La grossa fortuna di
Berlusconi non è quella che noi tutti
immaginiamo, anche se non è di certo una parte
irrilevante come
l'avere grandi risorse economiche ed essere il patron
delle
televisioni private italiane, tutt'altro, ma è di avere
un uomo del
taglio di Gianni Letta. Questo abruzzese ha raccolto la
dote migliore
della sua regione nell'essere fermo nelle sue idee ma un
buon
ascoltatore per quelle degli altri e la capacità di
sintesi che hanno
permesso più volte di conciliare i pareri divergenti o
di smussare
quelli più spigolosi. Di
certo Bruno Vespa, allorché ad una domanda
precisa di un suo intervistatore, a fronte dei clamori
della politica
spettacolo che assordano i nostri uditi e annebbiano gli
occhi, che
gli ha chiesto se vi sarà lo spazio per un dialogo tra i
partiti che
non sia una rissa ma un modo civile di mettersi attorno a
un tavolo,
la sua risposta è stata, senza esitazione, affermativa e
sotto sotto,
c'è da scommetterci, pensava di certo a Letta.
Questi è l'uomo giusto
al posto giusto per compiere quel miracolo che ci possa
permettere di
traghettare la disastrata Italia verso un riparo meno
precario. Un
aiuto a Letta è venuto di certo dalla piccola incruenta
rivoluzione
compiuta, forse inconsapevolmente dagli italiani, che
hanno di fatto
penalizzato alcuni partiti della destra e della sinistra
passando dal
centro. Ma questo dialogo in pratica non si restringe a
pochi soggetti
ma tende semmai a ridimensionarne il peso e ad indurli
alla ricerca
d'intese che permettano loro di restare nel gioco.
Abbiamo, tra
l'altro, due "grilli parlanti", alquanto
scavezzacolli, ma con due
stili diversi. Ci riferiamo a Casini e a Di Pietro e che
pur collocati
entrambi all'opposizione danno spettacolo con le loro
dichiarazioni.
Casini non piace tanto agli italiani perché ci ricorda
il primo della
classe. Sempre puntuale a precisare, a saperla lunga su
tutto, a
indottrinare gli sprovveduti ascoltatori. Di Pietro,
invece, sa tanto
del ragazzo cresciuto in campagna, un po' confuso e
confusionario
nell'esprimersi ma genuino nelle intenzioni e alla pari
del suo
"cugino abruzzese", da buon molisano, ha le sue
convinzioni e le tiene
ben salde. Nell'immaginario popolare restano, comunque,
il "saputello"
e "l'inquirente" che stempera la sua severità
con un tocco di furbizia
contadina.
Immaginare soprattutto Di
Pietro che si metta a sedere allo
stesso tavolo e magari spalla a spalla con Berlusconi ed
elargirli un
bel sorriso, sa tanto di fantapolitica eppure senza avere
la sfera di
cristallo ma pensando alla bacchetta magica di Letta
forse ci
arriveremo, sia pure per gradi. Questo perché? Lo
richiede con forza
la nostra storia passata vissuta sui compromessi e che
oggi vanno,
rivisti e riscritti se vogliamo uscire dal pantano in cui
ci troviamo.
Lo richiede l'elettore e i suoi segnali sono
inequivocabili nonostante
i suoi salti umorali.
Lo richiede il mondo economico,
finanziario,
giudiziario e dei grand commis dello Stato, per quanto
abbiano saputo
avvantaggiarsi sino ad oggi colmando il vuoto che la
politica aveva
lasciato nella sua ingovernabilità e indecisione
nell'assumere impegni
precisi in politica economica, nel welfare, nel lavoro,
nella
giustizia e nella scuola, lo richiede la comunità
internazionale che
ha vincolato l'Italia a patti di stabilità e che con la
moneta unica
non si può permettere sbavature anche e solo da parte di
uno dei suoi
componenti. E riscrivere un patto per gli italiani
guardando al futuro
significa interpretare il sogno dei nostri padri per una
società di
uguali e votata alla solidarietà. Significa forse
sentirsi meno furbi
e meno inclini all'arte di arrangiarsi poiché non è con
gli espedienti
che riusciremo a testimoniare il nostro ideale di cultura
e di civiltà
di cui ne traiamo in ogni momento ispirazione guardando
il nostro
passato.
(Riccardo Alfonso fidest@gmail.com)
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