Lo specchio
francese
ROSSANA
ROSSANDA
Jacques Chirac è presidente dei francesi con l'82% dei
voti, ha fatto praticamente il pieno contro Le Pen, anche
grazie a un certo rientro dell'astensionismo e malgrado
un forte aumento delle schede bianche, di chi proprio non
se la sentiva di votarlo. Le Pen è stato fermato dal
fuoco di sbarramento delle ultime due settimane,
culminato nelle grandi manifestazioni del 1° maggio; ma
non è arretrato. C'è in Francia uno zoccolo duro,
xenofobo, razzista, che non si lascia scalfire. Aveva
già toccato il 15 per cento ed è arrivato a oltre il
17. Non è risolutivo, non lo sarà neanche alle prossime
legislative ma c'è, alimentato dal disagio sociale che
la sinistra non vede o non riesce a risolvere. Liquidato
il fantasma, la partita è ora in mano ai due classici
schieramenti di destra e di sinistra, che si affrontano
alle legislative del 9 e 16 giugno. Difficile prevedere
come andranno le cose. Ora come ora i due schieramenti
sono quasi testa a testa, con un leggero vantaggio per la
destra. Chirac, miracolato dall'inatteso arrivo di Le Pen
sulla scena finale, sta raccogliendo una sorta di partito
di «maggioranza presidenziale» per rimettere assieme
uno schieramento che si era presentato in frantumi.
Quanto alla sinistra di governo, dopo aver preso atto
dello scacco subito, punta a presentare un solo candidato
per circoscrizione fin dal primo turno fra socialisti,
Verdi, Pcf e radicali di sinistra, in modo di arrivare
più facilmente alle «triangolari» quando restano in
lizza soltanto i candidati che hanno raggiunto almeno il
12,5% dei voti. Nelle molte circoscrizioni dove arriverà
anche Le Pen, il meccanismo di interdizione che ha
funzionato domenica scorsa potrebbe giovarle. La squadra
socialista sarà guidata dall'attuale segreterio del
partito, Hollande, fino al 16 giugno, ma se dovesse
essere vittoria il posto di premier se lo contenderanno
Martine Aubry e Laurent Fabius, lei più
socialdemocratica lui più liberista. Di fatto è una
scelta di strategia: più al centro, come suggerisce in
tutte le gazzette d'Europa Anthony Giddens o più a
sinistra, come suggeriscono la conta dei voti e qualche
principio.
Fatte tutte le distinzioni, lo scenario francese non è
così singolare. L'estrema destra visibile in Francia e
in Austria, in Italia è coperta dalla Casa delle
Libertà, che la tiene a freno a condizione di assorbirne
non pochi umori, come si vede ogni giorno che passa. Le
discriminanti sono sempre le stesse: mettere un alt
all'immigrazione, più repressione, più privatizzazione,
più deregulation del mercato del lavoro - tale e quale
da noi. La divisione non passa solo fra destra e sinistra
ma dentro le sinistre e ha già fatto pagare un duro
prezzo ai socialisti in Francia e ai ds in Italia.
La Banca centrale europea, anche in questi giorni in
prima linea contro ogni aumento dei salari, e la
Commissione che ha ossessionato Jospin fino all'ultimo,
giocano per la destra. Prodi ha poco da felicitarsi con
l'esito francese di domenica: non si può suscitare la
disperazione dei marginali e di coloro che restano senza
lavoro e senza prospettive e stupirsi che venga su una
destra. Quanto alle sinistre radicali hanno forse
imparato quanto sia pericoloso, in presenza di una destra
aggressiva, puntare su un voto puramente di bandiera. Non
c'è invece segno, finora, che le sinistre che si dicono
moderate abbiano colto lo spirito del movimento che è in
corso come un torrente fra le masse giovanili,
indiscutibilmente protagoniste del sussulto popolare.
Eppure la chiave del prossimo futuro sta qui.
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