Una voce vicinissima del lontano medio-oriente

 

Di Silvio Cinque

 

Riscopro con gioia e stupore un piccolo libricino I cani del Sinai, Einaudi, Nuovi Coralli, di Franco Fortini scritto nel 1967 ed aggiornato con un articolo dedicato al regista Jean Marie Straub  e Daničle Huillet che nel 1978 ne fecero una versione cinematografica: Fortini/Cani. 70 pagine divise in piccoli capitoli densi di riflessioni e considerazioni.

Alle affermazioni scomode e dolorose di antisemita ed anti-israeliano, il Fortini ebreo ricorre anche ai ricordi vivi e lucidi della sua lontana infanzia: il suo porsi sempre da ebreo laico lontano dalle cerimonie e dai riti che non capisce o condivide. Per poi tornare alle riflessioni attuali, alla guerra arabo-israeliana dei sei giorni, citando e ritrovando pochissimi amici nel mondo, che come lui hanno condiviso l’amara solitudine del rifiuto e della condanna. Pagine dense e bellissime utili e

attuali. Utili soprattutto a coloro che a sinistra hanno preferito una falsa equidistanza senza neanche avere il coraggio di ammettere, anche oggi come allora, che giā la presupposta equidistanza č una forma di scelta, č uno stare ben preciso da qualche parte. Fortini rivela la trama lucida e precisa del ricorso all’accusa dell’antisemitismo come arma assolutistica di chi rifiuta ogni tipo di contrapposizione ed individua non solo nelle cattive coscienze lorde ancora del sangue dello sterminio, ma anche in un falso ideale di perfezione e mitizzazione ebraica, l’origine di questa scelta. I personaggi politici e giornalistici che animarono le scene d’allora, come quelle di oggi, configurano uno scenario ipocrita e perbenista nel quale faceva appena capolino, ma Fortini lo individua con profetica luciditā, l’importanza del mezzo di comunicazione, la potenza appena in fasce dei mezzi mediatici utilizzati con spavalderia, arroganza e spregiudicatezza, fino alla menzogna pių bieca. La notizia falsissima dell’aggressione egiziana, per esempio, pretesto per lo scatenarsi del conflitto che, irrisolto, riprenderā sei anni dopo dilagando anche in Libano, con le susseguenti e sottaciute stragi nei campi profughi di civili inermi. Fortini individua e condanna anche l’atteggiamento pregiudizievole dell’occidente di considerare l’arabo e la sua cultura una sorta di informe accozzaglia disordinata e ingovernabile di sentimenti elementari. Ma Fortini, e qui l’insegnamento a certe sinistre attuali diventa profetico, trae la sua forza dalla profonda cultura marxista che caratterizzano la sua vita e le sue scelte fino a liberarlo, con grande sofferenza per le ovvie conseguenze, di ogni sovrastruttura ed ogni fardello culturale e religioso per affermare un’etica marxista  profondamente nuova ed umana. Il libricino si chiude con una riflessione su quanto scritto negli anni precedenti e relativo alla guerra del 67. Un riflessione che non ritratta nulla ma ne aggiunge, alla luce della versione cinematografica di Straub-Huillet, ulteriori. Una bella grande poetica squillante voce, ancora moderna ed attuale, contro un unisono stagno di rane gracidanti.

 

Di FRANCO FORTINI:

 

 una biografia di Olivia Trioschi

http://www.club.it/autori/grandi/franco.fortini/indice-i.html

 

una polemica con Pasolini

http://www.pasolini.net/ideologia07.htm

http://www.pasolini.net/saggistica_bellebandiere_fortini.htm

 

una Bibliografia

http://www.girodivite.it/antenati/xx3sec/_fortini.htm

 

http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/21/21A20011008.html

 

una testimonianza

http://web.tiscali.it/outis-wolit/fortini.html