’assenza di qualsiasi specifica autorizzazione. Lo stesso comportamento di sfida e contrapposizione alla giustizia fu tenuto nel 1985 da Bettino Craxi quando i magistrati milanesi arrestarono il primo politico di Tangentopoli, Antonio Natali, collettore di tangenti per conto di partiti e politici milanesi.
Il risultato allora fu che l’inchiesta si fermò perché Antonio Natali venne candidato e fatto eleggere in Parlamento, acquisendo l’immunità parlamentare.


La colpevolezza di Pacenza deve ancora essere provata e va considerato innocente fino ad eventuale sentenza definitiva di condanna. Ma questa è una sua vicenda personale che seguirà il corso della giustizia.
Quello che sconcerta è il “messaggio politico” che la “visita corale” dei politici ha comportato. Un messaggio che equivale a dire “stiamo dalla tua parte”, non dalla parte della giustizia che ricerca la verità, ma dalla parte di “uno di noi” che viene difeso dal “gruppo” a prescindere dalla conoscenza specifica degli atti d’accusa.


Le conseguenze di questi “attacchi politici” alla magistratura sono sotto gli occhi di tutti: il male per il nostro Paese sono diventati i giudici e chi vuole far rispettare la legge. Non chi commette i reati. E’ con questa logica che è stato possibile l’indulto allargato ai fatti di corruzione. E l’indagato Franco Pacenza, se non dovesse risultare innocente, ha già in tasca un bonus di tre anni di carcerazione da evitare, in quanto l’indulto è valido anche per reati accertati successivamente, se commessi entro maggio 2006.
La stessa manifestazione davanti al carcere di Cosenza dei parlamentari calabresi dell’Unione per Francesco Pacenza rasenta una contrapposizione tra poteri dello Stato.


Un fatto giuridico non deve essere trasformato in un fatto politico: ciò che sta accadendo a Pacenza deve rimanere una vicenda processuale ed essere risolta all’interno del sistema giudiziario. La politicizzazione della custodia cautelare sta trasformando un caso giudiziario nell’ennesimo attacco alla Magistratura, per giunta da parte di parlamentari di area governativa.
Per tutte queste ragioni, i parlamentari che hanno manifestato hanno fatto bene a parlare di dimissioni, ma non devono chiederle ad Antonio Di Pietro per aver denunciato il fatto, ma bensì a loro stessi.