IL FURTO MINORILE.
All'interno di questo quadro di crisi il minore zingaro rappresenta sicuramente l'anello debole: in molte città del nord e del centro Italia infatti i casi di minori zingari coinvolti in attività illecite quali il furto in appartamenti, il borseggio o il furto in grandi magazzini, sono stati in costante aumento per diversi anni; si sono poi stabilizzati su livelli di criminalità generalmente alti, sia per il numero assoluto delle denunce e dei fermi, sia per la percentuale che rappresentano sul totale dei reati riferibili a minori che vengono registrati annualmente dalla singole Procure o Tribunali. Questo fenomeno costituisce l'espressione di un più vasto stato di disagio, diffuso anche se non generalizzato, nella realtà delle attuali condizioni di vita del popolo Rom. Il problema del lavoro e della crisi delle attività tradizionali non può non riversare le sue conseguenze anche sui minori: soggetto che aveva sempre ricoperto un ruolo importante nell'economia della famiglia (come del resto accadeva nella nostra società contadina dove i figli lavoravano nei campi con i genitori), il ragazzo diventa oggi in alcuni casi l'unica fonte di reddito del proprio nucleo: insieme alle donne viene mandato a "chiedere" o a "fare gli appartamenti". A questo bisogna aggiungere i frequenti fenomeni di disgregazione della famiglia zingara, dovuti alle assenze periodiche, alle detenzioni, malattie o decessi delle figure parentali, che nei momenti di crisi consentono più facilmente casi di sfruttamento dei minori. Parallelamente a tale situazione vediamo che la condizione del minore si aggrava ulteriormente: egli è un soggetto che vive all'interno di una struttura sociale indebolita, nella quale non trova più l'unico elemento di riferimento per costruire la propria identità sociale; si rivolge quindi al mondo esterno, con il quale ha molti contatti (scuola, vita di quartiere, discoteche, mass-media) e ne assimila ed accetta alcuni modelli. Si produce quindi la classica situazione che accompagna ogni fenomeno di immigrazione, quando si perdono i punti di riferimento e le regole del luogo di provenienza senza avere ancora acquisito le regole del nuovo gruppo: si verifica una forte discrepanza tra norme e scopi culturali da una parte e le possibilità strutturate socialmente di agire in conformità a quelli. Ecco allora che in casi limite il minore rischia di divenire un autoemarginato nella propria società, continuando per altro a rimanere un emarginato dalla società esterna, poichè non ancora in grado di inserirsi in essa: si creano fenomeni di "anomia sociale", che diventano terreno fertile per l'emergere di un nuovo tipo di delinquenza minorile. Se in questo caso a ragione quindi si può parlare di devianza, come volontario allontanamento dal proprio codice normativo, la stessa definizione non si può utilizzare quando si etichetta come deviante il minore che, rubando o "chiedendo" per le strade, semplicemente si comporta secondo i propri codici; in questi casi il ragazzo non si dissocia dal sistema perchè non ha mai fatto parte di esso. Nella sua globalità quindi il fenomeno va analizzato secondo diverse modalità di manifestazione: di devianza in senso proprio si può parlare solo quando il minore viola contemporaneamente i registri normativi di entrambe le culture. Vi sono altre attività, come il furto in appartamenti, il borseggio, il manghel (cioè l'andare a chiedere l'elemosina), la vendita delle rose per le strade e il lavaggio dei vetri ai semafori, che, seppur illegali per l'ordinamento del nostro stato, in molti casi non possono essere definite devianti, perchè rispondono allo stato di necessità in cui molti nuclei si trovano a causa della grave crisi che attraversa il mondo zingaro (slavi non in regola con il permesso di soggiorno, ecc.), e che il minore vive come necessarie per il sostentamento della propria famiglia. Diversi sono i casi in cui il minore viene effettivamente sfruttato da organizzazioni criminali che lo rendono schiavo (argato) e lo costringono a rubare. In presenza di queste condizioni non si può attribuire la definizione di devianti o delinquenti ai minori coinvolti, poichè si tratta chiaramente di criminalità degli adulti di cui i minori sono vittime: di conseguenza le risposte giudiziarie non dovrebbero incentrarsi sul minore. Per ultime rimangono le condizioni di miseria e di pericolo in cui i minori sono spesso costretti a vivere: in tali casi un attivazione dell'autorità giudiziaria minorile e non, non si è mai avuta, e la mancanza di condizioni di vita minime (causate dalla negligenza e dalla trascuratezza delle amministrazioni comunali) e i rischi sanitari ad esse connesse, pare non abbiano stimolato in alcun modo provvedimenti civili nella prevenzione di queste situazioni al di sotto del minimo tollerabile. |