LOS ANGELES -
"Un bambino una volta mi ha detto: tu non
disegni Bugs Bunny. Tu fai dei disegni di
Bugs Bunny". Era questa magia, la
convinzione della profonda verità della nostra
fantasia, la cui perdita è forse la prima
cicatrice della vita adulta, che faceva
dichiarare a Chuck Jones: "L'animazione non
è l'illusione della vita. E' la vita".
Chuck Jones - un nome secco e breve da cartoon:
come Walt Disney - è morto ieri a 89 anni per
collasso cardiaco nella sua casa di Corona del
Mar, in California. Questa volta non è
intervenuto a salvarlo nessun marchingegno della
misteriosa ditta Acme, quella che rifornisce Wile
Coyote dei macchinari più astrusi.
E sì, perché era una creatura di Chuck Jones
l'inimitabile coyote, ingegnosissimo e
sfortunato, impegnato nella sempiterna caccia a
Road Runner alias Bip Bip. Sono due i camera look
(ovvero, lo sguardo fisso dentro la macchina da
presa) più famosi della storia della settima
arte. Il primo è di Oliver Hardy, che lo
inventò violando una regola ferrea del cinema
degli anni Trenta. Il secondo è quello di Wile
Coyote (da noi tradotto in "Vil
Coyote") , muto anche lui come il primo
Ollio, che prima di piombare al suolo da altezze
siderali non manca di guardare lo spettatore con
quell'aria da "vedi cosa mi succede".
La perfidia è il tratto distintivo di molti dei
personaggi di Jones. Silenziosa ed enigmatica in
Road Runner, logorroica in un altro famoso
character, di cui peraltro Jones fu coautore nel
team della Warner Bros che creava i famosissimi
cartoon delle serie "Looney Tunes" e
"Merry Melodies". Si tratta di Bugs
Bunny, il saccente coniglio divoracarote che
mette in croce il coyote della situazione, vale a
dire il cacciatore Elmer Fudd (Taddeo). Perché
di fronte a ciascuno dei suoi cattivi
"morbidi" (del genere che gli americani
chiamano "suave"), Jones mette sempre
un predestinato al ruolo di capro espiatorio,
come l'ingenuo porcellino Porky pig.
In una carriera iniziata 24enne nel 1936 (era
nato nel 1912 a Spokane, stato di Washington),
con oltre 300 film di animazione diretti in 60
anni di attività, Chuck Jones si è imposto per
uno stile originalissimo, che immetteva (o forse
riscopriva, mentre Disney l'aveva messa da parte)
una carica di inquieta, spiazzante modernità. E
inquietanti sono un po' tutti i personaggi della
galleria cui diede o contribuì a dare vita alla
Warner Bros per 24 anni, a cominciare da quegli
anni Quaranta, così gloriosi per il marchio WB.
Ricordate Daffy Duck, l'anatra isterica? Era sua.
Come suo era il cane da pastore Sam, che la
mattina scambia un sobrio, assonnato saluto con
Wile Coyote (ancora lui). I due timbrano il
cartellino come vecchi colleghi, poi Sam comincia
a distribuire legnate su legnate al malcapitato
che insidia le sue pecore. Il tutto all'insegna
di una felicità narrativa, priva di imbarazzi
morali, che ricorda Robert Louis Stevenson, uno
degli scrittori che l'artista amava di più.
Chiusa l'esperienza agli studios della Warner,
Jones si trasferì alla Metro Goldwyn Mayer, dove
creò i nuovi episodi di Tom e Jerry - stessa
dinamica di Wile Coyote e Road Runner, ma
ingentilita - e vinse l'Oscar con il film
"The dot and the line". Nel 1962 Jones
fondò una sua casa di produzione, la Chuck Jones
Enterprises, da cui uscirono nove ore e mezza di
film d'animazione per la televisione. Alla fine
degli anni Settanta si mise a vendere edizioni
limitate di quadri con i suoi personaggi più
famosi. Per la tv scrisse e diresse un film sul
"Grinch che rubò il Natale", la stessa
favola portata al cinema da Jim Carrey.
Il suo "Che cos'è l'opera, Doc?", del
1957, nella quale Elmer Fudd invoca
wagnerianamente lo scatenarsi degli elementi
contro Bugs Bunny, è stato inserito nel Registro
nazionale americano dei film. Il regista spagnolo
di animazione, Raul Garcia, ha paragonato il suo
spirito innovativo a quello di Picasso e Debussy.
Per Steven Spielberg, Jones era "un genio
dell'umorismo, come Buster Keaton e Mack Sennett.
A lui devo la mia propensione a sfidare le leggi
della fisica, per il puro piacere di farlo".
Jones, in effetti, era cresciuto a Hollywood e da
bambino aveva fatto la comparsa nelle comiche di
Sennett, osservando lo stile di Keaton e Charlie
Chaplin. Di lui Peter Bogdanovich ha detto:
"Il suo lavoro somiglia alle favole e al
meglio dell'arte: è senza tempo, ma
universale".
Jones lascia la moglie Marian, la figlia Linda,
avuta dal primo matrimonio, tre nipoti, sei
pronipoti e tutti gli abitanti del mondo di
Cartoonia. Il primo impiego lo aveva avuto da
Ubbe Iwerks, ex animatore di Walt Disney. Il più
importante non lo ebbe mai ma avrebbe potuto
quando Disney in persona gli chiese: "Se
lavorassimo insieme, quale posto vorresti?".
"Il tuo", rispose Jones.
|